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25.11.24

C'é bisogno di fare una differenza tra :ebreisionisti, e enbreinonsionsti questa differenza deve iniziare dagli ebrei stessi.

Non esistono popoli giusti e popoli sbagliati, esistono azioni giuste e azioni sbagliate e quelle sbagliate devono essere
punite ecco  spiegata   in sintesi  la   richiesta    d'arresto   del presiente  d'israele  . Chi mi dice  , come  al solito che  odio gli ebrei     cioè  sono antisemita   è  un ignorante  perchè  ignora  (  cit   il  trio comico   Aldo Giovanni  Giacomo  )  che   vede  gli ebrei  solo come sionisti  quando  esistono  ebrei non sionisti 
cioè Il movimento Satmar e il gruppo Neturei Karta ritengono ingiusta l'occupazione della Palestina sin dalle sue origini. Alla base della loro idea c'è l'interpretazione del Talmud .  qui  E nel   video sotto le  loro posizioni 







30.9.24

Cosa è il sionismo e perché essere critici? E poi quali sarebbero le idee di Segre e Crosetto da “odiare”?


A  volter  capita  , ed  è  questo uno dei casi   ,  che    un post  scritto  per    la  mia bacheca  di facebook   


  necessiti  di   un approfondimento .  Infatti  


Antonio Deiana
Cosa è il sionismo e perché essere critici?
E poi quali sarebbero le idee di Segre e Crosetto da “odiare”?
Proviamo  a    rispondere  

Il sionismo è un'ideologia politica il cui fine è l'affermazione del diritto alla autodeterminazione del popolo ebraico e il supporto a uno Stato ebraico in quella regione che, dal Tanakh e dalla Bibbia, è definita: "Terra di Israele".[Il sionismo emerse alla fine del XIX secolo nell'Europa centrale e orientale come effetto della Haskalah (illuminismo ebraico) e in reazione all'antisemitismo, inserendosi nel più vasto fenomeno del nazionalismo moderno.IL movimento tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo si sviluppò in varie forme, tra le quali il sionismo socialista, quello religioso, quello revisionista e quello di ispirazione liberale dei Sionisti Generali. Esso favorì a partire dalla fine del XIX secolo flussi migratori verso la Palestina, prima sotto l’impero ottomano e dopo la Prima guerra mondiale affidata all’amministrazione britannica dalla Società delle Nazioni, che rafforzarono la presenza ebraica nella regione e contribuirono a formare un Nuovo Yishuv. Il sostegno al sionismo crebbe in particolare nel secondo dopoguerra, successivamente all'Olocausto, e portò allo scadere del mandato britannico della Palestina, alla Dichiarazione d'indipendenza israeliana e alla nascita dello Stato di Israele nel 1948. I conflitti con il mondo arabo e l'esodo palestinese del 1948 provocarono il rafforzamento dell'antisionismo.


Parlo per me . lo contesto perchè lo reputo una ideologia politico \ religiosa utopistica la cui applicazione ha fallito sul nascere . Se proprio gli ebrei volevano , uno stato avrebbero dovuto farlo : 1) con chi già ci abitava , cioè ebrei non sionisti e estranei alla diaspora , arabi , inglesi . ., 2) in una terra deserta e disabitata emigrando li ., 3) se si voleva fare sulla divisione avvenuta nel 1948 non invadendo o tenendo dopo le guerre territori non suoi perchè secondo te quello che sta facendo israele che non permette neppure l'accesso agli aiuti umanitari non è genocidio ? o rifiutare d cessare l fuoco per poter liberare gli ostaggi ? la penso come lui

5.9.24

se israele continua con la sua politica logico ed ovvio che ci saranno altre sparatorie o peggio come quella d'oggi a monaco

  da    TheSocialPost.it

sparatoria consolato israeliano Monaco

Germania: sparatoria nei pressi del consolato israeliano a Monaco

Pubblicato: 05/09/2024 10:51

Giornata drammatica quella che sta vivendo la Germania. Dopo la notizia di una sparatoria con morti e feriti a Berlino, anche a Monaco di Baviera accade la stessa cosa. Stavolta nei pressi del consolato israeliano. Il video diffuso sui social è impressionante.

Leggi anche: Berlino, sparatoria in strada: un morto e due feriti

Il video della sparatoria al consolato israeliano

Secondo quanto si apprende, un uomo armato ha aperto il fuoco nei pressi del consolato israeliano a Monaco. Secondo l’emittente pubblica Kan, inoltre, non ci sarebbero feriti nell’attacco e l’uomo armato è stato “neutralizzato”. L’attacco armato è avvenuto proprio nel giorno dell’anniversario dell’attacco terroristico alle Olimpiadi di Monaco del 1972.


 fin  quando israele e le  frange  più estremiste  dei loro  abitanti   non la  smetteranno   con la  sua  politica    sui palestinesi   e  di  bombare  l'odio    verso il loro popolo   sarà ancoira  maggiore  e  gli attentati  aumenteranno . Infatti  

da   https://www.fanpage.it/

“Abbiamo dato ai palestinesi un motivo per odiarci”: il racconto di un ex soldato israeliano
Un ex soldato israeliano, oggi membro dell’organizzazione Breaking The Silence, racconta il momento in cui tutte le sue certezze sulle IDF e sull’occupazione dei territori palestinesi sono crollate: “Me ne sono reso conto guardando negli occhi dei bambini palestinesi, durante una missione notturna vicino Jenin”.

