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14.12.24

il caso della saga ( romanzi e serie tv ) L'amica geniale un finale aperto ed enigmatico proficuo e bello .

 IL 9  dicembre   è finita   dopo  4  stagioni   l'Amica  Geniale . La serie, che ha saputo raccontare con maestria le vicende di Lila e Lenù, due amiche cresciute in un rione di Napoli, ha ottenuto un successo straordinario, con oltre 6,2 milioni di visualizzazioni su RaiPlay e più di 3 milioni di telespettatori, raggiungendo il 18,2% di share. La sua capacità di toccare le corde emotive del pubblico, grazie a una narrazione intensa e coinvolgente, ha trasformato L'amica geniale in un fenomeno culturale di portata internazionale.


 La serie italo-statunitense tratta dalla tetralogia di Elena Ferrante ha iniziato il suo cammino nel 2018 e, dopo sei anni, si è congedata dai suoi spettatori con i due episodi finali che scrivono la parola fine ad un racconto che ha attraversato sessant'anni di storia d'Italia e, soprattutto, dei personaggi nati dalla penna della scrittrice senza volto. Su tutti Lila e Lunù, le due amiche del rione Luttazzi che si sono amate, odiate, allontanate e riavvicinate senza smettere mai di pensare l'una all'altra.adesso che è finita la  saga   de l'amica  geniale  posso "recensire " ed esprimete un goudizio completo  Anche se a mio avviso l'autrice della saga e poi gli autori della fiction /serie tv avrebbbero dovuto intitolarle amiche geniali in quanto sono state geniali entrambe ciascuna   delle  due  protagonista   a modo suo suo chi precocemente ( Lila  \ Raffaella Cerullo) chi tardivamente ( Lenù \ Elena Greco  )   . Infatti  La storia di Lila e Lenù, che si snoda attraverso decenni di cambiamenti sociali e personali, ha saputo affrontare temi universali come l'amicizia, l'amore, la lotta per l'emancipazione e il confronto con le proprie radici. La complessità dei personaggi e la profondità delle loro relazioni hanno reso L'amica geniale un'opera unica nel suo genere capace di lasciare , almeno  per   ora  cioè  fino ad altra fiction notevole e migliore d'essa  , un'impronta indelebile nella memoria collettiva.

Ora premetto   che non ho letto I romanzi da cui è tratta e  ho  visto con  scietticismo poi  venuto meno man  mano  che  procedevo    con la  visione  delle   prime  due  \ tre   puntate  di quella   che  è  stata  la  I stagione, perché aprioristicamente ed erroneamente  gli ho classificati come romanzi d'appendice\ meglio noti come feuilletton  o  romanzi rosa . Ma poi incuriosito dalle chiacchere  e  studi  \ indagini  sterili  sui  media   e non   sul sapere  chi  ci sia  dietro  lo pseudonimo  dell'autrice   su  chi   si  cela   dietro lo pseudonimo dell'autrice / autore o  se é realmente  lei  tanto  da  farmi  condividere   la  battuta    : <<   Non mi  pare   cosi  grave  Anch'io  non  conosco chi ha  costruito   casa mia mia  ..... ma  non me  la  prendo  >>  (   cit  disneyana  più precisamente   topolino e la  leggenda del panettone   n° 1620  ) ,  dal  successo   dopo  i  romanzi   della  trasposizione  tv  . Ma  soprattutto   dalle recensioni bellissime non ufficiali  \  ortosse  dei romanzi   :   familiari  (  mia  madre )  e   amici  in  particolare    di una mia amica che dopo aver letto il primo  volume   della    saga  da me regalatogli si è  comprati gli altri   ho  deciso   di    vincere /mettere  da parte lo scetticismo  e    di vendere la  serie  tv . Infatti Inizialmente avevo un po' di diffidenza  e scetticismo convinto di trovvarmi  con un polpettone e qualcosa du mediocre / dozzinale ,  ma poi mi e piaciuto ed appassionato tanto che appena ho tempo vadobin biblioteca à prendere in prestito i libri per    farmi  un  ulteriore  idea   dei misteri  lasciati in sospeso   dal  film  e  anche dal  ciclo dei  romanzi . Una  saga bella    ed  avvincente  ,  profonda  con  un  ottimo   cast    d'esordienti  compresi .  Come al  solito il pubblico sottoscritto compreso   dopo la fine naturale    ha  chiesto  un altra stagione  per  risolvere  gli engmi    finali  .  Ma  poi  leggendo    questa intervista     al regista    rilasciata  a : https://www.fanpage.it/spettacolo/interviste

[..] L’idea di Un’amica geniale 5 ha mai sfiorato l’intera squadra di lavoro, Ferrante inclusa?
Non credo sia contemplabile, proprio perché il romanzo rimane romanzo. Non c'è motivo di scrivere una quinta stagione, ha funzionato di suo in questo modo. La coerenza potrebbe perdersi e diventeremmo solo dei mercanti con una fastidiosa tendenza a mercificare il prodotto. La storia è completa e conclusa, va bene così.
Ho cambiato idea .
Infatti   Costanzo  ha    ragione    sarebbe    tradire  l'opera  stessa   dell'autrice (   o  dell'autore   secondo me   che  usa  uno  pseudonimo  femminile  perchè  in italia   è ancora  tabù    e si considera poco dignitoso  che   un uomo    scriva   tematiche       femminili )   e  poi    sfatiamo i miti   e  gli stereotipi   che   un  opera  letteraria ( comprendendo   con il  termine  letteratura    anche il  cinema  e  la  tv  )  debba  per   forza  finire    risolvendo  tutto  senza  lasciare  al lettore  \  spettatore    cioè  al  suo  fruitore  la  possibilità  fi  fantasticare  \ farsi in un  idea  proria sulla storia . E'    vero che  dare un significato al finale ad opete complesse e particolare come  L’Amica Geniale è complicatissimo. Quattro stagioni e altrettanti libri (da cui la serie è tratta) ci hanno insegnato che Elena Ferrante ha fatto qualcosa di più che raccontare una semplice storia che attraversa le vite delle due protagoniste.
 L’Amica Geniale è  secondo me  ,  una  delle narrazioni maggiormente stratificate che la letteratura italiana prima e la tv poi hanno proposto, offrendo visioni e significati che, quasi come in una maratona, si sono passati il testimone fino alla conclusione. 
Comunque   per    coloro  che per   pigrizia  mentale (  ma anche   scarso addestramento ed allenamento  a pensare   fuori dagli schemi  ed  andare  oltre  la  pappa  pronta   ) , purtroppo   sempre  meno 😥😢 , non vogliono fare questo processo ecco qui e qui il finale spiegato .per   me  L’Amica Geniale è un caso in cui un’amicizia sopravvive alla vita. infatti 



