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1.2.22

piuttosto che fare celebrazioni grottesche come a torino è meglio abolire la giornata istituzionale del 10 febbraio - giorno del ricordo

L'immagine qui a sinistra ha provocato un ,secondo https://www.lastampa.it/torino/ 31 gennaio 2022 << Temporale politico in vista della Giorno del Ricordo, che si terrà il prossimo 10 febbraio, istituito nel 2004 per ricordare la vicenda dell'esodo giuliano-dalmata. Il tutto dopo che la Regione Piemonte, per l'occasione, ha pubblicato un manifestino di dubbio gusto. [... ] anto che il capogruppo di Luv parla di «una locandina che ha l’aspetto di un manifesto di propaganda nazista >> qui l'articolo completo . Tale locandona   èin realtà una  vignetta  estrapolata  e   decontestualizzata  del  fumetto Anime in transito di  Vanni Spagnoli  uscito  nel 2021 per  Youcanprint; Pagine 52; ISBN 9791220314008  che  potete  trovare    :  sotto  a  destra la copertina  il fumetto per  chi vìfosse  interessato lo può  trovare    in pdf  su http://www.anonimafumetti.org/  più precisamente  qui  oppure  se  volesse    approfondire   e con backstage    qui  dove si discute del fiumetto con gli autori ( la prima parte ) e con ( la seconda parte ) lo storico MILETTO Enrico ( qui il suo curriculum ) esperto di tale periodo (  fra i suoi libri : Novecento di confine. L’Istria, le foibe, l’esodo, FrancoAngeli, Milano 2020 ., gli italiani di Tito. La Zona B del Territorio Libero di Trieste e l’emigrazione comunista in Jugoslavia (1947-1954), Rubbettino, Soveria Mannelli 2019 ) 
L'utilizzo della grafica, contenuta nel manifesto, tradisce il significato originario del graphic novel "Anime in transito" realizzata dall'Anonima Fumetti - si legge in una nota diffusa dell'Istoreto.<<  [... ]   Già a dicembre "quando fu proposta dall'assessore Marrone una riedizione del graphic novel, fu concordemente respinta dagli enti e dagli autori che l'avevano promossa, contrari all'uso strumentale, ravvisabile nelle nuove pagine introduttive. Tale uso strumentale --- secondo  repubblica     del 1\2\2022   ( qui l'articolo  integrale ) ---- è purtroppo riconfermato dal manifesto che circola in questi giorni". Già a dicembre, infatti, il presidente dell'Istituto Paolo Borgna aveva chiesto alla Regione di sospendere il progetto di ripubblicazione del fumetto con la nuova prefazione, a firma Marrone, perché ne cambiava "l'orientamento e la collocazione, sottraendola al ruolo che in origine la caratterizzava", e per l'uso "di concetti errati, come genocidio e pulizia etnica, propri della polemica politica \  ideologica  " e "interessati a riproporre la contrapposizione con gli avversari di un tempo e alleggerire le responsabilità del fascismo italiano, promotore di una guerra sbagliata e perduta".  [...] >>
Infatti  , già di per  se    foibe  e  l'esodo   senza  contare  quello   che   c'è  stato prima  è  un argomento che  per  svariate ragioni  (  voglia  di  dimenticare   il terribile  periodo del fascismo  e  del  2  conflitto  mondiale  ,  incapacità  di fare i conti  \  autocritica   sui crimini  commessi  dal  1919 al  1945 in quelle  zone ,  il  volerli  nsabbiare   \  nascondere  ,   lapolitica  della  guerra  fredda     ) molto    doloroso e delicato   da trattare  storicamente  in modo obbiettivo   che  fa si che   non  si riesca  a ricordare  nè a 360  gradi in maniera  obbiettiva   e non ideologica   la  complessa  situazione in cui  siu svolsero le  foibe  e  l'esodo  nè   al  di  fuori   dei classici  schemi retorico  o strumentali   da  cui   destra  e  sinistra non  sono immuni .
Ecco perchè propongo di abolire l'istituzionalizzazione.  Infatti  è manifestazioni  come  questa  sembrano darmi ragione  ancora non è pronti a celebrarlo senza cadere nel bieco ed nostalgico nazionalismo ormai condannato dalla storia ) della #giornatadelricordo ovvero i #10febbraio ed lasciare il ricordo di quest eventi la cui ferita ( causa #guerrafredda ed poca voglio di fare i conti con essa legata per i crimini italiani ad essa è ancora una ferita aperta, al ricordo privato o pubblico   ma  senza  patrocini   istituzionali . Ormai  il  seme in  questi   18 anni     di celebrazioni  istituzionali e  non  solo  è  stato  gettato   e    quindi   tutti  sappiamo   cosa  si  ricorda  e cosa    tali eventi  significhino  sia  che   li si  ricordi    da   una  parte    sia  da  un altra  . Ma  soprattutto ,  ovviamente  senza  generalizzare perchè  in mezzo alla    💩   ci  posso  essere  delle  perle   e delle cose    fatte bene  o  abbastanza    bene  come il fumetto citato  ,  se pur intrise    di  retorica patriottarda  ,   La commemorazione del 10 febbraio è da tempo occasione di scontro politico, è innegabile. Perché tale  data   viene  usata  per   approfondire un’orribile pagina storica dimenticata, messa in un angolo per mezzo secolo anche   da  un pezzo di mondo intellettuale legato al Pci   e  dalla Dc ( punto di riferimento  per  la  Nato  e gli Usa ) insomma  dalla  guerra  fredda    che  preferirono tacere  o  sminuire   tali  fatti   per  non  toccare certi equilibri di geopolitica    dei due blocchi contrapposti      Inoltre   è al 90 %   dei casi   l’occasione per riscrivere la storia, equiparando il comunismo al   nazismo, colpevole della Shoah   e  mettere   in un  unico  calderone    due  diversi genocidi  .