                                      

                                                           A cura di Annalisa Girardi


Joel Carmel ha una trentina d'anni, è originario del Regno Unito ma da tempo vive a Gerusalemme, in Israele. Ed è un ex soldato delle IDF, le forze di difesa israeliane. Oggi fa parte di Breaking The Silence, un'organizzazione di veterani che ha deciso di raccontare la realtà dell'occupazione in territorio palestinese.Durante il primo anno di servizio militare è stato mandato al confine con la Striscia di Gaza, al valico di Erez, per poi essere trasferito in Cisgiordania, nella regione di Jenin. Si occupava di gestire le richieste sui permessi dei palestinesi che volevano entrare in territorio israeliano, per lavorare, fare una visita medica o qualsiasi altro motivo.“Tutti noi siamo arrivati a Breaking The Silence dopo aver avuto una specie di epifania, un momento che ci ha fatto vedere le cose in maniera diversa – ci racconta, in una lunga intervista – Io ero piuttosto critico dell’occupazione, anche prima di entrare nell’esercito, ma pensavo che sarei potuto diventare un buon soldato. E pensavo che, trattando bene i palestinesi, sarei potuto essere una buona influenza anche su chi mi stava attorno. Ma con il tempo è diventato sempre più chiaro che non esiste un modo “buono” per fare quello che facevamo”.“Posso essere gentile e amichevole quanto voglio, ma è l’occupazione come fatto in sé che crea una situazione in cui ci sono delle persone che vengono costantemente oppresse e tenute sotto controllo. Non c’è un modo buono, morale, per gestirla”.
La realtà dell'occupazione israeliana, il racconto dell'ex soldato delle IDF
Il momento in cui Carmel lo ha realizzato è stato durante una cosiddetta “mapping mission”. Non sapeva molto di cosa accadesse in queste missioni, che avvenivano sempre nel bel mezzo della notte, così una volta ha chiesto di partecipare. Faceva parte di una sezione amministrativa dell’esercito, quindi non era solito stare sul campo, ma è stato comunque incoraggiato a partecipare.
“Era inverno, all’inizio del 2015. Sono salito su una jeep del convoglio militare, era circa l’una di notte e abbiamo iniziato a guidare attraverso questo villaggio palestinese vicino a Jenin. Quando siamo scesi ci hanno dato una lista di coordinate, che non erano altro che gli indirizzi di alcune persone. Ci siamo divisi in squadre, ricordo una fortissima adrenalina. Siamo andati verso la prima casa e il comandante ha iniziato a battere forte sulla porta.Un uomo ci ha aperto, era chiaramente sorpreso e spaventato di vedere un gruppo di otto o nove soldati, pesantemente armati, alla sua porta. Il comandante gli ha chiesto di svegliare il resto della famiglia e di portarli tutti di sotto, all’entra
ta. Di colpo mi sono trovato questa famiglia davanti. C’erano bambini molto piccoli, sei o sette anni. Il comandante ha iniziato a fare una serie di domande molto semplici, di base è questo che si fa durante una ‘mapping mission’. L'obiettivo è appunto quello di mappare un villaggio o una comunità: si va nelle case delle persone, si fanno delle perquisizione, delle domande, a volte si disegna proprio una mappa schematica della casa oppure si mettono in fila contro il muro i componenti della famiglia e si scattano alcune foto. L’idea è quella di raccogliere quante più informazioni possibili su un determinato luogo, così se in futuro c’è bisogno di prendere il controllo di quel villaggio, si hanno già tutte le informazioni che servono.
Ricordo che guardavo i bambini, erano terrorizzati. Pensavo che lo fossero perché non sapevano cosa stessimo facendo lì. Non potevano sapere che non avevamo alcuna intenzione di fare loro del male, nessuno glielo aveva detto. Non parlo arabo, non avevo alcun modo di comunicare con loro, ma volevo dirgli che era tutto ok. L’unico modo per farlo era sorridergli. Così ho sorriso. Ma loro non mi hanno sorriso a loro volta, continuavano a guardarmi con un misto di odio e di paura.Lì mi è crollato tutto addosso, in quel preciso momento. Da quando sono piccolo – e soprattutto poi, durante il mio addestramento nell’esercito – mi era sempre stato ripetuto che tutto ciò che facevano le IDF era per mantenere le persone al sicuro. Per questioni di sicurezza, per fare in modo che possiamo vivere in Israele tranquillamente. Dicevano che a volte potevano esserci dei momenti difficili, in cui bisognava fare cose delle cose spiacevoli, ma che tutto accadesse per ragioni di sicurezza. In quel momento, mentre guardavo quei bambini e loro guardavano me, ho realizzato che non era vero niente. Nulla di quello che stavamo facendo aveva qualcosa a che fare con la sicurezza, con il fatto di tenere le persone al sicuro. Semmai il contrario: ho pensato che magari quei bambini si stessero radicalizzando in quel momento. Forse eravamo proprio noi a creare un problema di sicurezza, perché non so che cosa pensassero quei bambini prima di quella notte, ma noi gli stavamo sicuramente dando una ragione per odiarci, per odiare Israele e l’esercito israeliano. Alla fine della missione il comandante ci ha detto una cosa. Ci ha spiegato che non ci stessimo presentando lì nel bel mezzo della notte sulla base di qualche sospetto, mentre tutti dormivano per non farci vedere. Stavamo andando lì in piena notte per fare vedere loro chi comandasse. In quel momento non stavamo svegliando solo quella famiglia, stavamo tirando giù dal letto un intero villaggio, dimostrando così a tutti che potevamo farlo, che eravamo noi al comando. Eravamo noi che controllavamo tutto quello che succede nel villaggio e che potevamo decidere a che ora svegliare tutti quanti. Siamo andati lì per raccogliere informazioni. E questo ci serviva per rafforzare il nostro controllo: sapevamo dove vivevano, a che ora si svegliavano, in che letto dormiva ogni singola persona. Era il modo di tenere i palestinesi costantemente consci del fatto che saremmo potuti arrivare in qualsiasi momento”.
Mantenere una pressione costante
Una volta lasciato l’esercito Carmel è entrato a far parte di Breaking The Silence e si è reso conto che missioni come quella a cui aveva partecipato nell’inverno del 2015 venivano fatte di continuo. Era solo una parte di una strategia molto più ampia, che consisteva (e consiste ancora oggi) nel far percepire perennemente la presenza dell’occupante.
“L’unico modo per tenere sotto controllo milioni di persone, e questo va avanti da oltre cinquant’anni in Cisgiordania, è quello di intimidirle incessantemente, tenendole in uno stato di paura continua e di violenza, in modo che non alzino mai la testa, che non facciano mai qualcosa che possa anche solo lontanamente rappresentare una minaccia. Come scrivere un semplice post su Facebook, l’obiettivo era di spaventare le persone talmente tanto da farle diventare costantemente terrorizzate delle potenziali ripercussioni che avrebbe generato anche il più piccolo segnale di resistenza o di disobbedienza”, ha raccontato.