“Ho riconosciuto subito le nostre bambole che erano state gettate in uno scantinato del Rione. Forse quelle due bambole, che avevano attraversato oltre mezzo secolo ed erano venute fino a Torino, significavano solo che lei stava bene. E mi voleva bene. Che aveva rotto gli argini e che finalmente voleva girare il mondo, vivendo in vecchiaia secondo una nuova verità: la vita che in gioventù le avevano vietato e si era vietata. Ora che Lila si è fatta vedere così nitidamente devo rassegnarmi a non vederla mai più”.
Le ultime parole di Lenu dedicate a Lila

Una cosa è certa: L’Amica Geniale  ha regalato due ritratti femminili di assoluto valore e significato. Dai traguardi raggiunti alle sfide intraprese fino agli errori commessi, Elena e Lila sono portavoce di un femminismo sano in un mondo patriarcale che neanche finge di voler dare valore alle donne.Infatti  Le bambole sono il fulcro di tutta la storia, da dove nasce l'amicizia, le paure, le angosce e i desideri che condividono sin da bambine nel caos del rione. Non a caso Lila chiamerà la figlia Tina come la bambola di Lenù: Lila sembra non ricordarsi di quel nome, è una coincidenza o un terribile caso. La bambola verrà ritrovata ma Lila deciderà di scomparire per sempre, la smarginatura ha fatto il suo effetto, Lila si è perduta così come la figlia, si è perduta per sempre ma lo ha fatto consapevolmente, ha fatto quello che avrebbe voluto in giovinezza.
Ma ciò che rimarrà per sempre sarà quell'amicizia che ha caratterizzato le loro vite per decenni. Rimarranno i ricordi incastonati tra le vie del rione, rimarrà quella passeggiata verso il mare mai completata, rimarranno le violenze fisiche e i primi baci. Rimarranno queste due ragazze, figlie di una Napoli povera ma autentica che cercano di emergere e affermarsi nel loro modo. Rimarranno quelle due bambole, Lila e Lenù.
Inoltre  L’omicidio del fratelli Solara potrebbe anche essere inteso metaforicamente parlando come la fine dell’imposizione patriarcale senza se e senza ma nella società. Ora che Elena e Lila non devono più guardarsi le spalle da chi ha sempre cercato di ricordare loro che posto avrebbero dovuto avere, possono dirsi veramente libere. E, con loro, ci si augura che tutte le telespettatrici che vivono situazioni opprimenti possano avere la stessa occasione (meno tragica, ovviamente) di alzare la testa contro chi le vorrebbe silenti e invisibili.L’Amica Geniale resterà un capolavoro irripetibile  ?  Capolavoro osannato dalla critica e dal pubblico (le prime due stagioni su Raiuno superarono in alcuni episodi i 7 milioni di telespettatori e il 30% di share, mentre su RaiPlay la serie è tra le più notevoli degli ultmi anni concludendosi, si consegna definitivamente alla storia della televisione italiana.


Sia per l’incredibile sforzo produttivo che c’è stato dietro ogni stagione, sia per l’inedita alleanza Rai Fiction-Hbo che ha permesso di vedere un prodotto in lingua italiana e sottotitolato in inglese in prima serata sul canale via cavo statunitense per eccellenza, ma anche per l’anticonformismo di cui fin dalla prima stagione questa serie è stata intrisa.
Dalla regia fortemente autoriale di Saverio Costanzo prima e poi di Daniele Luchetti, Alice Rohrwacher e Laura Bispuri alla sceneggiatura che non lascia scampo a chi è abituato a serie tv con episodi autoconclusivi, L’Amica Geniale ha fatto qualcosa di irripetibile.
Portando in scena una storia che dura una vita intera e che permette di osservare un’Italia in evoluzione, il capolavoro di Elena Ferrante (ricordiamo che il primo volume della tetralogia è stato definito   forse  in mainera  esagerata  dal The New York Times “libro del secolo”) ha il merito di aver svegliato dal torpore una serialità italiana abituata troppo spesso a vivere di rendita, ricordando a tutto il settore audiovisivo che l’ambizione non deve essere una vergogna. E regalando al pubblico una storia a cui ciascuno saprà dare ,  se     vuole farlo   \  afrontarlo ,  un proprio significato.Ecco  quindi  che  la conclusione della serie rappresenta non solo la fine di una saga, ma anche un momento di riflessione su ciò che L'amica geniale ha significato per il pubblico e per la cultura italiana. La trasposizione televisiva dei romanzi di Ferrante ha saputo mantenere intatta la forza narrativa e l'intensità emotiva delle opere originali, offrendo al contempo una nuova dimensione visiva che ha arricchito ulteriormente l'esperienza dei lettori e degli spettatori. In un'epoca in cui le serie televisive spesso,si limitano a intrattenere senza lasciare tracce durature, L'amica geniale è g fra quelle che si distinguono per la sua capacità di suscitare riflessioni profonde e di stimolare un dialogo interiore.

17.9.24

diario di bordo n 75 anno II . IL coraggio di Miss Mamma. La violenza sessuale e la gravidanza. "Ma scelsi di tenere il bambino ., Comune rischia dissesto per sostegno famiglia in 'codice rosso' ., Kosta Runjaic, l’allenatore venuto dal nulla che fa sognare l’Udinese. E che si ispira a Jfk

 dopo le  polemiche  su  Cinzia Dal Pino, 65 anni  [ è il secondo  articolo ]  e   fedez ( I II III )    riprendiamo   con    storie  più allegre o quasi 


