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26.8.21

vite guerriere e vite da buttare via di vanessa ruggeri

 Ci sono persone  che  hanno una forza interiore    fuori dal comune  . Persone   che preferirebbero di gran lunga   avere un' esistenza  più facile e  gentile  , e  che invece  , loor malgrado sono costrette  a combattere  ogni  giorno   per  guadagnarsi il  diritto     di vivere  una prvenza  di normalità  . Persone come  camilla   Serfini di 28  ani  . Infanzia e giovinezza interrotte prima dalla necessità di un trapianto di fegato, e poi da un linfoma di Hodgkin recidivo; un corpo impazzito che non risponde alle cure convenzionali sostenute dal sistema sanitario nazionale e che impone per la propria sopravvivenza infusioni di anticorpi monoclonali dal costo esorbitante. La vita è proprio una bastarda senza cuore, non conosce moralità, pietà o senso di giustizia, fa e disfa senza chiedere il permesso, spesso nei modi più imprevedibili e dolorosi. Eppure, anche nella malattia, o forse proprio perché prigionieri della malattia,
la vita riesce ad apparirci comunque un dono prezioso per cui vale la pena farsi guerrieri. Camilla è una giovane donna straordinaria: resiste e reagisce come una radice di ginepro pronta a rivegetare dopo ogni devastante incendio. Il suo calvario è iniziato a 9 anni, una tribolazione, la sua, che spezzerebbe il nerbo e la speranza di chiunque, perciò mi chiedo: dove trova tanta forza per splendere anche nella sofferenza? Da dove attinge l'energia per consolare gli infermieri quando non trovano vene integre nelle sue braccia? L'amore della sua famiglia e del suo fidanzato, unito alla generosità della gente, sono per lei scudo e corazza dietro cui barricarsi in attesa che spuntino nuovi germogli. Il fatto che Camilla sia una ragazza non deve offuscare il suo esempio di scontatezza: non si è forti e coraggiosi in base all'età, i giovani non sono guerrieri per natura, né sono dotati del potere infallibile di saper riconoscere e accettare l'amore e la bellezza che li circonda. Essere giovani non è uno status che garantisce la volontà di andare avanti anche dopo la sconfitta. Mi viene spontaneo pensare all'abisso che separa Camilla - aggrappata alla vita con le unghie e con i denti, impegnata a lanciare appelli necessari per riuscire a racimolare il denaro utile per la prossima infusione - da quelle migliaia di ragazzi che hanno partecipato al rave party abusivo sul lago di Mezzano: un raduno illegale per imbottirsi tutti insieme, per giorni, di alcol e droga fino a bruciarsi il cervello, a uccidere animali, a cadere in coma, a stuprare, fino a morire nella maniera più idiota. Vite sprecate, buttate via prima ancora di cominciare, viziate e viziose, annoiate e infinitamente tristi, vite che non celebrano libertà, per quanto sfrenata, ma soltanto distruzione. Ai due estremi del medesimo asse ci sono la voglia di aggrapparsi alla luce pur di esistere ad ogni costo, e il desiderio di perdersi nell'oscurità. Il costo in questione per rimanere a galla è elevatissimo, in tutti sensi. Chi dice che i soldi non danno la felicità mistifica di moralismo una verità molto più pratica e schietta: la salute, così come la qualità della vita, è purtroppo anche una questione di denaro: poter accedere a cure esclusive e costose dipende dal denaro. Quando le proprie risorse non bastano bisogna scendere a patti con la realtà e chiedere aiuto. Riconoscere di aver bisogno degli altri non è sintomo di debolezza, non lede l'orgoglio né la dignità o qualsivoglia autosufficienza raggiunta con fatica. Gli altri siamo noi, la guarigione di Camilla sarà la guarigione collettiva di tutti coloro che hanno pregato e contribuito economicamente al buon esito della sua battaglia. "Vola solo chi osa farlo" è il nome della pagina Facebook in cui Camilla racconta il suo percorso e indica come aiutarla. Camilla ha ragione, volare è un atto di coraggio, un atto di fede, il vuoto spaventa ma solo affrontandolo potremo librarci al di sopra delle nostre paure.



