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17.7.22

Morto dopo aver salvato un amico rivive la storia del minatore Rassu . La tragedia avvenne nel 1960 a monteCanaglia. argentietra ( sassari ) Consegnata una medaglia al figlio

  dalla nuova  sardegna  del 17\7\2022

L’11 aprile del 1960 Dionigi Rassu e Gavino Milia entrarono in una galleria della miniera di Canaglia per liberarla dai detriti causati da alcune esplosioni Milia si sentì male per via delle esalazioni Fu salvato dal collega Rassu, che invece morì poco dopo La loro storia è stata raccontata in un incontro all’Argentiera. 
 Il convegno «Argentiera, una miniera di ricordi», promosso dal presidente del consiglio 
comunale Maurilio Murru, ha richiamato numerose persone. I relatori sono stati due figli di 
Nella foto grande Maurilio Murru con Angelo e Costanza Rassu
Accanto Dionigi Rassu
minatori: Gianfranco Madarese, che ha parlato della figura del minatore, e Claudio Demontis, che si è concentrato sugli aspetti sociali della vita dei minatori, sull'organizzazione del lavoro e sul concetto di “famiglia”. «È stato un incontro particolarmente bello e commovente – commenta Maurilio Murru –. La nostra intenzione è quella di lavorare sull’identità dell’Argentiera e della vita in miniera.
 Una vita che voleva dire sofferenza e fatica. Ci   siamo concentrati anche sull’aspetto sociale di quella realtà. Credo proprio che quella di  venerdì sia solo la prima iniziativa di questo genere, ne organizzeremo altre». Presente  all’Argentiera anche l’assessora comunale alla Cultura, Laura Useri, mentre il sindaco Nanni Campus non ha potuto partecipare per via di un di un impegno. Presente, tra gli altri, anche Mario Antonio Faedda, primo cittadino di Olmedo

 Sassari  
Il buio profondo e opprimente della terra appare come il punto più vicino all’inferno. La testa che scoppia, le gambe che tremano, le orecchie che avvertono soltanto un fischio affilato e continuo: nell’oscurità di una galleria della miniera di Canaglia, Gavino Milia è ormai allo stremo. Ma con lui c’è un collega, Dionigi Rassu, che nel corpo conserva ancora un po’ di energie: così prende l’amico per un braccio, lo tranquillizza, lo aiuta ad arrampicarsi sulle scale che portano verso l’uscita del tunnel. Gavino Milia, raggiunta la pensilina su cui poggia la scala superiore, a un certo punto perde i sensi:
da  https://www.sassarioggi.it/sassari
sviene, ma si salva. Invece Dionigi Rassu  (  foto a  sinistra  ) , dalle profondità di Canaglia, non uscirà vivo. Le esalazioni di gas prodotte dalle esplosioni di alcune mine non gli lasciano scampo. E così muore da solo, senza che nessuno possa in qualche modo dargli una mano. È l’11 aprile del 1960 e alla lunga storia delle miniere si aggiunge il capitolo nero di una nuova tragedia. Un fatto che venerdì sera, a 62 anni di distanza, è stato raccontato nei dettagli in un incontro organizzato nella miniera dell’Argentiera davanti a un pubblico composto in particolare da familiari di minatori. E per  l’occasione c’erano pure loro, i figli di Dionigi Rassu e Gavino Milia, stretti in un grande abbraccio che ha commosso chi ha ascoltato in gran silenzio la storia dei loro padri. Il ricordo È stato il presidente del consiglio comunale Maurilio Murru a organizzare il convegno «Argentiera, una miniera di ricordi». Un modo per raccontare la storia delle persone che hanno lavorato in miniera e della comunità che ruotavano attorno. E così si è parlato anche di Dionigi Rassu, originario della frazione sassarese La Pedraia, morto dopo aver salvato un collega. Insieme erano entrati in una galleria della vicina miniera di Canaglia per liberarla dai detriti causati dallo scoppio di alcune mine. Le esalazioni, però, furono fatali. Rassu morì a 34 anni lasciando così una moglie di 29 anni, Natalina Zingo, e sei figli: Lorenzo, Angelo, Graziella, Costanza, Antonio e Amelia,
il primo di 10 anni e gli ultimi due, gemelli, di neanche uno. «Ai tempi avevo 7 anni, quindi ho pochi ricordi di mio padre – racconta uno dei suoi figli, Angelo Rassu, presente all’iniziativa di venerdì –. I miei familiari, però, mi hanno sempre parlato di lui. Era un grande uomo, volenteroso e altruista. Mi sono emozionato nel vedere tutta quella gente all’Argentiera. Tanti parenti di minatori proprio come me. Ringrazio Maurilio Murru e tutta l’amministrazione per aver organizzato un convegno così importante per noi». L’incontro E infine il momento più toccante. Nel corso del convegno di venerdì all’Argentiera, Angelo Rassu, insieme alla sorella Costanza, ha anche incontrato Salvatore e Nino Milia, i figli di Gavino, il minatore che Dionigi Rassu salvò poco prima di morire asfissiato nella galleria della miniera di Canaglia. «È stato un momento ricco di emozioni – confessa Angelo Rassu –. Rivedersi lì, in una miniera, per ricordare quella tragedia: mi ha fatto un certo effetto. Sono grato a tutti». All’Argentiera il presidente del consiglio comunale, Maurilio Murru, ha raccontato passo dopo passo la storia dei due minatori basandosi basandosi sulle cronache di  allora, pubblicate sulle pagine della Nuova Sardegna. E poi, durante la serata, ha anche consegnato ad Angelo  Rassu una medaglia in memoria del padre Dionigi e, simbolicamente, in ricordo di tutti i lavoratori che, nelle  oscurità delle miniere, hanno  lasciato  la  vita 

