A 20 anni dalla prima insurrezione che ha portato a conoscenza del mondo intero la lotta contro il liberismo messicano per tutelare gli indigeni del Chiapas, è proprio il suo primo soldato a segnare la fine di un’epoca. Figura misteriosa, controversa e abile nella comunicazione, è alla guida di Ezln dal 1983. E da oggi non sarà più il portavoce del movimento. "La mia immagine pubblica è diventata una distrazione. Il mio è stato un travestimento pubblicitario"
Il passamontagna sempre calato sul volto, la pipa e la lotta per gli oppressi. Il Subcomandante Marcos, leader carismatico del movimento rivoluzionario in Chiapas, però non esiste più. “È stato un travestimento pubblicitario” dice l’uomo che è diventato una icona mediatica e un manifesto vivente di tutte le minoranze schiacciate dai capitalismi. “Il Don Chisciotte sta sempre al mio fianco. È il miglior libro che conosco di teoria politica” rivelò al compianto Gabriel Garcia Marquez .
“Dichiaro che il Subcomandante Marcos smette di esistere. Non sarà più mia la voce che parlerà a nome dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale”. A 20 anni dalla prima insurrezione che ha portato a conoscenza del mondo intero la lotta contro il liberismo messicano per tutelare gli indigeni del Chiapas, è proprio il suo primo soldato a segnare la fine di un’epoca. Figura misteriosa, controversa e abile nella comunicazione, è alla guida di Ezln dal 1983. E da oggi non sarà più il portavoce del movimento. “Non sono malato e non sono morto – ha scritto Marcos in un lungo messaggio – anche se mi hanno ucciso molte volte”. Un passo indietro, che lo stesso Subcomandante, 56 anni (forse) spiega così: “La mia immagine pubblica è diventata una distrazione”, perciò è giusto che Ezln cominci “una nuova fase”. “Il mio”, ha detto durante una cerimonia in onore di Galeano, un militante zapatista ucciso all’inizio di maggio, “è stato untravestimento pubblicitario“.
“Non ci sarà nessuna vedova – ha detto il leader zapatista il cui vero nome sarebbe Rafael Sebastiàn Guillén Vicente – non ci sarà nessun funerale, niente onori, statue o musei. Nulla che possa promuovere il culto della personalità a discapito del collettivo. Questo personaggio è stato creato e ora i suoi creatori, gli zapatisti e le zapatiste, lo distruggono. Comprendere questo significa capire qualcosa di fondamentale per noi” chiosa.
Nel suo lungo discorso Marcos, secondo il governo messicano ex ricercatore universitario, ha parlato a lungo di Galeano, maestro nella Escuelita Zapatista che aveva fatto conoscere ad alcune migliaia di persone l’esperienza delle comunità autonome, ucciso il 2 maggio, colpito prima da colpi di arma da fuoco e poi finito con il machete. A lui, nei giorni successivi alla morte, il Subcomandante aveva dedicato parole affettuose ma anche cariche di rabbia nei confronti dei paramilitari che lo hanno assassinato, lasciando intendere che quella morte sarebbe stata in ogni caso un spartiacque per il movimento. Oggi l’annuncio ufficiale. Il testo della lettera con cui il simbolo di Ezln ha rinunciato al personaggio per rivestire i panni del semplice e anonimo combattente si chiude con un omaggio al compagno ucciso: “Buon viaggio – scrive Marcos – Dalle montagne del sudest messicano. Subcomandante insurgente Galeano”.
Non può riapparire ciò che non è mai scomparso. Quel che questo 21 dicembre hanno fatto i ribelli maya zapatisti nell’occupare pacificamente e in silenzio cinque città del Chiapas non è stato ricomparire ma riaffermare la loro esistenza. L’Ezln è qui da oltre 28 anni. Non se ne è mai andato. Per dieci anni è cresciuto sotto l’erba, più di 18 anni fa si è fatto conoscere pubblicamente. Da allora ha parlato ed è rimasto in silenzio in modo intermittente, ma non ha mai smesso di fare. Molte volte si sono decretate la sua scomparsa o la sua irrilevanza, ma l’Ezln è sempre riapparso con forza e con capacità di comunicazione.