Roma, 17 settembre 2024 – Un racconto forte come un pugno nello stomaco. Un amore materno sconfinato che sottomette l’orrore di uno stupro. Il desiderio di dare la vita che trionfa sull’annichilimento e la morte. Semou Diagne – origini senegalesi, anconetana d’adozione – è stata incoronata a Bellaria-Igea Marina Miss mamma italiana 2024. Sul palco della manifestazione, durante la prova di abilità richiesta alle concorrenti del contest nazionale – ideato dalla Te.ma spettacoli di Paolo Teti – la 33enne ha esibito il suo coraggio. "Sono madre di un ragazzo nato da una violenza sessuale che ho subìto nel mio Paese – ha rivelato ai giurati e al pubblico –. Ho deciso di portare  avanti comunque la gravidanza, rinunciando successivamente all’adozione. Mio figlio l’ho amato dal primo momento. Vorrei tanto che le donne che hanno vissuto l’esperienza terribile dello stupro capissero che è possibile non arrendersi, rialzarsi e trovare il proprio riscatto. La fede mi ha aiutato a credere che a ogni notte buia segue un giorno luminoso".Parlare pubblicamente dell’incubo vissuto quando era poco più che un’adolescente, è stato tuttavia non facile per la neo Miss, sguardo malinconico e fisico statuario. "Ripercorrere l’accaduto ha risvegliato quei fantasmi protagonisti di un trauma mai del tutto sopito – ha detto –. Ho pagato un prezzo altissimo, ma se questo dolore può servire ad aiutare altre donne, lo accetto quasi con gioia. Oggi mi sento più forte". Semou è giunta in Italia diversi anni fa, dopo la violenza, grazie all’aiuto di un’organizzazione internazionale, integrandosi perfettamente nel capoluogo marchigiano, dove lavora, studia e fa volontariato sulle ambulanze. Cosa che non ha impedito ai leoni da tastiera di rivolgerle svariati insulti per la partecipazione al concorso.“Durante le prefinali ho pianto – racconta –. Sono stata attaccata per il colore della mia pelle. Tanti giudicano senza sapere e questo mi ha ferito molto. Considero Ancona la mia casa, ho trovato amici stupendi, veri, che mi hanno sempre sostenuto nei momenti difficili. Sono riconoscente per quanto ho ricevuto. La scelta di fare volontariato è dettata anche dal desiderio di offrire il mio contributo a una città che mi ha dato tanto " Nonostante un matrimonio fallito, da cui ha avuto un secondo bambino, Semou – segni particolari, resilienza – continua a credere nei sentimenti. "Dopo lo stupro gli uomini mi facevano paura. È stata dura rimettersi in gioco. Attraverso la separazione da mio marito ho imparato però ad accettare che le relazioni possono finire. L’importante è custodire l’affetto e il rispetto reciproco. Ma non smetto di sperare di incontrare il compagno giusto". La corona di Miss Mamma l’ha arricchita di nuovi stimoli. "Vincere ha accresciuto la mia autostima, anche se vorrei continuare la mia vita in modo tranquillo, portando avanti gli studi. Mi piacerebbe lavorare come infermiera. Amo essere d’aiuto agli altri".Miss Mamma Italiana – patrocinato dal Comune di Bellaria-Igea Marina e dalla Fondazione Verdeblù, giunto alla 31esima edizione – ha portato alla luce altre storie di soprusi e sofferenze. Come quella di Sabina Zagaria, 30 anni, di Andria, che nel suo monologo ha invitato le donne a non mettere mai la testa sotto la sabbia. "Denunciate chi vi maltratta, mancandovi di rispetto. Io l’ho fatto".

 
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(ANSA) - FOGGIA, 16 SET - Una intera famiglia, madre e quattro figli messa sotto le tutele del 'codice rosso' per le minacce ripetute del padre, e un Comune che non riesce a sostenere la spesa necessaria che ammonta ad oltre 11mila euro al mese e che ha già accumulato un debito di 200mila euro. E' la denuncia del sindaco di Carlantino, Graziano


Coscia, che ha rivolto un appello alla presidente del consiglio, ai ministri della Famiglia e della Giustizia, al presidente della Regione e al prefetto annunciando che "se nelle prossime settimane non riceverò risposte dagli enti preposti valuterò seriamente le dimissioni e il mio Comune dovrà chiudere per assoluta mancanza di fondi".La vicenda, spiega il sindaco, è legata all'applicazione della legge del codice rosso ad una famiglia di Carlantino. "Più di un anno fa - sottolinea il sindaco - una donna di Carlantino con i suoi quattro figli veniva condotta presso una casa rifugio in un'altra città, a seguito della denuncia fatta contro le minacce telefoniche ricevute dal coniuge. Quella denuncia ha attivato procedure e azioni previste dal codice rosso". "Nonostante una proposta di percorso alternativo, attuabile tramite un contributo per fittare una casa e con prospettive lavorative -sottolinea - le autorità preposte hanno comunque pensato di applicare rigidamente quella che è l'attuale norma del codice rosso. Il problema è che il costo dell'alloggio presso la casa rifugio è a totale carico del comune di Carlantino. Il costo è pari 375 euro al giorno, ben 11.250 euro al mese. Ad oggi, l'ente carlantinese è debitore di quasi 200.000 euro nei confronti della casa rifugio". "Una cifra enorme e spropositata - aggiunge - per un Comune che si trova in una situazione finanziaria alquanto precaria, oltre a essere entrato in un piano di riequilibrio finanziario stabilito dalla Corte dei conti". Coscia sottolinea che "l'interesse è quello di proteggere i cittadini del mio paese. Ma non è possibile legiferare in tal senso senza prevedere un fondo dal quale gli enti comunali possano attingere risorse per far fronte a tali situazioni di emergenza. Lo Stato non può fare leggi e poi chiedere ai Comuni di sostenerle economicamente". (ANSA)

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Kosta Runjaic, chi è l'allenatore dell'Udinese capolista in serie A: palloni giganti e foot volley in allenamento, vendeva assicurazioni in Germania
Il tecnico dei friulani arriva dalla periferia del grande calcio. Ma sta stupendo grazie al suo gioco che ha proiettato i bianconeri in testa alla classifica. Dai “funny games” alle calamite per individuare i giocatori: vi raccontiamo i suoi segreti



“Kosta, chi è costui?”. Nel calcio globalizzato del 2024 l’arrivo di un nuovo allenatore in Serie A, lo scorso 14 giugno, ha costretto tifosi e appassionati a cercare lumi sul web. Tanti non conoscevano il

