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10.4.21

Carolina, pastora a 28 anni: “Ma non chiamatemi Heidi”

mentre  terminavo     il  post  << uomini  e  donne   che  mandano avanti   l'italia  e  resistono tra  burocrazia  e  cattiva  politica  e  alle mafie   >> mi è  ritornata  alla mente     questa storia

A 28 anni Carolina Leonardi, una laurea all'Università di Pisa, gestisce l’azienda agricola e agrituristica “Le Coppelle latteria Belato Nero” di Pian di Lago (Lucca), alle pendici del monte Corchia, a 1000 metri sul livello del mare. Qui produce latticini, alleva bovini della razza Rendena allo stato brado e vive insieme ai 100 capi di ovini. I primi tre anni, ricorda la pastora, dividendosi tra pascolo e università, sono durissimi: "La mattina mi svegliavo alle 5 e mungevo. Alle 8 andavo fino a Pisa all’università, tornavo all’una e andavo al pascolo; alle 17 una nuova mungitura e dalle 21 in poi facevo il formaggio. E la mattina dopo si ricominciava. È stato faticoso, ma non ho mai avuto tentennamenti".


  una  delle  tante  di  giovani  che  ritornano   agli antichi mestieri dei nostri nonni e   bisnonni     , trovate   sotto  le  altre 

da  repubblica     09 APRILE 2021

                  di Valentina Venturi  

"Ho imparato da sola a tosare le pecore, ma non chiamatemi Heidi"
Carolina Leonardi, 28 anni, pastora della Maremma: "Se si continua a far passare l’idea che questo lavoro sia faticoso e che toglie tempo per il resto nessuno porterà avanti le nostre tradizioni, l’artigianalità e i prodotti del territorio. Invece si può fare tutto, bisogna solo sapersi organizzare"