Breaking The Silence ha raccolto moltissime testimonianze di cosa voglia dire vivere nella Cisgiordania occupata e non sentirsi più al sicuro all’interno di casa propria. Alcune sono state pubblicate in un report – redatto insieme ad altre due ong, Yesh Din e Physicians for Human Rights Israel – che si chiama “A Life Exposed – Military invasions of Palestinians Homes in the West Bank”. Subito dopo le IDF hanno detto che non avrebbero più condotto queste "mapping missions". Una notizia che ha sorpreso, quantomeno. Di solito l’esercito israeliano non interrompe le sue pratiche militari solo perché è stato pubblicato un report di denuncia. E infatti non era quello il motivo dello stop: semplicemente queste missioni non erano più necessarie, perché lo stesso risultato si poteva ottenere con la tecnologia.
Quando la tecnologia svolge i compiti degli esseri umani
“Da quel momento a Breaking The Silence abbiamo iniziato a ricevere delle testimonianze sull’utilizzo di un’app, Blue Wolf. Dei soldati ci hanno raccontato di aver ricevuto in dotazione dei telefoni dall’esercito, che disponeva di questa applicazione che non era altro che un modo diverso di sorvegliare i palestinesi”, ha sottolineato Carmel.
Questa applicazione – di cui ha parlato anche Amnesty International in un dettagliato report – abbina le foto dei palestinesi scattate dai soldati israeliani a un gigantesco database, dove sono contenuti i loro dati. Una sorta di Grande Fratello dove tutti vengono schedati. Non solo: alcuni militari hanno raccontato che tra le funzionalità dell’app, una lancia di fatto una competizione. Vengono mostrati quanti match ogni squadra riesce a fare e il numero appare poi in una classifica generale: chi ha ottenuto più abbinamenti vince un premio, ad esempio una licenza più lunga nel fine settimana. Una conseguenza? I soldati sono incentivati a scattare quante più foto possibili e a trovare sempre più corrispondenze all’interno della banca dati.
“Le IDF, da parte loro, dicono che Blue Wolf sia un vantaggio anche per i palestinesi, perché rende tutto più efficiente – ha spiegato Carmel – A un checkpoint, per esempio esempio, non devono più aspettare che il soldato controlli manualmente i loro dati, cercando riscontro al database per sapere chi ha davanti, visto che è direttamente l’app a fare tutto in tempo reale. Ma quello che le IDF non ammetteranno mai è che tutto questo serve ad aumentare il controllo, ad avere sempre più dati senza che i palestinesi abbiano alcuna voce in capitolo. Quindi non è che una violazione dei loro diritti”.
L'automatizzazione del controllo su una popolazione è un processo disumano, non c'è dubbio. Questi stessi meccanismi applicati alla guerra sono ancora più tragici.
L'IA durante la guerra
Dal 7 ottobre diverse inchieste giornalistiche hanno raccontato l'orrore del conflitto automatizzato, in cui i sistemi di intelligenza artificiale non rispondono a necessità "etiche e morali" – semmai questo sia possibile in un contesto di guerra – per cercare di limitare l'entità della distruzione e delle vittime civili. Al contrario, l'intelligenza artificiale verrebbe usata meramente al servizio dell'obiettivo militare, per colpire i nemici e neutralizzare le minacce, mettendo semplicemente in conto che degli innocenti diventino danni collaterali.Un software di intelligenza artificiale non ha valori o principi morali, se non quelli che gli vengono insegnati. Una guerra automatizzata è qualcosa di tragico, dove un massacro di civili può avvenire in qualche secondo, al di fuori del controllo umano. Dove potenzialmente è una macchina a decidere chi uccidere, senza che nessuno sia responsabile di quella decisione.E questo sarebbe accaduto anche nella Striscia di Gaza, soprattutto nelle settimane subito dopo il 7 ottobre. Un'inchiesta di +972 Magazine e Local Call ha raccontato come nella prima fase del conflitto sia stato un sistema di intelligenza artificiale a individuare gli obiettivi da colpire, e uccidere.Da quando è scoppiata la guerra a Gaza, diversi soldati hanno contattato Breaking The Silence per raccontare la loro testimonianza: alcune sono in fase di verifica, altre non possono ancora essere pubblicate. L'unica cosa che ci ha potuto dire Carmel, quando gli abbiamo chiesto dell'inchiesta, è stata: "Ha senso che le cose stiano così. Pensiamo all’occupazione: la tecnologia è sempre stata usata per mantenere il controllo su un territorio e una popolazione. Ed è per questo che si cerca di essere sempre un passo avanti con le tecnologie”.
“È molto semplice fare affidamento alla tecnologia, perché ci risulta convincente. Ma commette errori. Lo faceva anche con Blue Wolf. Le tecnologie di riconoscimento facciale, per esempio: più una persona ha la pelle scura, più è probabile che il sistema non la riconosca e la confonda con un’altra. E quando avviene questo, può succedere che qualcuno venga scambiato per un altro e arrestato, anche se non ha fatto nulla. In un contesto di guerra, l’errore ovviamente rischia di fare molti più danni”.Secondo il governo di Hamas nella Striscia di Gaza, dal 7 ottobre sono state uccise oltre 40 mila persone. Mentre la comunità internazionale chiede il cessate il fuoco e il rilascio immediato degli ostaggi ancora nelle mani dei miliziani, una tregua sembra lontanissima.
“Il 7 ottobre è stato traumatico. A Breaking The Silence abbiamo perso delle persone, che sono state uccise quel giorno. Tutto quello che è accaduto poi a Gaza è semplicemente terrificante. E rende più difficile pensare che ci possa essere la pace in futuro: già prima lo era, con l’occupazione, ma ora è peggio. Allo stesso tempo credo che ora si sia aperto uno spazio di discussione, perché è diventato evidente, almeno dal nostro punto di vista, che questo conflitto non si risolve con la forza militare", ha commentato Carmel.
Per poi spiegare: "Dal 1967, ogni governo che si è succeduto ha messo sempre più risorse, sforzi, soldi nell’occupazione. Perché si è sempre pensato che fino a quando si riusciva a mantenere il controllo da un punto di forza, fino a quando non si fossero fatte concessioni, sarebbe andato tutto bene. Ma quello che noi cerchiamo di dire da sempre, e il 7 ottobre l’ha dimostrato, è che non si può pensare di gestire un conflitto del genere per sempre, perché è come una pentola a pressione. Più pressione si mette, più è vicino il momento dell’esplosione. E alla fine questa esplosione c’è stata, va avanti tutt’ora e continuerà a farlo se non si troverà una soluzione a lungo termine che assicuri a tutti libertà, diritti e giustizia".
Infine, il veterano ha concluso: "È molto difficile fare questo tipo di discorsi in circostanze così traumatiche, ma ora abbiamo l’opportunità di convincere la nostra società e la comunità internazionale che l’unica via perché sia gli israeliani che i palestinesi vivano in pace e sicurezza è una soluzione politica”.