17.8.19

woodstock rivoluzione o fine d'un epoca ? secondo me entrambe . secondo voi invece ?







da https://www.huffingtonpost.it/

15/08/2019 14:17 CEST

Joan Baez: "Woodstock? Non ne ho nostalgia. Fu un evento importante, ma non una rivoluzione"
La cantautrice ricorda il festival 50 anni dopo: "Mi sentivo un outsider. C'era chi cantava della guerra, ma in pochi pensavano alle questioni serie. Io non l'accettavo"


                                           By Federica Olivo








Aveva 28 anni ed era incinta di 6 mesi Joan Baez quando salì sul palco di Woodstock. Cantò per un’ora, di notte, ma poi restò lì fino alla fine del festival, portando qualche volta la sua voce e la sua chitarra sul palco più piccolo. E sentendosi una voce fuori dal coro, diversa dagli altri artisti e, forse, anche da una parte del suo pubblico. A un certo punto, mentre cantava il primo brano dal palco più importante, si fermò. Chiese al pubblico - con toni, ammette lei stessa oggi, quasi bruschi - di sedersi. Era un modo per dire ‘ascoltatemi, non pensate ad altro, sentite quello che canto, quello che ho da dire’. A lei, artista e attivista, non bastava suonare. In quell’estate del 1969 voleva parlare di politica e di attualità. Voleva mandare un messaggio e temeva che gli altri - sopra e sotto il palco - presi dal divertimento e dallo svago non lo stessero recependo: “Non avrei sopportato neanche che qualcuno girasse una pagina di un libro! E lo dico sul serio”, racconta a distanza di cinquant’anni da quel concerto che ha fatto la storia.
La celebre interprete del folk oggi ha 78 anni e una voce ancora bellissima. Si appresta a lasciare le scene, dopo aver finito il tour internazionale che l’ha portata anche in Italia a luglio, per dedicarsi a una mostra di ritratti, alla scrittura, e a un documentario sulla sua vita. Forse alcuni se ne stupiranno, ma di Woodstock non ha nostalgia. Non tornerebbe indietro, né a quel concerto né agli anni ’60, di cui è stata tra i protagonisti indiscussi.
In una recente intervista al New York Times, parlando del concerto dal quale nacque, tra l’altro, il nomignolo “l’usignolo di Woodstock” che l’ha accompagnata in questi decenni, dice: ”È stato un evento importante, ma non una rivoluzione”. La cantautrice parla del festival con sentimenti contrastanti: l’allegria quando ricorda episodi divertenti e il distacco quando ne fa un’analisi complessiva. Quella tre giorni di musica e condivisione è qualcosa da cui si sente, ormai, lontana. “C’era chi cantava della guerra - spiega a chi gli chiede perché dice che non fu una rivoluzione - ma in realtà fu un festival allegro. Nessuno, in verità, pensava alle questioni serie e io ero sfrontata a sufficienza da non accettare ciò. Una rivoluzione implica assumersi rischi, come andare in carcere subire ciò che succedeva a chi lottava nei movimenti per i diritti civili o disertava il servizio militare”.
Certamente qualcosa di inusuale in quel festival epocale accadde e Joan Baez non fa finta di dimenticarlo: “Fu rivoluzionario il momento in cui i poliziotti misero da parte le pistole e fumarono erba”, ricorda. Tiene, però, a ribadire che un cambiamento sociale non avviene senza l’assunzione di un rischio “e a Woodstock l’unico pericolo che correvi era non essere invitato”, sostiene parlando con il quotidiano statunitense.
Tornando con la mente a quei giorni, prima di ogni altra cosa ricorda quanto si sentisse diversa dagli altri. A pochi mesi dalla nascita di suo figlio era lì a esibirsi mentre il compagno di allora, David Harris, era in carcere perché si era rifiutato di imbracciare le armi. Cantare non le bastava. Voleva affrontare i temi politici, dibattere delle cose che, dice oggi, “succedevano fuori”. Ma non era solo questo che la faceva sentire in qualche modo un outsider rispetto agli altri protagonisti di Woodstock: “Innanzitutto ero donna e, seconda cosa - racconta ancora al New York Times - non bevevo alcool né assumevo droga. Ricordo di aver incontrato Janis Joplin un paio di volte e di averle detto ‘oh Janis, dobbiamo vederci per un the’. Mi rispose alzando una bottiglia (di alcool) da un sacchetto. Io ero un’attivista politica, e molti di quelli che erano lì con me non lo erano”. E se qualcuno le fa notare che ricordando in questi termini Woodstock dipinge se stessa come una moralista risponde: ”È una bella parola. Ero maledettamente timida. Sono sicura che, in realtà, avevo il terrore del palco”. Esattamente di quel palco che oggi in tanti, in tutto il mondo, ricordano e che lei non rinnega, ma non rimpiange.