BIBLIOGRAFIA
"L'ARGENTIERA il giacimento, la miniera, gli uomini" di Luciano Ottelliqui alcuni estratti 

6.7.13

Il medico-eroe di Nassiriya dona la medaglia al valore


Premiato dal presidente della Repubblica per avere salvato tanti militari «Voglio condividere la decorazione con la Brigata Sassari, nel ricordo dei caduti»

la  nuova sardegna online del  6\7\2013

Sassari Il peso di quella decorazione era diventato insostenibile. Ogni volta che lo sguardo si posava su quel cofanetto di velluto blu, ritornava con il pensiero all’inferno di Nassiriya. Ci ha pensato a lungo prima di prendere una decisione e ha concluso che la cosa più bella fosse conservare quella medaglia nel posto giusto. Perché spesso accade che i riconoscimenti, pur se meritati, diventino troppo ingombranti, rubando spazio al desiderio di un quotidiano più ordinario. Così, ancora una volta, ha pensato a un gesto di generosità: donare al proprio reparto la medaglia d’argento con cui il Capo dello Stato premiò il suo gesto eroico. Quel dono sarà il suo tributo alla Brigata Sassari, alla quale resta profondamente legato. Oggi l’ex tenente medico di complemento Gianuario Carboni ha 38 anni e l’emergenza continua a far parte della sua vita perché, da medico chirurgo, lavora al pronto soccorso del Santissima Annunziata. Dieci anni fa, in Iraq, ha visto cose che non augura neanche al peggior nemico. All’epoca, Gianuario ebbe la ventura di trovarsi nel devastante inferno di fuoco di uno dei più gravi attacchi che la storia dell’esercito ricordi.Il 12 novembre 2003, a Nassiriya, nella terribile esplosione che distrusse la base Maestrale, persero la vita 19 italiani e 9 iracheni, ma sul campo restarono anche decine di feriti. Antica Babilonia, l’avevano chiamata, ma quella che doveva essere una missione di pace si era trasformata in una sanguinosa tragedia. Nei momenti più drammatici, Gianuario Carboni non perse mai il sangue freddo, ma contribuì a salvare vite umane, in particolare quella del maresciallo dei carabinieri Vittorio de Rasis, oggi luogotenente, strappato alla morte dall’intervento tempestivo del medico “sassarino” dopo essere stato colpito a una spalla da una scheggia che gli aveva provocato una gravissima emorragia. La motivazione con cui il presidente della Repubblica assegnò all’ufficiale la prestigiosa decorazione al valore militare, non lascia adito al dubbio. Dal decreto presidenziale del 13 aprile 2006, filtra chiaramente la portata del gesto eroico. Alla fine di quella giornata terribile, il generale Bruno Stano, allora comandante della Brigata Sassari, lo aveva chiamato nel suo ufficio e gli aveva annunciato che avrebbe fatto il suo nome per una medaglia al valore. A caldo, il giovane tenente medico non comprese a pieno il senso di quelle parole, troppo grande e intensa era stata la sollecitazione per l’ufficiale, ancora emotivamente coinvolto in quella vicenda che ha segnato la sua vita e quella dei suoi compagni. «Oggi ho una vita normale _ racconta sereno Gianuario _ una moglie splendida, due bambini meravigliosi. Non è stato inutile avere fatto quell’esperienza, mi rendo conto, però, del peso di quella decorazione, un fardello troppo pesante per me e allora, la cosa più giusta è condividerlo con i miei fratelli della Brigata Sassari. Per questo ho pensato, nel ricordo dei caduti di Nassiriya, che la medaglia torni nel posto più consono, dove possa essere vista dai bambini e dagli adulti a ulteriore riprova di cosa possono fare, l'amore per la patria e il senso del dovere». L’appellativo di eroe non gli piace e neanche la ribalta, lui ritiene di avere fatto solo ciò che un ufficiale medico dovrebbe fare in quelle situazioni e a chi gli chiede se fosse disposto a tornare in missione, risponde con garbo che preferirebbe, se fosse possibile, continuare a essere utile alla Brigata in altro modo.Sul piano burocratico, dare una veste ufficiale al suo gesto non sarà semplice perché è quantomeno insolito che un decorato, in vita, doni la medaglia al reparto di assegnazione. Ma è certo che, vista la delicatezza del gesto, l’amministrazione militare trovi comunque una soluzione. Si parla di una sorta di comodato d’uso, una soluzione che può rendere possibile l’accettazione della medaglia da parte della Brigata. Al riguardo, tra il reduce e il comandante c’è già stato un incontro preliminare, nei giorni scorsi Gianuario Carboni ha avuto un abboccamento con il generale Manlio Scopigno che ha preso molto a cuore la vicenda e sta studiando la formula più consona per accogliere la sua richiesta. Di certo c’è che con questo gesto, l’ex tenente Carboni svuoterà una volta per tutte il pesante fardello riportato da Nassiriya, dove insieme alla medaglia custodisce ancora ricordi e sensazioni che porterà dentro per sempre.

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...