tedesco Runjaic, l’ex tecnico del Legia Varsavia scelto dall’Udinese per sostituire Fabio Cannavaro, che pure aveva salvato la squadra dalla B all’ultima giornata del campionato passato vincendo lo scontro diretto in casa del Frosinone.Siamo molti felici, ma non significa niente». Kosta Runjaic è il protagonista per caso di questo avvio di serie A con la sua Udinese che non ha sbagliato un colpo e può godersi una settimana da capolista dopo il successo in rimonta 3-2 a Parma, davanti alle big d'Italia grazie ai gol di Lucca e Thauvin. Non succedeva dai tempi di Francesco Guidolin. Ma il tecnico tedesco sa bene che il campionato della sua squadra non potrà essere quello che dice attualmente la classifica.Nato a Vienna, origini della Croazia ma nazionalità tedesca. Nel 2010, Runjaic parte dalla terza serie in Germania con il Darmstadt. Sarà il Kaiserslautern la squadra del suo biglietto da visita per l’Europa dei grandi grazie alla semifinale di Coppa di Germania raggiunta nel 2014. Nelle ultime stagioni Runjaic ha potuto finalmente abbandonare il suo primo e vero lavoro da assicuratore per potersi dedicare a tempo pieno nel calcio. Prima di essere chiamato all'Udinese che la scorsa stagione si era salvata solo all'ultima giornata dalla retrocessione, l’ultima positiva esperienza era stata con il Legia Varsavia in Polonia. La Conference League è stata la sua vetrina e la famiglia Pozzo lo ha ingaggiato con un biennale da 750 mila euro a stagione.
«Siamo però nella direzione giusta - ha detto dopo la rimonta a Parma l'allenatore tedesco - anche per il modo in cui abbiamo vinto, dimostrando carattere e passione. Per noi è importante fare il maggior numero di punti in questo inizio stagione. La chiave è essere connessi in attacco e difesa, mettere intensità in campo. Nel primo non abbiamo giocato benissimo, ma neanche male, poi nel secondo è cambiata l'energia e questo ha fatto la differenza. Siamo entrati velocemente in connessione con tutto l'ambiente e abbiamo trovato anche una grande connessione con i nostri tifosi».Runjaic utilizza solitamente dei palloni giganti, specie durante il ritiro estivo. Secondo lui sono utili per valutare la reazione dei calciatori rispetto a qualsiasi situazione di gioco. In poche parole, una simulazione del reale. Per lo stesso motivo, non sono mancate le gare di foot volley per provocare imprevedibilità e senso del pericolo. Tecniche di allenamento all'apparenza singolari, ma che visti i risultati funzionano alla grande.
Udinese prima in solitaria dopo tredici anni: sui bookie spunta la quota
Dall’incubo retrocessione, evitato soltanto nei minuti finali dell’ultima partita della scorsa Serie A, al primo posto in classifica dopo quattro giornate di campionato. Un cambio drastico per l’Udinese che grazie al nuovo corso Runjaić è in vetta dopo tredici anni. In quell’occasione la formazione bianconera raggiunse poi il terzo posto e la qualificazione alla Champions League, un’opzione difficile ma non impossibile per gli esperti di Sisal, che vedono Thauvin e compagni nelle prime quattro posizioni alla 38^ giornata a 66 volte la posta. Tuttavia, un inizio così dovrebbe evitare le sofferenze dello scorso anno, quando la squadra è rimasta costantemente nelle zone basse della classifica. Come riporta Agipronews si gioca infatti a quota 10 su William Hill un ritorno in Serie B per l’Udinese, campionato nel quale è assente ormai dal 1994/95.




24.12.22

Certi uomini di © Daniela Tuscano

Adesso che il Mondiale è archiviato, è tempo di riflettere. Si è trattato - l'abbiamo ripetuto più volte - di una delle peggiori edizioni di sempre: per l'avida pavidità della Fifa, pronta a eludere diritti umani e '"inclusività" davanti ai fiotti di denaro d'un Qatar sbrilluccicante d'intolleranza, fasti sardanapaleschi e tormento di lavoratori-schiavi. Abbiamo assistito al dramma dell'Iran, subito eliminato, non dal gioco ma dalla vita: molti calciatori persiani sono stati incarcerati, a volte giustiziati, per aver manifestato solidarietà ad Ahsa Amini e a tutte le donne e ragazze oppresse dagli ayatollah. Perché l'ombra che incombeva su questi match virili era un'ombra, anzi un velo, femminile. Sono stati Mondiali brutti ma simbolici, Mondiali di traverso, Mondiali non detti: dove chi ha vinto, non necessariamente sul campo, è stato uomo solo grazie a donne. Sono stati uomini i già nominati iraniani (ma pure l'equivalente squadra di pallamano, muta per protesta durante l'inno nazionale); e sono stati uomini i marocchini, che il podio l'hanno sfiorato, ma hanno conquistato il cuore di tutti. Ballando con la madre, come Sofiane Boufal. Ma altri se le sono spupazzate alla grande, quelle loro mamme insostituibili, da Achraf Hakimi a Hakim Ziyech.






 E il bello è che tutto, nell'apparente contraddittorietà, è parso logico, spontaneo, ovvio: fede e bellezza, foulard e musica, pudore e fisicità. Chi vede losco, vede male; e lo vede per invidia. Infastidito/a da un'esplosione di gioia familiare, da un Dio che vorrebbe annoverare tra le anticaglie della storia e che viene invece invocato e amato. Non ci sono ambizioni tarpate, nulla da insegnare a nessuno. Non a Sofiane, per cui la madre è "tutto" e "ci ha cresciuti da sola", compresa la bimba a capelli sciolti che la donna prende in braccio per unirla alla festa assieme a fidanzate/mogli, artiste perciò visibilissime. "Un giorno le dissi: lasciami il 100% al calcio  - ricorda Sofiane - e fra un anno e mezzo smetterai di lavorare". E la madre di Achraf rimanda: "Siamo un sostegno molto grande, più dell'allenatore, di suo
padre o dei suoi amici". Che ne sanno di questi ibridi, nati in Europa, frullato di culture e sogni periferici, gli altezzosi dirittisti, i lacchè del neopositivismo edipico? Ma non ricordano il braccio levato di Marco Materazzi ai Mondiali 2006, da dove la Nazionale uscì vincente? In verità, Materazzi quel braccio lo allungò in maniera telescopica, e ci aggiunse il dito quasi ad agguantare babelicamente il cielo. Ma cercava solo di ricongiungersi alla madre (ancora lei), persa a 15 anni. Madre-Dio: binomio inestricabile. L'atleta smisurato percepiva la sua piccolezza, la distanza siderale che ormai lo separava dalla genitrice. E la chiamava a gola spiegata: "Questa vittoria è per te". Per una volta uomo, non smargiasso o divo. Fu uomo il Balotelli deluso e piangente del 2012, consolato da Prandelli, esattamente come il Mbappé di dieci anni dopo



 fra le braccia di Macron e Foyth. E sono uomini due campioni di passate stagioni, Sinisa Mihajlovic e Gianluca Vialli. Sinisa non è più tra noi, Vialli sta lottando, ma non nasconde la paura. 



Anche santa Teresina ha temuto l'"abisso del nulla" e, prima di lei, Cristo: il bimbo che sta per nascere ha manifestato tutto sé stesso nel momento dell'addio. Ma prima c'è stata la prova, perché era "un Dio non Dio" (G. Squizzato) e sapeva che la vita era una sola, e bella, e devastante lasciarla. Uomini nella sconfitta, nella debolezza di fronte a un trauma furibondo, meravigliosi d'imperfezione. Si può essere uomini solo così.
                                       © Daniela Tuscano


14.11.22

Vita da clochard a Palermo: "Non abbiamo niente ma possiamo guardare le stelle"

 

Vita da clochard a Palermo: "Non abbiamo niente ma possiamo guardare le stelle"

Sono 148 le persone senza dimora che trascorrono le notti sulle panchine o sui marciapiedi. Ad aiutarle sono i volontari dell'Unità di strada della Croce Rossa  


Per l'anagrafe, non esistono. Sono gli invisibili. Centoquarantotto persone senza dimora che trascorrono le notti sulle panchine o sui marciapiedi, coperte da cartoni isolanti per non sentire troppo freddo. Alcuni, addirittura, dormono in fetide

discariche dalle quali, nonostante tutto, dicono di vedere le stelle. In una qualunque sera di novembre in cui, nonostante qualche goccia di pioggia, il freddo intenso non è ancora arrivato, inizia il turno di Valentina Vivona, Salvo Raccuglio e Laura Sangiorgi, volontari dell'Unità di strada della Croce Rossa. 

