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28.3.25

Chi era Margot Wölk, la vera storia dell’assaggiatrice di Hitler: “Dopo ogni pasto piangevo di sollievo”





Margot Wölk, nata a Berlino nel 1917 e morta nel 2014, aveva poco più di 20 anni quando divenne una
delle "assaggiatrici di Hitler", costretta insieme ad altre 14 giovani a mangiare il cibo preparato per il Führer per verificare che non fosse avvelenato.
La storia di queste donne venne resa nota solo nel 2012 quando, in occasione del suo 95esimo compleanno, Wölk decise di raccontarla in un'intervista tv. Lei fu l'unica sopravvissuta delle 15 "assaggiatrici". La vicenda è stata raccontata in un libro scritto da Rosella Postorino, che nel 2018 ha vinto il Premio Campiello e da cui è stato tratto un film, uscito al cinema in Italia il 27 marzo 2025.
La vera storia di Margot Wölk, costretta ad assaggiare il cibo di Hitler

La storia di Margot Wölk inizia nel dicembre del 1941, quando a causa di un bombardamento fu costretta a trasferirsi nella casa della suocera, mentre il marito era al fronte, in un villaggio della Prussia orientale.
L'abitazione si trovava a pochi chilometri dal Wolfsschanze (letteralmente, "Tana del Lupo"), il quartier generale militare del fronte orientale di Hitler.
Si trattava di un bunker da cui il Führer diresse le operazioni in Urss fino alla fine del 1944, quando venne abbandonato a causa dell’avanzata dell’Armata Rossa.
Poco dopo il suo arrivo nel villaggio, Wölk e altre 14 giovani donne vennero selezionate dal sindaco locale e portate nelle caserme di Krausendorf, dove i cuochi preparavano il cibo per le ragazze. Wölk, all'epoca 24enne, veniva

prelevata ogni giorno per recarsi ad assaggiare i piatti preparati per Hitler.
"Il cibo era buono, molto buono, ma non ci piaceva", aveva raccontato la donna successivamente, ricordando che per lei e le altre quei piatti erano associati al terrore della morte.
Ogni volta che terminava un pasto, aveva ricordato ancora Wölk, che piangeva "per il sollievo", sapendo che, ancora una volta, era sopravvissuta. Hitler temeva infatti che i suoi nemici volessero avvelenarlo.
Solo dopo che le donne avevano confermato che il cibo era commestibile e innocuo, le SS lo portavano al Führer. Dopo un tentativo fallito di uccidere Hitler, le assaggiatrici non vennero più lasciate nelle loro case, ma furono fatte alloggiare in un edificio a parte.
Il ritorno a Berlino, i soprusi dei Russi e il ricongiungimento con il marito

Nel 1944, quando l'Armata Rossa stava avanzando rapidamente ed era a pochi chilometri dal Wolfsschanze, un soldato prese Wölk e la fece salire su un treno per Berlino. La donna disse di aver incontrato il militare dopo la fine della guerra, fu lui a raccontarle che le altre 14 assaggiatrici erano state uccise prima dell'arrivo dei sovietici.
Dopo l'ingresso dell'esercito sovietico a Berlino, anche lei fu catturata e violentata ripetutamente. Le furono provocate lesioni tali da non permetterle di avere figli negli anni a seguire. Nel 1946 la donna riuscì a ricongiungersi con il marito, con cui visse fino alla morte di lui, avvenuta nel 1980.
Wölk decise di tenere nascosta la sua storia per tantissimi anni, fino a quando nel dicembre 2012 la raccontò a una giornalista del Berliner Zeitung, descrivendo quei giorni come "i peggiori della sua vita".
“Mi ci è voluto molto tempo per tornare a godere del cibo, ma ce l’ho fatta, non è stato facile ma credo di aver finalmente sconfitto le mie paure”, aveva detto in quell'occasione.
“La coercizione subita dalle assaggiatrici, che si esercita attraverso qualcosa di necessario e innocente come il cibo, e che in questo processo trasforma le vittime in complici del Terzo Reich, è la metafora di quanto succede a chi vive sotto una dittatura”, ha spiegato Rosella Postorino, la scrittrice che si è ispirata a questa storia per scrive il suo libro, ‘Le assaggiatrici'.
Wölk è morta nel 2014, all'età di 96 anni, dopo essersi liberata di un peso che molto probabilmente la tormentava da quasi tutta la vita

23.1.12

giornata della me.memoria ( 27 gennaio 1945 ) questo è stato

Leggendo questo interessantissimo articolo   sul colonialismo italiano  e   su come  usava il  fumetti per  giustificare  la sua   becera e  vergogna  propaganda coloniale

 questo http://tinyurl.com/6sr2nak interessantissimo  articolo di Igia bascego (  qui il suo blog     e  all'interno  dell'url citato  sotto    trovate  dei cenni  su  di lei  )   e  quest’altro che  riporto  tratto da  http://www.linkiesta.it


