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19.3.25

si può essere eroi anche senza essere militari . In volo verso gli Usa, medico specializzando salva passeggera colpita da infarto. «In quel momento ho pensato solo a far presto»



sfogliando msn.it \ big leggo  dal corriere  della sera  edizione  Bari  del 17\3\2025 la storia riportata oggi . Confermo quanto detto dal titolo ciioè si puo essere erori anche senza essere mlitari e in guerra . E che spesso per parafrasare  Eroe  per  caso  un famoso film degli ani 90 si può essere eroi per caso appunto   .
Infatti  dal  link     citato  nelle  righe  precedenti  p  avvenuta  una  storia  simile



Ormai non vi sono più valori certi e tutto avviene sotto l'insegna dell'apparire televisivo che costruisce falsi personaggi, che non importa siano veri "eroi" ma che sappiano bene interpretare la loro parte.
Non c'è più una morale sicura a cui fare riferimento ma solo una morale di "eroi per caso". Una
morale derivata dalla completa assenza di sicurezze, dove anche quelli che sembrano essere i più alti comportamenti altruistici non sono in realtà che l'azione resa necessaria dal contesto e dalle circostanze. Un comportamento morale che richiama quello della "morale della situazione" elaborata nell'ambito dell'antico
relativismo etico sofistico.
«In fondo siamo tutti eroi se sappiamo corrispondere alle difficoltà della vita» come lo è "Bernie" «...a causa del suo coraggio "necessario" (necessario per stare al mondo)»

Ma basta divagare e veniamo alla storia in questione


In volo verso gli Usa, medico specializzando salva passeggera colpita da infarto. «In quel momento ho pensato solo a far presto»
Nicolò Valentini, tarantino 27enne laureato in medicina, era su un volo della Delta Airlines quando è stato richiesto il suo intervento per una 59enne: le cure prestate fino all'arrivo ad Atlanta con il trasferimento della donna in ospedale
                                         di Cesare Bechis

Volava ad alta quota verso Atlanta, negli Stati Uniti, per un importante appuntamento legato alla sua professione di medico, quando la carlinga dell’aereo della Delta Airlines s’è trasformata all’improvviso in una sala medica di fortuna. 
Per Nicolò Valentini  [ foto  sopra  al cento  ], tarantino di 27 anni, laureato in Medicina all’università Magna Grecia di Catanzaro nel luglio dell’anno scorso, è stato un banco di prova della sua attitudine ad affrontare situazioni di emergenza e, in questo caso, a salvare una vita umana. C’è riuscito. 
E ha ricevuto non solo l’eterna gratitudine della signora 59enne, salvata per un soffio da un attacco cardiaco acuto, ma anche i ringraziamenti della compagnia aerea statunitense.La situazione di crisi scoppia dopo sei ore circa di volo, mentre l’aereo sorvola l’oceano. Dal personale di bordo arriva la richiesta urgente di un dottore: c’è una donna che si sente male per un violento dolore al torace, accompagnato da difficoltà nella respirazione e sudorazione fredda. Il medico tarantino lascia il suo posto e corre in aiuto. «Non ho pensato a nulla in quel momento – ricorda – solo che dovevo fare presto». Servendosi solo degli strumenti della cassetta di pronto soccorso di bordo e delle sue capacità, effettua i controlli di routine, pressione, battito cardiaco, parametri vitali, diagnosticando un attacco cardiaco. Utilizza i farmaci in dotazione all’equipaggio, mentre dall’aereo viene stabilito un contatto con il servizio medico d’urgenza di un’università americana, che conferma la correttezza dell’intervento per fluidificare il sangue e agevolare la circolazione con un farmaco vasodilatatore. Tutt’intorno s’era creato un clima di altissima tensione che, in ogni caso, non ha impedito al dottor Valentini di seguire la paziente fino all’atterraggio ad Atlanta, dopo tre ore, e di portare a termine il suo lavoro di assistenza medica.«Sono stati momenti difficili – ammette – ma sono rimasto lucido». Un team di medici, intanto, era in attesa sulla pista dell’aeroporto per trasferire subito la paziente in ospedale: la donna ha voluto ringraziare il giovanissimo medico italiano che le ha salvato la vita. Ora, la donna è in buona salute, ha superato la crisi e i suoi medici le hanno detto che grazie al pronto intervento del dottor Valentini ha evitato complicazioni gravi. Nel curriculum del giovane medico ci sono diverse esperienze,  compresa quella a Monaco di Baviera.«L'esperienza a Monaco è stata incredibile – commenta - mi ha permesso di crescere personalmente e professionalmente. Oltre la città, che è bellissima, ho avuto la possibilità di assistere a procedure medico-chirurgiche nuove per me, rafforzando ancora di più le mie convinzioni sul lifelong learning. Grazie Monaco».

