Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
11.3.25
1.2.25
anche le donne sono stalker e commettono violenze sugli uomini .
agli analfabeti funzionali e ai maschi alfa non fermatevi al titolo ma leggete tutto l'articolo
Caro Ulisse ,
ignorare o sottovalutare la violenzadelle donne, oltre a determinare un vuoto nelle
riflessioni teoriche e nei dati empirici relativi a una struttura relazionale evidentemente diffusa,
comporta anche il rischio di sottovalutare la necessità di interventi preventivi e di trattamento per tutte le vittime,sia uomini che donne. Non ti pare?
Antonio
Carissimo Antonio, mi trovi assolutamente d’accordo.Dobbiamo superare questo tabù che considera le donne angeli del focolare, creature delicate e dolci e quindi incapaci dicommettere violenze. Guarda ad esempio a copertina qui a sinistra di “Giallo” di questa settimana: c’è Alessia Pifferi, donna e mamma, che ha lasciato morire di stenti la sua bambina. C’è Rosa Vespa, una signora di 51 anni che voleva un bambino, ha !nto una gravidanza e ha rapito quello di un’altra donna. C’è Amanda Knox, che pur di levarsi d’impiccio in un interrogatorio che la stava stancando, ha calunniato Patrick Lumumba, il suo datore di lavoro e amico,
accusandolo di omicidio. E non gli ha mai nemmeno chiesto scusa! E poi la scorsa settimana ci siamo occupati di Chiara Petrolini, 22 anni, capace di nascondere due gravidanze, di uccidere due neonati e di seppellirli nel cortile di casa. E della professoressa che molestava gli alunni in una “saletta” nel modo più subdolo e perverso possibile. Come si può negare che la cattiveria e la violenza siano anche nell’animo delle donne? C’è un grande equivoco, in questi anni. Gli uomini temono che l’attenzione per i femminicidi metta sotto accusa tutta la categoria maschile. Si sentono toccati tutti, ci tengono a dire che loro sono “bravi”. Come se l’immagine degli uomini fosse messa in pericolo dall’innegabile presenza del fenomeno.
Spesso ti rispondono: ma anche le donne uccidono gli uomini.Ecco, sì, può capitare, ma molto più raramente. Perché gli uomini sono più forti fisicamente, ma anche perché di solito levittime sottomesse sono più facilmente femmine. Nel femminicidio scattano meccanismi di possesso e di volontà di prevaricazione che affondano le loro ragioni in qualcosa che ci
santo. Abbiamo decine di madri assassine, abbiamo ragazze che hanno ucciso i genitori, o le amiche, e per!no qualche serial killer femmina. E anche senza arrivare a questi estremi,molte donne maltrattano i loro compagni, i loro figli, sfruttano le persone, rubano, truffano, mentono, sono vendicative,stalkerizzano e tutto il resto. Per questo diciamo che siamo tutti uguali, nel bene ma anche nel male.
Non è una gara a chi è più buonoo più cattivo , e loro : non siamo a scuola con le due liste sulla lavagna . Questa “guerra” tra uomini e donne non ha e non dovrebbe avere davvero senso. Siamo tutti sulla stessa barca, tutti interessati a che sia fatta giustizia e che ci sia rispetto da ambo le parti . A prescindere da che sesso abbia chi commette violenza.
28.10.24
Genitori non vogliono fare vedere ai figli “Il ragazzo dai pantaloni rosa”. il film contro l’omofobia scatena reazioni omofobe
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una scena del film |
Quegli insulti erano sorretti dall'impalcatura della indifferenza che è la forma più subdola della violenza.Io non so se dietro quel gruppo rumoroso c'è l'assenza di quella educazione primaria che spetta alla famiglia.Il bisogno di affiliazione e, dunque, la necessità di fare parte di un gruppo può portare, specie in età adolescenziale, a fare o a dire cose che un genitore magari manco immaginerebbe mai dal proprio figlio.Ma in quel contesto, anch'esso educativo, chi ha fallito è stato quell'adulto, incapace di gestire la situazione e rimettere ordine, probabilmente non avendo avuto tempo o voglia di preparare la platea dei partecipanti. venendo, comunque, meno all'esercizio del ruolo che ricopre.Si parla di educare all' empatia e ci si mostra incapaci di farlo, permettendo di calpestare in modo impietoso la memoria di chi non c'è più e, soprattutto, un' attività di sensibilizzazione collettiva, portata avanti da chi ci crede ostinatamente.Mi piacerebbe che chi continua a negare l'omofobia in questo Paese prendesse spunto da quanto accaduto per rivedere il proprio pensiero e regolare il proprio agito.Perché la parola non è un concetto vuoto.La parola è viva ed uccide.Io, di certo, non mi piego.Anzi, continuerò più forte di primaMio figlio non c'è più ma l' #omofobia a quanto pare si!
