Questa donna straordinaria si chiama Nicoletta Parisi, ha 80 anni, calabrese, vive a Botricello (Catanzaro), e quello che ha fatto è una autentica boccata di ossigeno e di umanità, dopo tanto orrore.Quando ha visto
le immagini strazianti dei 67 migranti morti sulle coste di Crotone, ha compiuto un gesto commovente: ha offerto la propria cappella di famiglia per dare una degna sepoltura a ognuno dei bambini morti così lontani da casa, accanto a suo marito.
Si è chiesta solo una cosa:
"Cosa posso fare io per queste piccole creature morte in mare senza aver potuto capire il gesto delle loro madri che era quello di portarli via da una civiltà crudele?
Mi è tornato alla mente mio zio disperso in Russia, che non ha mai potuto essere sepolto. Voglio che a questi bambini sia data questa possibilità. Noi fondamentalmente su questa terra siamo tutti profughi e tutti abbiamo necessità di avere la Misericordia divina. A mio marito ho detto: non sei più solo, avrai tanti bambini a farti compagnia”.
Ecco cosa significa essere cristiani veri, in un Paese di gente che brandisce rosari, va a messa la domenica e poi lascerebbe annegare donne e bambini in mare.
Questa donna la abbraccerei forte forte, solo questo.
Per un giorno stacchiamo da giornate \ settimane rompi ( giornata della memoria e giorno del ricordo ) e parliamo di Perdono Elisabetta Ballarin protagonista di una delle vicende di cronaca nera più drammatiche del nostro paese quella delle Bestie di Satana dal 2017 è libera ha scontato il suo debito con la giustizia e si è rifatta una vita .Ed ha ottenuto aiuto e perdono dal padre al padre di una sua vittima Mariangela Pezzotta .
[...] Silvio Pezzotta, 71 anni, da Somma Lombardo, ex impiegato all’aeroporto di Malpensa, è il papà di Mariangela, una delle vittime delle Bestie di Satana, la setta di ragazzi appena più che diciottenni che uccise quattro persone tra il 1998 e il 2004 convinti di agire per conto del Maligno.
Elisabetta Ballarin all'epoca
E mentre tutta l’Italia e il mondo intero (la storia finì anche sui media australiani) leggevano increduli degli sgozzamenti, delle crudeltà, del sangue e dei crocifissi rovesciati, mentre fioccavano gli ergastoli e le condanne, Silvio Pezzotta spiazzò tutti. Si rivolse a Elisabetta Ballarin, una ragazzina che aveva partecipato all’uccisione di Mariangela con queste precise parole: «Quando avrà finito di scontare la pena, sappia che per lei la porta di casa mia è aperta».
Sincero ed emozionante il racconto di Silvio Pezzotta, padre di Mariangela Pezzotta, ai microfoni di Giovanni Terzi per Libero. L’uomo ha ripercorso il dramma vissuto quasi sedici anni fa, quando a Golasecca la figlia venne uccisa dalla mano di Andrea Volpe – esponente di spicco delle Bestie di Satana – sotto gli occhi di Elisabetta Ballarin.
E proprio lei ha trovato il perdono del padre di Mariangela Pezzotta: «Ho sempre considerato Elisabetta una vittima di Andrea Volpe alla stregua di altri, solo che, per fortuna, lei non è morta. Alberto Ballarin mi chiamò dopo la morte di mia figlia, la mamma la frequentai ed era una donna distrutta; entrambi poi morirono, lasciando sola Elisabetta». Dopo la morte dei genitori, Silvio Pezzotta le andò incontro: «Elisabetta rimase sola ed io semplicemente le dissi, incontrandola in Tribunale: “Quando avrà finito di scontare la pena, sappia che per lei la porta di casa mia è aperta“».
IL PADRE DI MARIANGELA PEZZOTTA: “PERDONO L’ASSASSINA DI MIA FIGLIA”
Il padre di Mariangela Pezzotta ha spiegato di aver capito nel corso del processo quanto Elisabetta Ballerin fosse plagiata da Volpe – «il suo sguardo smarrito non lo dimenticherò mai» – e non è tutto: «Un mio amico insistette per vedere Elisabetta. Io alla fine accettai. Elisabetta scese dal traghetto che proveniva da Monte Isola, dove si trovava in permesso per lavoro. Mi vide e mi corse incontro, abbracciandomi e mettendosi a piangere. Parlammo molto, quel colloquio rimarrà riservato nel mio cuore. Ci capimmo e capii che quella ragazza aveva il diritto di rifarsi una vita». Dopo la morte della figlia, Silvio Pezzotta ha potuto contare sulla fede: «Sono stato accompagnato dalla fede, in questo percorso doloroso. Se una persona non ha Fede, si chiude in sé stesso e non riesce più a vivere. Io però ho una fede semplice, non bigotta; a volte mi fermo in qualche chiesetta di campagna per dire una preghiera».
Ora ci vuole oltre che una vera fede una mente aperta per perdonare simili cose e non sempre ci si riesce . Ma quando ci si riesce , ed è questo il caso , fa di te una grande persona . Capace d'incanalare il tuo dolore in qualcosa di costruttivo ed allontanare l'odio ed a vendetta da sé . Ha evitato di d'unire dolore al dolore ovvero << prima di intraprendere il viaggio della vendetta, scava due tombe ( Confucio ) >>. Secondo me ha fatto una scelta giusta in quanto Elisabetta come si vede questi due video il primo
il second ( da cui ho preso il frame , riportato nella foto in alto a destra )
SCONSIGLIATO PER I DEBOLI DI STOMACO
ha capito i suoi errori ed era stata , questo non vuol dire che non sia stata innocente , plagiata ed ha pagato per le sue colpe . Ed adesso è una persona nuova ed diversa , il carcere ed il lutto ( ha perso i suoi genitori ) ti cambiano . Come dimostra anche i video soprattutto il primo
Romanzo suggerito
Il conte di Montecristo (titolo orig. Le Comte de Monte-Cristo) di Alexandre Dumas
Mi piace pensare che arriviamo per ultimi, in questa domenica di freddo implacabilmente arido, fra un sole che stenta a uscire e nubi mute di pioggia. Siamo a Bresso, alla Parrocchia della Misericordia. Un edificio cresciuto con me, frutto dello scompaginamento architettonico del Concilio Vaticano II, tutto travi e acciaio ma pure seggiole settecentesche, quarzi brasiliani e vetrate da musical. Sfioriamo i confini della città, un tempo lande selvatiche e adesso terreni edificati. Intorno, il Parco Nord. Ma restiamo in angolo. Anche la chiesa è angolosa, asimmetrica. Sbilanciata. Proprio come la misericordia, il ricordo dei miseri, che a star rintuzzati hanno fatto l’abitudine. Eppure, spesso, l’angolo consente una visuale privilegiata, la curva nascosta d’un viso, il vertice d’un respiro. Giungiamo tardi, ma non soli, preceduti da nomi non più remoti o esotici: Banguì, Aleppo… e anche Roma, certo, ma ormai il centro si è frantumato. Si è spostato all’angolo.