 

10.2.15

ecco perchè sul 10 febbraio ci sono polemiche e non c'è ricordo a 360 gradi leggi memoria condivisa


 http://www.leganazionale.it/links.htm
http://digilander.libero.it/lefoibe/indexx.htm


Oggi 10 febbraio , dopo aver parlato nei post precedenti ( a cui rinvio la lettura ) degli eventi storici e dele mie sensazioni    ed emozioni che costituiscono tale giornarta , provo ad affrontare il perchè su tali eventi ci sono ancora polemiche e ferite aperte . Un esempio di come dicevo dal titolo del perchè su tali eventi , come quelli del ' 900 italiano , non c'è memoria condivisa \ ricordo a 360 gradi è questo articolo   (  qui l'articolo completo  )  di Ferruccio Sansa

 [----]
ricordare è difficile quando si è carnefici (come è per l’Olocausto), ma è impegnativo anche se sei dalla parte delle vittime. Forse perché una memoria sincera pretende impegno e responsabilità. Richiede lucidità per capire cosa è successo e quale è stato il
proprio ruolo. E vuole compassione per chi ha sofferto. A lungo istriani e dalmati sono stati dimenticati. Respinti (spesso crudelmente ignorati) da quella sinistra italiana che preferiva sposare la causa di Tito (tacendone i crimini). Spinti nelle braccia di una destra che pur essendo responsabile (con Mussolini) della loro tragedia ha poi tentato di conquistarne il consenso. Insomma, istriani e dalmati sono stati traditi dallo Stato italiano che avevano cercato perdendo la propria terra e talvolta la vita.
Speriamo che quest’anno il ricordo non si risolva in distratte commemorazioni, in polemiche politiche. Che non ci induca a rivendicazioni, ma a un’onesta ricostruzione storica che sottolinei l’orrendo genocidio e la pulizia etnica compiuti dai titini, ma non trascuri i crimini fascisti nei confronti degli slavi.
Ma se si riducesse a questo la giornata di oggi rischierebbe di soffiare sui risentimenti: anch’essi stanno nel cuore, si intrecciano alla memoria. Proviamo, per una volta, a ricordare. Le vittime delle Foibe. Ma anche tutti gli italiani, quelli che persero la loro terra e chi rimase in Istria. E speriamo che il ricordo ci aiuti ad affrontare il futuro. L’Italia che – giustamente – ha avuto cura nel proteggere le minoranze altrui che vivono nel proprio territorio, ricordi finalmente le proprie minoranze all’estero.
Abbiamo lasciato un grande patrimonio in quella terra: di cultura, civiltà, bellezza. Di vita. Chi scrive proviene da una famiglia che nei giorni dell’Esodo arrivò in Italia letteralmente su un barcone. Ed è impossibile descrivere il giorno in cui si è ritrovato in un paese, Dignano (in croato Vodnjan), davanti a una tomba con il proprio nome.
Davanti a un portone che i suoi nonni varcavano ogni mattina. L’ha aperto, e d’un tratto ha scoperto che dal profondo gli risalivano le parole di un dialetto che nemmeno sapeva di aver conservato. Ma soprattutto ha sentito – proprio con il cuore – che la sua vita veniva di lì. Nel senso più profondo, la carne. Il sangue.
E all’improvviso ha ricorda
                                   Il Fatto Quotidiano del Lunedì, 10 Febbraio 2014