non so cos'altro aggiungere in quanto due parole sono poche e una è troppo . quindi chiudo qui con questo è tutto alla prossima
27.9.24
“Verifica dell’età in Internet” Ma vale solo per i siti porno Prevede indicazioni da Agcom: tra le ipotesi, introdurre un codice previa identificazione. Ma chi mai ammetterebbe di richiederlo per siti hot ?
Chi ha partorito tale cosa dev'esseremqualcuno poco avezzo : alla psicologia delle masse Infatti << quale italiano andrebbe mai a farsi identificare presso un centro per la verifica dell’età o potrebbe richiederla in qualsiasi altra forma se dovesse servire solo per la consultazione dei siti porno? Nessuno, o molto pochi >>. Infatti esso è ancora un tabù, partendo dalla certezza che il porno è ancora un fatto estremamente privato, più privato del sesso stesso. Perché il porno è un po’ come il denaro: non sta bene parlarne apertamente . Ma sooprattutto il fatto che si posso mettere divieti o sistemi per bloccare l'accesso ma tanto ila fascino del proibito attira sempre e si escogitano sempre mezzi alternativi legali \ o meno per bypassarlo . Esperienza di uno che ha iniziato a prima a leggere e poi a vedere la pornografia da 9\10 anni . Ci vorrebe invece un educazione fin all'infanzia all'effettività, alla diversità sessuale ( quellla che i retrogradi chiamano gender ) e poi da 14\15 al sesso vero e proprio . Non probizionismo che non serve a niente . Infatti secondo
IL FATTO QUOTIDIANO 27\9\2024
PARTIAMO DALLA NORMA:
si dice che “è vietato l’accesso ai minori a contenuti a carattere pornografico, in quanto mina il rispetto della loro dignità e ne compromette il benessere fisico e mentale, costituendo un problema di salute pubblica”; poi che “i gestori di siti web e i fornitori delle piattaforme di condivisione video... sono tenuti a verificare la maggiore età degli utenti” e che “l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni stabilisce... le modalità tecniche e di processo per l’accertamento della maggiore età assicurando un livello di sicurezza adeguato al rischio e il rispetto della minimizzazione dei dati personali”. A essa, anche la vigilanza sulla “corretta applicazione del presente articolo”.
Le proposte in campo sottoposte a consultazione pubblica, sono diverse, alcune già escludibili per limiti intrinsechi di privacy o di tecnologia: si va dalla scansione della carta d’identità al controllo incrociato con i database dell’anagrafe, dal riscontro con la carta di credito e gli istituti finanziari alla verifica tramite numero di cellulare. Ognuna di queste ha un grosso margine di difficoltà.
Restano allora due ipotesi realmente applicabili, entrambi lascerebbero fuori la questione identità limitandosi a fornire alle piattaforme il dato sulla sola età. La prima è quella della “Age estimation”, la stima dell’età attraverso l’intelligenza artificiale utilizzando ad esempio un autoscatto, che porrebbe però il problema del riconoscimento biometrico, o tramite raccolta e analisi dei dati, che però potrebbero anche essere fallaci o peggio ancora invogliare alla profilazione dei minori, vietata dal Dsa, il Digital Service Act europeo.
La soluzione più quotata sembra quindi essere quella verifica effettuata in modo “forte” da un ente terzo (un istituto finanziario, una società di telecomunicazioni, un erogatore di servizi al cittadino, pure il tabaccaio o lo sportello postale): l’utente deve farsi riconoscere da questo ente indipendente come maggiorenne (ente che avrà quindi la responsabilità di eventuali errori o violazioni) e gli sarà fornito un codice, un token, da inserire sulle piattaforme come prova della maggiore età.
I documenti della consultazione Agcom lo descrivono come un processo che permette alle piattaforme di non conoscere l’identità dell’utente e all’ente certificatore di non sapere quale piattaforma si visiterà.
Sarebbe anche vero, non fosse che il decreto Caivano come dicevamo, stabilisce quest’obbligo solo per i siti porno. La domanda allora è: quale italiano andrebbe mai a farsi identificare presso un centro per la verifica dell’età o potrebbe richiederla in qualsiasi altra forma se dovesse servire solo per la consultazione dei siti porno? Nessuno, o molto pochi. Il progetto, rischia così di fallire a tavolino e e soprattutto si spreca un’occasione importante.
