Visualizzazione post con etichetta don milani. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta don milani. Mostra tutti i post

20.9.23

no all'obbligo imposto da salvini del crocifisso .si alla libertà facoltativa di esporlo o non esporlo

 canzone    suggerita
Laico reggae -  Avanzi Sound Machine 

 La proposta della Lega di rendere obbligatorio il crocifisso “ben visibile” in ogni luogo pubblico di questo Paese non è solo un’arma di distrazione di massa per distogliere i cittadini dai disastri sul fronte immigrazione, economia, politica estera e qualunque cosa questo governo abbia toccato.  Infatti

 


È anche, e soprattutto, figlia di un’idea di mondo retrograda e paranoica che, attraverso l’ostentazione del simbolo - sia esso una croce, un tricolore, una parola, uno slogan - irregimenta i cittadini e li inquadra in una visione settaria del mondo.L’idea non è certo nuova né particolarmente brillante. La differenza è nel metodo, nella forma, mai come in questo caso sostanza. Un tempo, neppure troppo tempo fa  [ cioè fino al  1985   rinnovo del concordato  \  patti lateranensi   del 1929   aggiunta mia   ]  con quel simbolo si voleva esprimere un circoscritto sistema di valori condiviso da una parte non trascurabile della popolazione.Oggi il crocifisso, nelle mani di questi crociati di cartapesta, è un’arma contundente contro tutto il resto: simboli, culture, religioni, fedi, visioni, colori della pelle, stranieri, tutto ciò che non si conosce o non è allineato.Ovvero l’opposto non solo del concetto di laicità - che è alla base della nostra Costituzione - ma anche e soprattutto dell’unico vero messaggio di cui il cristianesimo più autentico è vera e reale espressione: apertura verso l’altro, solidarietà, inclusione, incontro. Il messaggio di questa proposta è l’esatto contrario. Una dichiarazione di una violenza quasi epocale: qui comandiamo noi, come nelle più primitive tribù e nelle più retrograde delle teocrazie, quelle stesse teocrazie che, in un cortocircuito concettuale, si vorrebbe contrastare anche con gesti come questi. Senza rendersi conto - il Salvini o il Pillon di turno - che, lungi dal combattere gli intolleranti e gli integralisti, hanno finito per diventare come e peggio di loro.                                                                                   Lorenzo  Tosa 


Qualche  mio lettore\ trice   mi chiedera  ma  come    tu non eri per  farlo togliere   dalle  aule   scolastiche  in base    alla laicità ?Vero. Ma   avevo un altra concezione    della  laicità  ovvero quella  che  i " luoghi  statali  " fra  cui  appunto  lascuola  dov'essero   eesenti i  simboli  religiosi  .   Forse  perchè vedo  la  regligione    solo come  qualcosa  di confessionale      e  non come  oggi   anche   ed  soprattutto spirituale    ed  ero  influenzato    (  una  delle mie  tante letture    delle   fra i  14\25   anni   )    da   Don lorenzo Milani    e  dal  suo  gesto


Poi   dopo un  percorso   interiore  culminato    da  un dibattito   fra atei  , laici ,   credenti  organizzato  da  foglio  (  se   non ricordo male  ) durante    la  campagna  refefendaria    del  2004 sulla   procreazione  assistita  ma soprattutto  la lettura   dell'articolo , più  volte  (  anche  di   recente  ) riportato   da  daniela  tuscano   «Quella croce rappresenta tutti» apparso su L'Unità il 22 marzo 1988 firmato da Natalia Ginzburg  ed  riportato  qui integralmente   in quest  articolo   del' https://www.ecodibergamo.it/  ho  cambiato idea  .  l'esposizione     del  crocifisso    dev'essere  facoltativa   , non  imposta  per   legge  \  decreto  come  lo  è  stato   dal 1929  al 1985   e  per  paura  di rendere  decisioni impopolari  o  per  scelta    in alcune  aule  scolastiche     e ne  tribunali c'è  ancora  . 

