incuriosito dal battage pubblictario, dallla memoria diretta ( ero adolesciente nellì'ultimo periodo di playmen ) ed indiretta, dai risultati trovati in rete e i ricordidei miei genitori,ecc ho iniziato a guardare Mrs. Playmen, su Netflix la serie con Carolina Crescentini e Filippo Nigro .
Già dalla prima puntata promette bene , ci sono tutti gli elementi ( suspense , sensualità , erotismo non troppo volgare , curiosità del vedere come la vicenda è stata addatta dalla storia vera di Adelina Tattilo, ecc ) per vedere gli altri episodi ci sono appunto .
È comparsa senza preavviso su un muro del centro di Roma, nei pressi di Piazza San Silvestro, attirando l’attenzione di passanti e curiosi: una lettera d’addio al lavoro dal titolo inequivocabile, “Domani mi licenzio”, stampata su un foglio A4, firmata con le iniziali “A.M.” e indirizzata ad un’azienda chiamata
“sFrutta S.p.A.”. Sembra a prima vista una provocazione ironica, ma nasconde un messaggio più profondo. Anche perché, a renderla ancora più enigmatica, c’è un QR code in fondo alla pagina che promette di spiegare le “ragioni del gesto”. Ma qual è il vero significato di quel messaggio? E dove porta il codice QR?
Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Nel testo affisso ai muri di Piazza San Silvestro si legge:
DOMANI MI LICENZIO
Datore di lavoro Responsabile delle Risorse Umane sFrutta S.p.A.
Data: 22 ottobre 2025
Gentile Datore di lavoro,
Con la presente, desidero formalmente presentare le mie dimissioni dalla posizione di persona infelice presso sFrutta S.p.A., con effetto a partire da domani.
Questa decisione è stata difficile da prendere. Potete ascoltare le ragioni scansionando il QR code qui sotto.
Vorrei esprimere il mio sincero ringraziamento? Per niente.
Farò il possibile per non garantire una transizione fluida durante il mio periodo di preavviso; a cominciare da qui.
Vi auguro un futuro prospero e ricco di successi.
Cordiali saluti A.M.
Un tono decisamente sarcastico e liberatorio che ha colpito molti romani. Un messaggio addio al lavoro che diventa manifesto di chi si sente sfruttato e senza voce.
Dove porta il QR di quel volantino
Scansionando il QR, però, si arriva al brano “Domani mi licenzio” di Alice Mela, in cui l’artista canta: “Io domani mi licenzio e non me ne importa niente / Se non troverò di meglio, la gente non comprende”. Tra versi che oscillano tra rabbia e leggerezza, la canzone racconta il desiderio di riscatto di una generazione costretta tra lavori precari, affitti insostenibili e sogni messi sempre in pausa. Il gesto, dunque, non è solo una provocazione urbana, ma una performance artistica: un modo per trasformare una lettera di dimissioni in un inno alla libertà personale e creativa.
dal video che circola in rete i protagonisti non sembrano essere, come quelli“Taverna Santa Chiara” di Napoli di qualche tempo fa ,almeno per ora,dei provocatori. Infatti la digos sta indagando e la vicenda è ancora in corso . Però a caldo posso dire da critico verso lo stato d'israele per la sua politica , e di certi israeliani ed ebrei sionisti ( ovviamente senza fare generalizzazioni inutili perchè non tutti gli ebrei sono sioisti ed israeliani ) queste cose non mi fano ribrezzo e indignazione oltre che sconforto come se dallìolocausto \ shoah e delle persecuzioni precedenti l'umanità non ha imparato niente .
Ora è
vero che la vicenda del turista con la kippah aggredito mentre portava in bagno il figlioletto in un autogrill lombardo è microscopica rispetto agli orrori quotidiani di Gaza. Ma è altrettanto vero che quella vicenda con Gaza non c’entra nulla, perché nulla c’entrano padre e figlio con quell’orrore. E l’aggredito ha provato a spiegarlo: sostengono che va spiegato a Netanyahu che non deve bombardare? Ma io sono francese, non israeliano.La sintesi è che in Italia un uomo e il suo bambino sono stati aggrediti per via della loro fede religiosa, unico elemento che degli sconosciuti potessero percepire sul loro conto. Un pogromino da autostrada.Al di là che gli aggressori abbiano capito o no che quell’uomo è francese, e che gliene importi qualcosa, resta che in Italia in troppi pensano che un ebreo in qualche modo sia anche un mezzo israeliano. E questo è particolarmente pericoloso, in un Paese che gli ebrei li ha perseguitati e uccisi e in un periodo storico in cui il governo israeliano perseguita e uccide. Perché chi in qualche modo è un mezzo israeliano sarà necessariamente anche un mezzo italiano. E se non ha qualche diritto in meno, magari avrà qualche responsabilità collettiva in più.