La Shoa fu progettata 70 anni fa e la Germania non ha perso la memoria

Laura Lucchini  20 gennaio 2012 - 13:56
Sono passati 70 anni dall’incontro in cui si diede via alla “Endlösung der Judenfrage”, la soluzione finale alla questione ebraica. E in Germania oggi saranno presenti il presidente tedesco Christian Wulff e il ministro Yossi Peled, per ricordare una delle pagine più buie del secolo scorso. Dopo l’annuncio della ripubblicazione di estratti del Mein Kampf, il libro manifesto di Adolf Hitler, si sente sempre più viva la necessità di mantenere viva la memoria sull’Olocausto.
                                                           
La villa di Wannsee



BERLINO - Il 20 gennaio del 1942 circa quindici funzionari e segretari di stato del governo nazista si riunirono in un’elegante villa sul lago alle porte di Berlino. Nell’incontro dovevano trattarsi una serie di questioni logistiche. Ciascuno dei partecipanti sapeva esattamente qual’era l’oggetto di questo incontro, perché era stato stampato, a chiare lettere, su ogni invito inviato dal capo della sicurezza Reinhard Heydrich: “Endlösung der Judenfrage”, la soluzione finale alla questione ebraica.
Tutti i presenti, tra loro anche l’”architetto” Adolf Eichmann, avevano già avuto a che fare con l’emarginazione, la persecuzione e il saccheggio ai danni della popolazione ebraica in Germania e fuori. Si conoscevano tra loro. Si erano già incontrati. Proprio per questa ragione erano stati riuniti quel giorno. Si trattava di passare all’ultima fase dell’antisemitismo: l’eliminazione fisica. La conferenza di Wannsee marcò una netta cesura nella storia dell’Olocausto.
Oggi ricorre il settantesimo anniversario di quell’avvenimento e il Governo tedesco ha programmato una cerimonia per ricordare il momento in cui si decise lo sterminio di milioni di ebrei in tutta Europa. Il presidente della Repubblica Federale, Christian Wulff, ricorderà le vittime e tutti coloro che hanno sofferto per le conseguenze di questa decisione. Il ministro Yossi Peled rappresenterà il governo israeliano nell'evento. Alla fine della commemorazione, una conferenza di storici di tre giorni tenterà ancora una volta di  sviscerare i significati. Commemorazioni di questo tipo si ripetono in Germania ogni anno. Però ora cresce il numero di coloro che, senza essere neonazisti o di estrema destra, si chiedono se dopo due generazioni siano ancora necessarie queste forme di memoria storica. Il tema è oggetto di dibattito quotidiano. Tra amici tedeschi e stranieri, è facile che in una cena se ne parli.
Gli storici cercano di dire la loro, sottolineando la “singolarità” e il valore assoluto dell’evento, che va oltre ai confini della Germania e si trasforma in un “problema dell'umanità” intera. Secondo quanto scrive questa mattina Sven Felix Kellerhoff su Die Welt, «il 90% delle vittime dell’Olocausto non avevano mai posseduto un documento tedesco. Però coloro che davano ordini erano soprattuto tedeschi e austriaci, mentre l’organizzazione dello sterminio di massa avvenne quasi unicamente a Berlino». Eppure oggi «l’Olocausto è molto di più che un problema tedesco, ma un problema dell'umanità». Da qui nasce la necessità, l’imperativo, ma anche la responsabilità tedesca, di ricordare.
Dalla conferenza di Wannsee uscì un documento di 15 pagine dove si dettagliava il numero di ebrei e la loro distribuzione in paesi, così come il piano minuzioso per eliminarli. Si descriveva con precisione l'organigramma delle deportazioni sui treni che avrebbero trasportato le vittime a campi di stermino o lavoro. In base alla loro condizione fisica sarebbero stati destinati a «lavorare fino alla morte» o alla «eliminazione diretta».
Il documento è conservato nella stessa villa di Wannsee dove fu concepito e che oggi è un centro di documentazione. Il fatto che il protocollo non porti la firma diretta del Führer, Adolf Hitler, è una questione che ancora oggi divide gli storici. Da un lato c’è chi argomenta che la “soluzione finale” non fu sua iniziativa diretta. Dall’altro c’è chi invece assicura che la sua firma era superflua, semplice burocrazia. Avevano i funzionari riuniti a Wannsee l’ordine esplicito di organizzare l’Olocausto? Secondo Norbert Kampe, direttore  del centro di documentazione di Wannsee «non c'è alcun dubbio». Senza l'approvazione dall'alto una simile operazione non sarebbe stata possibile. «La decisione fu precedente», assicura. Secondo Kampe, Hitler non firmò il documento semplicemente perché, «non era il suo stile, odiava la burocrazia». L’argomentazione che toglie a Hitler la responsabilità dell'ordine esplicito, piace in genere ai neonazi, e viene usata come una specie di legittimazione del culto del Führer.
L’esistenza stessa di questi dibattiti dimostra la necessità di mantenere viva la memoria. Negli ultimi giorni l’opinione pubblica è stata scossa dalla decisione dell'editore inglese, Peter McGee, di ripubblicare estratti del Mein Kampf di Adolf Hitler a partire dal 26 gennaio. Il libro-manifesto non era mai stato ristampato in Germania dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Ma la vera provocazione, o trovata commerciale, è che il 27 gennaio è il “Giorno della memoria”, la ricorrenza annuale in cui si commemorano in tutto il mondo le vittime dei campi di concentramento. L'operazione avviene all'interno di un'iniziativa editoriale che porta il nome Zeitungszeugen (testimoniare con i giornali) e che prevede la pubblicazione di pagine di cronaca dell'epoca, non solo nazista. Il contesto non ha comunque smorzato la polemica, dove le iniziativa di carattere storico rischiano spesso di essere prese come spunto per la celebrazione dai fanatici, e il turismo di estrema destra. L’anno scorso una mostra totalmente dedicata a Hitler nel museo storico di Berlino aveva suscitato analoghe polemiche.
Come se non bastasse, l’attualità degli ultimi mesi impone di affrontare il tema. Nello scorso mese di novembre, la scoperta di una cellula terrorista di estrema destra che riuscì a uccidere una decina di stranieri e rimanere indisturbata per dieci anni grazie alla collusione dei servizi segreti, ha riacceso con violenza il dibattito sulla proibizione del partito neonazista NPD.
«Nonostante tutto rimangono persone che esaltano la folle dottrina di stato del terzo Reich e cercano di diffonderla. Antisemitismo e intolleranza avvelenano ancora oggi molte persone. (…) Ancora oggi ci sono fascisti che non solo gridano per le strade, ma che spaventano un'intero paese con una serie di omicidi, mentre la loro bandiera dell'NPD rimane ancora tollerata dallo Stato e addirittura sovvenzionata dai parlamenti tedeschi», scrive questa mattina Dieter Graumann, presidente del Consiglio centrale degli ebrei. A quanto pare, non mancano gli argomenti per continuare a parlarne.  continua  qui