  

23.6.20

ricordo ancora il primo giorno scuola .... un pensiero assopito e la nostalgia si fa avanti leggendo la storia di Mimi Salis alias Su Mastru Salis: un vero maestro, non solo di scuola.

sulle  note     della   sigla  del famoso  cartone  Libro cuore Leggo questo storia trovate  sulla  home  di facebook

  da  Diego Ibrahim Manca  Ieri alle 00:29

L'immagine può contenere: 5 persone, spazio al chiuso


Su Mastru Salis: un vero maestro, non solo di scuola.
Oggi voglio raccontarvi la storia di un uomo che, negli anni 60, in un piccolo paese del centro Sardegna riuscì a dare una svolta decisiva alla lotta all'analfabetismo innescando un processo di cultura del bello e della responsabilità che ancora oggi si respira profondamente. La fortuna di averlo conosciuto, di aver potuto assistere alle sue narrazioni, di aver potuto condividere anche se per poco, una passione comune (l'amore per la propria terra) e aver avuto il privilegio di poter godere della sua fiducia, mi danno forza e speranza nell'inseguire i miei sogni. Il patrimonio enorme 
L'immagine può contenere: una o più persone, occhiali_da_sole, vestito elegante e spazio all'apertodi testi, scritti, appunti, lavori di studio vari, i millemila reperti raccolti, schedati, organizzati e presentati nel museo della tecnologia contadina di Santulussurgiu che oggi porta il suo nome, sono ben poca cosa in confronto allo straordinario esempio di vita che ha lasciato ad un'intera comunità. Molti di noi che oggi non si arrendono al ruolo di semplice spettatore passivo ma si impegnano in prima persona per quello in cui credono, è anche merito suo.