Quindi secondo me questa legge non ha , almeno fin ora , aiutato a sanare una ferita ancora aperta : l’eccidio degli italiani nelle foibe e l’esodo di quasi trecentomila persone dall’Istria e dalla Dalmazia .anzi ne ha incrementato le polemiche e le divisioni mai sopite a causa della congiura del silenzio caduta su d'essa a cvausa della guerra fredda Ma non per questo smetterò di ricordare e di scriverci post perchè   <<  anche se  voi  vi credete assolti  siete  per  sempre  coinvolti  >>( mia  parafrasi   di una famosa canzone de  andreiana  )

9.2.15

Fertilia, il rifugio per gli esuli delle foibe In Sardegna per scappare da Tito e dalla tragedia dell'Istria

 per  approffondire

stavolta  ho qualcosa da raccontare   rispetto a quanto dicevo  in : << fine alle ideologie sui morti ( foibe e olocausto ) e ricordiamo come sugerisce il sindaco Riccardo Borgonovo di Concorezzo ( Monza ) >> . Anche  se la   storia    che racconto  è  intrinseca   del solito vittismo  nazionalistico  \  anticomunista  ,  ma   chi se  ne  importa ,  non è  di  quelli estremi     come  spesso avviene  in molte manifestazioni   celebrative  di  tale  giornatae poi   come    non essrlo  davanti    a un nazionalismo   che maltratta  le minoranze etniche  che  abitavano da generazioni quelle terre    che oggi sono il confine  orientale  ?
 E  grazie  a  loro se la trasformazione del territorio paludoso  e  potuto continuare  . Trasformnazione iniziata <<  (....) già verso la fine dell'Ottocento con la bonifica della laguna costiera del Calich grazie all'opera dei detenuti del vicino carcere di Alghero e della colonia penale di Cuguttu. L'opera prosegue nel 1927 con la costruzione del Villaggio Calik su progetto di Pier Luigi Carloni.
Il borgo di Fertilia nasce ufficialmente l'8 marzo 1936 con la posa della prima pietra della chiesa parrocchiale, ad opera dell'Ente Ferrarese di Colonizzazione, istituito dal presidente del Consiglio Benito Mussolini il 7 ottobre 1933 per dare una risposta alla popolazione in eccesso della Provincia di Ferrara e diminuire le tensioni sociali. Dopo i primi arrivi di emigrati ferraresi, lo scoppio della Seconda guerra mondiale paralizzò di fatto l'opera di colonizzazione, tanto che la maggior parte degli edifici rimasero di fatto inutilizzati.>>   (  da  http://it.wikipedia.org/wiki/Fertilia )
<> --- sempre  secondo  Wikipedia --  << saranno gli esuli di Istria e Dalmazia a popolare la borgata, diventando un microcosmo vicino a quello catalano di Alghero.Ereditando la tradizione veneta dei nuovi arrivati, la borgata è stata dedicata a San Marco e ivi campeggia un leone alato suo simbolo, proprio al centro del belvedere. Particolarità della borgata è che tutte le vie e le piazze richiamano luoghi o avvenimenti storici del Veneto e della Venezia Giulia.>>