(palazzotto)
Al Foro Italico, in una panchina viola che guarda verso il mare, trascorre le proprie notti, in compagnia di un cartone di vino, un uomo sulla cinquantina. Capelli arruffati e tanta rabbia nel cuore. "Io sono ebreo - ci dice - e i nazisti mi vogliono fare fuori. Adesso cerco solo un riparo, mi basterebbe una stanza o una tenda da piantare qui, lo scriva e lo faccia sapere al Comune, però non dica il mio nome. "E come dobbiamo chiamarla?" domandiamo. "Mi chiami semplicemente un ex punk". Pare che l'ex punk, dal linguaggio forbito, forse laureato in psicologia, in realtà sia stato in gioventù un bravo musicista. "Accusa dei problemi psichici abbastanza gravi", spiega Valentina Vivona, 41 anni, che dal 2019 è responsabile del progetto della Croce Rossa "DimOra". "Il problema - continua la volontaria - è che molte di queste persone rifiutano di andare nelle comunità di accoglienza, dove ovviamente ci sono delle regole da rispettare".

(palazzotto)
Secondo le stime della Caritas, a Palermo sono 448 i senza dimora ospiti nelle strutture, alcune delle quali accolgono 25 persone a volta, mentre le altre comunità, come La casa di Muhil, gestita dall'associazione La danza delle Ombre e il dormitorio "A casa di Aldo", in via Messina Marine, ospitano circa cinquanta persone a notte. "Negli altri centri - dice Giuseppe Giambusso, responsabile della Caritas di Palermo - è previsto un percorso di accompagnamento e di reinserimento alla vita sociale, dove è compresa anche la ricerca di un'abitazione e un sostegno economico al primo affitto. Tra gli ospiti entrati nelle strutture, circa il 30% è stato sistemato". Ma gli "irriducibili", così vengono chiamati, non vogliono andarci perché alle comunità preferiscono la strada. Come Mohammed, iraniano, 67 anni, da più di trenta a Palermo. Lui è il vicino di panchina dell'"ex punk", ma tra loro parlano poco.

L'uomo tempo fa si è fratturato le costole ed è appena uscito dall'ospedale e nonostante non cammini ancora bene, ci tiene ad accompagnare i volontari della Croce Rossa fino alla macchina per scambiare ancora qualche chiacchiera e con una scusa o l'altra, tende a ritardare i saluti. Sembra che più che fame di cibo, abbia fame di contatti umani. Un tempo Mohammed era il punto di riferimento per tanti clochard, "quasi un'autorità" precisa Valentina Vivona. Fuggito dall'Iran e sbarcato a Palermo, Mohammed ha iniziato a collaborare con Biagio Conte per aiutare le persone in difficoltà, poi è andato via dalla Missione Speranza e Carità e ha deciso di condividere la strada con gli amici che aveva aiutato.

(palazzotto)
"Mohammed - dice Vivona - è un "socratico", il mondo è la sua terra e possiede una cultura e una saggezza fuori dal comune. Purtroppo, in questo periodo non sta bene, ha un inizio di demenza e nella sua vita ne ha viste di tutti i colori. E' stato vittima di gravi vessazioni, viveva in una roulotte che anni fa è stata bruciata mentre lui dormiva al suo interno. E' vivo per miracolo, ora non ha più niente, ma continua a ripetere che vuole morire sotto le stelle". In questo girone infernale, esiste un mondo parallelo dei cosiddetti "lavori ombra". "Tra di loro - spiegano i volontari - c'è chi fornisce i medicinali, chi dà informazioni, chi sorveglia gli effetti personali, chi fa da vedetta in cambio di cibo, soldi, alcol o droghe".
Il viaggio prosegue verso la periferia, direzione la Bandita, nella costa sud della città, una delle tappe più strazianti del percorso dove incontriamo Sergej, 40 anni, di origine ucraina. L'uomo, sempre sorridente, vive in una discarica. Guai a pulirla o liberarla da tutti gli ingombranti che i cittadini, noncuranti, continuano a gettare come se nulla fosse. Il suo eloquio è particolare: conosce la lingua italiana, ma si limita a unire le parole senza nessuna connessione logica. Gli operatori della Croce Rossa hanno anche chiesto aiuto a un interprete, ma nulla da fare, ciò che dice Sergej è incomprensibile. "Ogni tanto - dicono - ripete "mine anti uomo", ma poi i suoi pensieri corrono via". Sergej soffre della cosiddetta "sindrome di Diogene", la patologia che si manifesta con la perdita di interesse nella cura fisica, igienica e mentale della propria persona ed è un accumulatore seriale. "Quando il martedì, la Rap fa la pulizia della zona - dice Valentina Vivona - lui scompare, ma l'indomani ritorna con altre cianfrusaglie".

Alle 23 termina il turno notturno dei volontari della Croce Rossa. "Queste persone - concludono - hanno bisogno di cibo, è vero, ma sono soprattutto affamati di sorrisi e parole. Questo è il senso della nostra missione: pensare ai bisogni, senza trascurare i loro sogni".

8.5.22

Cantare con le mani Mia Martini e Caparezza Si chiamano Lis performance. , I cavalcavia diventano arte grazie ai sogni dei bambini Un quartiere popolare di Catania cambia volto ., Algoritmi su tela: i capolavori dei numeri Partendo da testi classici con la tecnologia del machine learning,

Nonostante abbia    problemi di sordità    fino a  poco tempo fa  ridevo   vedendo  in tv  i tg  ed  altri  programmi in     cui   i testi venivano tradotti   per  i sordi nella lingua dei Lis . Poi dopo aver appreso due storie ( riportate anche questo blog ) quella di  : 1)  
Marilena Abbatepaolo, dirigente scolastica dell'Istituto Comprensivo 'La Giustiniana' di Roma 2 ) Gloria Antognozzi figlia udente di genitori sordi segnanti.
  ed  ora     questa     storia    che     risponde  alla domande   Come condividere con la propria sorella sorda la passione per la musica? Graziana e Davide scoprono la Lis performance e così riescono a tradurre canzoni, rime, tonalità e sentimenti attraverso le mani ed " Cantare" con le mani Mia Martini e Caparezza