Ventotto anni, due pastori apuani e cento pecore da gestire. Non è la trama di un romanzo, ma la quotidianità di Carolina Leonardi, pastora della Maremma. Tutto nasce cinque anni fa, quando frequenta il corso di laurea in Scienze agricole a Pisa e d’istinto acquista un gregge di 40 pecore di razza massese autoctona della Garfagnana. Quello che all’inizio poteva risultare un azzardo, diventa la sua vita: il pascolo si moltiplica raggiungendo quota cento e facendole ricevere nel 2021 il riconoscimento come esempio di coraggio da Coldiretti in occasione della Giornata internazionale della donna.
A 28 anni Carolina Leonardi, una laurea all'Università di Pisa, gestisce l’azienda agricola e agrituristica “Le Coppelle latteria Belato Nero” di Pian di Lago (Lucca), alle pendici del monte Corchia, a 1000 metri sul livello del mare. Qui produce latticini, alleva bovini della razza Rendena allo s
tato brado e vive insieme ai 100 capi di ovini. I primi tre anni, ricorda la pastora, dividendosi tra pascolo e università, sono durissimi: "La mattina mi svegliavo alle 5 e mungevo. Alle 8 andavo fino a Pisa all’università, tornavo all’una e andavo al pascolo; alle 17 una nuova mungitura e dalle 21 in poi facevo il formaggio. E la mattina dopo si ricominciava. È stato faticoso, ma non ho mai avuto tentennamenti". I primi tre anni, ricorda la pastora, dividendosi tra pascolo e università, sono durissimi: "La mattina mi svegliavo alle 5 e mungevo. Alle 8 andavo fino a Pisa all’Università, tornavo all’una e andavo al pascolo; alle 17 una nuova mungitura e dalle 21 in poi facevo il formaggio. E la mattina dopo si ricominciava. È stato faticoso, ma non ho mai avuto tentennamenti. Sono molto, ma molto determinata e dove voglio arrivare, arrivo!". L’ha certamente sovraccaricata di impegni, ma quello universitario – con tesi sui formaggi –, è stato un passaggio utile; magari non indispensabile. "Per fare questo lavoro non serve una laurea. L’Università mi dava la consapevolezza per capire come lavorare e nello stesso tempo il lavoro mi dava lo stimolo per continuare a studiare e comprendere come procedere".
La determinazione non le manca, tanto che apre anche l’azienda agricola e agrituristica “Le Coppelle latteria Belato Nero” di Pian di Lago (Lucca), alle pendici del monte Corchia, a 1000 metri sul livello del mare. Qui produce latticini, alleva bovini della razza Rendena allo stato brado e vive insieme ai 100 capi di ovini e al compagno Simone ("Ci siamo conosciuti tredici anni fa, lavora come potatore alto fusto e free climbing").
Con l’arrivo dell’inverno i suoi animali si spostano nella stalla di Pietra Santa ("La mattina scendo a valle e resto giù tutto il giorno con loro"). Un dislocamento inevitabile che ha riportato in auge la transumanza, Patrimonio Immateriale dell’Umanità dal 2019. Si tratta della tradizionale migrazione stagionale del bestiame dai pascoli di pianura a quelli delle regioni montuose e viceversa. "In questo modo le stalle sono collegate e io recupero l’antica tradizione. Il trasferimento si svolge rigorosamente a piedi per dieci ore di cammino ed è una giornata di festa alla quale partecipano tantissime famiglie, ragazzi e bambini. Si parte dalla stalla di valle per arrivare alla stalla di quota e nell’intermezzo si fa un piccolo ristoro in montagna".
Oltre ai latticini c’è da pensare anche alla lana ("Ho imparato a tosare da sola, non ho paura di fare nulla"), che quest’anno ha deciso di donare a un’azienda pugliese che produce abiti di lana di pecora. Ed è proprio grazie al prezioso manto che Carolina ha preso parte all’evento organizzato dalla Onlus Gomitolorosa, un’associazione no profit con presidente Alberto Costa, che dal 2012 propone il recupero della lana autoctona italiana di scarto a scopo terapeutico e solidale. Gomitolorosa in collaborazione con Agenzia Lane d’Italia e Legambiente, ha identificato la prima Giornata italiana della lana con il 9 aprile, quale inizio rappresentativo del periodo della tosatura.
Eppure, nonostante tutto il cammino percorso, la pastora si schernisce, non si sente l’eccellenza della pastorizia: "Sono una ragazza normalissima, equilibrata, con amici, un compagno e una vita sociale". E sottolinea con convinzione i suoi punti fermi, le radici della sua scelta: "Da amante della natura, in qualsiasi sua forma, sia del mare che della montagna, ho sentito il desiderio di aprire la mia azienda e di creare un prodotto che provenisse dal territorio. Certo, se mi guardo indietro mi domando come ho fatto a percorrere tutti questi anni, perché all’inizio lavoravo e studiavo. In effetti sono sempre stata un po’ avventuriera e un po’ fuori dagli schemi".
Se le si domanda di riflettere sulla strada percorsa finora non ha tentennamenti, ma è difficile farle immaginare cosa le riservi il futuro, fondamentale è il presente. "Ho avuto la fortuna di fare ciò che mi piace e che mi rende libera. Ogni giorno mi sento e reputo fortunata: ho tribolato tantissimo, ho faticato tanto e ora sono in pace con me stessa. Sono felice".
Carolina esce dai cliché iconografici: ci tiene ad essere considerata una ragazza come tante ("pratico surf, mi piace mangiare la pizza e quando posso vado a fare l’aperitivo"), guai a paragonarla al cartone animato Heidi ("fisicamente magari ci assomiglio pure ma materialmente non lo so. Io svolgo la mia vita normalissima, non come lei"), quando va al pascolo non ha un fischio identificativo e si fa aiutare dai due adorati pastori apuani Mirtillo e Pepe. Fiocco di neve? Non esiste: delle sue pecore ha dato il nome solo alla capobranco, Anna, la prima agnellina che le è nata cinque anni fa. "Se si continua a far passare l’idea che questo lavoro sia faticoso e che toglie tempo per il resto nessuno porterà avanti le nostre tradizioni, l’artigianalità e i prodotti del territorio. Invece si può fare tutto, bisogna solo sapersi organizzare".


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non c'è lavoro ? me lo creo e m'arrangio ed allo stesso tempo aiuto l'ambiente e gli altri . gli aggiustatutto e il caso del " codista " Giovanni Cafaro