Caffe scorretto unione sarda 29\7\2025 di Angelino Tabasso
Concordo in attesa dell'appurarsi del reale svolgimentio dei fatti , con lui specie nella chiusa : <<A qualcuno, sconvolto dalla carneficina della Striscia, possono sembrano sfumature. Ma gli orrori germogliano sulle semplificazioni.>> Ma Prendersela così violentemente con una famiglia Israeliana in questo caso che neanche conoscono è da vigliacchi e pregiudizievole ed è anche pericoloso.Giusto per correttezza: non sono israeliani, ma ebrei francesi. sono ebrei punto e basta. Esistono ebrei italiani , francesi, svizzeri. Magari Israele non l'hanno nemmeno mai vista e magai non sono necessariamete sionisti infatti concordo anche con Lorenzo Tosa
perchè descrive la differeza tra il nuovo antisemitismo ( non con questo,come spiegato nel video stesso, debba essere considerato meno vergognoso ed abberrrate e quindi giustificare chi ci cade , come è caita anche al sottoscritto , per poii accorgesene e scusarsi pubblicamente , e trovate traccia nel'archivio dei post sul blog ) e quello "classico" del secolo scorso ma ancora purtroppo radicato ancora oggi e che al 90 % dei casi si mescola e s'unisce al primo rendendone difficile la distinzione .
Con questo è è tutto alla prossima se Dio vuole e i Carabinieri lo permettono
Cinquant’anni fa moriva Sergio Ramelli ( per chi volesse approfondire o ricordare leggere Omicidio di Sergio Ramelli - Wikipedia ) dopo lunghi giorni di agonia Aveva diciotto anni. Otto militanti di Avanguardia operaia gli sfondarono il cranio a colpi di chiave inglese per aver scritto un tema (non un decreto legge, non una sentenza d’assise o un fondo sul Corriere: morì per un compito in classe😥 ) in cui condannava le Br e si rammaricava del silenzio della politica davanti all’assassinio di due esponenti missini avvenuto Il 17 giugno 1974 dalle le BR commisero a Padova il loro primo delitto: nel
corso di un'incursione nella sede del MSI di via Zabarella, furono uccisi, pur in assenza di pianificazione, Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola. Il nucleo veneto gestì l'evento, rivendicandolo all'interno della pratica dell'antifascismo militante . Tanto bastava per farlo diventare un sub-umano da eliminare. E così fu. Ieri il ministro Valditara – azzeccandone una alla faccia dei bookmaker - ha scoperto una targa sulla facciata della sua scuola. È molto semplice, senza la retorica di parte di cui sarebbe stato facile e forse anche legittimo se si vuole ricordare a senso unico gonfiarla. Dice che Ramelli era uno studente di quell’istituto e che fu ucciso per le sue idee. Ma contro quella targa c’è stata una raccolta di firme e c’è stato un presidio che urlava “Via i fascisti dalla scuola”. Ora mi chiedo visto che il mese prossimo festeggeremo, il 25 aprile , ovvero la Liberazione da un regime totalitario che oltre agli oppositori schiacciò la libertà di pensiero e di espressione. Se non riusciamo a riconoscere e a onorare una vittima dell’intolleranza a meno che non la pensi esattamente come noi, se dopo mezzo secolo non abbiamo pietà e rispetto di un ragazzo, allora il fascismo che lo abbiamo buttato giù a fare?
premetto che Facci non mi piace per niente ma qui ha fatto un ottima provocazione contro quelli che dicono che l'ergastolo è disumano sia quelli che avendo scarsa o nessuna della sistema legislativo italiano ( qui possiamo colmare le lacune ) non esiste , perchè si è subito liberi .