Ma  basta  parlare io  lascia  che ha  parlarci di loro  sia l'articolo   sotto    riportato

di | 09 Febbraio 2013
da Fertilia
Esuli giuliani all'arrivo in Sardegna.
           Esuli giuliani all'arrivo in Sardegna

                          .
In via Pola, lo storico bar di Edda Sbisà e figlie nel 2013 compie 60 anni. È stato aperto nel 1953 quando, a Fertilia, sei chilometri da Alghero, c’era poco altro. Soprattutto terra, infestata dalla palma nana, una chiesa da finire, la caserma e l’asilo delle suore.
«Delle attività avviate dagli esuli è l’unica ancora aperta», dice a Lettera43.it la figlia, Lorena Calabotta, 52 anni, istriana di Sardegna, nata in un melting pot.
Tra la fine degli Anni 40 e degli Anni 50 arrivarono da Orsera, Rovigno, Fiume e Zara, nomi che si leggono identici nelle targhe di vie e piazzali. Poche valigie con il cognome scritto a tinte scure: Orlich, Bataia, Velcich, Sponza. Con addosso il terrore delle foibe e dei titini, la certezza di aver lasciato per sempre tutto: casa, lavoro, conoscenti, a volte i genitori.
DIFFICILE CONVIVENZA A FERTILIA. In quegli anni nella cittadina di fondazione fascista, ma incompiuta, cercarono un avvenire qualsiasi e la magra consolazione del mare. Prima di loro si erano installate delle famiglie ferraresi cui erano stati affidati poderi per la bonifica, a due passi dagli algheresi, di origine catalana e i sardi. Insieme con altri italiani dalla Corsica, libici dal 1970 in poi e turchi, greci.
Hanno vissuto insieme in una borgata di stile razionalista in cui il lavoro era scarso, o meglio inesistente, per tutti. Una convivenza non scontata e nemmeno sempre facile.
FINANZIAMENTI PER PICCOLE IMPRESE. Ci pensò l’ex Egas, Ente giuliano autonomo di Sardegna (soppresso nel 1978) a gestire i finanziamenti pubblici e destinarli, tra le altre cose, all’avvio di piccole imprese.
La pesca fallì molto presto: l’Adriatico chiuso cui erano abituati era ben diverso dal mare sardo. Attecchirono meglio agricoltura e commercio: dal negozio di alimentari al forno, fino alla locanda della Sbisà.
La signora Edda ora ha quasi 83 anni. Alle pareti le foto ricordo, nell’aria parole di dialetto. «Mia mamma è arrivata in barca, dopo settimane di viaggio. Aveva circa 20 anni. Erano già arrivati nel 1948 e cercavano di andare da una parte all’altra. E poi la seconda, definitiva, nel 1952».
Suo nonno, racconta, era comandante della X Mas, dopo la fuga aveva trovato impiego all’arsenale di Venezia. Ma poi le cose non andarono bene e quindi si ripartì in direzione di Fertilia.
Il sacerdote-pioniere, don Francesco Pervisan, perlustrò per primo la costa sarda e poi girò tutta la penisola, da un campo all’altro, per convincere gli istriani al trasferimento. Alcuni sono approdati dopo aver subito le angherie dei connazionali nei porti.