31.3.24

Israele, polemiche per lo scatto di una vittima di Hamas che vince il premio "Foto dell'anno" -

 Apprendo  internet    stamattina leggo    che  una  foto     del 7  ottobre  2023    Sta suscitando polemiche in Israele.   il premio vinto dal fotografo palestinese Ali Mahmoud (   foto  sotto     a  destra  ) per la foto (   foto  al  centro  ) 


che ritrae su un pickup il corpo martoriato dell'israeliana Shani Louk (  fotto   sotto    a  sinistra  ) portato via dai miliziani di Hamas il 7 ottobre. "È una delle immagini più importati degli ultimi 50 anni", ha detto però il padre della ragazza in difesa dello scatto.
La foto  vincitrice Il premio Pictures of the Year, gestito dal Donald W. Reynolds Journalism Institute presso la Missouri School of Journalism, include una categoria "Team Picture Story of the Year" che riconosce "lo sforzo collaborativo di uno staff di fotografi che copre un singolo argomento o notizia". Il primo posto è stato assegnato a una selezione di 20 foto della guerra Israele-Hamas scattate dai fotografi dell'Associated Press (AP).La prima foto della selezione è stata scattata da Ali Mahmoud e raffigura il momento terribile in cui il corpo della 22enne Shani Louk viene trasportato sul retro di un camion dai terroristi di Hamas cheridono e se ne prendono gioco. La didascalia recita: “I militanti palestinesi tornano nella Striscia di Gaza con il corpo di Shani Louk, una cittadina tedesco-israeliana, durante il loro attacco transfrontaliero contro Israele, sabato 7 ottobre 2023”

Ora Nonostane io  sia  è chi  mi  conosce   sia   in internet   e  non solo, , un tipo  molto  polemico  , questo  è uno dei casi in cui  non  capisco  dove    siano perchè  tale  foto    che  ha  avuto  il placet  ed i  complimenti  del padre  dellla  ragazza    abbia  creato   tante    polemiche  .  Per  me  non ce ne  sono  .  le  accuse  lanciategli     o direttamente    sono  fallaci e  frutto ella propaganda israeliana  .                                   Alcuni utenti infatti, sostenevano che il fotografo e l'agenzia avessero mancato di rispetto alla vittima e alla sua famiglia scattando foto angoscianti e vincendo un premio per averle mostrate. In particolare, il freelance palestinese Ali Mahmud, autore dello scatto, è stato in seguito accusato da Israele di essere “embedded” con Hamas, di essere stato cioè preallertato dell’attacco e di aver avuto perciò l’occasione di scattare foto di scene terribili, insieme ad altri tre colleghi che poi hanno venduto gli scatti, oltre che ad Ap, a Cnn e Reuters. Contro di lui una causa è in corso, anche se il  reporter ha sempre negato ogni tipo di accusa.o i dirrettamente    visto  che   molti     accusano  . L'Ap e la Reuters - che pubblicarono la foto - furono accusati da parenti della ragazza e da altri partecipanti al festival Nova, dove avvenne il rapimento, di aver impiegato un fotografo che aveva accompagnato i miliziani nell'attacco.    Secondo me  Ali Mahmoud  il  fotografo   in questione  ,  è  un palestinese  di religione  ebraica  (  non necessariamente  sionista )  e  si trovalva  li in quel momento   e ha  colto  l'occasione al  volo  ed  ha  scattato la  foto    Infatti    Nissim Louk, il padre di Shani, è invece intervenuto in difesa dello scatto. Al sito di informazione Ynet, l'uomo ha dichiarato: "È positivo che la foto abbia vinto il premio, è una delle foto più importanti degli ultimi 50 anni. Queste sono alcune delle foto che plasmano la memoria umana, l'ebreo che alza le mani, i paracadutisti al Muro del Pianto, foto che simboleggiano un'epoca. Questa documentazione di Shani e di Noa Argamani sulla motocicletta, simboleggiano quest'epoca. Penso che sia una buona cosa usarla per informare sul futuro. Se comincio a piangere, cosa ne verrà fuori? Questa è storia. Tra 100 anni guarderanno e sapranno cosa è successo qui. Viaggio per il mondo e tutti sanno chi è Shani.

