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13.9.25

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata XXXIX : PER AVVERTIRE IL PERICOLO ALLENATE IL VOSTRO UDITO

  Bisogna avere orecchio, anche quando si tratta di autodifesa. Spesso sottovalutato e dato per scontato, l’udito è un senso che può fare la differenza in caso di pericolo. Ascoltare è infatti il primo passo verso la prevenzione, perché ci consente di me!erci in contatto con l’ambiente che ci circonda e ci permette di riconoscere eventuali segnali che ci possono mettere in guardia. Anche in questo caso, è necessario allenarsi. Un esercizio semplice e facilmente praticabile prevede che camminiate per strada senza auricolari. Provate a distinguere i suoni che sentite: il passo di una persona, il rumore di un motorino che
si avvicina, la portiera di un’auto che si chiude, magari di scatto. Cercate di crearvi una sorta di mappa mentale dei rumori che riuscite a sentire e a riconoscere, in modo che possa essere più semplice in futuro accorgersi di un’eventuale anomalia. Sempre a proposito di allenamenti dell’udito, in un luogo afollato come può essere un mercato oppure una stazione, concentratevi per individuare un suono specifico. Per esempio, pensiamo al pianto di un bambino, al fischio di un treno o al richiamo di un ambulante, senza distrarvi dal resto dei rumori che vi circondano. Questo tipo di esercizio è utile e rafforza la sele!ività uditiva, che è fondamentale per cogliere un de!aglio importante nel caos. Ancora, imparate a camminare alternando momenti di relax a momenti di massima a!enzione acustica: spegnete la musica, interrompete qualsiasi telefonata e mettevi in ascolto. Saranno suffcienti pochi secondi per capire se c’è qualcuno troppo vicino a voi o se qualcuno che vi è accanto sta accelerando il passo.Esercitatevi anche a casa. Con gli occhi chiusi, fatevi aiutare da qualcuno che possa produrre rumori con un mazzo di chiavi o un libro che cade e cercate di riconoscerne l’origine e la direzione. È un allenamento che stimola la capacità di localizzare un suono, utile se ci si trova in un parcheggio o in una via poco illuminata. State in ascolto, sempre !


Infatti   è bene   oltre  che  per  i  motivi  elencati  dall'articolo di Antonio  bianco   per  motivi di salute  è  bene   allenare  il proprio udito  ecco come : « Udito Eccellente: ecco come averlo » di  La Palestra.it
Esso  oltre    ai metodi  citati  nelle  puntate precedenti   è  un modo   insieme al  progetto per le  scuole    : «  Il rispetto come antidoto alla violenza  » di  https://darevocealsilenzio.it/ per debellare  o  ridurre  ai minimi termini    la violenza   e  l'odio 













28.9.23

Caivano, la carabiniera Francesca Boni ha convinto le vittime a parlare: “Le due bambine cercavano l’aiuto di qualcuno”

 I  fatti  di caivano   hannno  anche un altro   protagonista       si  tratta  di  una marescialla  di  23  anni   che  ha   ascoltrato le bambine  e  le  ha  invitate  ad  aprirsi 

 da   repubblica   del  26\9\2023

La marescialla di 23 anni ha seguito i corsi del Codice rosso. “Ero lì


da appena una settimana ed era la mia prima esperienza territoriale, ho cercato di schermare tutto quello che stavo provando”


«Ho cercato di metterle a loro agio spiegando che si trovavano in un posto sicuro e che non dovevano avere paura di raccontare come erano andati i fatti perché eravamo lì per aiutarle, non per giudicarle. La bambina più grande è rimasta la maggior parte del tempo silenziosa, mentre la più piccola era più loquace, più lucida. Al comandante ho riferito che era molto razionale per avere 10 anni: è come se fosse cresciuta prima del dovuto. Mancava di quella spensieratezza che è propria dei bambini di quell’età».Francesca Boni, romana di 23 anni, è il maresciallo dei carabinieri che è riuscita ad aprire un varco nella corazza di disperazione eretta dalla due bambine vittime degli stupri di gruppo a Caivano. Uno scricciolo in divisa innamorata dell’Arma, che con pazienza, sensibilità e tanta professionalità ha saputo trovare le corde giuste per aiutare le due bambine a raccontare il baratro in cui erano finite anche grazie alla stanza di ascolto, una delle tante che i carabinieri hanno allestito nelle caserme per le vittime di abusi.

Come ha fatto?

«L’interesse è venuto in primis dalle bambine stesse: mi hanno visto giovane donna, una figura femminile in una caserma. Ho 23 anni, ma in abiti civili posso sembrare anche più piccola. Ho dato loro dei cioccolatini, una bibita e hanno chiesto di parlare con me in privato. Le ho accolte nella “stanza tutta per sè” che abbiamo in caserma a Caivano, un ambiente familiare, sembra un salottino, non è un ufficio pieno di carte. Qui evidentemente si sono sentite molto più a loro agio. Non ho fatto domande perché si vedeva che avevano qualcosa dentro che volevano dire e avevano paura di riferirlo ai genitori. Ritengo che, se ai familiari non fosse arrivato quel messaggio, le due bimbe non avrebbero mai parlato spontaneamente».

