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26.5.09

Hanno riscoperto la misericordia...

 
Ieri pomeriggio, facendo zapping, sono incappata in un rotocalco di gossip su Raiuno. Nel salotto si trovava pure tal prete, Mario Pieracci, grasso come un porco e molto compiaciuto di trovarsi in quei paraggi, a lui del resto disinvoltamente familiari. Discettava sui divorziati risposati, che si trovano in "peccato mortale" e non possono esser riammessi ai sacramenti. Seguiva consueta passerella di vip convertiti sulla via dei lustrini che chiedevano di essere riammessi in seno alla Chiesa per continuare a fottere con la benedizione porporata, ma naturalmente non un cenno, neppur lontano, al pluridivorziato con cappella (non pensate male...) privata che la comunione continua tranquillamente a riceverla.


E non solo la comunione, riceve.



Annota "Repubblica" di oggi che le pur blande critiche di "Famiglia Cristiana" e "Aggiornamenti sociali" riguardo alla turpe vicenda di Noemi sono "piuttosto isolate nel panorama della stampa cattolica, a partire dall''Osservatore Romano', il quotidiano della Santa Sede, e da 'Avvenire', l'organo dei vescovi italiani, che sul caso Noemi hanno finora tenuto un profilo piuttosto basso (unico intervento un editoriale del 5 maggio nel quale invitava il premier a essere 'più sobrio'...). Temporeggia, invece, 'Civiltà Cattolica', l'autorevole quindicinale della Compagnia di Gesù che viene pubblicato solo dopo il placet del Vaticano: i responsabili della testata annunciano che 'parleremo di questa vicenda solo dopo le elezioni europee per non turbare l'andamento del voto'". Traduzione: meglio rimandare i commenti, non sia mai che a qualche pecorella smarrita possa venir mal di pancia e magari cadere nella diabolica tentazione di votare a sinistra... Poi, quando l'Uomo della Provvidenza sarà ancora assiso sul trono-altare, allora reciteremo il fervorino per dimostrare che non guardiamo in faccia nessuno, noi.


Giuseppe Molinari, arcivescovo dell'Aquila (!) si spinge più oltre e critica il segretario del Pd Franceschini: "Non contrasti la politica del governo con il caso N., ma con qualcosa di concreto". Le bambine (femmine) non sono un caso concreto. Lassatelo lavorà. Il confessore personale dell'Uomo Provvidenziale l'aveva già spiegato: le presunte e demagogiche "critiche" (ma no, amabili rabbuffi) della Cei sono generiche e applicabili a chiunque. Ed è vero. Chiosando come segue: «Se pensiamo a tutti i grandi uomini che hanno fatto la storia, me ne dica uno che non ha i suoi vizietti». Le morbidezze verso N.? Ingenue galanterie. Assaporatevi l'intero testo di questa lectio magistralis: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/05/06/ma-il-suo-confessore-lo-perdona-tutti.html


Poche ore fa, dalla Cei, è giunta un'altra nota. Questa:


(ASCA) - Citta' del Vaticano, 26 mag - Sulla ''questione morale'' e in particolare sulle ultime vicende del premier Silvio Berlusconi, dal processo Mills al caso di Noemi Letizia, la Conferenza episcopale preferisce non dare giudici ma richiamare ognuno alle proprie responsabilita' . Rispondendo questa mattina alle domande dei giornalisti al termine della sessione dei lavori dell'Assemblea Generale della Cei, il segretario generale dei vescovi italiani, mons. Mariano Crociata, premettendo di non amare ''formule semplici per realta' complesse'', ha detto: ''Se vogliamo parlare di questione morale, oggi, come ieri, di questioni morali ce ne sono tante. Bisogna tenerle vive tutte, senza andare a esprimere giudizi a ogni pie' sospinto''. ''Ognuno - ha aggiunto - ha la propria coscienza e capacita' di giudizio''.


