5.4.25

Sara Campanella e Ilaria Sula, la criminologa Bolzan: «Non sono raptus, non sanno gestire il rifiuto. Ecco i segnali a cui stare attente»

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Lo so che dovrei parlarle d'atro ed andare avanti . Ma non ce la faccio soprattutot davanti a certi commenti . Meno male che si sono , anche se bisogna cercali con il lumicinio o frugare nella ... massa per cercarli . Infatti fra i commenti /interventi sugli ultimi (?) due femminicidi questi sono quelli che mi hanno colpito di più
 
IL primo trovato sul portale   msn.it non ricordo la fonte precisa ma è molto bello

Le  due     ragazze vittime di giovani uomini, entrambe uccise poco più che ventenni. Hanno molto in comune le tragiche storie di Ilaria Sula, studentessa romana della Sapienza, e di Sara Campanella, palermitana e studentessa a Messina: sono morte giovani, per mano entrambe di ragazzi coetanei o di poco più grandi. Ma perché accade ?

 A Provare a dare una risposta a questa domanda la criminologa e psicologa Flaminia Bolzan, secondo cui il motivo principale è una «incapacità di metabolizzare rifiuti e abbandoni» che trasforma la rabbia in un'emozione «non controllabile» da «scaricare» su quellle  che   poi  saranno  le vittime
Due femminicidi in pochi giorni. L''ultimo  è  il corpo di Ilaria Sula, 22 anni. studentessa romana della Sapienza, è stato trovato in fondo a un dirupo nei pressi del Comune di Poli, all'interno di una valigia.

Ad ucciderla a coltellate, per poi gettarne il corpo, sarebbe stato l'ex fidanzato Mark Samson, di origini filippine. Il giorno precedente  è stata la volta   di  Sara Campanella, 22 anni, nata a Misilmeri (Palermo), è stata uccisa a coltellate davanti l'Università di Messina da un suo collega, Stefano Argentino, 27 anni, che da due anni la perseguitava con messaggi e inviti ad uscire.
Bolzan: «Rabbia e frustrazione non controllabili»
«Ogni caso presenta le sue peculiarità in ordine a motivazioni e modalità operative - spiega Bolzan all'Adnkronos - ad ogni modo il comune denominatore di tutti questi delitti è da ricercare sul piano psicologico nell’incapacità di metabolizzare rifiuti e abbandoni. Per questi soggetti, la rabbia e la frustrazione divengono emozioni non controllabili e anziché essere elaborate sul piano del pensiero
vengono agitate e l’oggetto sul quale 'scaricarle' letteralmente diventa appunto la vittima». Una «escalation di violenza» che, spiega la dottoressa, « non è assolutamente immediato poter prevedere anche perché, in una ratio auto protettiva, il pensiero prevalente è sempre quello che 'certe cose' non possano accadere a noi ».
I campanelli d'allarme
Esistono però dei campanelli d'allarme, dei comportamenti a cui le donne dovrebbero prestare attenzione. « Se e quando ci si trova in un contesto relazionale in cui l’altra parte mostra comportamenti ossessivi e intrusivi nella nostra vita - prosegue - generando in noi una preoccupazione, bisogna immediatamente attivarsi e monitorare tipologia e frequenza di questi comportamenti che, se non si interrompono nell’immediatezza, diventano realisticamente un campanello di allarme. 
Nel caso di Sara, era difficile che la ragazza arrivasse a ritenere che il suo collega potesse compiere un gesto così estremo, ma quello che dobbiamo sottolineare è che laddove i comportamenti intrusivi provochino uno stato di allerta e soprattutto se si nota una escalation in termini di frequenza e/o di modalità bisogna denunciare ».Facile a  dirsi   difficile  a  farsi  come dimostrano storie   come  quella   di questa  Ottantenne   che  ha  enunciato il marito   dopo 50 anni di   abusi e  violenze
Perché è sbagliato parlare di raptus
Sbagliato parlare di 'raptus' , il   cui   termine  è una narrazione che una realtà scientifica. La psichiatria tende a escludere l'idea di un cambiamento improvviso e repentino nei processi cognitivi di una personadavanti a questi casi. Infatti  : «A mio avviso è improprio e fuorviante - sottolinea Bolzan - specie per ciò che attiene il caso di Messina. Dobbiamo infatti tenere conto della persecutorietà dei comportamenti antecedenti del ragazzo, cosa che, a mio avviso, ha un peso enorme nella valutazione dell’excursus e dei processi mentali che poi lo hanno portato ad agire».
Cosa bisogna fare
Femminicidi, tanti, troppi. Uno diverso dall'altro, ma anche uno simile all'altro. «L'attenzione mediatica è altissima, ma lo è altrettanto la frequenza di questi comportamenti - spiega - Al verificarsi di determinati fenomeni infatti contribuiscono una pluralità di variabili, ovviamente non parliamo di responsabilità o colpe, ma di azioni concrete che la società dovrebbe intraprendere non solo in un’ottica repressiva, ma al contrario preventiva e informativa su ciò che è o non è una relazione sana».
A scendere in campo devono essere la società, la scuola, i genitori. «Dobbiamo spiegare ai ragazzi dove risiede il confine tra l’attenzione e l’intrusione - dice Bolzan - A casa basterebbe si parlasse di più di ciò che accade nella vita, soprattutto degli adolescenti, ma per farlo è necessario che in primis i genitori abbiano uno sguardo attento e non giudicante. 
Inoltre dobbiamo sensibilizzare le ragazze rassicurandole rispetto al fatto che denunciare si può e le misure ci sono. La privazione della libertà di scelta e l’intrusività nella vita altrui sono campanelli di allarme molto rilevanti»