secondo me entrambe . fu un eventi unico ed irripetibile  lo dice  anche  la stessa (  mi sta simpatica   come un riccio nelle  mutande  ) Rita pavone   nello speciale rai ( ila solita trasmissione   mista   nostalgia  \  revail  )     ad esso dedicato  andato in onda  a  giugno   . Infatti neppure il concerto celebrativo per il 30 anni e quello successivo per i 40 sono stati in grado ( ma questo è normale niente è uguale al precedente ) sono stati in grado di ricreare quell'atmosfera . Infatti , ed è meglio cosi , non si è riusciti ad organizzare il concerto celebrativo per i 50 anni . Ecco che secondo me secondo me , appartenente ma influenzato per via del revival ( sono delle generazioni intermedia fra gli anni 70 ed 80 entrambe . Rivoluzione rispetto al periodo precedente agli anni 60 fine di un epoca perchè fu il funerale ( era già in declino almeno in america in europa ed in italia si chiude negli anni 80 ) del movimento hippy e " ideologia " libertaria e di ribellione che aveva caratterizzato quel periodo . fu uno spartiacque
fra ribellione e riflusso . Voi che ne pensate ?

17.10.18

Non esiste più una criminalità di una volta i casi di Nule\Orune ed il caso di ghilarza

per  approfondire
https://www.unionesarda.it/video/video/2018/10/09/gli-omicidi-di-orune-nule-alberto-cubeddu-rischia-l-ergastolo-52-782119.html **  https://www.repubblica.it/cronaca/2018/10/17/news/oristano_delitto-209182654/
*** https://it.wikipedia.org/wiki/Graziano_Mesina

Lo  so  che  ormai  , sopratutto in Sardegna  ,  è  ormai   da quasi 70  anni  che la  criminalità   e  sempre  più feroce  e  disumana  . Ma  qui  la  situazione    è sempre  peggio   ed  a renderla  peggiore  ci  si mettono anche  i  minori  .
Infatti   questo mio post nostalgico   scritto   stamattina  sulla  mia bacheca  di facebook ha  creato come  sempre  un vespaio  di polemiche    e  di  fraintendimenti

Dopo gli omicidi   efferati    di Nule\Orune* e quell'episodio a Ghilarza** sconfortato affermo che:   non esiste più la criminalità di una volta che aveva un suo codice  etico ( il così detto codice barbaricino ) edl elementi per evitarne la degenerazione oltre al rispetto del corpo dell'ucciso e delle vittime  ... Basta seghe mentali legate ad un passato ormai passato ed riprendiamo a lavorare  . C'è un carico per il negozio da preparare

Laura Piccinnu Gianluigi Pischedda Sn delinquenti punto e basta.
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Rispondi7 h

Giuseppe Scano Laura Piccinnu Gianluigi Pischedda esatto . Ma nella  vecchia   c'era un codice  etico  \  morale  ed era comprensibile aveva una giustificazione nella sua ingiustificabilita' . Quella d'ggi ė solo bestialità ed  gratuita 

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Rispondi7 h

ma   è soprattutto    questo



Isabella Isa Farina Come può la criminalità avere un codice etico? Anche antica barbaricina?
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Rispondi5 h
Giuseppe Scano
Cara Isabella Isa Farina La tua perplessità è comprensibile . Infatti m'ero espresso male dando per scontato che noi sardi non avessimo bisogno di spiegazioni su quello che fu la nostra particolarità storica e giuridico antropologica . Ora snaturata ed imbastardita da contatti con modelli e dinamiche estranee ed esterne . Io mi riferivo alla vecchia criminalità cioè quella precedente Graziano Messina ***  e le generazioni di banditi (  criminali )   successivi  . Un periodo in cui nell'isola non era ancora arrivata l'industrializzazione selvaggia e predatoria ,ed Dove la costa Smeralda era ancora libera ed selvaggia . Dove il diritto era ancora legato a consuetudini legate al mondo agropastorale ed esistevano i mezzi per evitare ( ragionamenti li chiamavano in Gallura ) l le desamistade o vendette personali . Leggiti il bellissimo libro Tessiduras de paghe-Tessiture di pace di Elisa Nivola, Maria Erminia SattaLibreria Editrice Fiorentina, 2006 - 310 pagine



Risultati immagini per Tessiduras de paghe-Tessiture di pace
ed sul corpo dell' ucciso non veniva dato in pasto ai maiali o bruciato e fatto a pezzi .