4.12.23

ancora per quanto tempo dovremo leggere storie come queste “Voleva solo fare musica”: se ne va anche Yonatan, il dj rapito da Hamas o di vittime dei bombardamenti israeliani



entrambe vittime della follia della guerra a tutti i costi . Quando il terrrismo si può combattere in altri modi . Cosi si crea un circolo vizioso e lo si alimenta di più .

È morto a Gaza Yonatan Samerano, 21 anni di Tel Aviv, preso in ostaggio da Hamas dopo essere stato ferito durante l’attacco del festival Nova a Re’im il 7 ottobre.

 
 La famiglia della vittima è stata informata dalle autorità israeliane. Samerano stava partecipando come Dj al rave vicino a Re’im la mattina dell’attacco ed è fuggito nel vicino Kibbutz Be’eri dove è stato ferito e rapito. «Jonathan era un ragazzo magico, circondato da amici, un Dj che voleva solo fare musica, crescere, essere felice e viaggiare. Aveva tanti sogni», hanno detto i membri della sua famiglia. Jonathan ha lasciato i due genitori, Kobi e Ayelet e un fratello, Yair.

Leggi anche: La mamma di Noa, rapita da Hamas: “Ho un cancro in stadio terminale, fatemi riabbracciare mia figlia”
Leggi anche: Hamas diffonde video del padre di Kfir che apprende della sua morte e accusa Netanyahu:”Hai bombardato la mia famiglia”



I raid israeliani nel sud della striscia di Gaza

Intanto, la notte fra il 3 e il 4 dicembre è stata una notte di pesanti bombardamenti israeliani anche al sud della striscia, preparando il terreno a una nuova incursione di terra, come riportato dall’Idf. Lo ha confermato domenica pomeriggio uno dei portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, che in una conferenza stampa ha detto che Israele sta ampliando le operazioni miliari contro Hamas «in tutta la Striscia di Gaza».
Nella notte almeno 13 persone sarebbero morte in raid su un edificio residenziale vicino Rafah e presso l’ospedale di Jabalia, secondo fonti palestinesi citate da Al Jazeera.

22.7.17

Criticate Israele per quel che fa. Non per ciò che è Umberto De Giovannangeli Giornalista, esperto di Medio Oriente e Islam