 Un  tipo modesto   e  schivo   da    quanto  dichiara      in questa  intervista     rilasciata  al corriere  online d'oggi  


Ha la vocazione per la chirurgia. E dopo la laurea in Medicina, conseguita nel 2024 all’università Magna Graecia di Catanzaro, il 25enne tarantino Nicolò Valentini ha fatto parlare i giornali di sé salvando la vita di una donna a bordo di un aereo, mentre sorvolava l’oceano verso gli Stati Uniti. Ha scongiurato con il suo intervento gli effetti pericolosi di un attacco cardiaco acuto

Questa esperienza le ha fatto scoprire qualcosa di nuovo di sé? 

«Ho avuto la conferma che, nelle situazioni di emergenza, è importante essere concentrato e freddo. Nulla di nuovo per me, so di essere un tipo molto concentrato dal punto di vista professionale. E’ stata un’esperienza importante nella quale non ho avuto esitazioni, scoprendo che la presenza di un medico può aiutare generalmente tutte le persone che ti stanno intorno».

Lei andava negli Stati Uniti per lavoro? 

«Avevo un colloquio di lavoro in un ospedale di Memphis, nel Tennessee, per la mia specializzazione in chirurgia. Avevo mandato il curriculum. Mi faranno sapere l’esito. Poi sono rientrato in Italia e sto lavorando a Taranto, la mia città, in una struttura pubblica». 

La dotazione medica a bordo dell’aereo era sufficiente? 

«Per un intervento di emergenza come quello che ho dovuto affrontare sì, è sufficiente, ma deve essere rapido. Ovviamente diventa insufficiente per interventi complessi».

  Appena laureato lei non s’è riposato neanche un po’. Cosa ha fatto? 

«Non ho voluto perdere tempo. Ho approfondito la mia passione prima in Polonia dove ho studiato chirurgia classica e generale, poi sono andato in Ungheria per studiare ortopedia e traumatologia, infine a Monaco». 

Quale le è stata più utile? 

«Sono state tutte e tre molto formative, sia dal punto di vista professionale sia personale». 

In famiglia ci sono altri medici? 

«No, io sono il primo». 

Che hanno detto i suoi di questo episodio? 

«Sono stati contenti naturalmente. Il gesto acquista particolare valore quando avviene fuori dell’orario di lavoro e devi garantire la salute delle persone che si trovano in difficoltà». 

Condividono le sue scelte? 

«Sì. Pensano che sia importante avere opportunità ed esperienze professionali all’estero, anche perché queste aiutano a formarsi come persona. Tutto contribuisce a migliorare la tua consapevolezza come medico e come individuo».

Se dovesse andare a lavorare all’estero diventerebbe un cervello in fuga o tornerebbe in Italia? 

«Ora come ora non saprei proprio, non posso dirlo. So soltanto che sono molto aperto nei confronti della vita in generale. Ma può anche darsi che non andrò via». 

Lei ha un passato giovanile da ballerino. L’esperienza è chiusa? 

«Ho cominciato a ballare a 5 anni, per la precisione balli caraibici. All’inizio era un passatempo, poi è diventata una cosa seria e ho fatto vero agonismo, fino a quando non sono andato all’università. Ho partecipato a diverse competizioni vincendo anche due campionati italiani. Poi mi sono concentrato nella preparazione da medico e ho lasciato perdere la danza, anche se era una vera passione. E’stata però importante come forma mentis e come formazione del carattere, perché lo sport ti consente di essere preparato alla gestione dell’ansia e delle situazioni difficili e impreviste. Fisicamente ti insegna a gestire la fatica e le situazioni che nella vita quotidiana è difficile trovare. Mi ha insegnato anche a essere caparbio e a sacrificarmi, qualità che mi hanno aiutato nella vita da studente di medicina e ora da medico». 

Le capita di ballare ancora? 

«Dal punto di vista agonistico non ho più ballato. Ora mi manca la concentrazione necessaria».