Istriani disposti a tutto pur di rimanere italiani

La costruzione di Fertilia nel Dopoguerra.
La costruzione di Fertilia nel Dopoguerra.
Con il passare degli anni i racconti sono stati affidati alle seconde generazioni, e spesso c’è ancora quel retrogusto di sdegno e amarezza.
«La vita è qui, le radici lontane. Mia mamma ci ha tramandato tutto: le feste, i dolci. È tornata più volte a Orsera, ma ha pianto e basta. Aveva ancora delle amiche lì, ma si va avanti così: anche con rabbia repressa. Ora forse è difficile da capire, non so quanti oggi farebbero quel che hanno fatto gli istriani. Perdere tutto pur di restare italiani». Un’integrazione diventata tale solo con il passare dei decenni a Fertilia, che ora conta appena 1.700 abitanti.
All’inizio i matrimoni erano soprattutto tra conterranei. Com’è successo anche a Sbisà che ha conosciuto qui il marito, arrivato da Zara: «Il legame per noi è stato sempre forte: rispettiamo tutto ciò che ci hanno insegnato. Persino mio nipote che ha 20 anni e fa il militare, parla in dialetto».
ACCOGLIENZA E DIFFIDENZA. Le frizioni ci sono state, non solo per motivi politici ma anche, semplicemente, per quelli economici. Per via delle agevolazioni su casa e imprese. Nonostante le tante testimonianze di integrazione e la scritta che campeggia sotto la colonna sul lungomare, proprio sotto un leone di San Marco: «Qui nel 1947 la Sardegna accolse fraterna gli esuli dell’Istria di Fiume e delle Dalmazia»».
«L’astio sotterraneo che può capitare di percepire è solo frutto di ignoranza», spiega Calabotta, «ci hanno accusato di aver avuto tutto gratis, di aver riscattato con pochi euro. In realtà mia mamma, per esempio, dopo 60 anni paga ancora l’affitto per il bar». Mentre gli immobili pubblici passati dallo Stato alla Regione nel 2008 ora sono in decadenza, o meglio, del tutto abbandonati.

Il 10 febbraio si celebra il Giorno del ricordo

Come appariva Fertilia nel 1954.

Come appariva Fertilia nel 1954.
Il decano di Fertilia è Dario Manni, che ha più di 90 anni e ricorda tutto nonostante gli acciacchi. Nelle giornate di sole esce in piazza.
Prima di arrivare in Sardegna a 27 anni è stato nei campi profughi in Friuli, Sicilia, Ascoli Piceno e a Latina. Ora è vicepresidente dell’Egis, associazione che punta tutto sulla memoria.
Il presidente è un ragazzo di 30 anni, Daniele Sardu. Nessuna discendenza istriana o giuliana, ma solo sarda, rimarcata dal cognome. Insieme organizzano il Giorno del ricordo, il 10 febbraio, una data storica: nel 1947 fu firmato il trattato di Parigi che assegnò Istria, Fiume e Zara alla Jugoslavia.
«Purtroppo spesso si scivola nella retorica nazionalista e invece noi vogliamo rimarcare la storia delle persone, perché non accada mai più», dice Sardu, «non necessariamente gli esuli erano fascisti, ma solo italiani che volevano restare tali». Eppure la ricorrenza è stata riconosciuta solo dal 2004.
NUOVA VITA DOPO L'ADDIO AI CARI. Tra i nipoti che hanno fatto proprie le storie di 60 anni fa c’è Michele Rosa, 38 anni, architetto: «Io sono ancora il nipote di Pina del forno», racconta, «anche se lei purtroppo non c’è più».
Una vita in giro per l’Europa e la penisola, si definisce «cittadino del mondo, ma anche istriano, sardo, soprattutto italiano». Famiglia metà ferrarese, metà istriana, nato in Sardegna. La nonna, Giuseppina Vladich, è arrivata a Fertilia nel 1952, a 29 anni, con marito e figlia.
«Appena scesa dalla corriera è scoppiata a piangere, attorno c’era il deserto scosso da un fortissimo maestrale cui non era abituata», racconta Rosa, «aveva lasciato i genitori a Pola e i fratelli e le sorelle, 10 in tutto, erano partiti ovunque. Anche in Australia e America».
NASCITA DELLA NUOVA COMUNITÀ. Dopo lo choc iniziale la nonna si ambientò: «Aprirono una panetteria. Sfornavano e vendevano, ma soprattutto regalavano. In quegli anni si divideva quel che c’era. Aveva lasciato una città vera, anche ricca: con cinema, teatri, ristoranti. In quest’angolo di Sardegna c’era solo la possibilità di essere ancora italiani e una comunità che si stava formando».
Una vita all’insegna dei divieti prima della fuga: a un tratto non si poteva più parlare italiano, dire 'ciao' per strada. «Mia mamma», dice il 38enne, «è stata battezzata di nascosto nel 1950 a Pola. Ma non con il suo nome, Maria, bensì Nirvana».
VIA DALL'INCUBO DELLE FOIBE. Di certo una cosa Pina del forno è riuscita a tramandare: il terrore delle foibe, e il riserbo, durato decenni, nel parlare della persecuzione e della pulizia etnica.
«Dire foiba era sconveniente anche negli Anni 90», spiega Rosa, «per scetticismo o semplicemente per non esser compatiti. Una memoria negata per 50 anni soprattutto per convenienza politica. E i numeri veri restano un’incognita». Si stima che negli eccidi delle foibe, inghiottitoi, siano morti almeno in 10 mila e che gli esuli giuliano dalmati siano oltre 250 mila.