SU MASTRU
di Diego Manca

Sono un uomo fortunato: nella mia vita ho avuto buoni maestri, anche se la parola “maestro” per gran parte della mia vita era legata a una sola immagine, a quella del Maestro Salis, Franziscantoni come talvolta lo chiamavano scherzosamente i suoi ex allievi e i tanti amici.
Per tutti, a Santulussurgiu, era però, inequivocabilmente, “Su Mastru”, il Maestro per antonomasia.
Sono andato via dal mio paese all’età di 14 anni, per frequentare la scuola alberghiera di Alghero e un giorno me lo vidi davanti, sul lungomare, con il suo sorriso buono e scanzonato, i suoi capelli a spazzola, il viso paonazzo perché si era messo a correre per abbracciarmi; lui così alto si doveva chinare molto per potermi abbracciare e subito mi domandò come stavo e come andava la scuola e se mi piaceva la città. Ah, era così curioso di tutto e io mi sentivo così importante che Su Mastru si interessasse a me. Era lì per un convegno dell’UNLA, acronimo di Unione Nazionale per la Lotta all'Analfabetismo.
Da allora sono sempre vissuto fuori dal mio paese, all’estero e poi in continente, ma ho sempre mantenuto i contatti con lui, informandolo di ciò che facevo e a volte chiedendogli un consiglio, non come a un padre, ma come a un fratello maggiore. Una delle ultime volte che l’ho visto, alla festa dei cinquantenni leva 1949; ero andato a casa sua insieme a compare Michele Ardu, anche lui suo allievo e amico, per convincerlo a venire alla festa, alla quale non poteva mancare, poiché i festeggiati erano quasi tutti suoi ex allievi delle elementari. Venne e fece felice tutta la compagnia e, soprattutto, noi lo vedemmo felice, circondato dall’affetto e dalla stima di tutti.
Un paio di mesi fa, mentre cenavo con compare Michele Ardu, che finalmente dopo tanti anni era venuto a trovarmi a Firenze, squilla il telefono e compare Niccolino Migheli, anche lui suo allievo e amico, con la voce rotta dalla tristezza, ci informa che il maestro Salis è morto. In quel momento abbiamo capito che eravamo diventati orfani non solo di un padre spirituale, ma di un amico, di un fratello, di un vero maestro.
Francescantonio Salis è stato il mio maestro alle scuole elementari, dalla prima fino all quarta, quando lasciò l’insegnamento per dedicarsi completamente al “Centro di Cultura”. Allora sapevo poco di quello che realmente faceva per il nostro paese, per i giovani e per gli anziani, sapevo solo che il Centro di Cultura Popolare era stato fondata dall’Unesco per combattere l’analfabetismo e che al maestro Salis era stato assegnato il premio Unesco per l'Educazione degli adulti.
Ricordo ancora una comica conversazione nel mio vicinato, in un assolato pomeriggio d’estate: Tia Niccolina, una mia vecchia zia che frequentava la scuola serale per imparare a leggere e a scrivere insieme a tanti altri adulti del paese, appoggiata allo stipite della porta di casa gridava alla sua compagna di scuola Tia Vittoria:
“Ittoria, cun cantas emmes s’iscriet vendemmia, duas o tres?” (Vittoria, con quante “emme” si scrive vendemmia, due o tre?)”
“Boh”, custu sero du domannamus a su mastru.” (Boh, stasera lo domandiamo al maestro).
Non scrivo queste cose per prendere in giro le mie vecchie zie, che prendevano molto sul serio il fatto di poter imparare a leggere e a scrivere. Tia Niccolina aveva in Australia suo figlio Raffaele e finalmente poteva scrivergli di proprio pugno, ma soprattutto, poteva leggere le sue lettere. Tante altre madri e padri di emigrati, che avevano i figli nella lontana Germania o addirittura in Australia, potevano finalmente comunicare con loro perché avevano imparato la magia della scrittura e non solo: stavano iniziando a fare i primi passi nella letteratura, poiché molti di loro, anche se avevano già settanta o ottant’anni, avevano incominciato a leggere libri.
Subito dopo cena scappavo per andare al “centro”, dove avrei ritrovato altri ragazzi della mia età, anche loro come me ansiosi di vedere la “televisione”, dato che lì era uno dei pochi luoghi in paese dove si poteva guardare. Naturalmente c’erano anche parecchi adulti, che spesso rimanevano dopo la scuola. Sapevamo tutti però che prima dello spettacolo, prima del “Carosello”, “Su Mastru” ci avrebbe letto qualche pagina: andava avanti e indietro con il libro in una mano mentre con l’altra mimava l’azione descritta, sudato, a volte con la voce roca, oppure sorridendo per qualche frase comica o ironica, facendo sorridere anche noi. Partecipavamo tutti alla lettura, ci faceva vivere ciò che ci leggeva e ce lo faceva amare. I libri erano “Canne al vento” di Grazia Deledda, “I figli di Pietro Paolo” di Antonio Cossu, “Sonu ‘e Taula” di Giuseppe Fiori, “Lettera ad una professoressa” di Don Milani. Tra l’altro, la figura a cui il maestro Salis assomiglia di più è senz'altro Don Milani, il priore di Barbiana. L'uno e l'altro erano consapevoli che solo operando per la crescita culturale delle comunità si poteva costruire una società migliore e più giusta. Quando alcuni anni fa andai a vivere in campagna a Vicchio, nel Mugello, a pochi chilometri da Barbiana, ho conosciuto un paio di persone che erano state allieve di Don Milani e parlando con loro mi accorsi quanto avevamo in comune: un amore e una stima immensi per i nostri maestri, che sono stati per noi dei padri, degli amici, delle guide
Quando ricordo il periodo della mia adolescenza, penso a quanto sono stato privilegiato: con altri ragazzi della mia età passavo interi pomeriggi al “centro” a giocare con Checco, una cornacchia ubriacona e chiaccherona che il “centro” aveva avuto in affidamento da Bachis Migheli, un fabbro emigrato in Australia oppure andavo a prendermi un libro alla biblioteca, che il maestro Salis aveva fortemente voluto, e nelle lunghe e fredde giornate invernali ho passato lì dei momenti indimenticabili. Spesso il maestro mi consigliava cosa leggere oppure discuteva con me di ciò che stavo leggendo in quel momento, facendomi spesso ridere con la sua ironia e senso dell’umorismo. Ecco perché per molti della mia generazione è stato un vero maestro di vita e maestro nell’arte di vivere: faceva poca distinzione tra il proprio lavoro e il gioco, tra la fatica e il divertimento; questo è uno dei motivi per cui è stato tanto amato. Il maestro Salis rimarrà immortale attraverso i pensieri, i ricordi e l’amore delle persone che, come me, gli hanno sinceramente voluto bene.