28.7.24
DIARIO DI BORDO N 66 ANNO II . rita atria 20 anni dopo ., Diritti «Ero single a 40 anni e ho deciso di fare due figli da sola» ., Sessualità Andreina, imprenditrice del sex tech ., Il caffè del marinaio: storia e ricetta della bevanda nata sui pescherecci marchigiani .,
tra fb e ed i portali di : bing \ msn.it , di mozzilla firex fox .

a figlia unica di genitori separati, sognavo di costruire una famiglia numerosa. Arrivata a 40 anni, però, mi sono resa conto che la vita mi stava riservando tante soddisfazioni, ma non un compagno né tantomeno un figlio», così Katia Minniti Berard, imprenditrice 50enne, rintraccia l’origine della sua decisione di ricorrere alla fecondazione eterologa per diventare mamma. Dopo la fine di una storia importante, mossa dal desiderio di maternità, grazie a un’attenta ricerca ha preso consapevolezza di poter avere un figlio anche da sola. Così, 10 anni fa, è volata verso la Spagna, ai tempi l’unico Paese che garantiva l’anonimato del donatore, dettaglio per lei fondamentale.«Mi sono accorta che mi avvicinavo alle relazioni per la fretta di avere un figlio, sollecitata dal mio orologio biologico. Ben presto ho capito che non era un atteggiamento sano, potevo rischiare di metter su famiglia con la persona sbagliata, allora ricorrere alla fecondazione eterologa mi è sembrata la soluzione migliore», racconta lei. E così è stato: facendo fecondare i suoi ovuli dallo stesso donatore e crioconservando gli embrioni, ha dato alla luce Teodora e Martino, rispettivamente di 9 e 4 anni, con cui vive in una casa immersa nella campagna romana, tra i colori vivaci e le emozioni forti di una famiglia per niente tradizionale, ma tanto accogliente e viva. monogenitoriali, con bambini adottati o senza figli – nel suo progetto Album di famiglia che, fino al 25 agosto, insieme ad altri lavori sul tema, è in esposizione al
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Foto di Noemi Comi |
Andreina, imprenditrice del sex tech: «Sono single, gli uomini mi dicono: “Come faccio a raccontare che sto con una donna che fa questo lavoro?”»
uno dei settori industriali più in espansione a livello mondiale. Entro il 2026, secondo l’Osservatorio Global Sexual Wellness
Market, il mercato dei sex toys e del sex tech raggiungerà i 125,1
miliardi di dollari: erano «solo» 62 miliardi nel 2020. Secondo le stime
dell’Osservatorio Dafne, in Italia questo mercato vale invece 600
milioni di euro, in crescita grazie ai nuovi e-commerce che garantiscono
velocità e anonimato. Ma il merito va soprattutto alla sempre più
diffusa sensibilità verso il benessere
sessuale e l'esplorazione del piacere che stanno guidando un forte
cambiamento nella percezione sociale degli oggetti erotici e della
sessualità.
In questo ramo di industria, anche l'imprenditoria femminile si sta ritagliando uno spazio di tutto rispetto. Sempre più donne investono sul benessere sessuale e nella produzione di sex toys, gadget, oggetti per il piacere per single e coppie.
Tra queste imprenditrici «illuminate» c'è Andreina Serena Romano, 42 anni, fondatrice e CEO di Twilo, start up di sex tech con sedi a Potenza e Taranto.
Con
un BA in International Business alla Nottingham Trent University e un
master in Politiche di sviluppo del made in Italy, Andreina Serena
Romano tiene anche la vicepresidenza nazionale di Confinternational,
associazione dedicata all'espansione delle micro e piccole imprese
Italiane nel mondo. Il suo sogno era quello di creare un’azienda capace
di realizzare oggetti che potessero dare piacere ma che fossero anche di
design. Qualche anno fa è diventato realtà.
Andreina Serena Romano nel suo ufficio
Oggi Twilo (acrostico che sta per Twist e Love) è un brand composto quasi interamente da donne, (4 dipendenti full time e 10 persone che collaborano part time per la Ricerca
& Sviluppo ingegneristico), ha un brevetto registrato, vende in
tutta Italia e punta a espandersi anche sul mercato europeo con un
progetto speciale dedicato al mondo dell'hôtellerie. Lo scorso anno ha
vinto la quinta edizione dell’Oscar dell’Innovazione e il Premio Angi è stato consegnato a Roma dall’Associazione nazionale giovani innovatori.