Si chiamano Lis performance,  sono  degli spettacoli  ed  esibizioni  artistiche   che  aprono    dei contatti      fra    i non udenti   o   sordi  e   gente   " normale  " . Infatti   qui   si  va  oltre  la lingua 


 in     quanto    con viso e corpo traducono la musica ai sordi, trasmettendo ritmo, tonalità e sentimento di una canzone

                    video      di Gianvito Rutigliano

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I cavalcavia diventano arte grazie ai sogni dei bambini
di Salvo Catalano


Un quartiere popolare di Catania cambia volto grazie ad un progetto che ha coinvolto quattromila abitanti: è nata così la Porta della Bellezza. E ora l'opera si estende  ad  altre  parti  della città  

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Algoritmi su tela: i capolavori dei numeri  di Ilenia Mura
Partendo da testi classici con la tecnologia del machine learning, un ingegnere rapper insieme ad un gruppo di creativi ha creato opere d'arte che sono pezzi unici



27.2.22

la squadra degli Insuperabili e la break dance alle olimpiadi

 Insuperabili è una scuola calcio per ragazzi con disabilità, nata a Torino 10 anni fa ed oggi diffusa su
tutto il territorio nazionale con 650 atleti che giocano in 17 sedi. In occasione dell'annuncio della partnership con Intesa Sanpaolo, Davide Leonardi, Co-founder Insuperabili, ci ha raccontato del loro Metodo, il sistema costituito da molteplici figure professionali che insieme costituiscono l'equipe di lavoro che quotidianamente segue e allena tutti gli atleti.



"Vogliamo raccontare il nostro Metodo tramite una storia concreta, quella di un nostro atleta: Alessio.



Scopriremo insieme il suo percorso, la sua stagione e soprattutto come vive e come affronta quotidianamente lo sport. Il finale è tutto da scoprire, perchè proprio come nello sport, non abbiamo un finale già scritto". Il sogno di Alessio, atleta della squadra Pre Agonistica, è quello di difendere i valori ed i colori di questa realtà con la maglia della Prima Squadra.

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Inizialmente   pensavo che  la  black  dance  pur essendo      spettacolare  per  certi versi  liberatoria      come  dimostrano  questo video  



sia questa la voce break dance di https://it.wikipedia.org ma se avevo qualche dubbio su farne un sport olimpico ritenendolo inopportuno ed inappropriato . Poi leggendo

 quanto dice    https://www.federdanza.it/area-sport/street-e-pop-dance/break-dance/la-disciplina-break

 [---]  Oggi il breaking è presente anche in TV, nella cultura popolare, così come negli spettacoli teatrali. In conclusione il breaking si è evoluto in una forma d'arte a livello globale, al cui interno sono presenti alcuni elementi sportivi che gli conferiscono una natura atletica. Ciò ha di certo influito nella decisione nel 2016 del Comitato Internazionale Olimpico (CIO) di aggiungere il breaking ai Giochi Olimpici Giovanili del 2018 a Buenos Aires e dell'edizione 2022 di Dakar.
[... ]

Infatti : [.. ] "Ci vogliono anni di sudore, sangue e lacrime per creare dei movimenti, delle coreografie, ci racconta Fabiano Lopes uno dei campioni di breakdance --- su quest   articolodi   https://it.euronews.com/--- Penso che la società abbia bisogno di capire un po’ di più questa forma d'arte che è sorprendente proprio come il calcio, o il basket.”
Il breaking è una specialità ricca di stimoli culturali e di contaminazioni, che ruota attorno a quattro elementi fondamentali per la creazione delle esibizioni, Le origini risalgono ai primi anni '70, quando nel South Bronx, a New York, si diffonde per la prima volta la cultura di strada Hip Hop.
"Questa forma d'arte è spirituale, fisica e mentale. Noi non stiamo solo facendo movimenti strani, come girare la testa o il corpo. Costruiamo delle geometrie che sono sacre”, prosegue Lopes. “Dobbiamo ruotare la tesa con una forza che arriva da tutto il corpo. E’ come generare potere. Una specie di guarigione, Alla fine della giornata siamo esausti. E poi è un ritorno alle origini. Bisogna possedere le basi di questa forma d'arte per poter creare un milione di passi. Dal passato bisogna portare sulla scena qualcosa di nuovo. Queste basi sono fondamentali. Io dallo stile newyorkese posso passare alla versione brasiliana, un mix di innovazione.”[... ]

2.9.21

L’assurda decisione: vince l’oro alle Paralimpiadi, lo squalificano per un ritardo di 3 minuti Muhammad Ziyad Zolkefli Tokyo 2020, la proposta di matrimonio in diretta tv, sulla pista delle Paraolimpiadi e le lacrime di gioia di bebne vio




    chi dice   che  alle  paraolimpiadi non succede  nient e d'interessante     si sbaglia  di grosso . Perchè handicap  a parte    sono   gente  come  noi     che soffro ,  gioiscono   , ed lottano   .



L’assurda decisione: vince l’oro alle Paralimpiadi, lo squalificano per un ritardo di 3 minuti
Muhammad Ziyad Zolkefli ha conquistato la medaglia più preziosa nella gara del lancio del peso ma la sua gioia è stata smorzata dalla decisione dei giudici di gara, successivamente confermata dal Comitato Paralimpico Internazionale. È arrivato in sala chiamate con un ritardo di 3 minuti, una “trasgressione” che gli è costata cara.
                             A cura di Maurizio De Santis
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Muhammad Ziyad Zolkefli s'era presentato alla gara di lancio del peso delle Paralimpiadi con 3 minuti di ritardo. Non immaginava che 180 secondi gli sarebbero costati cari, regalandogli un finale di gara amarissimo. L'atleta malese va in pedana e dà il meglio di sé: conquista l'oro nella classe F20 ed esulta. Il sapore della vittoria è dolcissimo, lo ripaga dei sacrifici fatti e delle ore trascorse ad allenarsi, è il coronamento di una preparazione che parte da lontano ma – almeno nel suo caso – è andata a schiantarsi contro l'intransigenza dei commissari di gara del Comitato Paralimpico Internazionale.
Per la commissione la decisione è giusta: "non aveva alcun motivo valido che lo giustificasse", è la versione dei giudici. Perché permettergli di andare in pedana? C'è una spiegazione anche a questo: inizialmente sembrava che le sue ragioni fossero valide ma in seguito la sua spiegazione è stata smentita dai fatti. Tanto rigore nei confronti Zolkefli ha scatenato le proteste: "vergognoso", "è assurdo", "non è giusto privarlo della medaglia ottenuta con tanta fatica" sono alcune delle frasi più ricorrenti per censurare quell'atteggiamento così fiscale dei giudici di gara.
Le regole sono regole – è la posizione dei giudici riportata dall'Associated Press – . Non è stata colpa degli ucraini se il malese era in ritardo. Si è giustificato dicendo che l'annuncio era in una lingua che non capiva.
Quanto accaduto a Tokyo è divenuto un caso politico. Il ministro dello Sport della Malesia, Ahmad Faizul Azumu, ha deciso di occuparsi personalmente della questione e ha dato incarico al consiglio nazionale di aprire un'indagine per chiarire tutti gli aspetti di una vicenda che è sembrata paradossale nella sua (eccessiva) severità. A beneficiarne è stato l'ucraino Maksym Koval che era arrivato secondo e aveva ottenuto la medaglia d'argento, salvo ritrovarsi con il metallo più prezioso al collo.
La rabbia dell'atleta malese e della federazione del suo Paese è motivata anche da un'altra ragione. Secondo le informazioni raccolte, sarebbe stata proprio la protesta dell'Ucraina a spingere i giudici di gara a valutare con maggiore severità l'arrivo in ritardo nella sala chiamate di Zolkefli.


