“Se buttate la chiave della
cella di Cesare Battisti stracciate l’articolo 27 della nostra Costituzione. Con la retorica della forca siamo tornati al Medioevo, la pena si è limitata ad essere una passerella del potere”. Sono durissime le parole di Carmelo Musumeci, ergastolano oggi in libertà condizionata e attivista per i diritti dei detenuti e per l’abolizione del “fine pena mai”.
Entrato in carcere da malavitoso semi analfabeta, Musumeci ha cominciato a prendere coscienza della propria condizione quando ha deciso di mettere la propria testa sui libri per permettere alla propria mente di evadere dal sistema penitenziario italiano. E oggi ha fatto della sua esperienza una battaglia di vita.
Carmelo, qual è l’impressione a caldo di quanto successo al rientro di Cesare Battisti?
Non è umano gioire per le sofferenze altrui, la solidità di uno Stato di Diritto si vede in momenti come questo, dove è facile lasciarsi prendere dalla sete di sangue e di vendetta. Momenti in cui la politica dovrebbe avere polso duro con gli atteggiamenti di pancia del popolo, non alimentandoli come invece è successo.
Cesare Battisti sarà sicuramente un uomo diverso, è vero. Ciò non toglie che non abbia scontato la sua pena, la giustizia doveva pur intervenire…
Lo Stato italiano aveva il dovere di prenderlo in custodia, ma non dimentichiamo il ruolo della pena nelle democrazie moderne: è stato messo nero su bianco nell’articolo 27 della nostra Carta costituzionale, scritta da molti che le galere fasciste le avevano provate.
Il carcere è un luogo in cui lo Stato ha il dovere di garantire l’incolumità e la rieducazione del detenuto, non è una valvola di sfogo per i desideri di vendetta del popolo. Oggi invece si è ridotto a tutti gli effetti ad essere visto al pari di una discarica sociale. ’Buttare via la chiave’ è il mantra ma non si guarda mai agli effetti: la pena per essere giusta deve pensare al futuro e non al passato, l’ergastolo invece guarda sempre indietro e mai avanti.
Tu la vedi dal punto di vista del colpevole, ed è giusto che sia così. Ma non hai pensato ai parenti delle vittime e al loro legittimo desiderio di giustizia?
Premetto che non c’è prezzo, né pena, e mai ce ne potrà essere, che possa ripagare i parenti delle vittime di un reato. Non a caso alcuni filosofi ci dicono che la migliore vendetta è il perdono. Sono fortemente convinto che uno dei maggiori valori dell’umanità sia il perdono. Infatti, che soddisfazione potrà mia avere una persona a cui hanno ucciso un proprio caro sapendo che il suo assassino deve stare chiuso in una cella per sempre?
Questa non è giustizia, è solo vendetta e la vendetta lascia solo uno strano sapore amaro in bocca. Questo lo dico per esperienza. Lo sai quando mi sono sentito profondamente colpevole per la prima volta? Quando ho cominciato a poter uscire dal carcere per fare volontariato. Sembrerà paradossale ma è proprio osservando il lato buono della società che ho compreso l’entità dei miei sbagli.Per molti anni ho vissuto circondato nell’odio e nel rancore delle carceri. Le lunghe giornate senza un senso e la disumanizzazione fanno pensare al carcerato che in fondo lo Stato non sia diverso da chi sbaglia, ti riduci ad essere una belva che vede nell’autorità un’altra belva. Il carcere solo punitivo crea mostri o emarginati.
Queste considerazioni probabilmente saranno condivise da un’esigua minoranza. Faranno discutere, ne sei consapevole?
Lo so. Quando sono uscito dal carcere ho trovato un mondo incattivito dove i ‘buoni’ stanno progressivamente diventando peggio dei cattivi e la cosa più mostruosa è che lo stanno facendo in nome della giustizia e della legalità. Una società a mio avviso è giusta se, prima di pretendere che non ci siano reati, pretende che non ci siano luoghi di sofferenza e d’ingiustizia.Cesare Battisti è diventato il mostro perfetto di un sistema che va indietro nel tempo, che ci riporta negli anni più bui del Medioevo. La gogna, l’esecuzione nelle pubbliche piazze e il popolo in festa: qualsiasi sincero democratico a mio avviso dovrebbe indignarsi. È una sconfitta prima umana e poi politica.