E
pensare che i primi passi risalgono appena al 2016, «quando analizzando
vari mercati, mi sono resa conto che nel campo dei sex toys, in Italia,
non c'era praticamente nulla di elegante, di design, di un po' smart,
anche da indossare. Abbiamo quindi iniziato a lavorare su un primo
prodotto che voleva essere proprio un sex toy wearable.
Non lo abbiamo ancora lanciato, però nel 2017 è stato brevettato. Da lì
in poi abbiamo fatto evolvere la società iniziando a lavorare su varie
categorie di prodotti», spiega la CEO.
Ma perché investire proprio sui sex toys?
«Perché
è un settore in cui si riesce a lavorare bene e avere dei buoni
sbocchi. L'idea era quella di creare qualcosa che potesse dare piacere
alle persone, renderle naturalmente più felici. Ed era anche una grande
sfida: come donne volevamo portare avanti l'idea di un piacere sessuale
legato al benessere, qualcosa che tutti possono provare senza vergogna e
senza tabù, poichè parte integrante della salute generale».
Donne che si rivolgono ad altre donne?
«Non solo. I nostri prodotti possono essere usati anche dagli uomini o in coppia:
la libertà è l’unica regola che conosciamo. Tutti i prodotti sono
creati con materiali sostenibili, esclusivi e tecnologici, a partire da
una gamma di preservativi vegani, dove il lattice è solo di origine
vegetale. Nel corso degli anni abbiamo studiato sex toys con forme e
caratteristiche in grado di attivare nel modo più efficiente possibile i
centri del piacere e soddisfare i bisogni sessuali sia degli uomini che
delle donne. Non per nulla la ricerca e lo sviluppo è il nostro punto
di forza».
Dove vengono prodotti gli articoli di Twilo?
«Una
pre-produzione, che è quella legata ai metalli, alla parte di
lavorazione orafa che interessa la struttura dei micro stimolatori,
viene realizzata nel napoletano, in Campania. La parte dei siliconi e
delle plastiche ABS per il corpo viene invece seguita da un'azienda che
si trova nella cosiddetta “valle dei sex toys”, che non è in Italia,
bensì a Hong Kong, poiché in Italia non esistono aziende che lavorano il
silicone sui grandi numeri. Ci limitiamo quindi a seguire qui tutta la
parte di prototipazione mentre poi in Cina lavorano sugli stampi da noi forniti e realizzati nel tarantino».
Alcuni dei prodotti Twilo
Quali sono i vostri pezzi più venduti e che tipo di interesse c'è per gli acquisti online?
«Online c'è interesse principalmente per i mini stimolatori,
piccoli, colorati, molto ludici, semplici da utilizzare e ideali per
chi si avvicina per la prima volta al mondo dei sex toys. Poi ci sono i massaggiatori come Tito e Augusto, ergonomici, anatomici, con un design che piace tantissimo. Poi c'è Cesare, stimolatore per il punto G: semplice, lineare, molto elegante, apprezzato proprio per la forma. Ancora in fase di test, c'è invece la collana Afrodite,
decorata da un bullet, che lanceremo in Italia in quattro bagni di
colore: Silver, Silver Gold, Rose Gold, e Black Metal, quale prima
collezione di sex jewels Twilo. Abbiamo presentato il prototipo di
Afrodite in anteprima ed è piaciuta soprattutto ai ragazzi dai 20 ai 27
anni e agli uomini in generale, perché è molto d'impatto: una catena
immaginata proprio per sdoganare l'idea che il sex toys può portarlo
anche un uomo».
Augusto, Cesare, Tito, Afrodite… Perché questi nomi?
«L'idea era quella di dare dei nomi legati al mondo dell'antica Grecia
e di Roma, nomi di grandi condottieri, imperatori, dee. Volevamo dare
l'idea di qualcosa di forte, di importante, di epico, che faccia stare
bene. Ora come ora, stiamo anche realizzando un'App,
con l'aiuto di un'azienda tecnologica di Potenza per impostare
funzionalità che permetteranno di usare da remoto alcuni prodotti. Nel
momento in cui si utilizzeranno con una persona, l'App permetterà di
parlarsi, di guardarsi, di mandare delle reazioni e in generale di
condividere quel momento in maniera più piacevole e passionale».
Qual è il punto di forza dei prodotti Twilo rispetto ad altri sex toys sul mercato?
