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21.11.24

Il vero amore non è “tossico“: "Mai giustificare la violenza" La psicologa Lucia Beltramini: "Una coppia su dieci ha atteggiamenti sbagliati"

   non ricordo la  fonte     in quanto     come    mio  solito a  volte   salvo  e faccio cute  past  in fretta e i dimentico   di riportare  la  fonte   .  


Il percorso per arrivare a riconoscere il fenomeno della violenza di genere e la violenza domestica, la sua forma più nota, è stato lungo e tortuoso e tuttora i meccanismi sociali di minimizzazione e normalizzazione ostacolano l’emersione, e quindi l’attivazione, di interventi di protezione nei confronti delle vittime di questo fenomeno.
Quando si parla di violenza domestica, normalmente si guarda al mondo degli adulti o al mondo infantile, tralasciando una fase particolarmente delicata dello sviluppo: l'adolescenza. Ma cosa succede quando la violenza di genere entra nella vita di un/a adolescente? 

Adolescenti e violenza di genere tra pari

Il fenomeno della violenza di genere nelle relazioni tra pari (teen dating violence) è estremamente diffuso. Per teen dating violence si intendono tutte quelle forme di violenza di coppia tra adolescenti che riguardano una varietà di comportamenti che vanno dall'abuso fisico e sessuale a forme di violenza psicologica ed emotiva.I dati dell’Indagine Youth Risk Behaviour del Centro Statunitense per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), indicano che tra gli studenti delle scuole superiori statunitensi che hanno riferito di aver frequentato un/a coetaneo/a durante i 12 mesi prima del sondaggio:

  • Circa 1 su 12 ha subito violenza fisica;
  • Circa 1 su 12 ha subito violenza sessuale.

Alcuni/e adolescenti sono più a rischio di altri/e. Le studentesse sperimentano tassi più elevati di violenza fisica e sessuale rispetto agli studenti maschi. Studenti/esse che si identificavano come lesbiche, gay, bisessuali, transgender o queer (LGBTQ) o coloro che non erano sicuri/e della propria identità di genere hanno sperimentato tassi più elevati di violenza fisica e sessuale negli appuntamenti rispetto agli studenti che si identificano come eterosessuali.Il fenomeno di Teen Dating Violence è un fenomeno molto diffuso in adolescenza. La Dottoressa Mara Morelli, ricercatrice presso la Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma racconta: “Le ricerche ci dicono che gran parte degli adolescenti, quindi più del 50%, è stata coinvolta nel ruolo di vittima o di perpetratore di dating violence all’interno di una coppia, intesa nella sua forma fisica, sessuale, psicologica o relazionale, cioè isolare la vittima.” Tra le spiegazioni date c’è, da una parte la difficoltà a riconoscere le forme di violenza indiretta (controllo, possesso, gelosia), e dall’altra l’inesperienza. 

La online teen dating violence

Spesso si tende a sovrapporre la violenza di genere tra pari al bullismo, impedendo di identificare l’unicum di questo fenomeno, che lo differenzia anche dalla sua manifestazione in età adulta: nella maggior parte dei casi la violenza tra pari viene messa in atto (anche) attraverso le tecnologie digitali, considerando l’impossibilità della distinzione tra vita online e offline nell’esperienza degli/delle adolescenti. Per questo si parla di online teen dating violence.
La online teen dating violence può avere un profondo impatto sulla salute a breve e lungo termine. Le giovani vittime possono infatti:

  • sviluppare sintomi di depressione e ansia;
  • mettere in atto comportamenti malsani, come l'uso di tabacco, droghe e alcol;
  • mostrare comportamenti antisociali, come mentire, rubare, picchiare o mettere in atto altri atti di bullismo;
  • sviluppare ideazioni suicidarie.

La violenza di genere tra pari pone inoltre le basi per possibili futuri problemi relazionali, inclusa la violenza da partner intimo. Ad esempio, le giovani vittime di violenza di genere durante la scuola superiore sono più a rischio di vittimizzazione durante gli anni successivi. Parliamo di violenza di genere onlife tra adolescenti nella nostra indagine inedita realizzata in collaborazione con IPSOS, leggi l'articolo e approfondisci il rapporto, Adolescenti e violenza di genere onlife: le ragazze stanno bene?
Data la specificità dell’online teen dating violence che la differenzia dalla violenza di genere in età adulta, sarebbe fondamentale disporre di servizi dedicati che in Italia, tuttavia, non esistono. Questo porta a un rallentamento o addirittura un impedimento nell’intercettazione tempestiva di situazioni di otdv.