La delusione per il quarto posto e la conseguente eliminazione nelle semifinali dei 200 metri, categoria non vedenti, è durata davvero poco per Keula Nidreia Pereira Semedo. Appena finita la gara delle Paralimpiadi, l'atleta di Capo Verde ha ricevuto sulla pista d'atletica di Tokyo la proposta di matrimonio, con tanto di anello, dalla sua guida, Manuel Antonio Vaz da Veiga. Lei ha detto subito sì e così i promessi sposi si sono abbracciati tra gli applausi del pubblico in tribuna.

Le lacrime di Bebe Vio dopo aver vinto l'oro nel fioretto alle Paralimpiadi di Tokyo 2020. L'atleta si è avvicinata agli spalti, è salita su una sedia e ha abbracciato il suo team tra l'emozione generale

7.6.21

storie dal mondo del calcio . la storia di Jorge Omar Carrascosa il capitano dell'Argentina che lasciò la nazionale per il bene del suo Paese e quella di Giovanni Branchini, a quasi 65 anni, è uno dei più vecchi procuratori di calcio italiani

Nonostante gli scandali e la fusione tra il calcio ( e lo sport in generale ) tra il mondo dello spettacolo\ gossip cioè lo Show business (spesso abbreviato in showbiz o show biz). mi piacciono e d appassionano le sue storie . Come quelle che sta facendo repubblica con la  rubrica storie  di maglie      o  fa egregiamente  il sito  https://storiedicalcio.altervista.org/ ( in questo caso ) . Una storia quella di Jorge Omar Carrascosa che è stato a lungo il capitano dell'Argentina di Menotti. A pochi mesi dal Mondiale del 1978 ha lasciato la nazionale e la fascia, quando il calcio era ancora poco inquinato e troppo lontano dall'immagine e dal denaro .
Una decisione inaspettata che l'ha trasformato in un eroe. Oggi Jorge Carrascosa non disputerebbe neppure un incontro: troppi soldi e compromessi, in giro. «Ogni epoca ha le sue sfide. Forse questa è più difficile, è tutto sempre più complesso e ingiusto: ma l’uomo deve continuare a cercare, a farsi delle domande. Chi lavora, ha l’obbligo morale di contribuire al miglioramento del suo lavoro e del mondo: coi fatti. Basta poco, ma ci vuole coerenza». intervista del protagonista a https://storiedicalcio.altervista.org/blog/jorge-carrascosa-lupo-disse-no-ai-colonnelli.html




  da STORIE  DI MAGLIA  DI REPUBBLICA  

 
di Pier Luigi Pisa
a cura di Leonardo Meuti
riprese di Luciano Coscarella
La maglia originale esposta appartiene al Museo del Calcio Internazionale


 
 

 Storie di maglie è il format Gedi Visual dedicato al racconto di leggendarie divise da calcio originali: dalla numero 14 arancione di Johan Cruyff, usata ai Mondiali del 1974, alla numero 10 bianconera che Michel Platini ha usato nel 1985 in occasione della Toyota Cup (così si chiamava all’epoca il Mondiale per club, ndr). Dalla rarissima maglia verde che l’Italia ha indossato nel 1954, contro l’Argentina, a quella del 1935 con cui Silvio Piola ha debuttato in nazionale maggiore. Un tuffo nel passato più iconico e glorioso del calcio, insomma, reso possibile dalla collaborazione con il Museo del Calcio Internazionale, esposizione permanente che vanta cimeli di ogni epoca provenienti da tutto il mondo, e con il Museo del Calcio di Coverciano, promosso dalla Figc, dedicato ai campioni della nazionale italiana.




Giovanni Branchini: “Cavalli e pugni inseguendo Clint Eastwood"
Intervista con il procuratore sportivo. Ha portato Ronaldo all’Inter ed è l’agente di Allegri ma dice: "I miei sogni più belli li ho vissuti nella boxe e nel cinema. Mio padre si faceva spedire giornali da tutto il mondo, siamo stati i precursori di Internet. Il calcio? Purtroppo è malato"




Giovanni Branchini, a quasi 65 anni, è uno dei più vecchi procuratori di calcio italiani. È l'uomo che portò Ronaldo il Fenomeno all'Inter e l'ombra di Massimiliano Allegri che non è riuscito a portare al Real Madrid perché Max ha scelto Torino e la Juventus. È grande e grosso. Avrebbe voluto fare il pugile oppure l'attore. Nello
sport comunque c'è il suo destino."I cavalli arrivarono per primi. Mio nonno Nello all'inizio del '900 trasformò nel trotto le corse dei calessini delle campagne emiliane e toscane, che erano vere e proprie sfide tra i possidenti agricoli. Qualcuno si è giocato intere cascine. Ebbe tre figli, dei due maschi di casa mio zio Fausto continuò nel solco tracciato dal padre mentre mio papà, Umberto, sposò il pugilato".



E i figli con lui?
"Eravamo tre fratelli nati a dieci anni di distanza l'uno dall'altro, il primogenito Marco, che purtroppo ci ha lasciati nel 2004, ha intrapreso la carriera di driver, io e mio fratello minore, Adriano, abbiamo seguito papà nella boxe. A 18 anni ho avuto la tessera di procuratore sportivo dalla Federazione pugilistica italiana".


Quali sono i suoi primi ricordi?
"Da bambino passavo molto tempo nello studio di mio padre che fu un vero precursore del concetto di network e in un certo senso di Internet. Infatti, già negli anni '60 riceveva in abbonamento tutte le riviste specializzate e i quotidiani sportivi più importanti a livello mondiale. Lo faceva per trascrivere su appositi cartoncini i record di tutti i pugili in attività, ricavava i risultati dalla stampa. Parlava e scriveva in inglese, francese e spagnolo, possedeva le basi di giapponese e traduceva nomi, esiti degli incontri, peso degli atleti. Una di queste riviste era double face. Aveva due copertine e testi differenti a seconda del verso da cui cominciavi a leggere, ma soprattutto da una parte c'erano foto di pugili bianchi e dall'altra erano, invece, tutti di colore. Veniva dal Sudafrica".