Di Medio Oriente mi occupo da trent'anni. Ma non ho dovuto attendere che i capelli si facessero bianchi per comprendere quanto fosse vera una riflessione lasciataci da un grande giornalista, ahimè scomparso, che il mondo l'aveva conosciuto e raccontato davvero: Sandro Viola."Ho scritto tanti articoli da ogni parte e su tante cose avvenute nel mondo, ma non ho mai ricevuto insulti o plausi. Solo quando mi accingevo a scrivere di Israele avevo la certezza, sempre azzeccata, che sul tavolo del direttore sarebbero arrivate decine di lettere, quasi tutte di critica se non di insulti...".È la verità. Non c'è altro argomento, in politica estera, come Israele che tocchi così tante corde, emozionali e razionali, che susciti polemiche le più aspre, che fomenti divisioni, che militarizzi l'informazione. Sembra non esserci spazio per il dubbio, o si sta da una parte (israeliana) o dall'altra (palestinese) della barricata.E poco vale ricordare, con le parole e le pacate considerazioni di Amos Oz, che il conflitto israelo-palestinese rappresenta una tragedia "dostoevskijana" forse unica al mondo perché a scontrarsi, rimarca il grande scrittore israeliano, non è il "bene" contro il "male", il "torto" contro la "ragione"; l'essenza di questa tragedia è nel fatto che a scontrarsi sono ragioni e diritti altrettanto legittimi: il diritto alla sicurezza e a essere finalmente un Paese normale, per Israele, e il diritto dei palestinesi a vivere finalmente da donne e uomini liberi in uno Stato indipendente, pienamente sovrano su tutto il proprio territorio nazionale, a fianco dello Stato d'Israele.Sembrano affermazioni ragionevoli. Ma così, purtroppo, non è. Chi pensa che una pace giusta, stabile, duratura, altro non possa essere che un incontro a metà strada tra le rispettive ragioni e aspirazioni, nel migliore dei casi è tacciato di "cerchiobottismo", di voler mascherare i crimini degli occupanti (israeliani) ovvero di dimenticare i tanti civili israeliani innocenti massacrati dai kamikaze palestinesi."Nel mio mondo – scrive sempre Oz – la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c'è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte".Quante volte, ormai ho smesso di contarle, nel dar conto di critiche nei confronti di atti compiuti dai governanti israeliani, mi sono trovato (ma non sono il solo) a dover respingere l'accusa più grave, dura, infamante: essere antisemita. Da tempo, ormai, si è fatta strada in una certa parte dell'opinione pubblica e della diaspora che l'antisemitismo moderno oggi si rifletta nell'antisionismo. Soprattutto in Europa.L'accusa è di quelle che fanno male e che impongono una riflessione e interrogarsi con asprezza e sincerità sul lavoro compiuto. E chiedersi e chiedere qual è la frontiera insuperabile. Per quanto mi riguarda la risposta è: Israele può e deve essere criticato, se ve ne siano fondati motivi, per quel che fa e mai, mai, per quello che  per la grande maggioranza dei suoi abitanti e per la diaspora, vale a dire il focolaio nazionale del popolo ebraico.Senza memoria non c'è futuro, ripeteva come monito al colpevole oblio, Elie Wiesel, Premio Nobel per la Pace, da poco scomparso, sopravvissuto ai lager nazisti. E non c'è Paese al mondo come Israele che coltivi, a ragione, la memoria storica con così grande passione e attenzione. La memoria della pagina più spaventosa che l'umanità abbia conosciuto: l'Olocausto.Lo Stato d'Israele, è bene non dimenticarlo mai, nasce da questa immane ferita della quale l'Europa, e non solo la Germania nazista e l'Italia fascista, porta responsabilità. Non è un caso che fino a non molto tempo fa, ogni visita ufficiale di Stato si aprisse con una cerimonia allo Yad Vashem, il Mausoleo della Shoah a Gerusalemme.Ma quando affermo, da amico d'Israele, che Israele può e deve essere criticato se eccede nel diritto, legittimo, alla difesa o se porta avanti la colonizzazione forzata dei Territori palestinesi occupati, rendendo così impraticabile, una soluzione "a due Stati", questo non è antisionismo, tanto meno, antisemitismo.Riporto qui un passo, a mio avviso illuminante, di un lungo colloquio avuto non tanto tempo fa, con il più grande e premiato storico israeliano, il professor Zeev Sternhell:"Il sionismo si fonda sui diritti naturali dei popoli all'autodeterminazione e all'autogoverno. Questi diritti naturali dei popoli valgono per tutti, inclusi i palestinesi. Resto fermamente convinto che il sionismo ha il diritto di esistere solo se riconosce i diritti dei palestinesi. Chi vuole negare ai palestinesi l'esercizio di tali diritti non può rivendicarli per se stesso soltanto.Purtroppo, la realtà dei fatti, ultimo in ordine di tempo il moltiplicarsi dei piani di colonizzazione da parte del governo in carica, confermano quanto da me sostenuto in diversi saggi ed articoli, vale a dire che gli insediamenti realizzati dopo la guerra del '67 oltre la Linea verde rappresentano la più grande catastrofe nella storia del sionismo, e questo perché hanno creato una situazione coloniale, proprio quello che il sionismo voleva evitare.L'immagine può contenere: cielo e spazio all'aperto
Da questo punto di vista, per come è stata interpretata e per ciò che ha innescato, la Guerra dei Sei giorni è in rottura e non in continuazione con la Guerra del '48. Quest'ultima fondò lo Stato d'Israele, quella del '67 si trasformò, soprattutto per la destra ma non solo per essa. da risposta di difesa ad un segno "divino" di una missione superiore da compiere: quella di edificare la Grande Israele".L'esercizio della critica, quando non è strumentale, aiuta a non persistere nell'errore. Ciò vale per i "veri amici" d'Israele come per quelli che si sentono tali verso i palestinesi: essere sotto occupazione non può voler dire disconoscere gli errori, strategici, commessi dalle varie leadership palestinesi nel corso del tempo: non essere riusciti a trasformarsi da capi di un movimento di liberazione a leader di uno Stato in formazione, ad esempio, o l'aver giustificato, o comunque non agito con la necessaria determinazione, quando la resistenza (anche armata) contemplata dalla Convenzione di Ginevra sfociava in terrorismo stragista.Quanto all'Europa, essa non deve chiudere gli occhi o abbassare la guardia di fronte a un insorgente populismo di stampo razzista e xenofobo, che si nutre dell'odio verso l'altro da sé, che concepisce la diversità, etnica, culturale, religiosa, come minaccia e non come ricchezza, e che riaggiorna in questa chiave i pregiudizi antisemiti. Al tempo stesso, però, l'Europa non può e non deve subire passivamente l'accusa, rivoltale dai governanti d'Israele, di essere sfacciatamente filopalestinese (implicitamente intendendo anche antisionista e dunque antisemita) perché critica la colonizzazione o insiste nel considerazione la costituzione di uno Stato palestinese come un elemento essenziale per raggiungere la pace in Terrasanta.Una riflessione in proposito è imposta dalla cronaca e dalla "gaffe" di cui si è reso protagonista nei giorni scorsi il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu:"Penso che l'Europa debba decidere se vivere e prosperare o appassire e scomparire. L'Ue è l'unica associazione di Paesi nel mondo che ponga condizioni politiche ai suoi rapporti con Israele, che produce tecnologia in ogni settore. È folle, è completamente folle".Le parole poco diplomatiche e politicamente azzardate sono state pronunciate Netanyahu nel corso di un meeting a Budapest, a porte chiuse, con i leader del gruppo Visegrad (Polonia, Rep. Ceca e Ungheria). "Folle" si riferisce all'insistenza europea sulla risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Il collegamento con i giornalisti è stato tagliato appena i collaboratori di Netanyahu si sono accorti che i reporter sentivano tutto quello che stava dicendo. Ma prima che ciò accadesse sarebbero filtrate diverse altre dichiarazioni controverse.A proposito dei cambiamenti alla Casa Bianca, Netanyahu avrebbe attaccato l'ex presidente Barack Obama. ''Abbiamo avuto un grosso problema con gli Stati Uniti. È diverso ora. C'è una presenza americana rinnovata nella regione (la Siria e il Medio Oriente in generale, ndr). Questo è positivo'' avrebbe sostenuto Netanyahu, dimostrando di apprezzare il nuovo tono imposto alla Casa Bianca dal presidente Trump. "Siamo d'accordo sullo Stato islamico, non siamo d'accordo sull'Iran".Le critiche sferzanti all'Europa non sono una novità. Ciò che è invece una (sgradevole) novità è che Netanyahu avrebbe espresso anche un chiaro sostegno per la linea anti-immigrazione del gruppo Visegraad, che in questi anni ha alzato recinzioni alle frontiere per bloccare le ondate di profughi provenienti dal Medio Oriente.Il premier israeliano avrebbe detto di credere nella libera circolazione delle merci e delle idee, "ma non delle persone" ed esortato i leader dell'Europa orientale a proteggere i propri confini. Nessuno, nell'entourage di Netanyahu, ha smentito o rettificato queste affermazioni. Fa un certo effetto il sostegno del primo ministro d'Israele al suo omologo ungherese, quel Viktor Orban, che ha fatto della purezza identitaria magiara e del respingimento di persone che fuggono da miseria, guerre, disastri ambientali, il proprio credo politico.Ecco, rilevare questo è una critica a Israele (rappresentato da un premier liberamente eletto) per quel che fa o che dice, e non per ciò che è. L'antisemitismo non c'entra niente ed evocarlo non fa il bene d'Israele.
Huffington Post 20/07/2017