Questo inizio del nuovo ciclo maya non fa eccezione. Oltre 40 mila basi di appoggio zapatiste hanno marciato sotto la pioggia in cinque città del Chiapas: 20 mila a San Cristóbal, 8 mila a Palenque, 8 mila a Las Margaritas, 6 mila a Ocosingo, e almeno 5 mila ad Altamirano. Si tratta della più grande mobilitazione dall’apparizione dei ribelli del sudest messicano. La grandezza della protesta è il segnale che mostra come la forza interna degli zapatisti, invece che diminuire con il trascorrere degli anni, sia cresciuta. È un indice di come la strategia dellacontro-insurrezione, portata avanti nei loro confronti da diversi governi, sia fallita. È la dimostrazione di come il loro progetto sia un’espressione genuina del mondo maya ma anche di moltissimi contadini poveri e meticci del Chiapas. L’Ezln non ha mai abbandonato la scena nazionale. Guidato dal proprio calendario politico, fedele alla sua coerenza etica e con la forza avversa dello Stato, ha rafforzato le sue forme autonome di governo. Ha mantenuto viva la sua autorevolezza politica tra i popoli indigeni del paese e attive le reti della solidarietà internazionale. Il fatto che l’Ezln non sia apparso pubblicamente non significa che non sia stato presente in molte lotte rilevanti del Messico. Nelle cinque giunte del buon governo che esistono in Chiapas e nei municipi autonomi, le autorità delle basi di appoggio si governano da sole, esercitano la giustizia e risolvono i conflitti agricoli. Nei loro territori, i ribelli hanno fatto funzionare il loro sistema di salute ed educazione al di fuori dei governi statali e federali. Hanno organizzato la produzione e la commercializzazione e hanno mantenuto in piedi la loro struttura militare. Gli zapatisti hanno risolto con successo la sfida del ricambio generazionale dei loro dirigenti. E, se non bastasse, sono usciti con efficacia dalle minacce del narcotraffico, dai problemi generati dall’insicurezza pubblica e dalle migrazioni. Il libroLuchas muy otras. Zapatismo y autonomía en las comunidades indígenas de Chiapas è una straordinaria finestra per affacciarsi a conoscere alcune di queste esperienze. Gli zapatisti hanno marciato, in questo 21 dicembre, con ordine, dignità, disciplina e coesione. E insilenzio, un silenzio che si è sentito forte. Allo stesso modo nel quale hanno dovuto coprirsi il volto per essere visti, ora hanno sospeso la parola per essere ascoltati. Si tratta di un silenzio che esprime una feconda capacità di generare altri orizzonti di trasformazione sociale, una grande potenza. Un silenzio che comunica la volontà di resistere di fronte al potere. Chi resta in silenzio è ingovernabile*, diceva Ivan Illich. Un ciclo di lotte si è chiuso in Messico in questo primo dicembre, allo stesso tempo se ne è aperto un altro. L’Ezln ha molto da dire nella mappa delle lotte sociali che comincia a disegnarsi nel paese. La sua mobilitazione può avere su di esse un impatto rilevante. Tra i contorni che definiscono la nuova tappa delle lotte sociali si trovano: il ritorno a Los Pinos del vecchio dinosauro del Pri, presidiato dal salinismo (dall’ex presidente Salinas de Gortari,ndt) e dalle sue forme autoritarie di esercitare il comando statale; la pretesa di governare la conflittualità sociale a partire da un patto tra le élites che escluda i settori subalterni; la crisi, la scomposizione e la riorganizzazione dei partiti della sinistra partitica, e l’emersione di nuovi movimenti sociali. L’Ezln è un nuovo giocatore che, senza invito, si siede al tavolo della partita che si apre ora nella politica nazionale. Il Patto per il Messico, sottoscritto dal Partido Revolucionario Institucional (Pri), dal Partido Acción Nacional (Pan) e, a titolo individuale, dal presidente del Partido de la Revolución Democrática (Prd), pretende di concordare un programma di riforme che esclude ampi settori sociali. La mobilitazione dell’Ezln rende evidente che una gran parte della società messicana non è compresa in quell’accordo, e che quel che concordano i suoi sottoscrittori non conta necessariamente con il parere favorevole dei cittadini. Il partito del sole azteco è bloccato in una lotta interna che può portarlo alla rottura. La pretesa da parte di Nueva Izquierda di mettere il suo destino sotto il giogo di Peña Nieto ipoteca ogni possibilità di tenere una distanza critica dal potere. Il Movimiento de Regeneración Nacional (Morena) si è rivolto ai compiti organizzativi per ottenere la sua registrazione. È probabile che l’Organización Popular y de los Trabajadores (Opt) segua lo stesso cammino. Esiste, comunque, un ampio territorio politico e sociale che la sinistra dei partiti non sta occupando. Gli zapatisti godono di una indiscussa autorità politica tra coloro che abitano a queste latitudini. Nell’ultimo anno e mezzo sono emersi movimenti sociali che mettono in discussione il potere al di fuori dei partiti politici. Non si sentono rappresentati da nessuno di essi. Il Movimiento por la Paz con Justicia y Dignidad, #YoSoy132 (video), le lotte comunitarie contro l’insicurezza pubblica e la devastazione ecologica, le proteste studentesche in difesa dell’educazione pubblica, tra le altre, camminano per sentieri diversi da quelli della politica istituzionale. Le simpatie verso lo zapatismo tra quelle forze sono reali. Tuttavia, oltre le questioni immediate, le marce del 13 Baktún maya sono un nuovo ¡Ya basta! simile a quello pronunciato nel gennaio del 1994. Sono una versione rinnovata del ¡Nunca más un México sin nosotros! formulato nell’ottobre del 1996, che apre altri orizzonti. Non chiedono nulla, non rivendicano niente. Mostrano la potenza del silenzio. Annunciano che un mondo sta crollando e un altro rinasce.
(Articolo tratto dal quotidiano messicano La Jornada, che ringraziamo, dove è stato pubblicato con il titolo Derrumbe y renacimiento en el mundo maya zapatista. Altre notizie e foto sono suDesinformemonos.org). Traduzione M. C. per Comune-info.
La presenza di giovani donne è stata particolarmente importante. Foto di Moysés Zúñiga Santiago.
Chi resta in silenzio è ingovernabile [Nota di Comune-info]: «Proponendo il silenzio come esempio da seguire – scrive Ivan Illich in Nello specchio del passato (Boroli) – non intendo scoraggiare il discorso sensato che esprime le ragioni di quel silenzio. Ma mi rendo conto che il silenzio contiene la minaccia dell’anarchia. Colui che resta in silenzio è ingovernabile. E il silenzio è contagioso. Perciò vi saranno tentativi di rompere il nostro silenzio. Ci si chiederà di partecipare alle ‘discussioni per la pace’. Può darsi anche che si scateni una caccia alle streghe contro i silenziosi. In questo momento, perciò, il diritto di ritirarsi silenziosamente dalla discussione, il diritto di porre fine al dibattito, se i partecipanti ritengono che la loro dignità sia lesa, deve essere affermato e difeso. Esiste anche un diritto a diffondere un silenzio inorridito».