Isabella Isa Farina Giuseppe Scano è proprio criminalità ed etica che stona un po, tutto qui
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Rispondi1 h

Marcello Scano Il passato è passato ! Giusto
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Rispondi1 h

  conclude  il post  d'oggi   le  note  sfumate    di    bandito senza  tempo  -   The Gang  che   va   ad aggiungersi come  colonna  sonora   a  il  bandito ed  il campione  -  De  Gregori 

26.5.18

repliche e riflessioni su aborto e sul ruolo dei genitori davanti ai figli che usano canne ed altro




ho ricevuto critiche per i miei   mio interventi   sul blog  e  sul  facebook  il  primo  
sul    blog  il secondo  




ma cosa ne sai del perchè lo ha fatto , di quale problema c'era o c'è . Lo ha fatto per evitare guai peggiori , ecc .Ora capisco le dramma ma vogliamo evitare drammi come quello successo l'anno scorso a Lavagna dove un ragazzo s'era suicidato dopo che la madre credendodi salvarlo lo aveva denunciato alla guardia d finanza per poi pingerlo fra i sensi di colpa ed i rimorsi come dimkstra video sotto

la  denuncia  dev'essere  l'estrema  ratio   ovvero fino  a quando  un raqgazzo   non compie    la maggiore  età  una madre e un padre che devono essere << decenti con lui almeno finché non si sta in piedi. >>  (  cit   dal film  radio fereccia di Ligabue  )    e  tentare un dialogo  senza pregiudizi  e  preconcetti    cercare  di capire  senza giudicare perchè lo  fa  . La  denuncia    va  fatta   come     va bene   che  in alcuni  casi  può  e  funziona ma è come  un terno al lotto  perchè  devi trovare  chi sappia  aiutarti   e darti fiduzia .  Un altra  soluzione   potrebbe essere  poi  dipende  da  caso a  caso   quella  come quella   che  racconta  Lello Voce   e  che  riporto   integralmente    tratta  da il  fatto quotidiano  del  17 febbraio 2017
Ci ho messo tempo, tanto tempo a decidere se scrivere o menoqueste poche righe sui fatti di Lavagna. Se ho deciso di farlo è un po’ perché sento che mi riguardano da vicino, da troppo vicino, un po’ perché mi provocano un dolore insopportabile e, scrivendone, mi illudo che diminuisca.
Ma dirò poche cose, le mie posizioni antiproibizioniste non sono un mistero per nessuno.
Vede, signora, non voglio farle la morale e nemmeno giudicarla. In un certo senso, scrivere queste righe mi dà pena e imbarazzo.
Che fosse stato o meno partorito dal suo ventre, la morte di un figlio è il dolore più immenso che possa capitarci. Merita il rispetto di chiunque, anche di chi, come me, trova quanto lei ha fatto incomprensibile, per certi versi orrendo e assolutamente innaturale.
Voglio solo raccontarle una breve storia: la mia.
Tra i 20 e i 28 anni io sono stato un ‘junkie’, ho provato, con sostanze ben più pericolose e devastati della cannabis, a distruggere la mia vita. Oggi so perché e non mette conto parlarne qua.
Ma per quasi 6 anni, dal momento in cui se ne è accorta, ogni giorno mia madre mi è stata vicina, mi permetteva di farlo in casa, mi comprava siringhe pulite che i farmacisti a me non avrebbero dato, mi accompagnava, senza mai dar segno di vergogna, al Sertper prendere le dosi di Metadone.

Soffriva, soffriva immensamente, soffriva senza posa, senza respiro, ma è stata là ogni giorno, sempre con la mano tesa verso di me, armata di pazienza. Ha aspettato. Oh quanto ha aspettato: che io tornassi vivo la sera, che capissi quanto grande era il suo dolore, che trovassi la voglia e il tempo per dimostrarle il mio amore, che capissi che stavo uccidendomi.