25.6.12

il gay pride non sono solo esisbizionismo od ostentazione





Ogni qual volta che ci sono manifestazioni come i gay pride scoppiano le consuete polemiche per fortuna minoritarie ma ur sempre discriminatorie . Come dicevo dal titolo tali manifestazioni non sono solo , come possono sembrare all'apparenza ( e d'essa ingannati , come succedette al sottoscritto , per gay pride del 2000 , ipotesi poi cambiata dopo aver conosciuto i ragazzi del MoS-movimdento omosessuale sardo -- presenti nella sua facoltà e dopo aver visto il film philadelphia diretto da Jonathan Demme ed interpretato da Tom Hanks. ) depravazione ed esibizionismo Se addirrittura il portale Google di solito molto conservatore ha : 

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Genova - Ennesimo “tiro mancino” di Google, che per celebrare l’orgoglio omosessuale fa ai navigatori un regalo nascosto: digitando le parole “Gay Pride”, “Lgbt”, “Gay”, “Lesbian” e “Ny City Gay Pride”, sotto alla casella di ricerca apparirà una cornice variopinta nei colori dell’arcobaleno.
Questo “easter egg” - letteralmente “uovo di pasqua”, come vengono chiamati i contenuti “bonus” che i programmatori nascondono nei loro software - è un omaggio che il colosso di Mountain View ha fatto alla comunità omosessuale in occasione del Gay Pride che si è tenuto a New York domenica 24 giugno, e che attesta nuovamente la sua già manifesta posizione nei confronti dei diritti omosex.
Solitamente “riservato” dal punto di vista dell’ideologia politica, nel 2008 Google ha fatto un’eccezione ed è “sceso in campo” per dichiarare pubblicamente l’opposizione alla California Proposition 8, il referendum che si è tenuto il 4 novembre 2008 in cui si chiedeva l’abolizione del diritto al matrimonio per coppie omosessuali. Lo stesso Sergey Brin firmò il post pubblicato nel blog: «Ciò che spinge Google a opporsi pubblicamente alla proposta è l’effettoagghiacciante e discriminatorio che avrebbe su molti dipendenti. Anche se rispettiamo entrambi i punti di vista sulla proposta, riteniamo comunque che si tratti di una fondamentale questione di uguaglianza».
«Speriamo che gli elettori della California - si concludeva il post - non votino per la Proposition 8, perché non si dovrebbe eliminare il diritto fondamentale che tutti hanno, a prescindere dalla loro sessualità, di sposare la persona che amano».Leggi l'articolo completo: Google rende omaggio al Gay Pride | High Tech | Il Secolo XIX

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Ora cercando in rete articoli su tale eventi ho trovato questo qui 
di Riccardo Ghezzi © 2012 Qelsi

Esposto un cartello contro Israele al gay pride di Roma. Perché non vanno a sfilare a Teheran?
23 giugno, 2012 


In mezzo a una selva di bandiere di Sinistra e Libertà, che già di per sé non risultano anomale in una manifestazione teoricamente apolitica come il gay pride, spunta il cartello “Boicotta il turismo in Israele.
La foto immortala un momento del gay pride che si è svolto a Roma, e ci suscita alcuni interrogativi.
Come mai i gay se la prendono con Israele, unico Paese del medio-oriente a non considerare l’omosessualità fuorilegge?
Hanno forse paura di esporre cartelli contro l’Iran e altri Paesi islamici nei quali è prevista la condanna a morte per gli omosessuali?
Lo sanno, i signori del gay pride, che gli omosessuali palestinesi sono costretti a fuggire in Israele per non rischiare il carcere?
Una manifestazione così carnevalesca che chiede uguaglianza mentre ostenta diversità non è già sufficientemente poco credibile, senza bisogno di rovinarla ulteriormente con proclami e bandiere politiche che denotano in primis grande ignoranza sulla situazione stessa dei gay nel mondo?
Per la cronaca, lo scorso 8 giugno si è tenuto un gay pride a Tel Aviv, ancor più pomposo e partecipato di quello di Roma.
Probabilmente nessuno ha esposto un cartello con l’invito a boicottare Israele. Sarebbe stato il colmo.
Ma se i gay che hanno sfilato a Roma detestano Israele, potrebbero compiere un gesto di estremo coraggio: organizzare un gay pride a Teheran. Portando anche il cartello anti-Israele, se vogliono.
Lo attendiamo per il prossimo anno