Fu un modo salgariano di scoprire il mondo senza muoversi di casa.
"Papà aveva corrispondenti ovunque, trascorreva la sua vita alla macchina da scrivere e non passava giorno in cui non spedisse dalle 8 alle 15 lettere, più qualche telegramma. Non vi era altro modo di comunicare sino alla creazione da parte dell'azienda telefonica dell'epoca di un sistema chiamato Gran Parlatore che dai primi anni '70 consentiva di chiamare in teleselezione a costi esorbitanti".

Vi alzavate nel cuore della notte per seguire gli incontri americani?
"Il ricordo più nitido mi porta al primo Benvenuti-Griffith, al Madison Square Garden. Era l'aprile del '67. Fino all'ultimo non venne comunicato se sarebbe stato trasmesso dalla Rai in diretta. Rimanemmo svegli tentando inutilmente di sintonizzare il televisore tra Rai e Televisione della Svizzera Italiana. Ci siamo dovuti accontentare della storica radiocronaca di Paolo Valenti".




A quando risale la sua prima volta a bordo ring?
"Al 23 aprile del 1965, avevo otto anni. Eravamo al Palazzo dello Sport di Roma gremito sino all'esaurimento dei posti, mio papà con l'aiuto e l'organizzazione di Rino Tommasi era riuscito a condurre alla disputa del titolo mondiale uno dei suoi campioni prediletti, Salvatore Burruni. Nella concitazione generale non trovarono dove farmi sedere, alla fine mi sistemarono proprio all'angolo di Burruni, appena al di là delle corde. Ero rivolto verso il pubblico e ricordo di aver letto, per la tensione, l'andamento del match negli sguardi e nelle espressioni dei tifosi vip che stavano in prima fila".

Mai infilato i guantoni?
"Sì, mi sono allenato per molti anni in palestra con i nostri ragazzi e anche con degli amici ma non ho mai combattuto. Mi sarebbe piaciuto farlo. In compenso ci ha pensato mio figlio Giacomo a combattere da dilettante. Ancora oggi mi sveglio nel cuore della notte per assistere agli incontri più importanti. Grandissimi sono stati Carlos Monzon, Salvador Sanchez, Alexis Arguello, Roberto Duran, Sugar Ray Leonard, Mike Tyson. Ma ne dimentico troppi. Oggi Saul Canelo Alvarez è un campionissimo. Assieme a papà ho gestito nove campioni del mondo, ma sono legato soprattutto a un gruppetto di ragazzi: Rocky Mattioli, Loris e Maurizio Stecca, Francesco Damiani, Luigi Minchillo e Salvatore Melluzzo".

Che cos'è il pugilato?
"La boxe è verità. Non ci sono trucchi o chiacchiere, nella boxe devi essere te stesso, non puoi bluffare. La pazienza e il coraggio devono coniugarsi perché campioni non si nasce, si diventa imparando innanzitutto a camminare sul ring e poi piano piano a colpire e a non essere colpito. Il coraggio serve per ragionare non per picchiare".

Che cosa deve ai suoi genitori?
"Nella mia famiglia mamma è stata spesso anche padre. Nel '46, quando mio fratello Marco aveva appena un anno, papà partì per una tournèe negli Usa con tre atleti italiani, non lo vedemmo per diciotto mesi. Negli anni '70 gestiva un campione del mondo thailandese, Chartchai Chionoi, e quindi passava lunghi periodi in Asia. Insomma una famiglia normale, papà al lavoro e mamma casalinga, in cui ho presto imparato come il concetto di normalità sia flessibile".

Il cinema era l'avventura, il sogno?
"Credo che quelli della mia generazione siano cresciuti nei cinema molto più che davanti a uno schermo domestico. Se dovessi giocare con la risposta direi che mi sarebbe piaciuto essere il grande Peter Lorre di M - Il Mostro di Düsseldorf oppure un meraviglioso Clint Eastwood in tutte le sue interpretazioni".

Ci sono film che ha visto più di una volta?
"Moltissimi. C'era una volta in America di Sergio Leone e Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, ma tra i miei favoriti ci sono due capolavori del 1957 di Ingmar Bergman: Il Settimo Sigillo e Il posto delle fragole. Alcune opere mi hanno divertito moltissimo condizionando, credo, anche la mia ironia personale e sono Harold & Maude di Hal Hashby, Il Dittatore dello Stato Libero di Bananas di Woody Allen, Frankenstein junior di Mel Brooks e il primo Amici miei di Mario Monicelli. Se devo però dare un punto di partenza al mio amore per il cinema devo indicare alcune opere di John Cassavetes: Una moglie, La sera della prima e Gloria".

Le piace ancora il calcio?
"Amo il sacrificio dell'allenamento, l'alchimia dello spogliatoio e il valore mistico della sconfitta. Amavo soprattutto accompagnare l'opportunità che lo sport offre ad ognuno di poter crescere sul piano umano. Oggi questo concetto di sport propedeutico alla vita si è molto perduto, il guadagno è divenuto l'unico motore, la priorità invece della conseguenza".

Ma voi procuratori siete i profeti del dio denaro.
"Non siamo tutti bestie. Il potere dei procuratori è direttamente proporzionale allo spazio e alle connivenze che presidenti e club concedono. Non sono ancora riuscito a convincere i reggenti del calcio a sedersi insieme a un tavolo per resettare un meccanismo impazzito, per condividere e affrontare le sue patologie. Mi rispettano, mi ascoltano ma poi non succede nulla e tutto continua come prima".

Cosa sono i soldi per lei?
"I soldi sono spesso la conferma del valore di ciò che fai, ma sono soprattutto una scialuppa di salvataggio quando si affrontano le tempeste della vita. Senza aver mai assaltato diligenze ho potuto guadagnare con soddisfazione".

Chi è stato Ronaldo?
"Ho cominciato ad assistere Ronaldo quando aveva 17 anni e da subito ho percepito due cose: la sua vivissima intelligenza e l'empatia che sapeva creare intorno a sé. Era facile condividere con lui anche le decisioni più complesse, bastava spiegargli il contesto e i motivi di una scelta. Fu così anche per la sofferta decisione di lasciare il Barcellona. Era il numero uno al mondo e aveva diritto a un contratto trasparente e cristallino. Esattamente quello che l'Inter gli garantì".

Chi è Max Allegri?
"Uno che risponde no grazie al Real Madrid. E ho detto tutto".

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

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