Forme online teen dating violence

La Dottoressa Morelli continua nel fornire un significato chiaro del fenomeno del teen dating violence, parlando delle forme e delle caratteristiche. Queste forme di violenza sono difficilmente riconosciute come tali: “Da un lato io ti controllo e dall’altro tu mi dimostri che io sono davvero importante al punto che io possa avere accesso alle tue informazioni private […] questa si chiama dating violence impersonation, cioè si va oltre la relazione, si acquisiscono tutti quei dati (come le password) che mi permettono di entrare nella tua vita a 360 gradi e queste appunto vengono confuse come dimostrazioni di impegno. C’è tutto un filone di ricerca che parla di sexual double standard per cui ci sono standard sessuali diversi per ragazze e ragazzi […] da una parte c’è la richiesta sociale alle ragazze di perseguire un modello iper sessualizzato e di mandare queste immagini, poi però nel momento in cui lo fanno vanno incontro a molta violenza rispetto ai ragazzi perché vengono viste come delle poco di buono, che non hanno valore o orgoglio […] per i ragazzi invece condividere le loro immagini viene visto come grande esempio di mascolinità.”

Come intervenire

Le buone pratiche a livello internazionale suggeriscono di sviluppare programmi che partano dal punto di vista di ragazzi e ragazze per comprendere come loro percepiscano la violenza nelle relazioni e, sulla base di questo, costruire un dialogo improntato sulla messa in discussione di stereotipi di genere che tutt’oggi influenzano le relazioni affettive fin dalla tenera età. 
Risulta essere prioritaria l’alleanza con gli ambienti scolastici e con i/le professionisti/e dell’aria sociale educativa e sanitaria e tutti gli attori che, per mandato professionale o informalmente, entrano in contatto con gli/le adolescenti al fine di sviluppare programmi efficaci di prevenzione ed intervento.
Ad esempio, negli Stati Uniti e in Inghilterra sono state create delle apposite linee telefoniche o siti web funzionanti h24 con la finalità di aiutare i/le giovani fornendo informazioni su come riconoscere segnali di pericolo nelle relazioni e a chi rivolgersi qualora il problema fosse già presente. In Italia, benché non sia dedicato specificatamente al fenomeno otdv, esiste il numero 114-Emergenza Infanzia del Dipartimento per le Politiche della Famiglia gestito da SOS Il Telefono Azzurro Onlus, che offre un servizio di tutela per bambini/e e adolescenti.
In generale, è fondamentale intervenire promuovendo l’alfabetizzazione emotiva nei giovani e nelle giovani: scarse abilità interpersonali, incapacità di immedesimarsi nella vittima e di riconoscerne i segnali di sofferenza, mancanza di consapevolezza e incapacità di gestione delle emozioni proprie e altrui, caratterizzano gli autori della violenza. Risulta quindi fondamentale promuovere negli/nelle adolescenti lo sviluppo di empatia, di abilità di comunicazione, negoziazione, tolleranza, capacità di regolazione delle emozioni, gestione della rabbia e risoluzione dei conflitti, nell’ambito di una più ampia educazione di genere. Data la specificità del canale attraverso il quale la violenza di genere tra pari si sviluppa, è inoltre fondamentale offrire a ragazzi e ragazze una formazione sulle competenze digitali e sull’uso consapevole delle tecnologie digitali. 
La nostra esperienza suggerisce quanto l’efficacia di un programma rivolto ai/alle giovani passi attraverso il loro coinvolgimento e la loro partecipazione e compartecipazione al disegno di interventi di prevenzione su queste tematiche. Il progetto DATE (Developing Approaches and Tools to End Online Teen Dating Violence) nasce in quest’ottica inserendosi nel gap di letteratura, progetti e interventi in campo di violenza di genere online tra pari
Viviamo in un tempo in cui la vita dei bambini è “datificata”, registrata e condivisa sul web. Approfondisci il tema sulla XIV edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, dal titolo “Tempi digitali” esploriamo le opportunità e i rischi che bambini, bambine e adolescenti stanno affrontando dentro la nuova rivoluzione dell’onlife e di una vita spesa tra reale e virtuale.
Infatti  
La “teen dating violence”, la violenza in una relazione di coppia tra adolescenti, è più reale e diffusa di quanto si pensi. "Già nel 2007 - spiega Lucia Beltramini, psicologa e psicoterapeuta - i dati di una ricerca sulla percezione di violenze di tipo fisico, sessuale e psicologico negli adolescenti avevano dimostrato che in più di una coppia su dieci erano presenti questi atteggiamenti. E tutte le ricerche successive, sia livello italiano che internazionale, hanno confermato questa realtà".
I ragazzi riconoscono i comportamenti violenti?
"Fanno fatica a capire dove mettere un limite, cosa è violenza e cosa non lo è. A volte, proprio perchè non c’è ancora una corretta educazione alle relazioni, la gelosia eccessiva o l’essere costantemente controllati non vengono visti come comportamenti problematici ma come segni di interessamento e amore".
Come intervenire?
"È necessaria un’attività di prevenzione e una corretta educazione rispetto agli affetti, a come si sta insieme e alla parità. Non dimentichiamoci che spesso la violenza appare più evidente quando porta delle conseguenze sulla salute. Attacchi di panico, pensieri negativi, isolamento sociale, possono essere i segnali che qualcosa non va in una relazione".
A chi spetta il compito?
"La prima agenzia educativa durante l’infanzia è la famiglia, poi crescendo, si aggiungono la scuola e altri gruppi di riferimento come l’allenatore, per chi fa sport. Più questi mondi lavorano insieme, con interventi a scuola, formazione agli insegnanti e momenti di riflessione con i genitori e le famiglie, maggiori sono le probabilità di avere esiti positivi".