Questa classe politica e questo Paese dovrebbero decidere, una volta per tutte, se vogliono mantenere l'articolo 27 della Costituzione oppure no. Non c'è retorica nel chiederlo, dovrebbero decidere e basta, e lo si scrive, ora, a margine dell'indignazione bipartisan che ha accompagnato la condanna «solo» a 30 anni e quindi non all'ergastolo per Salvatore Montefusco (nella foto), autore del duplice omicidio di due donne (sua moglie e la figlia di lei) con motivazioni «choc» ritenute «offensive» o addirittura «un vulnus nelle fondamenta che
reggono il nostro ordinamento». Questo, praticamente, a opinione dell'intero arco parlamentare: e ci limitiamo a citare il ministro Eugenia Roccella, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini di Noi moderati, Laura Ravetto della Lega, Maria Elena Boschi di Italia viva, Valeria Valente del Partito democratico, Marilena Grassadonia di Alleanza verdi e sinistra e, infine, Carolina Morace dei Cinque Stelle: otto donne, e sia detto che c'è qualcosa di culturalmente stucchevole nel fatto che a parlare siano state solo loro, e non, significativamente, degli uomini: decida il lettore se c'è un errore da qualche parte, se ci sia un troppo il silenzio oppure, dall'altra, una forma di sindacalismo che impone di dover dire qualcosa a tutti i costi.Ricominciamo da capo. In Italia, una condanna a 30 anni oppure a un ergastolo ordinario corrispondono quasi alla stessa cosa, visto che l'ergastolo corrisponde proprio a 30 anni di carcere (e non a «fine pena mai») in virtù dell'articolo 27 della Costituzione secondo il quale la pena «deve tendere alla rieducazione del condannato». Non piace? Basta cambiare l'articolo 27. In entrambi i casi, 30 anni o ergastolo, si prevede che il detenuto lascerà il carcere con anticipo e questo per via delle varie buone condotte, semilibertà, condizionali e permessi premio che a loro volta sono inseriti nel solco dell'articolo 27 della Costituzione, che beninteso, basta cambiarlo. Stiamo dicendo, non fosse chiaro, che prendersi l'ergastolo oppure 30 anni in pratica è la stessa cosa, soprattutto se di anni se ne hanno 72 come il condannato per duplice omicidio: il quale, bene che vada, dovrebbe uscire di galera poco meno che centenne. Non solo: è un assassino che era incensurato, che ha confessato e che ha avuto un certo contegno processuale: e questa, per i codici, è sostanza, non parole, non fanno parte di un giudizio morale come quello emesso in coro sulla sentenza: poi possono non piacerne le motivazioni, o il modo in cui sono state scritte, ma non c'è decisione o condanna che nei tribunali non corrisponda a una regola, a un comma, a un'attenuante o a un'aggravante o a un'esimente; la legge è questa cosa qui, non è qualcosa che debba corrispondere alla «evoluzione culturale necessaria» come ha detto forse la più autorevole delle commentatrici citate, secondo la quale serve una lotta contro «la cultura patriarcale». Le sentenze non devono essere educative: sono le pene che devono esserlo, e se non piace (o non funziona) basta cambiare l'articolo 27 e trasformare la funzione del carcere in «retributiva», com'è negli Stati Uniti, dove non ha senso prevedere indulti e semilibertà e condizionali e permessi vari: ma basta dirlo, e allora ditelo. La nostra legge e la nostra Costituzione (sempre lui, l'articolo 27) dicono che il carcere sarebbe teso a scoraggiare le recidive, cioè a convincere che di delinquere non valga la pena: se non piace, basta trasformare la galera in una punizione o in un impedimento fisico a delinquere (all'americana, appunto) e farla finita con indulti e semilibertà e condizionali e permessi vari, e non si deve andare per il sottile neanche con le perizie psichiatriche. Infine, a proposito di arretramenti o progressi culturali, va fatto sull'espressione «femminicidio»; se andate su un qualsiasi motore di ricerca, scoprirete che un sacco di gente si chiede a quanto ammonti la pena per femminicidio: considerarla una battaglia vinta, beninteso solo «culturale». Perché, nella realtà, l'assassinio di una donna è punito come l'assassinio di un uomo: articolo 575 del Codice. Anche qui: se non piace (come non piacque a una parlamentare di centrodestra, che per il femminicidio propose l'ergastolo) allora da capo: basta cambiare la Costituzione. Ma ditelo. Fatelo. A voi la palla.
e soprattutto per i non iscritti ai partiti organizzatevi una raccolta di firme referendaria .
E' vero e sono d'accordo elena cecchetin quando dice : «Sapete cosa ha ucciso mia sorella? Non solo una mano violenta, ma la giustificazione e il menefreghismo per gli altri stadi di violenza che anticipano il femminicidio » .Per il resto non la capisco e non li capisco dicono d'essere contro l'ergastolo e poi ricorrono la sentenza che ha condannato il carnefice del loro familiare . Non è accanimento verso uno che è stato già condannato ad una pena pesante , cosa rara nel casi di violenza di genere o meglio di femminicidio ?
Elena Cecchettin. (Getty Images)
Mai poi rileggendo meglio le sue storie sui social mi accorgo che ha ragione la legge va modificata lo stalking dovrebbe essere considerato un aggravante Perché, come lei stessa sottolinea, su ; Elena Cecchettin contro la sentenza per Filippo Turetta
iniO Donna« la violenza non inizia con il coltello o con il pugno. Inizia molto prima, si insinua sottile nelle pieghe della quotidianità, si maschera da attenzione ossessiva, da gelosia, da controllo ».