In tempo di crisi  e  di calo dei consumi  alimentari  e   e  aumento di auto produzioni    sta prendendo  ( anzi riprendendo  )  quota  il fai da te    e  i riuso e  l'auto riparazione   d'oggetti e  quindi la figura    degli aggiustatutto  e  di   chi fa la  fila  al posto tuo  ,  o  quella  (poco ci manca   ) del  rimpiazzo  raccontata  nel  film  ( locandna  a sinistra  )  L'intrepido  di  Gianni Amelio con Albanese 
Infatti   Se fino a qualche tempo fa  -- come dice la  pagina  buone notizie di  msn.com  da  cui  ho preso sian uisto articolo  sia  la storia    che racconto  sotto  --  quando ancora non c'era la crisi economica, quando in casa si rimpeva qualcosa correvamo a comprare il nuovo modello, ora tutti sono più attenti a quanto si spende e cercano alternative meno dispendiose rispetto all'acquisto.
Ugo Vallauri e Janet Gunter, sono i nomi di due persone che hanno dato vita ad un progetto "furbo" e molto interessante: il "Restart Project".  Sulle orme dei "Repair Café" di Amsterdam o dei "Fixers Collective" di Brooklyn, organizzano infatti a Londra dei "Restart Party": non sono altro che dei corsi itineranti a cadenza mensile dove si insegna gratuitamente a riparare il proprio gadget elettronico o elettrodomestico rotto.
C'è chi arriva lamentandosi della lentezza del proprio portatile per poi scoprire che basta aumentarne la memoria o chi si presenta con un rasoio elettrico malfunzionante e, con l'aiuto dei volontari e di qualche tutorial pescato su Internet, riesce a farlo operare nuovamente. Con un po' di pazienza e di fortuna, alla fine si trova una soluzione all'80 percento dei problemi. E senza spendere un centesimo. "L'idea - spiega Vallauri, trapiantato a Londra da Bra - mi è venuta dopo la mia collaborazione in Africa con la organizzazione non governativa britannica Computer Aid. In Kenya ho imparato approcci meno spreconi dei nostri. Lì non ci si sbarazza facilmente di qualcosa che può essere riparato. Si aggiusta tutto. Mentre noi spesso compriamo oggetti non dettati dalla necessità, ma dalla pigrizia e dalla mancanza delle conoscenze necessarie per la manutenzione di quelli che abbiamo già. Il nostro obiettivo non è offrire delle riparazioni gratuite, ma sconfiggere l'obsolescenza programmata e recuperare la manualità in una società esasperata dal consumismo".
IL primo Restart Party si è tenuto alcuni mesi fa ed è stato subito un successo. "Sin dall'inizio abbiamo raccolto l'interesse - continua Vallauri - non solo di chi spesso è frustrato dalla macchinosa e scoraggiante burocrazia delle garanzie previste dalle aziende produttrici, ma anche di chi vuole mettere la propria manualità e il proprio saper fare al servizio degli altri". E il prossimo passo dell'organizzazione sarà proprio creare sul sito therestartproject.org una rete che metta in contatto chi cerca servizi con chi li offre: appassionati di riparazioni, sviluppatori di software, etc.
Complice la crisi economica, la cultura della riparazione sta soppiantando quella dell'usa e getta anche Oltremanica. In Olanda gli antesignani Repair Cafe sono oramai una trentina e hanno persino ricevuto una sovvenzione governativa di quasi mezzo milione di euro.
Gli australiani imparano a recuperare i loro gioielli agli incontri mensili organizzati da "The Tresaury" a Melbourne o ad aggiustare e reinventare i loro oggetti al Bower Reuse and Repair Centre di Sidney. Mentre a New York i Fixers Collective si incontrano una volta a mese.
Anche in Italia, dove ogni anno vengono prodotti un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti elettronici, non mancano iniziative simili. Come la PcOfficina che organizza incontri settimanali a Milano dove, sul modello della ciclofficina, si riparano computer tra una birra e una chiacchiera. O come l'Oratorio digitale lanciato dall'associazione Ohibò che insegna ai ragazzi sopra gli 11 anni ad allungare la vita del cellulare o del lettore mp3 che già possiedono invece di inseguire le pubblicità dell'ultimo modello. La riparazione insomma è diventata un vero e proprio movimento. Perché fa bene all'ambiente e al portafoglio.

la seconda storia invece invece è quella di Giovanni Cafaro  umo che il lavoro se l'è inventato

Non trovi lavoro? Inventane uno come Giovanni Cafaro

Disoccupato salernitano e creativo è diventato il primo codista italiano. "La tua coda allo sportello? Da oggi la faccio io". Un buon esempio per combattere la crisi


"Basta poco, una semplice intuizione e puoi inventarti un lavoro". Giovanni Cafaro è partito da questo concetto e dadisoccupato ha ideato una professione e sconfitto la crisi: oggi è il primo codista italiano e la sua storia ha ridatosperanza ed è divenatata un esempio per molti.
"Un giorno ero in fila in un ufficio postale - racconta il salernitano - e mi si è accesa una lampadina: una persona che fa la coda per gli altri, per chi non ha tempo o voglia di farla, può essere un servizio utile da offrire quotidianamente".
Tutto è iniziato quando Giovanni Cafaro è tornato a casa. Realizzati dei volantini li ha distribuiti nella città di Milanoe ha così trovato i primi clienti.'Dopo la laurea, un master alla Bocconi e undici anni di esperienza nell'area marketing e comunicazione ero rimasto senza lavoro perché l'azienda dove lavoravo si è trasferita all'estero' ha raccontato Giovanni Cafaro.'Ho iniziato a inviare centinaia di curriculum ma

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Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...