«Siamo
un'azienda che disegna e progetta ogni prodotto e questo ci permette di
creare dispositivi innovativi e diversi sia nel design, sia
nell'utilizzo. Avendo delle risorse che lavorano solo ed esclusivamente
su questo riusciamo a creare prodotti esclusivi. In più, abbiamo la
possibilità di modificarli e personalizzarli grazie all'attività dei
nostri ingegneri e designer».
Com'è stato recepito a Potenza e dintorni un progetto di business femminile rivolto al mondo della sessualità?
«Le
reazioni non sono state del tutto positive. Purtroppo, quando è una
donna a fare queste scelte imprenditoriali, bisogna scontrarsi con molti
retaggi culturali. C'è ancora chi pensa che - nonostante tu crei
prodotti e fai Ricerca e Sviluppo con ingegneri designer - stai sempre e
comunque trattando qualcosa che ha a che vedere con il mondo della
pornografia. Pensano che chi lavora in questo ambito non lo faccia con
serietà e professionalità, quando in realtà si tratta di un'azienda che
sta facendo business come tutte le altre e con prodotti che sono dei
normali dispositivi per il piacere».
Come affrontate questi pregiudizi?
«Invece
di restare stabili a Potenza, abbiamo deciso di spostarci anche su
Taranto, in Puglia, dove invece abbiamo avuto un'accoglienza ottima: le
persone si sono dimostrate molto interessate ai prodotti e abbiamo
organizzato degli eventi
di presentazione che hanno riscosso un grande successo. Sono venuti a
conoscerci, hanno guardato, hanno acquistato, hanno voluto parlare di
sessualità. In generale, abbiamo visto un approccio veramente differente
rispetto ad altre regioni - come la Campania o la Basilicata - dove è
complicato parlare e fare passaparola, perché tutti provano vergogna e
imbarazzo ad affrontare certi argomenti».
In cosa vi state specializzando?
«Nella
produzione di accessori per la stimolazione piuttosto che per la
penetrazione. Lavoriamo molto anche per le spose. Creiamo dei kit speciali per l'addio al nubilato e kit dedicati alla sposa. Il bridal kit,
per esempio, è una box che comprende vari oggetti tra cui stimolatori,
preservativi, spillette e dadi personalizzati. Qualcosa di simile la
stiamo facendo anche per il mondo dell'hôtellerie: siamo stati fra i
primi a lanciare un Courtesy Kit e adesso stiamo lavorando proprio per
il posizionamento all'interno dei boutique hotel.
Contiene preservativi, una mascherina e un mini stimolatore
personalizzabile. Al momento stiamo lavorando sull'Italia, ma abbiamo
intenzione di espandere il progetto anche in Portogallo, in Grecia e in
Romania. Un'idea curiosa, frutto purtroppo del mio essere una donna
single…».
Perché «purtroppo»?
«Tutte le volte
che mi piaceva qualcuno e ho voluto iniziare a stringere in modo un po'
più serio la relazione, mi sono ritrovata davanti a esclamazioni del
tipo: "Ma io come racconto che sto con una persona che fa questo?“
Mi è già successo due volte, la terza ho tagliato subito appena mi sono
resa conto che sarebbe finita ancora nello stesso modo. Ogni volta
chiedo: ma perché non facciamo un passo avanti? Potremmo fare insieme
questo o questo … Poi vedo la reazione e capisco tutto. Uno mi ha
persino detto: «Ma io come lo spiego a mia mamma il lavoro
che fai? Il dispiacere che provo è lo stesso che possono provare anche
le ragazze che lavorano con me e che magari subiscono i medesimi
pregiudizi. C'è chi guarda già con un certo occhio una donna che fa
l'imprenditrice, se poi la sua è un'azienda sex tech diventa tutto più
difficile. Ma non si può non dire che produciamo accessori erotici,
perché chiaramente è questo quello che facciamo. Tuttavia gli uomini e,
in generale, anche altre persone vivono male questa realtà. Per me,
quindi, è stato veramente difficile affrontare delle relazioni.
E oggi sono sola, single e viaggiando spesso per lavoro, e sostando in
albergo, so che può capitare talvolta di incontrare qualcuno che piace.
Detto ciò, mi sono resa conto che è difficilissimo trovare dei
preservativi, considerato che la protezione viene comunque prima di
tutto. Mi è quindi venuto questo pallino di creare questo Courtesy Kit
da proporre alle catene di alberghi».
Storie
potenzialmente importanti, quindi, che si sono subito arenate a causa
di persistenti pregiudizi attorno al business del sex tech. Ma davvero è
possibile tutto questo?