L'altro è quello di Francesca Manocchi a propaganda live del 4/IV/2025 



Francesca Mannocchi  ha dato vita, che io ricordi, a uno dei monologhi più importanti, intensi, necessari forse mai pronunciati in televisione.
In questo straordinario intervento, di una grande giornalista, ha detto tutto quello che ha senso dire oggi sul femminicidio, su Sara Campanella, su Ilaria Sula, sulla violenza di genere, sulla cultura del possesso, sul linguaggio tossico dei media, e non  solo sulla colpevolizzazione della vittima, su Nordio e su certa propaganda razzista di una classe politica indegna. 
Prendetevi cinque minuti per leggerlo e ascoltarlo ( trovate il video sopra ) fino in fondo Salvatelo, condividetelo. Praticatelo anzi meglio pratichiamolo
Cominciamo  noi tutti/e a capovolgere il lessico per demolire la violenza contro le donne, come ha fatto Giselle Pelicot: non siamo noi che dobbiamo vergognarci, la vergogna deve cambiare lato perché ci vogliamo tutte vive.”

Grazie Francesca. 🙏

Ma mentre  finisco  di  riportare questi due interventi  ecco   che  leggo    delle dichiarazioni di  

Luana Sciamanna [ foto a   sinistra    ]  avvocata penalista esperta di violenza di genere, situazioni simili le vede e le affronta ogni giorno. Collabora con i centri antiviolenza dei Castelli Romani, nel Lazio, e a lei
si rivolgono per chiedere aiuto molte donne. Quelle che riescono a denunciare.
Gino Cecchettin, papà di Giulia uccisa da con 75 coltellate dal suo ex fidanzato Filippo Turetta ha detto: «Lo stalking è spesso sottovalutato, il pericolo inizia lì». «Il primo errore che molte donne vittime di stalking o violenza commettono è non dare peso a segnali chiari, evidenti che arrivano dai propri partner - spiega Luana Sciamanna-. Un uomo che ti controlla il cellulare, che vuole leggere i tuoi messaggi, che pretende a password delle tue mail, non esprime amore ma solo mania di controllo. Noi donne non dobbiamo pensare che quello sia amore. Certe dinamiche possono apparire innocue, ma in realtà sono manipolatorie. È questo il primo messaggio che diffondiamo quando entriamo nelle scuole per parlare di violenza di genere: attenzione alla manipolazione».
«Denunciate sempre», ha scritto nel suo messaggio pieno di dolore la madre di Sara sul suo profilo Facebook. Sua figlia non aveva denunciato. La studentessa di Messina non le aveva detto nulla delle pressioni e minacce di quel ragazzo, il “malato” come lo definiva con le amiche. «Sì, bisogna denunciare. Ma non tutte hanno il coraggio di farlo. Perché magari sono ricattate, o perché economicamente non sono indipendenti, o più banalmente per la paura di ripercussioni. Se non si riesce a denunciare alle istituzioni, almeno parlare con una madre, una sorella, un’amica. Nel caso di Sara probabilmente non aveva dato troppo peso alle ossessioni di lui che all’ennesimo rifiuto ha fatto esplodere la sua rabbia».
Luana Sciamanna ha scritto un libro che si basa proprio sulla sua esperienza professionale con i casi di violenza di genere. Il titolo è: 100 motivi per non riaprire a un narcisista (Ensemble). «Sì perché spesso dietro uomini violenti si nascondono narcisisti patologici che non accettano un rifiuto e uccidono. Quello che cerco di dire alle donne è di fuggire da certi soggetti manipolatori e violenti».
Tre ragioni per capire che bisogna fuggire: «Numero uno: quando un uomo esercita il controllo a distanza. Quella non è una dimostrazione d’amore. Numero due: quando l’uomo che è accanto a noi vuole farci sentire inadatte, ci sminuisce, in una parola ci manipola. La manipolazione è subdola ma colpisce nella maniera più violenta. Numero tre: Davanti a un uomo violento con il quale abbiamo chiuso, non dare mai una seconda possibilità o un ultimo appuntamento. Spesso si rivela letale».
Per concludere c'è da dire che La politica ( maggioranza ed opposizione ) però, non risponde: il dibattito su questo tema importantissimo viene costantemente dirottato sulle polemiche in merito a una presunta "ideologia gender". E intanto, nelle classi, si continua a parlare poco o niente di violenza patriarcale, di stereotipi nocivi, di cultura dello stupro. E non mancano gli esponenti del governo che provano a spostare il focus dell'attenzione. Come il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che parlando dei femminicidi ha detto che "alcune etnie hanno una sensibilità diversa dalla nostra rispetto alle donne". Affermazioni offensive che alludono semplicemente a delle falsità o a verità parziali

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