12.9.08

Senza titolo 846

LA GELMINI PREPARA LA STRAGE DEI PRECARI DELLA SCUOLA

I precari della scuola sono i grandi assenti dal dibattito sulle riforme proposte dal ministro Gelmini: si parla di grembiuli, di voto in condotta, di maestro unico, ma nessuno sembra curarsi del taglio di 90.000 docenti e 47.000 ATA.
Il ministro si limita ad assicurare che i docenti di ruolo possono stare tranquilli e che i precari possono sempre essere riciclati nel turismo. La proposta è umiliante visto che si tratta di personale laureato, abilitato ed idoneo all'insegnamento e spesso in possesso di master e corsi di specializzazione; oltretutto non sembra che ci sia bisogno di 150.000 guide turistiche o addetti nei musei.
E' quindi evidente che la proposta della Gelmini sia in realtà una presa in giro per indorare la pillola alle decine di migliaia di persone che resteranno disoccupate dopo aver lavorato a tempo determinato, anche per 10 o 15 anni, con contratti annuali.
Le persone che perderanno il lavoro sono concentrate per la maggior parte al sud dove ci sono scarse possibilità di riciclarsi, per cui i provvedimenti del governo assumono i connotati di un’autentica macelleria sociale.
Da notare che i provvedimenti sulla scuola non hanno alcuna motivazione pedagogica, ma solo finanziaria: il governo deve risparmiare e quindi taglia selvaggiamente gli organici; come conseguenza saranno formate classi di 35, 40 persone, sparirà il tempo pieno alle elementari, migliaia di scuole dei piccoli comuni e delle zone a rischio chiuderanno, migliaia di studenti disabili non avranno più alcun aiuto.
Oltretutto il maestro unico deciso dal governo è una figura superata che non offre al bambino di oggi quella pluralità dei rapporti didattici ed educativi di cui ha bisogno, dati i numerosi stimoli a cui la società stessa lo sottopone.
Del resto se il ministro fosse veramente interessato alla qualità della scuola primaria, ritenuta tra le migliori del mondo da tutte le indagini statistiche, avrebbe avviato una sperimentazione con il maestro unico e messo a confronto i risultati con il modello attuale.
Ma il ministro Tremonti che, di fatto, ha commissariato il ministero dell'Istruzione, ha fretta di fare i risparmi per farsi bello con l'Europa, ed oltretutto c'è da capirlo: deve garantire i lauti stipendi di parlamentari, ministri, boiardi di Stato, consiglieri ed assessori regionali, provinciali, comunali, insomma tutta la pletora di politici che mangia dalla greppia statale.
Inoltre il governo deve sprecare molti soldi per finanziare Gheddafi, il corpo di spedizione in Afghanistan e l'Alitalia, quindi si rifà sui precari della scuola che quando va bene arrivano ad un massimo di 1200 euro mensili, che però in tanti casi servono a mantenere una famiglia.
Il ministro Gelmini ha affermato «preferisco essere impopolare che antipopolare». Quest'affermazione è molto grave.
I provvedimenti del ministro sono antipopolari: ledono il diritto all'istruzione, il diritto all'occupazione, smantellano la scuola, condannano le generazioni future e l'intero paese all'ignoranza e alla mancanza di competitività sul mercato.

Chiediamo a tutte le forze politiche, sindacali ed associative di aiutarci a fermare questo scellerato disegno.


FORUM PRECARISCUOLA ( http://precariscuola.135.it )

22.5.07

La marcia di Barbiana

                                          La marcia di Barbiana





Come ogni anno, ormai da qualche anno, anche ieri, 20 maggio 2007, da Vicchio (FI) è partita la marcia per Barbiana, la frazione resa famosa dal Priore, Don Lorenzo Milani, che lì aveva aperto una scuola per i più poveri e che morì proprio quaranta anni fa.
Recarsi a Barbiana vuol dire capire molte cose, che sfuggono alla lettura dei libri, sia quelli scritti da altri e che riguardano il coraggioso sacerdote di Barbiana, sia quelli scritti dallo stesso Don Lorenzo.
L'esperienza umana, cristiana e pedagogica del Priore ha notevoli sfaccettature, che di rado vengono colte tutte assieme e che non infrequentemente vengono utilizzate e strumentalizzate per giustificare posizioni che poco hanno a vedere con Don Lorenzo.
All' evento di ieri, qualcuno riluttante, qualcuno commosso, qualcuno compiaciuto... hanno partecipato pure gli alunni di Don Milani. Io ho avuto la fortuna di incontrarne alcuni. Nevio Santini, ad esempio, poco d'accordo con la marcia e forse anche con la strumentalizzazione che a volte si fa del pensiero del suo Maestro. Michele Gesualdi che con piglio compiaciuto ha spiegato ai ragazzi in visita, come loro costruirono i tavoli della scuola, il cannocchiale, le cartine geografiche...Ma l'incontro per me più emozionante è stato con Fiorella Tagliaferri. Lei non è stata un'alunna di Don Milani in senso tradizionale. Lei era una bambina ed il padre non la lasciava andare nella scuola, in cui si recava già il fratello Giancarlo. Allora il Priore, che non aveva altro modo per istruirla, la tratteneva un po' dopo la Messa domenicale per insegnarle qualche cosa. " Per me il Priore è stato più di un padre" dice Fiorella "qui  Don Lorenzo ci dava l'olio di fegato di merluzzo" prosegue ed indica il pergolato di fronte alla porta della scuola... Fiorella è una bella signora e racconta commossa di quando don Lorenzo li portò a Roma in visita da Giovanni XXIII e di come furono ospiti di Indro Montanelli; di quando andarono alla Camera dei deputati, di cosa facesse il Priore affinché potessero apprendere meglio le lingue.....
A Barbiana ho scoperto che don Lorenzo aveva fatto togliere il crocifisso dall'aula della scuola, per far andare lì anche i figli dei comunisti ( se c'era il crocifisso i genitori non li avrebbero mandati) e perché il suo insegnamento era slegato da qualsiasi credo religioso e politico. Don Milani credeva solo nella forza dell' istruzione per qualsiasi riscatto.
Credo anch'io che la diffusione dell' istruzione sia fondamentale per giungere a colmare il divario tra i ricchi ed i poveri.  Oramai a quaranta anni dalla morte del Priore di Barbiana mi pare importante che il messaggio milaniano sia raccolto e portato avanti anche a livello mondiale.