Eccovi dopo tanto tempo una mia provocazione . Essa scondo alcuni mie utenti di fb che hanno commentato questo mia provocazione , la domanda non ha senso. Infatti verebbe da replicare con un altra domanda \ elucubrazione <<Cosa vuol dire essere “completi”? Da che punto di vista? Vale per la donna come per l’uomo. Quando una persona è completa? Quando ha fatto certe esperienze? Ok, e chi stabilisce quali delle centinaia di esperienze che
si possono fare ti completino? Diventate genitori ti completa? Va bene, e allora perché non aver rischiato almeno una volta di morire. Ovvio che ogni esperienza ci cambi, ma non basta farle: bisogna avere la maturità di imparare da esse e non tutti ne sono in grado.>> . Aggiungo io anche saper distinguere quali esperienze fanno fatte e queli no . Infatti La completezza di una persona non dipende dal suo stato civile o dal fatto di avere figli. Ogni individuo è completo o incompleto a modo suo, indipendentemente dalle scelte di vita che fa. La società può avere aspettative diverse, ma ciò che conta davvero è come una persona si sente riguardo alla propria vita e alle proprie scelte. Ma sopratutto ecco una discussione che sintetizzano il mio pernsiero \ la mia risposta a tale insulsa domanda .
[...]
Stefania Lisi io ho 59 anni, non mi sono MAI sposata e ho 2 figli (ma avrei anche potuto non averli, sono stati stata una mia scelta). Domanda veramente senza senso la tua, Giuseppe. 20 h
Giuseppe Scano Ha ragione carissima Stefania Lisi . Ma la domanda non è mia . l'ho trovata in un post di una ragazza( di cui adesso non mi sovviene il nome ) su Threads che provocariamente come ho fatto anch'io nel mio post , si faceva tale sega mentale ( cioè domande a cui ha già una risposta o che sono assurde ) per criticare certi bigotti e retrogradi sia uomini che donne che affermano tali idiozie cioè una donna non è completa se non è sposata o non ha figli .Infatti come ho risposto a Lola IE Loredana Penna e la richiesta di un parere . in quanto molti uomini , ma nche donne , reputano chi fa tale scelta incompleta . Secondo e qui chiarisco meglio il mio pensiero me una donna ma che un uomo dev'essere libera di scegliere se fare o anhe non fare tali esperienze essere libera di sentirsi completa o incompleta . Proprio come questa canzone
Ognuno di noi cerca di esistere in quelli che sono i propri desideri. Molti simili, molti diversi. Chi non sa vivere da solo, chi se non ha una famiglia si sente un fallito, chi fa un figlio per desiderio o per essere negli schemi richiesti. Lo capiamo tardi ma, seguire le proprie esigenze dovrebbe essere l'unico modo di vivere.
Aggiungo anche che La domanda se una donna di 40 anni non sposata e senza figli sia "completa" o "incompleta" oltre che insulsa è una domanda complessa e soggettiva, che non ammette una risposta univoca.
L'idea che una donna debba essere sposata e avere figli per essere considerata "completa" è un retaggio di vecchi stereotipi sociali che, fortunatamente, stanno sempre più scomparendo anche se ancora resistono Concordo con la IA di google
Perché questa domanda è problematica:
Stereotipi di genere: Impone un'idea limitata e stereotipata di felicità femminile, suggerendo che la realizzazione personale di una donna dipenda esclusivamente dalla sua vita familiare.
Individualità: Ogni persona è unica e definisce la propria felicità in modo diverso. Ciò che rende una persona "completa" varia da individuo a individuo.
Pressioni sociali: La società spesso esercita pressioni sulle donne per conformarsi a determinati modelli di vita, creando un senso di inadeguatezza in coloro che non li seguono.
Cosa significa essere "completi":
Benessere personale: Sentirsi realizzati, appagati e felici con la propria vita, indipendentemente dallo stato civile o dalla presenza di figli.
Relazioni significative: Avere relazioni sane e soddisfacenti con le persone che amiamo, che siano familiari, amici o partner.
Realizzazione personale: Perseguire i propri obiettivi, sviluppare le proprie passioni e contribuire alla società in modo significativo.
In conclusione:
Una donna di 40 anni non sposata e senza figli può essere altrettanto "completa" di una donna sposata con figli. La felicità e la realizzazione personale non dipendono da un elenco di requisiti prestabiliti, ma dalla capacità di costruire una vita che ci soddisfa e ci rende felici.
È importante ricordare:
La scelta è personale: Ogni donna ha il diritto di scegliere come vivere la propria vita e di definire i propri obiettivi.
La felicità non ha un modello: Non esiste una formula magica per essere felici. La felicità è un percorso individuale e continuo.
Sfida gli stereotipi: Non lasciarti condizionare dai giudizi degli altri e costruisci la tua vita in base ai tuoi valori e desideri.
Se ti senti insicura o sotto pressione, ricorda che non sei sola. Parlare con un amico fidato, un familiare o un professionista può aiutarti a chiarire i tuoi pensieri e a trovare il tuo percorso.
alla prossima provocazione . con questo è tutto cari amici vicini e lontani