Qualcuno\a dirà ma allora perchè ci .... scrivi post ? per evitare che simili obbrobri siano dimenticati ma soprattutto siano mal ricordati ed usati ad uso politico \ ideologico , ed si pratichi una memoria distorta di fatti storici cosi complessi ( visto il verificarsi in quelle zone di tre dittature e tre nazionalismi diversi lasciando in esse un carico di : sangue , genocidi, barbarie ed violenza , esodo più o meno forzato di popolazioni ) come quelli avvenuti nel confine orientale . Ed ancora lo scontro \ contrapposizione ideologica ( che si credeva scomparsa con gli avvenimenti del 1989\92 ) che già ha fatto danni enormi per lo studio e la memoria di quei fatti ed il ricordo " forzoso ed obbligato " continua ad essere impregnato del più cieco nazionalismo .
IL che porta a ricordare male ed in maniera incompleta tali avvenimenti tristi e dolorosi . Ed a definire negazionista anche chi non lo è , solo perchè ricorda tali vicende ( a volte è vero in maniera faziosa e di parte ) in maniera completa e non parziale come avviene nel 90 % delle celebrazioni del 10 febbraio . Travisando lo stesso significato di revisionismo :
<< Al processo che portò alla legge sul Giorno del Ricordo contribuirono anche alcuni storici, al prezzo però di chiudere un occhio sul metodo utilizzato per ricostruire le vicende delle foibe. Era infatti impossibile concedere un margine di “gioco” a discorsi sviluppati in ambienti revanscisti senza che l’alchimia politica intaccasse il rigore del metodo, soprattutto rispetto alle foibe la cui narrazione è retta anche da fallacie logiche ad ignorantiam – la famosa «teiera di Russell» fluttuante nello spazio fino a impossibile prova contraria – e ragionamenti post hoc ergo propter hoc.L’esempio più classico di fallacia ad ignorantiam: ci sono 1.700 “foibe” (cavità carsiche) in Istria, solo una minima parte fu setacciata dopo l’ottobre del ’43, ergo in tutte le foibe inesplorate si celavano cadaveri ora non più recuperabili.L’esempio più classico di ragionamento post hoc: dopo le foibe – quanto dopo non importa – gran parte degli italiani lasciarono l’Istria, ergo le foibe furono una pulizia etnica per mandare via gli italiani.Proprio nel momento in cui si raffinava il metodo della storia orale, che guadagnava faticosamente riconoscimento scientifico grazie a regole rigorose, sul confine orientale si apriva invece la porta alle leggende metropolitane.>> o quanto meno a tesi storico parziali . Infatti sempre secondo quanto dice il sito www.wumingfoundation.com/giap/ << Per capire quanto sia facile imbastire storie da pochi dettagli basta dare un’occhiata a questo post pubblico di Pierpaolo Silvestri, proprio lui, l’«interlocutore privilegiato» di Sessi nella ricostruzione della morte di Norma Cossetto:
IL che porta a ricordare male ed in maniera incompleta tali avvenimenti tristi e dolorosi . Ed a definire negazionista anche chi non lo è , solo perchè ricorda tali vicende ( a volte è vero in maniera faziosa e di parte ) in maniera completa e non parziale come avviene nel 90 % delle celebrazioni del 10 febbraio . Travisando lo stesso significato di revisionismo :
Nel settore accademico della storiografia, il revisionismo è il riesame critico di fatti storici sulla base di nuove evidenze o di una diversa interpretazione delle informazioni esistenti, considerando tutte le parti politiche e sociali in causa come testimoni importanti. L'uso negativo del termine revisionismo si riferisce invece alla manipolazione della storia per scopi politici. Inoltre occorre non confondere il revisionismo a tutti gli effetti con la pseudostoria, il revisionismo politico, il negazionismo e le teorie del complotto
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<< Al processo che portò alla legge sul Giorno del Ricordo contribuirono anche alcuni storici, al prezzo però di chiudere un occhio sul metodo utilizzato per ricostruire le vicende delle foibe. Era infatti impossibile concedere un margine di “gioco” a discorsi sviluppati in ambienti revanscisti senza che l’alchimia politica intaccasse il rigore del metodo, soprattutto rispetto alle foibe la cui narrazione è retta anche da fallacie logiche ad ignorantiam – la famosa «teiera di Russell» fluttuante nello spazio fino a impossibile prova contraria – e ragionamenti post hoc ergo propter hoc.L’esempio più classico di fallacia ad ignorantiam: ci sono 1.700 “foibe” (cavità carsiche) in Istria, solo una minima parte fu setacciata dopo l’ottobre del ’43, ergo in tutte le foibe inesplorate si celavano cadaveri ora non più recuperabili.L’esempio più classico di ragionamento post hoc: dopo le foibe – quanto dopo non importa – gran parte degli italiani lasciarono l’Istria, ergo le foibe furono una pulizia etnica per mandare via gli italiani.Proprio nel momento in cui si raffinava il metodo della storia orale, che guadagnava faticosamente riconoscimento scientifico grazie a regole rigorose, sul confine orientale si apriva invece la porta alle leggende metropolitane.