20.11.24

raccontare i femminicidi di oggi parlando di quelli del passato il caso Beatrice cenci

 Per  il 25  novembre oltre  post  di riflessione   anzichè raccontare  le  recenti   storie di femminicidio \  d'amore criminale  che   in una società sempre  più anestetizzata ( o quasi  )  ed  un informazione sempre  più  veloce  dove  dopo tre  giorni (  salvo ecezioni )    sono già  dimenticati o  strumentalizzati vedere le  news  riportate   nel  post  precente ,racconterò un  femminicidio  e  una   violenza  di  genere  insieme    del passato . Si tratta di Beatrice Cenci , alla cui condanna a morte vi assistente e trase ispirazione per una delle opere


 più belle e cariche di pathos nonche la secondo alcuni Il capolavoro più sanguinoso ,  Caravaggio. 


Beatrice Cenci (Roma, 6 febbraio 1577 – Roma, 11 settembre 1599) è stata una nobildonna italiana giustiziata per parricidio e poi assurta al ruolo di eroina popolare, per essersi difesa dal padre violento e depravato.

[---- ] da Beatrice Cenci - Wikipedia

Il parricidio

Esasperata dalle violenze e dagli abusi sessuali paterni, si dice che Beatrice giunse alla decisione di organizzare l'omicidio di Francesco con la complicità della matrigna Lucrezia, dei fratelli Giacomo e Bernardo, del castellano Olimpio Calvetti[6] e del maniscalco Marzio da Fioran, detto il Catalano.
Per due volte il tentativo fallì: la prima volta si cercò di sopprimerlo con il veleno ma l’uomo, assai diffidente, fece assaggiare cibo e bevande alla figlia prima di consumarle così questa proposta fu scartata; la seconda con un'imboscata di briganti locali che però, scoperte le possibili conseguenze, si rifiutarono. La terza volta Francesco, stordito dall'oppio fornito da Giacomo e mescolato a una bevanda, fu assalito nel sonno: Marzio gli spezzò le gambe con un matterello, Olimpio lo finì colpendolo al cranio e alla gola con un chiodo e un martello.
Per mascherare l’omicidio, Olimpio cercò di rompere il pavimento di un balcone per far precipitare il cadavere al suolo, ma non ci riuscì. Così demolì il ballatoio per tentare quindi d'infilarci il cadavere ma la cosa era impossibile: il foro era troppo piccolo. Decisero allora di gettare il corpo dalla balaustra della Rocca, sperando che tutti credessero al cedimento della struttura. Il 9 settembre 1598, Francesco fu trovato in un orto ai piedi della Rocca. Dopo le esequie il conte fu sepolto in fretta nella locale chiesa di Santa Maria. I familiari, che non parteciparono alle cerimonie funebri, lasciarono il castello e tornarono a Roma nella dimora di famiglia, palazzo Cenci, nei pressi del Ghetto.