Mons. Crociata (un nome, una garanzia) non ama formule semplici per realtà complesse. Nel caso di Welby, di E. E., dei Family Day chiassosi e urlanti architettati al solo scopo di rovesciare l'odiato Prodi (e i Dico), abbiamo avuto una sensazione ben diversa. A proposito, i Family Day non si fanno più. E sì che di motivi per protestare ce ne sarebbero: tagli alla scuola, disoccupazione galoppante, sprechi, riarmo, abbattimento di barconi di poveracci (anche quelli tengono famiglia, no?). Ma da quelle parti tutto è tornato in un soave silenzio venato d'incenso. Tutto bene, tuttapposto, tutto tranquillo. Questo è il miglior mondo possibile.Ma non va dimenticato che B. è di destra, è etero anzi eterissimo, e al Vaticano i maschi tutti d'un pezzo sono sempre piaciuti tanto tanto. Si legga questo finissimo trattato teologico pubblicato da Zenit.org: http://www.zenit.org/article-18354?l=italian . Tutta colpa delle femministe se il padrone naturale e benedetto dal Creato si è rammollito, ora però si torna ai sani valori d'una volta, dove l'uomo, per essere uomo, "aveva da puzzà".


E le bimbe (semi)velinate? Ma la femmina resta figlia di Eva, e poi l'ha già lasciato intendere il suo prete, dietro le paludate parole: i peccatori sono solo i poveracci. Perché "io so' io... e voi nun siete 'n cazzo!!!!!!!!!".

22.5.09

I pupi, i papy e il puparo senza arte

1. Sulla preside di Genova, Giovanna Cipollina, che scrive le liste di proscrizione, mercoledì prossimo spedirò il mio articolo per la Repubblica/Il Lavoro che verrà pubblicato domenica prossima.

2. Ci mancava questa! Il Corruttore (sic! «C» Maiuscola per dire che rappresenta un modo d’essere irreversibile) di testimoni perché dicano il falso, il papino bugiardo preoccupato della sua «bambina», ora appena maggiorenne, l’«uomo malato» che si crede Napoleone, Gesù Cristo, il Padre eterno, si trucca di nascosto al raduno della Confindustria: il trucco nascosto nel fazzoletto e lui, il papino delicato, che fa finta di asciugarsi il sudore, mentre invece si sta stuccando per «venire meglio in tv». Anche nelle frivolezze è falso. Anche quando agisce di nascosto è finto.

3. La scena raccapricciante però non è lui, ma quelli che gli stavano davanti: il gotha dell’intellighenzia italiota, la classe nobile del Paese, che ascolta in silenzio le fregnacce di un uomo malato (parola di moglie) e alla fine metà dei presenti applaudono e metà stanno zitti. E’ l’immagine amara dell’Italia, trasformata in un immenso teatro finto, dove il puparo muove le file agita i pupi come vuole e quando vuole.


4. Di fronte alle rivelazioni, ormai accertate da la Repubblica che ha dimostrato che Berluglioni ha mentito sul caso di Noemi la ex-minorenne [qui sotto, l'"artistico" book fotografico realizzato quando la ragazza non aveva ancora 18 anni, n.d.r.], di fronte alle accuse atroci di una moglie che lo accusa di pederastìa e di essere uomo malato di paranoia narcisistica, di fronte al vuoto che regna sul terremoto di Abruzzo, trasformato in un palcoscenico tra i ruderi (che romantico!!!), di fronte all’esercito italiano, comandato da La Russa, che dichiara guerra a due barconi bucati di clandestini, di fronte al governo che dichiara guerra all’Unione Europea e all’Onu, ci sarebbe stata bene una presa di posizione della gerarchia cattolica, dal momento che sono in ballo questioni di etica, di giustizia internazionale, di protezione di poveri, emarginati e quindi prediletti da Dio. Sarebbe stato bello!