mi  è  venuto  in mente  questa   riflessione   che  mi  ha  convinto  a continuare  a  scrivere  ( nonostante  i miei amici e  compagni di viaggio mi dicevano che  era  come lavare la testa dell’asino con il sapone  o peggio dare  le perle  ai porci ) e  a parlare  di questi argomenti  .
Infatti  In Italia  li facciamo  solo a metà nonostante  siamo  coinvolti    e vi abbiamo partecipato in prima .persona . con le leggi razziali del ’38 e, successivamente, con le deportazioni, iniziate con l’occupazione nazista  avvenuta dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.e  con la  collaborazione   della Rsi  (repubblica  sociale  italiana) Stato fantoccio della Germania nazista (lo stesso Mussolini ne era consapevole[13]), la Repubblica Sociale Italiana non fu riconosciuta dalla comunità internazionale. Fu considerata erede del Regime fascista italiano dalla Germania, che la riconobbe ma esercitò su di essa un protettorato de facto. Fu riconosciuta anche dall'Impero giapponese e dalla maggioranza degli altri Stati  dell’Asse  (    gli alleati filo tedeschi  )  che addirittura   istituì le  ss  italiane  e  abbiamo avuto ben    3    campi di sterminio
·  Campo di concentramento e sterminio della Risiera di San Sabba (in Italia)
·  Campo di concentramento di Fossoli (internamento, sterminio e lavoro in Italia)
·  Campo di concentramento di Ferramonti (in Italia)mentre  in Germania 
  Concludo   con questo  canzone   scusate  se   i video  sono  forti     e sconsigliati  per  i  deboli  di stomaco   

ma   : <<  questo  è stato  >> (  cit Primo Levi ( 1919 –  1987    reduce  di quello  che  fu     il campo di concentramento di Auschwitz. Autore  di  (  ovviamente  non  sono  in ordine cronologico ma  come mi sono venuti in mente    )  :  Se questo è un uomo, la  chiave  a stella   La  tregua ,I  sommersi ed  i Salvati in cui  si racconta   le sue esperienze nel lager nazista    

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