Beatrice Cenci in prigione. Quadro di Achille Leonardi, XIX secolo

Le indagini

Inizialmente non furono svolte indagini, ma voci e sospetti, alimentati dalla fama sinistra del conte e dagli odi che aveva suscitato nei suoi congiunti, indussero le autorità a indagare sul reale svolgimento dei fatti.Dopo le prime due inchieste, la prima voluta dal feudatario di Petrella, duca Marzio Colonna e la seconda ordinata dal viceré del Regno di Napoli don Enrico di Gusman, conte di Olivares, lo stesso pontefice Clemente VIII volle intervenire nella vicenda.La salma fu riesumata e le ferite furono attentamente esaminate da un medico e due chirurghi che esclusero la caduta come possibile causa delle lesioni. Fu anche interrogata una lavandaia alla quale Beatrice aveva chiesto di lavare lenzuola intrise di sangue dicendole che le macchie erano dovute alle sue mestruazioni ma la giustificazione, dichiarò la donna, non le sembrò verosimile. Gli inquirenti furono insospettiti, inoltre, dall'assenza di sangue nel luogo ove il cadavere era stato rinvenuto.I congiurati furono scoperti e imprigionati. Calvetti, minacciato di tormenti, rivelò il complotto. Riuscito a fuggire, fu poi fatto uccidere da un conoscente dei Cenci, monsignor Mario Guerra,[senza fonte] per impedirne ulteriori testimonianze. Anche Marzio da Fioran, sottoposto a tortura, confessò ma, messo a confronto con Beatrice, ritrattò e morì poco dopo per le ferite subite. Giacomo e Bernardo confessarono anch'essi. Beatrice inizialmente negò ostinatamente ogni coinvolgimento indicando Olimpio come unico colpevole, ma la tortura[7] della corda[8] ne vinse ogni resistenza ed ella finì per ammettere il delitto.Acquisite le prove, i due fratelli Bernardo e Giacomo furono rinchiusi nel carcere di Tordinona,[9] Beatrice e Lucrezia in quello di Corte Savella.[10]

Prospero Farinacci, difensore di Beatrice. Da Crasso, Ritratti d'huomini letterati1666

Il processo

Il processo fu affidato al giudice Ulisse Moscato ed ebbe un grande seguito pubblico. Nel dibattimento si affrontarono due tra i più grandi avvocati dell'epoca: l'alatrense Pompeo Molella per l'accusa e Prospero Farinacci per la difesa. Farinacci, nel tentativo di alleggerire la posizione della giovane, accusò Francesco di aver stuprato la figlia, ma Beatrice, nelle sue deposizioni, non volle mai confermare l'affermazione del difensore. Alla fine prevalsero le tesi accusatorie di Molella e gli imputati superstiti vennero tutti giudicati colpevoli e condannati a morte.Cardinali e difensori inoltrarono richieste di clemenza al pontefice ma Clemente VIII, preoccupato per i numerosi e ripetuti episodi di violenza verificatisi nel territorio dello Stato, volle dare un severo ammonimento[11] e le respinse: Beatrice e Lucrezia furono condannate alla decapitazione, Giacomo allo squartamento. Solo per Bernardo il pontefice acconsentì alla commutazione della pena: di soli diciotto anni, non aveva partecipato attivamente all'omicidio, venendo condannato unicamente per non aver denunciato il complotto; per la sua giovane età ebbe risparmiata la vita, ma gli fu imposta la pena dei remi perpetui, cioè remare per tutta la vita sulle galere pontificie, e fu obbligato, inoltre, ad assistere all'esecuzione dei congiunti legato a una sedia. In aggiunta, la notizia della commutazione della pena gli fu deliberatamente nascosta e comunicata solo poche ore prima della scampata esecuzione. Solo alcuni anni più tardi, dopo il pagamento di una grossa somma di denaro, riottenne la libertà.