5. Ci dobbiamo accontentare di piccoli colpi di spillo, dati con stile diplomatico, con linguaggio asettico e, perdinci, non offensivo. Gli interventi del Vaticano e della Cei, che pure ci sono stati e anche tempestivi, sono stati del tutto inadeguati, minimalisti, quasi pudichi.


a. Nulla hanno detto sul caso «del marito che va con le minorenni», non rilevando nel comportamento dalla massima autorità di governo, nemmeno una traccia di disdoro etico. Non sarebbe stato il caso che la Cei chiedesse formalmente le dimissioni di un corruttore di tribunali e di minorenni?



b. Non sarebbe stato il caso che il papa, nel suo candore teologico, affacciandosi alla finestra, avesse detto: non abbiamo niente da spartire con un uomo del genere che mentre manda l’esercito contro le carrette del diritto negato e mentre la gente di Abruzzo cuoce nelle tende militari, egli fotte le minorenni con il plauso della sua maggioranza cattolica?



c. Non sarebbe stato straordinario se il papa o il Bertone o l’Angelo Bagnasco avessero detto pubblicamente che non è lecito ai cattolici collaborare con un uomo del genere sia dal punto di vista etico che politico e civile? Non avrebbero dovuto smentire la clack plaudente del mondo cattolico che pare goda e si diverte e giustifica e approva? Secondo la morale cattolica, non tanto ladro chi ruba che chi para il sacco?



6. Non abbiamo assistito a nulla di tutto questo, ma abbiamo appena sentito un sussurro, quasi un bisbiglio: l’invito ad una «maggiore sobrietà», come dire ad uno stupratore che invece di quattro donne al giorno, se ne faccia soltanto due o tre. Finché non passa la buriana. E’ la morale dell’elastico. Eppure siamo sempre convinti che dalla gerarchia che si appella a Dio e pretende di parlare in nome di Dio, dovessero venire parole e comportamento di fuoco, parole e comportamenti profetici. Se in Italia regna l’omertà, l’accondiscendenza e il servilismo, in Vaticano e in Cei regna l’opportunismo e la convenienza. Non è più il criterio della verità che dirige la vita, ma quello mercantile dell’utilità.





Paolo Farinella, prete - Genova

29.3.07

Finalmente la nota pastorale della Cei sulla legalizzazione delle unioni di fatto (dico)

La nota della CEI: tutta “secundum scripturas”



Sandro Magister autore del blog




Dopo una vigilia un po’ confusa, scompigliata anche dall’inopinato “motu proprio” del cardinale Tarcisio Bertone (vedi il post precedente), mercoledì 28 marzo il consiglio permanente della conferenza episcopale italiana ha finalmente prodotto la superannunciata nota su famiglia e unioni di fatto.



Eccola integrale qui sotto. Chi si aspettava sorprese non ve ne trova. Il testo ricalca pari pari le precedenti autorevoli “scritture” di Joseph Ratzinger papa e cardinale. Ai “cattolici che operano in ambito politico” non intima obbedienza. Chiede coerenza.



*
Nota del Consiglio Episcopale Permanente a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto



L’ampio dibattito che si è aperto intorno ai temi fondamentali della vita e della famiglia ci chiama in causa come custodi di una verità e di una sapienza che traggono la loro origine dal Vangelo e che continuano a produrre frutti preziosi di amore, di fedeltà e di servizio agli altri, come testimoniano ogni giorno tante famiglie. Ci sentiamo responsabili di illuminare la coscienza dei credenti, perché trovino il modo migliore di incarnare la visione cristiana dell’uomo e della società nell’impegno quotidiano, personale e sociale, e di offrire ragioni valide e condivisibili da tutti a vantaggio del bene comune.



La Chiesa da sempre ha a cuore la famiglia e la sostiene con le sue cure e da sempre chiede che il legislatore la promuova e la difenda. Per questo, la presentazione di alcuni disegni di legge che intendono legalizzare le unioni di fatto ancora una volta è stata oggetto di riflessione nel corso dei nostri lavori, raccogliendo la voce di numerosi Vescovi che si sono già pubblicamente espressi in proposito. È compito infatti del Consiglio Episcopale Permanente “approvare dichiarazioni o documenti concernenti problemi di speciale rilievo per la Chiesa o per la società in Italia, che meritano un’autorevole considerazione e valutazione anche per favorire l’azione convergente dei Vescovi” (Statuto C.E.I., art. 23, b).