Ora può darsi che abbia ragione che il gay pride sia di una sola parte politica e culturale , perchè sono convinto che tali manifestazioni debbano essere di tutti\e e al di spora delle ideologie , cosi come la lotta con la stupida e l'ignoranza omofoba . Ma l'articolo in se non è completamente obbiettivo perchè : 1 afferma che la sinistra odia israele senza spiegarne il perchè . Infatti Come boikottavamo il turismo in sudafrica e i diamanti durante l'apartheid, << Secondo Massimo Mele leader del Mos >> oggi si chiede di boicottare il governo di destra israeliano che ha rinchiuso la palestina in un immenso lager a cielo aperto. Io sono stato 7 volte in Palestina e diversi mesi a Tel Aviv con Queer for peace, la rete internazionale gay, lesbica trans contro la guerra e abbiamo fatto diversi workshop con i bambini palestinesi sulla diversità. Sono il primo a dirti che Israele non rispetta le risoluzioni dell'ONU, che le colonie sono avamposti di guerra totalmente illegali (condannati anche dall'Europa e dagli USA), che la politica israeliana di distruzione delle organizzazioni laiche palestinesi e il suo sotegno a quelle fondamentaliste ha provocato la vittoria d hamas ecc ecc ecc. 2 )   mostra il pride solo ed esclusivamente come qualcosa di depravato quando << Il pride è una manifestazione per la liberazione da tutte le oppressioni come quella di Israele sulla Palestina, o quella dei fondamentalisti musulmani sulle donne e sui gay. >>. Informazioni parziali sulla Palestina  . Ecco che  chiacchierando  ho  ho chiesto a Massimo : << fra le tante discriminazioni israeliane ( ovviamente senza generalizzare perchè anche fra israeliani ci sono tipi che sono contrari a queste cose commesse dal loro stato ) verso i palestinesi c'è anche questa . Lo sanno, i signori del gay pride, che gli omosessuali palestinesi sono costretti a fuggire in Israele per non rischiare il carcere? >>  .
Lui  <<   Cosa che è vera, la società palestinese, da 50 anni sotto occupazione e in lotta per l'esistenza, non ha avuto grandi possibilità di sviluppare una cultura di rispetto delle differenze, in più, la politica israeliana di annientare le organizzazioni laiche, come il Fronte popolare per la liberazione della palestina, ha permesso ai fondamentalisti di salire al potere in seguito al disgusto per la politica dell'OLP di Arafat che era pieno di persone corrotte e che collaboravano con Israele. Quindi, una mentalità un pò arretrata, come la Sicilia di una ventina di anni fa, un'occupazione militare che crea disoccupazione e miseria e impossibilità a spostarsi da una città all'altra per i check point ed il muro. Non cercheresti anche tu di fuggire verso Tel Aviv??? Cmq in Palestina non rischiano nessun carcere, vige la legge Giordana in materia e non c'è nessuna illegalità nell'omosessualità. Rischiano però discriminazioni, aggressioni e allontanamenti dalla famiglia, a volte anche violenti .



15.3.09

Per non dimenticare.... - 1

Rachel Corrie


16 marzo 2003 ore 16:57 - Gaza


 bulldozer_corrie.jpg

















Io vissi in una terra


la mia terra lo stesso mare


La "Terra del Sole" lo stesso cielo


La "Terra Santa" lo stesso mare


Da noi la chiamano MAFIA


" ...A corromperlo fu la fede nelle menzogne,
un delirante autoinganno la regola di vita."


Da voi non potete nemmeno chiamarla. Se dite Israele non è giusto se li chiamate ebrei non è vero, il MALE il CRIMINE l'INFAMIA non ha stato non ha bandiera non è mio non è tuo nostro è il sangue, nostro il dolore le lacrime.


Lo stesso sole sotto lo stesso cielo e lo stesso mare che ci bagna ...........


Per non dimenticare Rachel Corrie.






 

C'è un muro a San Francisco con facce dipinte a cui puoi dare un nome
In mezzo a questo gruppo di eroi c'è una faccia che segna la vergogna
Di un'occupazione brutale che nega i diritti di un popolo
Ed il coraggio di una giovane donna che lottava contro corrente

Ponete fine all'occupazione, nuova speranza per la Palestina
Migliaia di grida intorno al mondo,
Pace e Giustizia nei nostri tempi

Rachel Corrie aveva 23 anni quando lasciò la sua casa ed i suoi amici
Da Olympia alla Palestina, dove trovò la sua tragica fine
Nella piccola città di Rafah in un fatidico pomeriggio
Un grande bulldozer in movimento, che stava demolendo un'altra casa

Non c'era nulla di speciale nella città di Rafah quel giorno
Le stesse cose accadono ogni settimana, da Betlemme a Ramallah
Bambini assassinati sul terreno per il crimine di aver gettato pietre
Soldati ai checkpoint, che tengono le persone lontane dalla propria casa

Rachel Corrie aveva una coscienza, che le fece tener duro
Quel bulldozer le passò proprio addosso, e sbattè il suo corpo a terra
L'hanno portata all'ospedale, dove è morta quella notte
E i suoi genitorni l'hanno pianta ogni giorno ma ancora continuano la lotta

Ed ora c'è un altro muro a recintare la volontà di un popolo
Tiene i bambini lontani dalle scuole e i contadini lontani dai campi
Adesso spetta a voi e a me, altrimenti Rachel sarà morta invano.
Lotteremo insieme per tentare di porre fine al dolore?


The Ballad of Rachel Corrie- the Gram Partisans


POWER POINT: Rachel Corrie volontaria uccisa dall'esercito israeliano


 

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...