Castel Sant'Angelo: luogo dell'esecuzione
Esecuzione di Beatrice Cenci

L'esecuzione

L'esecuzione di Beatrice, della matrigna e del fratello maggiore avvenne l'11 settembre 1599 nella piazza di Castel Sant'Angelo gremita di folla. Tra i presenti anche tre artisti: CaravaggioOrazio Gentileschi e la figlia di costui, la futura pittrice Artemisia. La giornata molto afosa causò il decesso di alcuni spettatori per insolazione (che risultò fatale anche al giovane romano Ubaldino Ubaldini, famoso per la sua grande bellezza, come ricorda Stendhal nelle sue Cronache italiane); altri rimasero uccisi nella calca e qualcuno invece scivolò nel Tevere, morendo annegato.La decapitazione delle due donne fu eseguita con la spada[12][13]. La prima a essere uccisa fu Lucrezia, seguì poi Beatrice e infine Giacomo, che fu seviziato durante il tragitto con tenaglie roventi, mazzolato e infine squartato

           [....] 

non  so  che altro dire   alla  prossima


22.6.20

Storie di figlie che hanno deciso di ribellarsi alle violenze dei padri e sono diventate protagoniste di una liberazione

quello che  affermavo    nei commenti  di   questo   precedente  post



 di  cui  trovate  qui    https://bit.ly/2Bysmy0  l'intera  discussione,è errato perchè non tutte le  donne   reagiscono  allo stesso  modo  davanti  alle  brutalita  sessiste   e patriarcali del femminicidio  . Se  da  un lato ci  sono     quelle   subiscono passivamente   e preferiscono far prevalere  le loro  paure  ed  il loro pessimo  per una    giustizia    .  Ci sono   anche  quelle   di cui riporto   sotto   le  loro storie  prese  da repubblica  del   22\6\2020

Nel nome della madreSubire la violenza degli uomini in famiglia: si stima che in Italia accada a 500mila bambini Storie di figlie che hanno deciso di ribellarsi e sono diventate protagoniste di una liberazione

                                    di Maria Novella De Luca

Annie Russo, 20 anni
"Spiego nelle scuole che quello non è amore"


«Mi chiudeva a chiave nella mia stanza, nel buio più completo.
"Dormi" diceva. Oltre la porta sentivo urla soffocate, lamenti, frantumi, colpi sordi. Mio padre la picchiava senza pietà.
Ricordo notti infinite, il terrore che mi scuoteva come ventate fredde che ancora oggi mi gelano il sangue. A undici anni la prima aggressione davanti miei occhi: lui le getta in faccia un oggetto pesante, la ferisce a un occhio, quasi l’acceca. Mia madre urla, piange, si rannicchia su se stessa. Ma poi si rialza.
Copre l’ematoma. Incredibilmente usciamo tutti insieme, andiamo al luna park, come fossimo una famiglia normale, lei racconta che quell’occhio nero se l’è fatto cadendo. Subiva e pensava che fosse amore».
La violenza con occhi di figlia ha il colore della notte e le tenebre di una stanza chiusa a chiave. È l’umiliazione di ogni giorno che diventa depressione, fatica di vivere, morte del domani. Annie Russo ha 20 anni, vive a Reggio Calabria, a settembre si iscriverà all’università. Sua madre, Antonietta Rositani, da 400 giorni combatte in un letto di ospedale dopo che il suo ex marito, Ciro Russo, evaso dagli arresti domiciliari, le ha dato fuoco. (Oggi si terrà l’ultima udienza del processo. In aula, parte civile, anche l’associazione "Insieme a Marianna", in ricordo di Marianna Manduca, uccisa dall’ex). Annie dice che la sua vita si è fermata il 12 marzo 2019. Era in classe, qualcuno la chiamò, vai, tua madre è in ospedale, ha avuto un incidente, al telefono c’è lo zio, il fratello di Antonietta che grida: «L’ha bruciata, l’ha bruciata». «Davanti a mia madre sfigurata dal fuoco ho visto i miei terrori di bambina diventare realtà, le mie notti insonni per paura che l’ammazzasse. La picchiava, le sputava, la controllava con il Gps, mamma subiva, ma restava lì, in quell’inferno che era la nostra normalità. Per aggredirla cercava pretesti: una camicia non stirata e diventava una belva. Rispettava soltanto il mio fratellino Willy, forse perché maschio».
La vita fuori. la scuola, gli amici. E la vita dentro: botte, sangue.
«La violenza mi mangiava le forze. Non vali niente, mi diceva. E mi sputava. A casa non invitavo nessuno, con gli amici facevo finta che fosse tutto normale. Se cresci con la paura che tuo padre uccida tua madre, ti porti la vergogna dentro». Annie, che oggi racconta la sua storia nelle scuole, è una tra i cinquecentomila figlie e figli di "violenza assistita". «Continuava a dire di amarlo. Si è ribellata soltanto quando lui ha spaccato anche a me la faccia. Un giorno l’ho sentito dire: oggi ti ammazzo. Ho chiamato mio zio e lui ha avvertito la polizia.
Finalmente l’hanno arrestato». Annie quella volta salva Antonietta. Ma la storia è amara. Russo evade dai domiciliari, sperona l’auto di Antonietta e le dà fuoco. «Per quell’uomo provo indifferenza. Ho il cuore freddo. Voglio soltanto giustizia per tutti noi».