>> o quanto meno a tesi storico parziali . Infatti sempre secondo quanto dice il sito www.wumingfoundation.com/giap/ << Per capire quanto sia facile imbastire storie da pochi dettagli basta dare un’occhiata a questo post pubblico di Pierpaolo Silvestri, proprio lui, l’«interlocutore privilegiato» di Sessi nella ricostruzione della morte di Norma Cossetto:
Partendo da una bislacca interpretazione dell’epitaffio sulla tomba di una giovane sposina istriana morta negli anni della guerra – in un’epoca peraltro in cui l’Istria era sotto il tallone di ferro nazista – viene tirata fuori da chissà dove un’allucinante storia splatter. Nessuno dei nominativi indicati risulta nemmeno nei più “generosi” tra gli elenchi di caduti RSI e martirologi degli infoibati.Il discorso revanscista e nazionalista predilige gli articoli di fede alle evidenze storiche perché è un discorso che mira a persuadere e non ad analizzare, celando dietro il codice del lutto un intento eversivo sul piano storico. Così la ricerca storica viene sottoposta al ricatto morale del pietismo e un debunking sulle leggende non verificate sulle foibe viene respinto come un’offesa al dolore dei congiunti.E se l’articolo di fede sostituisce l’evidenza storica è facile manipolare anche il concetto di negazionismo: da termine usato per qualificare coloro che negano le evidenze storiche dello sterminio nazista diventa interdizione a effettuare verifiche e contestualizzazioni storiche sulle foibe.Un esempio di questo dispositivo lo troviamo nella risposta che a suo tempo una serie di personalità legate all’associazionismo nazionalista «giuliano-dalmata» firmò in reazione alla nostra lettera aperta ad Internazionale, dalla quale scaturì il relativo speciale:
«come sopravvissuti e testimoni della Shoah vengono interpellati in occasione del Giorno della Memoria ed i tentativi revisionisti o negazionisti vengono silenziati, così anche la comunità degli esuli chiede rispetto per i propri lutti, empatia per le proprie sofferenze e assenza di livore e di velleità giustificazioniste nelle ricerche storiche che li riguardano da vicino».
Lo stesso argomento lo troviamo usato dal senatore Maurizio Gasparri in un attacco ad ANPI Brescia, che aveva segnalato la prima puntata di questa miniserie.
A questo ribaltamento semantico contribuirono indirettamente anche quegli studiosi che avevano intrapreso un processo di negoziazione con le realtà politiche che volevano il Giorno del Ricordo. Raoul Pupo e Roberto Spazzali, nel loro volumetto Foibe uscito per Bruno Mondadori nel 2003, elaborarono una curiosa classificazione a mo’ di «gironi danteschi» di storici, ricercatori ed opinionisti che avevano trattato la storia del confine orientale nel secondo dopoguerra (perlopiù triestini e qualche sloveno).Pur non richiamando esplicitamente i negazionisti della Shoah, Pupo e Spazzali annoverarono nella categoria «negazionismo e riduzionismo» sia i comunicati partigiani jugoslavi dell’epoca che tentavano di contrastare la propaganda nazifascista, come la relazione di Anton Vratuša al CLNAI, sia coloro che più di cinquant’anni dopo intrapresero verifiche sugli elenchi dei caduti come Claudia Cernigoi. Accomunati dal tentativo di «giustificare» le foibe.Ma queste classificazioni che si propongono di sistematizzare in maniera definitiva un canone storiografico sono in realtà facilmente rinegoziabili. Basta un niente per ritrovarsi nel gradino più basso dell’’nferno. Nel 2011 uscì il libro Nel nome di Norma (Solfanelli) di Luciano Garibaldi e Rossana Mondoni che, dopo aver messo esplicitamente Claudia Cernigoi e Alessandra Kersevan accanto ai negazionisti della Shoah, infilava gli stessi Pupo e Spazzali in «quella storiografia che li annovera tra i cosiddetti “giustificazionisti”».
Forse è troppo tardi, forse il danno è già irreversibile, ma si vuole comunque rivolgere un accorato appello a tutti gli storici : la storia non è negoziabile con chi rifiuta il metodo storico, farlo significa permettere a costoro di distruggere la credibilità delle istituzioni storiche, e fidatevi, non mostreranno alcuna pietà per chi li ha fatti entrare.
In attesa d vedere il film su norma crossetto con questo è tutto