Lei aspettava e io fuggivo. Ma, quando tornavo, era là. Se stavo troppo male per trovarmi da solo una dose, si metteva in macchina con me, mi accompagnava, stava attenta a che guidassi senza imprudenze, subiva di incontrare con me quelli che sulla mia vita lucravano, li odiava, ovviamente, ma aspettava con me che arrivassero, li pagava, mi riaccompagnava a casa. Incredibile vero? Ma continuava ad aspettare e a parlarmi, a farmi sentire che non ero solo, che un filo, un esile filo tra me e la realtà era rimasto e che se mi fossi attaccato a quel filo, avrei potuto risalire la china, essere di nuovo libero, riacquistare il diritto e la voglia di realizzare i miei sogni, che erano anche i suoi. E infine ha vinto lei.

Io oggi ho 60 anni, sono vivo, non ho l’Aids, ho tutti i miei dentiin bocca, scrivo poesie e le metto in musica, insegno a splendidi ragazzi, ho una famiglia normale e un bellissimo figlio e non ho mai più sentito il desiderio di tornare indietro. Mai.
Quando ho pubblicato il mio primo romanzo, l’ho dedicato a lei, perché mi aveva partorito due volte.
Mia madre non ha mai nemmeno pensato di denunciarmi, sapeva bene che a uccidermi non era quella sostanza, ma il dolore, la solitudine, lo sperdimento. E contro il dolore non c’è Guardia di Finanza che tenga. Non si può vietare il dolore. Con il dolore e il disagio, soprattutto con quello dei propri figli, bisogna farci i conti, mi creda.
Non è la droga che uccide i nostri figli, gentile signora, è questo nostro modo di vivere, di convivere, questa nostra incapacità di parlarci, toccarci, stare insieme, condividere, anche e soprattutto in famiglia.
Non è certo colpa sua, se noi anziani abbiamo così poco da dire e da insegnare ai giovani: vivono in un mondo totalmente diverso dal nostro, almeno quanto quello dei nostri nonni era sostanzialmente simile al nostro, quando avevamo la loro età.
Ma, nonostante tutto, può una madre permettersi il lusso di chiedere aiuto, per fare la madre, a qualcuno che ha solo il compito di reprimere e punire? Prima che diventasse madre, signora, qualcuno le ha spiegato la differenza che c’è tra reprimere e educare? Cosa significa, per lei, il vocabolo ‘famiglia’? E quello ‘compassione’? Pensava davvero che qualche divisa potesse risolvere il problema che riteneva avesse suo figlio? Quando pronuncia la parola ‘droga’ sa a cosa si riferisce? Come avrebbe reagito, se suo figlio fosse tornato a casa ubriaco tutte le sere? In quel caso, denunciarlo non avrebbe potuto.
L’hanno chiamata ‘madre coraggio’: mi creda, ciò che le è mancato è stato proprio il coraggio, è per non aver avuto coraggio di essere madre sino in fondo che oggi sta soffrendo questa pena che immagino sia immensa.
Il coraggio vero, mi pesa dirlo, ma la penso così, sarebbe stato parlare con lui, riuscire a farsi dire quel dolore immenso che forse si portava dentro e che gli ha reso insopportabile, qualcosa che altri coetanei avrebbero potuto magari sopportare, magari non da soli.
Mi scusi se l’ho turbata più del dovuto. L’abbraccio, nonostante tutto.
Mi hanno accusato   d'essere 

 dal mio whatsapp

[13:13, 26/5/2018]

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Peccato che sei dalla sua parte.
sempre  dalla stessa persona    ho  ricevuto questa    foto 






un diavolo ed essere dalla sua parte e d'essere per l'aborto solo perchè ho gioito alla vittoria delle donne Irlandesi sul referendum dell' Aborto ( il 25 maggio ). Di non aver   rispetto  degli obbiettori   abortisti. 