Giulia, 23 anni
"Così ho trascinato mio padre in tribunale"

Giulia quel padre padrone lo ha mandato alla sbarra. Ma il processo è appena cominciato. «Ho paura di lui, tutelate la mia identità». Giulia, così la chiameremo, ha 23 anni, gli occhi scuri e il cuore di una combattente. «Quando ero piccola vedevo mio padre insultare, umiliare e picchiare mia madre. Ho passato un’infanzia ad asciugare le sue lacrime, sentendola singhiozzare di giorno di notte. Mio padre cercava di inculcarmi l’idea che la mamma fosse pazza, che fosse lei a causare tutte le liti a cui assistevo. Della mia infanzia ho solo flashback di botte e grida e il suono di un pianto che non finisce più».
Giulia è una vittima di violenza assistita. Ex bambina testimone di ingiustizia. Abita in provincia di Roma, studia all’università, ha un compagno. Ma di quei traumi, elaborati oggi anche grazie al femminismo, fa ancora fatica a parlare. Giulia, che è riuscita a salvare la madre, Francesca, convincendola a separarsi, trovando i soldi per mantenere entrambe. E ha avuto il coraggio, assistita dall’avvocata Teresa Manente, di portare il padre-aguzzino alla sbarra. Un uomo con il culto della forza e delle armi. «Ne aveva di qualsiasi tipo: coltelli, pistole e fucili». «Lui colpiva e mia madre si rannicchiava su se stessa per la vergogna, i fazzoletti zuppi di lacrime, il suo pianto durava così tanto che non riusciva più a respirare. Quando avevo 8 anni tentò di denunciarlo. Ma la scoraggiarono: è una lite familiare, le dissero. Aveva rinunciato a tutto per la famiglia, non aveva niente e nessuno.
In 20 anni di matrimonio lui le aveva fatto terra bruciata intorno. Aveva solo me». Una bimba di dieci anni piccola e magra che cerca di fermare l’orco.
Si consuma in una casa di periferia questo inferno domestico.
Una matrimonio come tanti: lei pensa di amarlo, lui si trasforma in carnefice. Giulia cresce tra lacrime e sangue, aggrappata a una mamma che non riesce a reagire. «Da adolescente ha iniziato a picchiare anche me per affermare il suo potere».
Giulia si piega ma non si spezza. È un tenacissimo giunco.
Decide di iscriversi all’università. Il padre la insulta, dice che fallirà. «Gli chiesi di saldare la prima tassa. Fui massacrata».
Giulia è disperata ma caparbia. Lavora e studia.
«Volevo salvare mia madre da quell’inferno. Dovevamo liberarci di lui: la convinsi a separarsi. Non aveva mai avuto a forza di farlo». Giulia cerca aiuto. «Avevo visto la pubblicità del 1522, il numero antiviolenza». È la salvezza. «Mi misero in contatto con "Differenza donna". Psicologhe e avvocate che ci hanno aiutato prima di tutto a riconoscere la violenza. Poi, a difenderci». Ma il respiro della libertà è ancora lontano. «Prima di essere obbligato dal giudice ad andare via la aggrediva ogni giorno, senza pietà.
Registravo tutto. Mi scoprì e finii in ospedale». Giulia sente ancora il dolore di quei colpi. «Grazie a "Differenza donna" l’ho portato in tribunale. I miei occhi di bambina hanno visto l’orrore, ci vorrà tutta la vita per dimenticare».

ma  soprattutto  è questo     , vedere  foto sotto  ,  che  mi  ha  fatto più riflettere














emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...