Le altre  foto della marcia di Barbiana: 



DON LORENZO MILANI E LA SCUOLA DELLE GRIGLIE

l 26 giugno del 1947 moriva il Priore di Barbiana, Don Lorenzo Milani. Pochi giorni prima era stata pubblicata "Lettera a una professoressa" il testo che il sacerdote aveva scritto coi ragazzi della sua scuola e che era destinato a scuotere le coscienze dal profondo e a rendere famoso il suo autore.




Il messaggio del Priore di Barbiana, che, in fondo,  non era che l' autentico messaggio cristiano, scandalizzò molti quando apparve e, per certi versi, continua a scandalizzare ancora, perché un messaggio quando è autentico è sempre scandaloso e scuote dal profondo, toccando e facendo vibrare corde nascoste. Scevro da pregiudizi, da imposizioni e da usanze, il sacerdote-maestro a Barbiana aveva osato  mirare alla parte buona  dell'uomo, che indubbiamente esiste, ponendosi come obiettivo quello di svilupparla, a dispetto dei poteri costituiti, che invece hanno avuto e, purtroppo sembra che abbiano ancora troppo spesso, tutto l'interesse a svilirla.



Don Milani è stato un innovatore, ma nello stesso è stato uno di quei personaggi fuori dal tempo, destinati  a dire cose sempre attuali. Non ci si può meravigliare, dunque, se il messaggio del  Priore di Barbiana colpisce  ancora oggi nel profondo. Tutto è cambiato nella società e nella scuola di oggi, rispetto a quarant'anni fa, eppure tutto è rimasto troppo uguale. Cambiare tutto per non cambiare niente, si diceva a Barbiana. Anche se molte cose di Don Milani sembra siano state raccolte e fatte proprie dalle istituzioni scolastiche, in effetti, ciò che era fondamentale nell'opera del sacerdote di Barbiana, è stato troppo spesso misconosciuto, e, anche quelle provocazioni che di Don Milani sembrano essere state raccolte, in effetti, sono state ingabbiate in contesti e in strutture che troppo spesso non lavorano per l'uomo e per la sua parte buona.



Non credo che sia ininfluente il fatto che nella scuola di Barbiana non ci fossero tante cose. Nella sede mancavano libri e lavagne, non c'erano banchi... e questo poteva essere dovuto all' assenza di risorse economiche, ma non c'erano neanche feste e domeniche, si era liberi anche da quelle regole laiche ed ecclesiastiche, che obbligherebbero a non lavorare nei giorni festivi. L'uomo autentico, quando è veramente se stesso non ha bisogno di vacanza, non fa festa, non abdica alla sua missione, trasforma le pause in respiro creativo e in otium.