6.7.13

Il medico-eroe di Nassiriya dona la medaglia al valore


Premiato dal presidente della Repubblica per avere salvato tanti militari «Voglio condividere la decorazione con la Brigata Sassari, nel ricordo dei caduti»

la  nuova sardegna online del  6\7\2013

Sassari Il peso di quella decorazione era diventato insostenibile. Ogni volta che lo sguardo si posava su quel cofanetto di velluto blu, ritornava con il pensiero all’inferno di Nassiriya. Ci ha pensato a lungo prima di prendere una decisione e ha concluso che la cosa più bella fosse conservare quella medaglia nel posto giusto. Perché spesso accade che i riconoscimenti, pur se meritati, diventino troppo ingombranti, rubando spazio al desiderio di un quotidiano più ordinario. Così, ancora una volta, ha pensato a un gesto di generosità: donare al proprio reparto la medaglia d’argento con cui il Capo dello Stato premiò il suo gesto eroico. Quel dono sarà il suo tributo alla Brigata Sassari, alla quale resta profondamente legato. Oggi l’ex tenente medico di complemento Gianuario Carboni ha 38 anni e l’emergenza continua a far parte della sua vita perché, da medico chirurgo, lavora al pronto soccorso del Santissima Annunziata. Dieci anni fa, in Iraq, ha visto cose che non augura neanche al peggior nemico. All’epoca, Gianuario ebbe la ventura di trovarsi nel devastante inferno di fuoco di uno dei più gravi attacchi che la storia dell’esercito ricordi.Il 12 novembre 2003, a Nassiriya, nella terribile esplosione che distrusse la base Maestrale, persero la vita 19 italiani e 9 iracheni, ma sul campo restarono anche decine di feriti. Antica Babilonia, l’avevano chiamata, ma quella che doveva essere una missione di pace si era trasformata in una sanguinosa tragedia. Nei momenti più drammatici, Gianuario Carboni non perse mai il sangue freddo, ma contribuì a salvare vite umane, in particolare quella del maresciallo dei carabinieri Vittorio de Rasis, oggi luogotenente, strappato alla morte dall’intervento tempestivo del medico “sassarino” dopo essere stato colpito a una spalla da una scheggia che gli aveva provocato una gravissima emorragia. La motivazione con cui il presidente della Repubblica assegnò all’ufficiale la prestigiosa decorazione al valore militare, non lascia adito al dubbio. Dal decreto presidenziale del 13 aprile 2006, filtra chiaramente la portata del gesto eroico. Alla fine di quella giornata terribile, il generale Bruno Stano, allora comandante della Brigata Sassari, lo aveva chiamato nel suo ufficio e gli aveva annunciato che avrebbe fatto il suo nome per una medaglia al valore. A caldo, il giovane tenente medico non comprese a pieno il senso di quelle parole, troppo grande e intensa era stata la sollecitazione per l’ufficiale, ancora emotivamente coinvolto in quella vicenda che ha segnato la sua vita e quella dei suoi compagni. «Oggi ho una vita normale _ racconta sereno Gianuario _ una moglie splendida, due bambini meravigliosi. Non è stato inutile avere fatto quell’esperienza, mi rendo conto, però, del peso di quella decorazione, un fardello troppo pesante per me e allora, la cosa più giusta è condividerlo con i miei fratelli della Brigata Sassari. Per questo ho pensato, nel ricordo dei caduti di Nassiriya, che la medaglia torni nel posto più consono, dove possa essere vista dai bambini e dagli adulti a ulteriore riprova di cosa possono fare, l'amore per la patria e il senso del dovere». L’appellativo di eroe non gli piace e neanche la ribalta, lui ritiene di avere fatto solo ciò che un ufficiale medico dovrebbe fare in quelle situazioni e a chi gli chiede se fosse disposto a tornare in missione, risponde con garbo che preferirebbe, se fosse possibile, continuare a essere utile alla Brigata in altro modo.Sul piano burocratico, dare una veste ufficiale al suo gesto non sarà semplice perché è quantomeno insolito che un decorato, in vita, doni la medaglia al reparto di assegnazione. Ma è certo che, vista la delicatezza del gesto, l’amministrazione militare trovi comunque una soluzione. Si parla di una sorta di comodato d’uso, una soluzione che può rendere possibile l’accettazione della medaglia da parte della Brigata. Al riguardo, tra il reduce e il comandante c’è già stato un incontro preliminare, nei giorni scorsi Gianuario Carboni ha avuto un abboccamento con il generale Manlio Scopigno che ha preso molto a cuore la vicenda e sta studiando la formula più consona per accogliere la sua richiesta. Di certo c’è che con questo gesto, l’ex tenente Carboni svuoterà una volta per tutte il pesante fardello riportato da Nassiriya, dove insieme alla medaglia custodisce ancora ricordi e sensazioni che porterà dentro per sempre.

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