10.1.15

ecco perchè sul 10 febbraio ci sono polemiche e non c'è ricordo a 360 gradi leggi memoria condivisa

Oggi 10 febbraio , dopo aver parlato nei post precedenti ( a cui rinvio la lettura ) degli eventi storici e dele mie sensazioni    ed emozioni che costituiscono tale giornarta , provo ad affrontare il perchè su tali eventi ci sono ancora polemiche e ferite aperte . Un esempio di come dicevo dal titolo del perchè su tali eventi , come quelli del ' 900 italiano , non c'è memoria condivisa \ ricordo a 360 gradi è questo articolo   (  qui l'articolo completo  )  di Ferruccio Sansa

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ricordare è difficile quando si è carnefici (come è per l’Olocausto), ma è impegnativo anche se sei dalla parte delle vittime. Forse perché una memoria sincera pretende impegno e responsabilità. Richiede lucidità per capire cosa è successo e quale è stato il
proprio ruolo. E vuole compassione per chi ha sofferto. A lungo istriani e dalmati sono stati dimenticati. Respinti (spesso crudelmente ignorati) da quella sinistra italiana che preferiva sposare la causa di Tito (tacendone i crimini). Spinti nelle braccia di una destra che pur essendo responsabile (con Mussolini) della loro tragedia ha poi tentato di conquistarne il consenso. Insomma, istriani e dalmati sono stati traditi dallo Stato italiano che avevano cercato perdendo la propria terra e talvolta la vita.
Speriamo che quest’anno il ricordo non si risolva in distratte commemorazioni, in polemiche politiche. Che non ci induca a rivendicazioni, ma a un’onesta ricostruzione storica che sottolinei l’orrendo genocidio e la pulizia etnica compiuti dai titini, ma non trascuri i crimini fascisti nei confronti degli slavi.
Ma se si riducesse a questo la giornata di oggi rischierebbe di soffiare sui risentimenti: anch’essi stanno nel cuore, si intrecciano alla memoria. Proviamo, per una volta, a ricordare. Le vittime delle Foibe. Ma anche tutti gli italiani, quelli che persero la loro terra e chi rimase in Istria. E speriamo che il ricordo ci aiuti ad affrontare il futuro. L’Italia che – giustamente – ha avuto cura nel proteggere le minoranze altrui che vivono nel proprio territorio, ricordi finalmente le proprie minoranze all’estero.
Abbiamo lasciato un grande patrimonio in quella terra: di cultura, civiltà, bellezza. Di vita. Chi scrive proviene da una famiglia che nei giorni dell’Esodo arrivò in Italia letteralmente su un barcone. Ed è impossibile descrivere il giorno in cui si è ritrovato in un paese, Dignano (in croato Vodnjan), davanti a una tomba con il proprio nome.
Davanti a un portone che i suoi nonni varcavano ogni mattina. L’ha aperto, e d’un tratto ha scoperto che dal profondo gli risalivano le parole di un dialetto che nemmeno sapeva di aver conservato. Ma soprattutto ha sentito – proprio con il cuore – che la sua vita veniva di lì. Nel senso più profondo, la carne. Il sangue.
E all’improvviso ha ricorda
                                   Il Fatto Quotidiano del Lunedì, 10 Febbraio 2014




Quindi secondo me questa legge non ha , almeno fin ora , aiutato a sanare una ferita ancora aperta : l’eccidio degli italiani nelle foibe e l’esodo di quasi trecentomila persone dall’Istria e dalla Dalmazia .anzi ne ha incrementato le polemiche e le divisioni mai sopite a causa della congiura del silenzio caduta su d'essa a cvausa della guerra fredda Ma non per questo smetterò di ricordare e di scriverci post perchè   <<  anche se  voi  vi credete assolti  siete  per  sempre  coinvolti  >>( mia  parafrasi   di una famosa canzone de  andreiana  )

ecco perchè sul 10 febbraio ci sono polemiche e non c'è ricordo a 360 gradi ( leggi mem.noria condivisa )