«Il punto è che il mio lavoro viene inteso come un'attività ludica e poco seria. Agli occhi
degli uomini con cui ho tentato costruire una relazione - ma anche di
altri e altre in generale - io non sono una vera imprenditrice che ha
avviato un progetto di business con tutti i criteri necessari, incluso
un considerevole investimento economico. E parliamo comunque di uomini
con un alto livello di educazione scolastica, con una professione
importante, ma che vivono questa mia attività con imbarazzo al punto da
porsi il problema di come presentarmi in pubblico se avessimo formato
ufficialmente una coppia».
Tabù, cliché, pregiudizi… C'è speranza per un cambiamento culturale?
«Io
vivo di fiducia e di ottimismo. Bisogna mantenere sempre alta la
possibilità di raccontare determinate cose e quando alle persone parli,
spieghi, racconti, a un certo punto iniziano ad ascoltarti, a capire,
iniziano a vivere in un altro modo. Non ci sarà forse un cambiamento
epocale, ma da qui a 5 anni si potranno vedere di certo i frutti del
cambiamento imposto dalle nuove generazioni, già molto avanti nel
parlare di affettività, di sessualità, di benessere. Sono loro che ci
aiuteranno in questo passaggio».
Lei continua a credere nell'amore?
«Io
credo tantissimo nell'amore. Sono un'emotiva romantica, mi batte il
cuore in continuazione. Anche per questo i nostri prodotti non sono
chiamati semplicemente sex toys ma Love Toys: il concetto di amore per noi è fondamentale. Eppure è difficile oggi riuscire ad avere una relazione, anche perché le
persone non sono pronte, non hanno voglia, non hanno il tempo di
gestire l'affetto. Vedo una difficoltà generale proprio a dedicarsi
all'amore e alle relazioni monogame. Invece è proprio
attraverso questo stato di passione, di emotività e di meraviglia
reciproca che si può accedere davvero al piacere. L'amore regola tutto».
.......
Il caffè del marinaio: storia e ricetta della bevanda nata sui pescherecci marchigiani
affè del marinaio si beveva all’interno delle imbarcazioni del medio Adriatico, nel sud delle Marche. Un mix di caffè, rum, distillati locali all’anice da bere caldo secondo la tradizione. Ma c’è anche chi lo propone nei cocktail
Un caffè rinforzato nato in ambienti marinai nel medio Adriatico, dal gusto robusto e dal tenore alcolico sostenuto. Pariamo del caffè del marinaio, una preparazione che è nata a bordo dei pescherecci marchigiani per poi diventare rito di ogni fine pasto. Non c’è ristorante, bar e trattoria tipica di pesce nella zona di San Benedetto del Tronto, località di mare nel sud delle Marche e importante porto peschereccio, che non serva in maniera tradizionale questa bevanda calda. Anche d’estate. Vi raccontiamo la sua storia ed evoluzione.
Il caffè del marinaio: perché si chiama così
Per scoprire le origini del caffè del marinaio si deve tornare agli inizi del ‘900 con l’avvento del peschereccio a motore. Infatti la storia del caffè del marinaio è legata al progresso di quegli anni. E proprio a San Benedetto del Tronto il 26 maggio 1912 venne varata la prima imbarcazione a motore d’Italia. Il peschereccio San Marco entra dunque nella storia. Visto che i viaggi iniziavano ad essere più lunghi nasceva l’esigenza di portare a bordo generi alimentari di lunga conservazione e capaci di ristorare nei rigidi inverni l’equipaggio. Dunque liquori, distillati e ovviamente caffè fatto rigorosamente con la moka. Bastava correggere il caffè con tutto ciò che si aveva a disposizione ed ecco che nasce il caffè del marinaio, momento di ristoro dopo le lunghe e faticose giornate a mare.

La ricetta del caffè del marinaio e come si beve oggi
Non c’è una ricetta codificata del caffè del marinaio: ogni famiglia custodisce la sua. Non si può prescindere dal caffè fatto con la moka a cui si aggiunge un insieme di alcolici come rum, mistrà (una versione locale di distillato all’anice, ve ne abbiamo parlato qui), oppure Varnelli o Meletti, e c’è anche chi aggiunge il Caffè Borghetti. Oggi si consuma a fine pasto, servito in un bricco portato ad ebollizione e con i famosi cantuccini da intingere.