Hanno avuto più facilità parlare con lei che con i genitori?

«Penso di sì. Magari un genitore è preso emotivamente dalla questione e può avere delle reazioni come rabbia, spavento che un bambino non sa filtrare».

Lei è un carabiniere, ma non deve essere stato semplice mantenere il controllo davanti a questo orrore...

«A scuola veniamo formate per situazioni del genere e seguiamo corsi specifici sul “codice rosso” e sulla violenza di genere e sulle situazioni sensibili. Ma quando ci si trova davanti alla realtà dei fatti, davanti a persone che hanno subito delle cose così potenti, situazioni così difficili, certo il carico emotivo è grande. Nel momento in cui queste bambine mi raccontavano le vicende sicuramente dentro di me ho provato tantissime emozioni. Ma ho cercato di schermare tutto quello che stavo provando perché dobbiamo essere professionali e anche empatici e mettere nelle condizioni queste persone sensibili nel sentirsi sicure di raccontare quello che hanno subito senza sentirsi giudicate, spaventate».

Si immaginava una situazione di così alto degrado come quella che si vive da anni nel Parco Verde di Caivano?

«Queste situazioni si conoscono un po’ per sentito dire un po’ perché ci informiamo attraverso i giornali. Però a volte pensavo che queste situazioni avvenissero soltanto nelle fiction, nelle serie tv. Ho scelto di venire in Campania, è stata la mia prima destinazione, proprio perché volevo vivere una realtà importante per il mio lavoro. Certo, non mi immaginavo come primo “codice rosso una questione così delicata e ho cercato di essere il più professionale possibile. Ero lì da appena una settimana ed era la mia prima esperienza territoriale, dopo essere entrata nei carabinieri il 5 novembre 2020 e dopo la scuola. A Caivano sono da tre mesi».

Cosa le lascia questa vicenda?

«Sicuramente mi ha segnata. Anzi, è meglio dire che sicuramente non me la dimenticherò mai. Mi piacerebbe lavorare ancora per tutelare le fasce deboli».

Con le bambine come si è lasciata?

«Le bambine si erano molto tranquillizzate io le ho lasciate dando una carezza ad entrambe sulla spalla. Mi sono avvicinata a loro dicendole di stare tranquille perché da quel momento in poi l’Arma dei carabinieri sarebbe stata loro vicine. Ho fatto capire che ogni volta che sarebbero entrate nella caserma di Caivano o in qualsiasi altra si sarebbero dovute sentire al sicuro. All’inizio erano molte spaventate perché essendo così piccoline non capivano neanche la situazione. Vedevano molte attenzioni ricadere su di loro, ma non riuscivano a capire costa stava accadendo né come gestire la vicenda perché non erano neanche nella preadolescenza. Mi sono sentita una sorella maggiore. Ho una sorellina più piccola di 5 anni e sono sempre stata abituata a proteggerla a darle consigli e questo mi è venuto naturale».

Cosa pensa dei ragazzi indagati e del disprezzo assoluto dimostrato verso le due bambine?

«Spero che in qualche modo possano ravvedersi e intraprendere un cammino diverso, lontano da contesti degradati e, soprattutto, spero per le due piccole che possano dimenticare questo terribile capitolo della loro vita».



20.5.18

ma che genitore è uno che denuncia un proprio figlio\a per qualche canna ?

unione sarda 20\5\2018



Immagine simbolo

"L'ho fatto per il bene di mio figlio".
Queste le parole di una donna di 50 anni cagliaritana ai carabinieri della stazione di San Bartolomeo, quasi sorpresi nel trovarsi di fronte una madre decisa a denunciare il figlio diciottenne.
Il motivo? Da casa sparivano i soldi, lei ha sospettato del ragazzo e lo ha perquisito: nello zaino di scuola ha trovato pochi grammi di hascisc e marijuana. La madre-coraggio davanti ai militari non ha avuto dubbi: il giovane studente è stato così segnalato come consumatore alla Prefettura.
Dovrà seguire un percorso riabilitativo e, per un periodo, non potrà conseguire la patente di guida. Poi si vedrà.
"Lo faccio per non essere isolato ed escluso dal gruppo di amici: se non fai uso di droghe, che viene venduta senza alcun problema anche a scuola, vieni emarginato", ha confidato il ragazzo.
                                  Matteo Vercelli

quyell  potrebbe essere  l'estremna  razio  ma  non è il modo  principale  .  E' la dimostrazione   che   i genitori d'oggi sono   ....  fragili   ed inadeguati  al  cambiamento generazionale  . Un minimo di  dialogo   e  d'scolto   no  ?  

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...