Oggi 10 febbraio , dopo aver parlato  nei post precedenti  (    a  cui rinvio la lettura  )   degli eventi storici  che  costituiscono tale  giornarta ,  provo ad  affrontare  il perchè  su tali   eventi    ci sono ancora polemiche  e  ferite  aperte  .
Un esempio di come dicevo  dal titolo    del  perchè   su  tali eventi  , come  quelli del ' 900 italiano  , non c'è memoria  condivisa  \  ricordo a  360 gradi è questo  articolo  di    Ferruccio Sansa   (  qui l'articolo  completo )    discendente  di profughi istriani

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ricordare è difficile quando si è carnefici (come è per l’Olocausto), ma è impegnativo anche se sei dalla parte delle vittime. Forse perché una memoria sincera pretende impegno e responsabilità. Richiede lucidità per capire cosa è successo e quale è stato il proprio ruolo. E vuole compassione per chi ha sofferto. A lungo istriani e dalmati sono stati dimenticati. Respinti (spesso crudelmente ignorati) da quella sinistra italiana che preferiva sposare la causa di Tito (tacendone i crimini). Spinti nelle braccia di una destra che pur essendo responsabile (con Mussolini) della loro tragedia ha poi tentato di conquistarne il consenso. Insomma, istriani e dalmati sono stati traditi dallo Stato italiano che avevano cercato perdendo la propria terra e talvolta la vita.
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Speriamo che quest’anno il ricordo non si risolva in distratte commemorazioni, in polemiche politiche. Che non ci induca a rivendicazioni, ma a un’onesta ricostruzione storica che sottolinei l’orrendo genocidio e la pulizia etnica compiuti dai titini, ma non trascuri i crimini fascisti nei confronti degli slavi.
Ma se si riducesse a questo la giornata di oggi rischierebbe di soffiare sui risentimenti: anch’essi stanno nel cuore, si intrecciano alla memoria. Proviamo, per una volta, a ricordare. Le vittime delle Foibe. Ma anche tutti gli italiani, quelli che persero la loro terra e chi rimase in Istria. E speriamo che il ricordo ci aiuti ad affrontare il futuro. L’Italia che – giustamente – ha avuto cura nel proteggere le minoranze altrui che vivono nel proprio territorio, ricordi finalmente le proprie minoranze all’estero.
Abbiamo lasciato un grande patrimonio in quella terra: di cultura, civiltà, bellezza. Di vita. Chi scrive proviene da una famiglia che nei giorni dell’Esodo arrivò in Italia letteralmente su un barcone. Ed è impossibile descrivere il giorno in cui si è ritrovato in un paese, Dignano (in croato Vodnjan), davanti a una tomba con il proprio nome.
Davanti a un portone che i suoi nonni varcavano ogni mattina. L’ha aperto, e d’un tratto ha scoperto che dal profondo gli risalivano le parole di un dialetto che nemmeno sapeva di aver conservato. Ma soprattutto ha sentito – proprio con il cuore – che la sua vita veniva di lì. Nel senso più profondo, la carne. Il sangue.
E all’improvviso ha ricordato.
                              Il Fatto Quotidiano del Lunedì, 10 Febbraio 2014
 Quindi secondo   me   questa legge   non ha  , almeno fin ora , aiutato  a sanare una ferita ancora aperta : l’eccidio degli italiani nelle foibe e l’esodo di quasi trecentomila persone dall’Istria e dalla Dalmazia ., anzi ne  ha   incrementato  le polemiche  e le divisioni  mai sopite  a causa  della congiura  del silenzio     caduta   su d'essa  a  cvausa  della guerra   fredda 
Ma  non per  questo smetterò  di ricordare  e  di scriverci post  prerchè  <<  anche se  voi  vi credete assolti siete per  sempre  coinvolti >>  (  mia parafrasi di una   famosa  canzone De  Andreiana )

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...