Il caffè del marinaio in bottiglia
Nonostante il caffè del marinaio non abbia una ricetta scritta e viene consumato esclusivamente in questa zona delle Marche, c’è chi ha scommesso sulla sua riuscita. Parliamo della Levante Spirits, società di produzione di alcolici artigianali nata dall’incontro del marchigiano Fabio Mascaretti e il toscano Enzo Brini. “Volevamo far conoscere la storia e far capire che questo prodotto può avere una vita fuori dal consumo strettamente territoriale” spiega Mascaretti. Il loro prodotto si chiama Old Sailor Coffee: “Partiamo da un rum giovane e bianco a cui vanno aggiunte infusioni separate di anice verde di Castignano, caffè Barbera e buccia d’arancia. Per un prodotto che contiene solo il 15% di zucchero rispetto alla media dei liquori al caffè che si attesta sul 35-40%”. Si consuma freddo con ghiaccio, ovviamente caldo con una scorza d’arancio al suo interno, e in miscelazione. A registrare il brand caffè del marinaio c’è invece l’Italian Creative Food, di San Benedetto del Tronto, che produce un liquore al caffè. Si chiama appunto Il Caffè del Marinaio e omaggia la tradizione marinara locale.
...
(ANSA) - PALERMO, 27 LUG - Riottiene la patente dopo 23 anni e alla fine dell'iter processuale viene risarcito. E' accaduto a un automobilista di Caltabellotta, al quale era stata revocata la licenza di guida nel 1996, per decisione della prefettura di Agrigento che gli addebitava la mancanza dei requisiti morali, in quanto sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
Dopo avere espiato la misura di prevenzione, l'uomo si vedeva respinta la richiesta di riavere la patente.Assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, l'automobilista ha presentato ricorso al Tar di Catania, ottenendo la sospensiva e il rilasciao di un titolo provvisorio alla guida. A distanza di diversi anni il Tar ha ritenuto di non essere competente per giurisdizione e la causa è passata al giudice civile di Palermo, che con la sentenza del 3 novembre scorso, dopo 23 anni dall'inizio del contenzioso, ha deciso la restituzione della patente, condannando la prefettura al pagamento delle spese del processo.Visto il lungo percorso processuale i legali dell'uomo hanno presentato alla corte d'appello un ricorso, sulla base della legge Pinto, contro il ministero dell'Economia per ottenere l'equo indennizzo per l'irragionevole durata del giudizio, durato complessivamente 23 anni. I giudici d'appello hanno accolto il ricorso e condannato il ministero a pagare 8 mila euro in favore dell'automobilista per il danno non patrimoniale sofferto, oltre al pagamento delle spese di lite. (ANSA).
20.4.24
Matrimoni nudisti in spiaggia, i naturisti lo vogliono e il teologo li benedice
la nuova sardegna 20 aprile 2024
L’associazione Anita plaude all’iniziativa di San Vero Milis: «Un sindaco illuminato». Biancotti: «La Sardegna è molto avanti, il progetto Is Benas è meraviglioso»
San Vero Milis «Sarebbe bellissimo»: i naturisti plaudono alla proposta del sindaco di San Vero Luigi Tedeschi che vorrebbe si potessero celebrare matrimoni anche nella spiaggia nudista di Is Benas. «L’iniziativa potrebbe essere di grande aiuto per il naturismo in Italia», dice Maurizio Biancotti, responsabile dell’Ufficio stampa di Anita, l’associazione che in Italia promuove la cultura naturista come stile di vita. Teologo e docente di religione nelle scuole, Biancotti dice di apprezzare molto l’iniziativa di San Vero. «La Sardegna, che ha ben sette spiagge dove poter praticare il naturismo, è più avanti rispetto alle altre regioni italiane. Sapere che è possibile un’attività anche così bella e intima come il matrimonio, rispettando la volontà degli sposi, ci trova molto favorevoli», afferma, puntualizzando: «Il naturismo non è esibizionismo. Nessuno pensi che ci si sposi nudi per poi fare foto e diffonderle sui social. Le foto rimarranno nell’ambito familiare e degli amici». Precisazione che serve a capire meglio la posizione di Anita, associazione che tra le tante attività, da anni si fa promotrice dell’istituzione di aree dove poter praticare il naturismo.
Associazione con 1300 iscritti «numero esiguo rispetto a Spagna, Francia e Olanda dove i naturisti superano il milione», precisa Biancotti, è grazie all’associazione che sono nate le spiagge naturiste, come appunto quella di San Vero Milis. È grazie a i naturisti che la Sardegna è una delle poche regioni italiane (assieme a Piemonte, Abruzzo, Emilia Romagna, Veneto e Lombardia) ad aver promulgato una legge a favore del turismo naturista, che permette di istituire delle aree dedicate.