Oggi, a quarant'anni dalla morte di Don Milani, se la scuola italiana è, da un lato, abbastanza attenta a considerare i livelli di partenza di ciascuno, di fatto  è, da un altro lato, ben lungi dall'essere la scuola di tutti e di ciascuno, e rischia fortemente di essere la scuola del niente. La scuola dei saperi, del POF, dei debiti e dei crediti, degli obiettivi traversali e disciplinari, delle verifiche formative e sommative....in Italia è oramai un'istituzione troppo rigida, che rischia di sacrificare l'originalità di ciascuno, la creatività, la fantasia....nello spreco delle energie migliori.  Una scuola che parla didattichese e scolastichese, che si preoccupa troppo delle apparenze per poter vendere ed avere  più utenza, è una scuola che ha abdicato al suo compito per sposare le leggi del mercato, e che tende, purtroppo, a far dimenticare l'incontro umano, mentre le cose che veramente servono, per vivere bene ed in modo costruttivo per se stessi e per gli altri nell'età contemporanea, chi può, chi è fortunato, le impara altrove. Dalla scuola della centralità dell'insegnante o del programma, stiamo passando alla scuola del didattichese, in cui i moduli, le unità, gli obiettivi scopiazzati la fanno da padrone, anche se, per fortuna, molti insegnanti, ancora, non hanno dimenticato di essere persone e di avere a che fare con delle persone e cercano, a volte strenuamente,  di difendersi, come possono, dall' invadenza di una certa pedagogia, da cui anche Don Milani, certamente, si sarebbe tenuto lontano. "Chi insegna pedagogia all'Università, i ragazzi non ha bisogno di guardarli. Li sa tutti a mente come noi si sa le tabelline" si diceva a Barbiana.  Oggi troppi mestieranti della scuola, che in contatto con gli alunni o non ci sono stati o ci sono stati troppo poco, sono al servizio di nuovi feudi economici, consapevolmente o no, e dirottano con troppa prepotenza nella scuola le loro teorie. Il rischio è che, queste teorie, poi, acquistino un'ingiusta centralità a scapito di altro, determinando l'impossibilità di un  autentico incontro, in un' istituzione in cui si è gli uni accanto agli altri, ma si è soli,  il maestro non sa niente del discepolo e il discepolo non sa niente del maestro,  il prof. A è completamente all'oscuro di ciò che capita al prof. B, pur condividendo lo stesso edificio. Se al centro di processi scolastici ci sono troppo i programmi, i moduli, le unità, gli obiettivi, il POF, i progetti scopiazzati, le griglie coi i loro altisonanti descrittori ed indicatori...si rischia di spendere le energie migliori per star dietro a queste cose, lavorando soprattutto per confezionare un prodotto da vendere, qualcosa di fumoso, utile per distrarre chi lo confeziona e chi lo acquista, ma del tutto inutile, mentre si resta chiusi ed imprigionati, ciascuno nei reticolati di pertinenza. Gli alunni incastrati nei loro studi, nelle loro verifiche, nella loro routine, che porta ad andare a scuola troppo per il voto e per  il diploma e troppo poco per imparare, dimenticano di pensare, a volte anche nella consapevolezza che la scuola è un parcheggio, che non dà ciò che serve, mentre nei feudi contemporanei si entra NON per merito, ma per altri requisiti meno nobili. I professori, dall' altro canto, sono, anche loro, irretiti dai moduli e dalle griglie, in una condizione che lascia sopravvire stancamente, dirottando le energie verso le scartoffie e spronando a mancare a quell'incontro umano,  punto di partenza per ogni promozione e  ogni crescita sociale. La scuola, in questo modo, come la società, rischia di trasformarsi in un luogo di chiacchiere, in una cattiva fucina, in cui una manovalanza burattina si muove, sta insieme e nel medesimo tempo costringe i suoi componenti ad essere soli, facendo il gioco di chi ha interesse a coltivare certe parcellizzazioni, che hanno la parvenza di comunità, che masticano a iosa termini quali "democrazia" e "libertà", in un controllo delle coscienze non avvertito, ma esistente e reale, mentre si passa il tempo a scannarsi, in una guerra tra poveri, su una griglia o su un indicatore,  su un voto o su un compito, per un diploma di poco valore. Quello della scuola è un meccanismo che rispecchia la società intera, in un contesto che spinge verso l'omologazione, verso un' uniformazione che certamente non è neutrale. L'uomo omologato, che ha perduto ogni originalità, che non pensa, è pronto per essere un consumatore e per fare il gioco dei gruppi economici, degli abitanti dei castelli del nuovo feudalesimo, che portano avanti la sperequazione tra i pochi privilegiati e i molti omologati e diseredati, i primi da illudere con parvenze di democrazia e libertà,  i secondi  sempre più poveri e disperati, in una società, in una scuola, che sono ben lontane dall'essere per tutti e per ciascuno.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...