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1.5.18

la storia di giuseppe renna che da 20 anni vive in strada

  canzone suggerita


Da vent’anni vive senza un tetto, il quartiere Guizza si mobilita
Giuseppe Renna ha 57 anni, negli anni '70 era un militante di Autonomia Operaia


GUIZZA. Quando hanno visto quell’uomo solo, educato e dignitoso, ma visibilmente trasandato, seduto per giorni su una panchina della Guizza, hanno risposto all’appello del cuore. La famiglia Amistà, Massimo, Giusy e i loro sei figli, si sono avvicinati e gli hanno chiesto, semplicemente se avesse bisogno di aiuto. Beppe, questo il nome dell’uomo, ha domandato garbatamente una bottiglia di acqua naturale, loro gli hanno dato anche un piatto di pasta, pane e formaggio. 
Piano piano Beppe si è aperto, svelando che all’anagrafe è Giuseppe Renna, 57 anni, nato a Caldaro sulla strada del vino (in Trentino) e vissuto a Busa di Vigonza. Da 20 anni in strada. Per scelta. È stato un militante di estrema sinistra durante i turbolenti anni Settanta, era vicino ad Autonomia operaia, ha visto nascere il Pedro e poi scindersi in due dando vita al Gramigna. «Vivo così perché voglio vivere così», spiega Beppe, «sono stato sposato e dopo 7 anni mi sono separato, senza figli e senza legami d’affetto davvero importanti. Ho due amici, questi sì, importanti. Vivo da venti anni in strada e so barcamenarmi: so difendermi anche se non ho mai avuto problemi e mi faccio gli affari miei». Beppe è perfettamente lucido. Sa che vivere per la strada è una scelta radicale ed estrema ma è la sua.
Cammina con uno zainetto rosso che custodisce «tutta la mia casa», possiede un telefono, ma guai a chiedergli il numero: «è un affare troppo personale». Né accetta numeri di altri, per quanti buoni propositi abbiano. Eppure su quella panchina del viale che collega via Brofferio a via Guasti, dove c’è un gran bel via vai, si apre fino a raccontare un po’ del sé più celato: «non sono mai stato un ragazzo casa e chiesa», ricorda, «sia chiaro, non ho mai avuto rogne con la giustizia, ma ho vissuto con intensità e convinzione gli anni Settanta». Sorride, dietro la barba incolta e brizzolata: «Era il 1974, Giorgio Almirante era venuto a parlare qui, a Padova (è il 20 giugno, appena tre giorni prima, il 17, in via Zabarella erano stati freddati brutalmente Girallucci e Mazzola, proprio nella sede cittadina del Movimento sociale), io avevo 14 anni e lanciai il mio primo sasso: il comizio era in piazza delle Erbe e io fui istruito a lanciare il mio primo sasso contro il palco. Naturalmente nemmeno si avvicinò al leader politico, ma il messaggio era chiaro: quell’uomo, in città, non doveva parlare. Ero un simpatizzante anarchico». Perché non chiedere aiuto ai Servizi sociali? «Adesso come adesso non me ne frega niente. Voglio vivere così. Sono stato per anni al Torresino, poi mi hanno messo alla porta perché ho un reddito e dunque non potevo rimanere. Faccio volantinaggio e guadagno circa 500 euro al mese». 

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