Non abbiamo interessi politici da affermare; solo sentiamo il dovere di dare il nostro contributo al bene comune, sollecitati oltretutto dalle richieste di tanti cittadini che si rivolgono a noi. Siamo convinti, insieme con moltissimi altri, anche non credenti, del valore rappresentato dalla famiglia per la crescita delle persone e della società intera. Ogni persona, prima di altre esperienze, è figlio, e ogni figlio proviene da una coppia formata da un uomo e una donna. Poter avere la sicurezza dell’affetto dei genitori, essere introdotti da loro nel mondo complesso della società, è un patrimonio incalcolabile di sicurezza e di fiducia nella vita. E questo patrimonio è garantito dalla famiglia fondata sul matrimonio, proprio per l’impegno che essa porta con sé: impegno di fedeltà stabile tra i coniugi e impegno di amore ed educazione dei figli.



Anche per la società l’esistenza della famiglia è una risorsa insostituibile, tutelata dalla stessa Costituzione italiana (cfr artt. 29 e 31). Anzitutto per il bene della procreazione dei figli: solo la famiglia aperta alla vita può essere considerata vera cellula della società perché garantisce la continuità e la cura delle generazioni. È quindi interesse della società e dello Stato che la famiglia sia solida e cresca nel modo più equilibrato possibile.



A partire da queste considerazioni, riteniamo la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo. Quale che sia l’intenzione di chi propone questa scelta, l’effetto sarebbe inevitabilmente deleterio per la famiglia. Si toglierebbe, infatti, al patto matrimoniale la sua unicità, che sola giustifica i diritti che sono propri dei coniugi e che appartengono soltanto a loro. Del resto, la storia insegna che ogni legge crea mentalità e costume.



Un problema ancor più grave sarebbe rappresentato dalla legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso, perché, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile.



Queste riflessioni non pregiudicano il riconoscimento della dignità di ogni persona; a tutti confermiamo il nostro rispetto e la nostra sollecitudine pastorale. Vogliamo però ricordare che il diritto non esiste allo scopo di dare forma giuridica a qualsiasi tipo di convivenza o di fornire riconoscimenti ideologici: ha invece il fine di garantire risposte pubbliche a esigenze sociali che vanno al di là della dimensione privata dell’esistenza.



Siamo consapevoli che ci sono situazioni concrete nelle quali possono essere utili garanzie e tutele giuridiche per la persona che convive. A questa attenzione non siamo per principio contrari. Siamo però convinti che questo obiettivo sia perseguibile nell’ambito dei diritti individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica che sarebbe alternativa al matrimonio e alla famiglia e produrrebbe più guasti di quelli che vorrebbe sanare.



Una parola impegnativa ci sentiamo di rivolgere specialmente ai cattolici che operano in ambito politico. Lo facciamo con l’insegnamento del Papa nella sua recente Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis: “i politici e i legislatori cattolici, consapevoli della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana”, tra i quali rientra “la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna” (n. 83). “I Vescovi – continua il Santo Padre – sono tenuti a richiamare costantemente tali valori; ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti del gregge loro affidato” (ivi). Sarebbe quindi incoerente quel cristiano che sostenesse la legalizzazione delle unioni di fatto.



In particolare ricordiamo l’affermazione precisa della Congregazione per la Dottrina della Fede, secondo cui, nel caso di “un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge” (Considerazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3 giugno 2003, n. 10).



Il fedele cristiano è tenuto a formare la propria coscienza confrontandosi seriamente con l’insegnamento del Magistero e pertanto non “può appellarsi al principio del pluralismo e dell’autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società” (Nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre 2002, n. 5).



Comprendiamo la fatica e le tensioni sperimentate dai cattolici impegnati in politica in un contesto culturale come quello attuale, nel quale la visione autenticamente umana della persona è contestata in modo radicale. Ma è anche per questo che i cristiani sono chiamati a impegnarsi in politica.



Affidiamo queste riflessioni alla coscienza di tutti e in particolare a quanti hanno la responsabilità di fare le leggi, affinché si interroghino sulle scelte coerenti da compiere e sulle conseguenze future delle loro decisioni. Questa Nota rientra nella sollecitudine pastorale che l’intera comunità cristiana è chiamata quotidianamente ad esprimere verso le persone e le famiglie e che nasce dall’amore di Cristo per tutti i nostri fratelli in umanità.



Roma, 28 marzo 2007




dal blog di Sandro Magister  http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/

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