Ecco la mia risposta  

Ribadisco   ancora  per chi non l'avesse  capito     io  sono  contro l'aborto   in quanto lo considero  un   omicidio , ancor  di più quando  è  usato    come pratica contraccettiva e che le motivazioni che spingono a tale scelta siano, di fatto, frutto di egoismo e mancanza di responsabilità . Però  la  IVG ( interruzione  volontaria  di gravidanza  ) dev'essere  regolamentata dalla legge  e  Quindi  la  194  va benissimo  . Infatti   molte gravidanze indesiderate, e quindi a rischio di aborto, non avrebbero luogo se venissero attivate delle serie politiche di educazione sessuale e di educazione alla contraccezione. Si ritiene che il calo delle IVG sia anche e particolarmente
 dovuto alla legittimazione della contraccezione e alla sua diffusione, anche se in realtà questa diffusione risulta tuttora piuttosto limitata, in particolare in Italia così come in molti altri paesi in particolare sottosviluppati o in via di sviluppo. In particolar modo si sostiene quindi la necessità di un'approfondita educazione sessuale e sanitaria agli adolescenti già a partire dalle scuole medie cosa  che  manca  . Altre misure in tal senso sono state sperimentate anni fa, quale ad es. l'istituzione dei distributori automatici di profilattici, che oltre a impedire gravidanze indesiderate evitano il diffondersi di malattie sessualmente trasmissibili. Si sostiene quindi la necessità di inserirli anche in alcuni locali o punti di ritrovo, come le discoteche o i pub, o anche nelle scuole.
Risultati immagini per obbiezione ospedalieraInoltre la donna  dev'essere  libera  di :  scegliere   se   farlo  ed  di fsarlo in sicurezza   , ma soprattutto  non dev'essere : 1)  condannata nè giuridicamdente  nè moralmente  , non basta  il senso     di colpa    che  gli viene  quando fa  una cosa del genere  .,  2)  che  se  lo fa  possa farlo in sicurezza  
Per quanto  riguarda    gli obbiettori     della  194\78  e del testamento bioogico   la penso si come il branon  di   cristian pocino  da  me precedntemente  citato nel post   della polemica  ( vedere  url  ) perchè  <<   l’inatteso moltiplicarsi degli obiettori nei pubblici ospedali, infatti, ha messo all’angolo l’esercizio del diritto delle donne, tanto da spingere ultimamente la Regione Lazio a bandire un concorso per due posti di ginecologia all’ospedale romano San Camillo da affidare a medici non obiettori, insufficienti a soddisfare le richieste di interventi abortivi. Insufficienza man mano aumentata, al punto che oggi gli obiettori a livello nazionale sono assai più numerosi dei ginecologi assenzienti.
L’iniziativa della Regione Lazio ha suscitato nel mondo cattolico il solito vespaio, quasi che l’impegno a rendere funzionali e funzionanti le strutture ospedaliere fosse il prodromo dell’abrogazione del diritto all’obbiezione di coscienza.Congettura perfino ridicola >>    sempre  secondo   http://www.nuovasocieta.it/obiezione-di-coscienza-e-coscienziosita/<< sarebbe l’equivalente pensiero di abolire il diritto delle donne, magari tentando di renderlo nominale grazie all’esorbitante numero di obiettori. La chiesa rimanga --  pure ostile all’aborto: nessuno glielo impedisce, ma si rassegni al fatto che, in uno Stato democratico e laico come sembra ancora l’Italia, esso sia praticabile, rispettando la già angosciosa situazione di chi deve affrontarlo.[....]>>. Inoltre l'obbiezione , specialmente  quella  che  avviene nella pratica medica a   è  vera  ed  autentica   quando  non è ( per  alcuni generalizzerò  ma non riesco a  spiegarmi    come  mai   ci sono  più obbiettori   che   abortisti  nelle  strutture pubbliche  ) che  penalizza   chi decide  di  fare una scelta  diversa    e gli si permette  d'esercitarla .Vedere il film La battaglia di Hacksaw Ridge (Hacksaw Ridge) è un film del 2016 diretto da Mel Gibson. Esso  Racconta la storia vera di Desmond Doss, primo obiettore di coscienza dell'Esercito Statunitense a ricevere la medaglia d'onore dal presidente Harry S. Truman per avere salvato 75 soldati a Hacksaw Ridge. E' vero  che che  si   è vero  riguarda  l'obbiezione in  ambito miitare  ma   può  essere  applicato anche a  quello medico   .  Almeno  fin  'ora   l'obbierziione medica   è  solo (  poi  dipende  da  casdo  a  caso )   un facile mezzo per fare carriera, o un escamotage per non ritrovarsi in situazioni noiose, come a volte capita di fronti a dottori che fanno gli obbiettori nel pubblico onde per poter  lavorare  in  ospedali  vicino  al vaticano  o alla chiesa   e se ne dimenticano nelle case di cura private.  Solo,   eliminando  questa  contraddizione  ci  sara un vero rispetto  sia   di chi decide   d'obbiettare   sia  chi decide il contrario . Quindi  nessuna  cancellazione  della 194\78  ma  apllicarla  nella sua interezza   e  modificando le  contraddizioni  in ambito dell'obbiezione  

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...