I matrimoni naturisti in spiaggia potrebbero dunque cambiare l’approccio sociale nei confronti di questa pratica. «Ciò che manca in Italia è la mentalità – dice Biancotti –. Prima di tutto per accettare una cosa del genere bisogna imparare a separare il corpo nudo dal sesso. In Italia, vuoi o non vuoi, la sessualità viene legata al naturismo e questo non è bene». All’estero le cose vanno molto diversamente. In Spagna, ad esempio, è legale star nudi dove non è specificamente vietato: «Fino a poco tempo fa – racconta Biancotti – si poteva andar in giro nudi per Barcellona».
In città della Germania come Monaco e Berlino, ci sono parchi dove esistono spazi per praticare il naturismo in tranquillità. «Non sono spazi chiusi - precisa Biancotti - non ci sono recinti perché non siamo animali rari». Il problema di fondo è che in Italia, mentre alcune regioni si sono dotate di leggi specifiche, manca una legge nazionale quadro. Di recente i vertici Anita hanno avuto un incontro con il vice presidente della Camera, Sergio Costa, che si è impegnato a farsi promotore di una proposta di legge. «Questo potrebbe cambiare le cose», commenta Biancotti che torna sui matrimoni in spiaggia. «Ho assistito a due cerimonie: una a Corfù dove arrivarono gli sposi completamente vestiti nella spiaggia dove si praticava il nudismo. Vollero celebrare lì, con gli altri nudi, le loro nozze. In Piemonte, alla spiaggia naturista del “Secchiello selvaggio”, lungo il fiume Trebbia, gli sposi, che avevano già celebrato il loro matrimonio, hanno voluto ripetere la cerimonia con un celebrante nudo, come loro e gli invitati, che indossava la fascia tricolore. Sono state bellissime esperienze, molto intime», dice. Poi torna al progetto per la spiaggia di Is Benas dove l'amministrazione comunale vorrebbe che i matrimoni, civili, avessero valore legale.
«Speriamo che un sindaco illuminato come quello di San Vero Milis riesca a realizzare questo progetto, portandolo all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. Sappiamo che ci saranno delle lamentele, che molti parleranno di esibizionismo. Questo però non ci preoccupa: il naturismo è una filosofia di vita molto sana».
8.2.24
Le parole di Giovanni Allevi a Sanremo: “Con la malattia ho perso tutto,... ., “Ti rispetto, ma la malattia non si racconta così” La risposta al monologo di Giovanni Allevi di Max Del Papa, il giornalista colpito da tumore
Due modi diversi di
ed l'intervento risposta risposta al monologo di Giovanni Allevi di Max Del Papa, il giornalista colpito da tumore
secondo lui causato dal sacro siero ( termine con cui i no vax come lui chiamano i vaccini su social per sfuggire alla rimozione dei loro post ) qui l'articolo completo che riporto per non condividendolo per dovere di cronaca . Ora a prescindere dall'essere pro o no vax o scettici sui vaccini chiedo per curiosità a voi familiari di malati oncologici o malatoi oncologici o ex come bisogna raccontare la malattia ?
22.10.23
SMONTIAMO UN TABU SESSISTA non dobbiamo mai giudicare una donna per le sue scelte sessuali un cortometraggio ricorda il diritto delle donne a fare del proprio corpo ciò che si vuole
in gara nel Mobile Film Festival, un concorso internazionale che premia video di un minuto girati con uno smartphone."Una donna dovrebbe fare del proprio corpo ciò che vuole, senza che la società o la religione la reprimano, la giudichino e la insultino. Oggi chiediamo alle donne di dire sì alla loro libertà". Queste le parole del regista che ha voluto esprimere un'esigenza non più procrastinabile.
29.8.23
il problema degli stupri specie quelli condotti da minorenni non va affrontato di pancia di Gennaro Pagano
quando l bullo è un prof' Obesa','Anoressica'.Roma una Scuola sciopera contro la prof bulla
(ANSA) - ROMA, 12 MAR - Alla fine hanno deciso di prendere il problema di petto, facendo uno sciopero, con tanto di presidio e un video per...
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Come già accenbato dal titolo , inizialmente volevo dire Basta e smettere di parlare di Shoah!, e d'aderire \ c...
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https://www.cuginidicampagna.com/portfolio-item/preghiera/ Una storia drammatica ma piena di Amore.Proprio come dice la canzone Una stor...
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Aveva ragione de Gregori quando cantava : un incrocio di destini in una strana storia di cui nei giorni nostri si è persa la memor...