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13.11.24

PizzAut, il fondatore Nico Acampora: "Alcune aziende preferiscono pagare multe piuttosto che assumere una persona disabile"

 L'inclusione passa anche attraverso una pizza. A "Pomeriggio Cinque" Nico Acampora fondatore di PizzAutla prima pizzeria gestita interamente da ragazzi autistici con sede a Cassina de' Pecchi (Milano) e a Monza, racconta il progetto e fornisce alcuni dati sull'autismo in Italia. Ad accompagnarlo in studio ci sono due ragazzi che lavorano in questi ristoranti e spiegano come è cambiata la loro vita grazie a questa iniziativa. "Io ho


32 anni e da quando avevo 14 anni ho fatto stage in tantissime aziende italiane. Negli ultimi 2 anni e mezzo sono entrato da PizzAut ed è iniziata una cosa bellissima e finalmente sono stato assunto", confessa Edoardo.I numeri sull'autismo Il fondatore di PizzAut Nico Acampora, ospite in studio del programma condotto da Myrta Merlino, fornisce alcuni dati sulla situazione dell'autismo nel nostro Paese. "In Italia ci sono 600mila persone autistiche. Nasce un bambino autistico ogni 77 bambini e per i nostri figli non c'è nulla", spiega Acampora. E aggiunge: "Banalmente l'anno scorso l'insegnante di sostegno per mio figlio è arrivata a dicembre. Su 600mila persone, quelle inserite nel mondo del lavoro sono solo l'1,7%". "La Lombardia, che io conoscono bene perché ci abito e lì abbiamo i due ristoranti, ha incassato 81 milioni di euro di multe da parte di aziende che preferiscono pagare piuttosto che assumere una persona disabile", conclude l'uomo.Il progetto PizzAut  PizzAut ha aperto la prima pizzeria interamente gestita da ragazzi autistici nel 2021 a Cassina de' Pecchi, in provincia di Milano, e nel 2023 ha inaugurato un altro locale a Monza. Sin dalla sua fondazione, ha avuto come obiettivo quello di sensibilizzare le Istituzioni e la società civile sul tema dell’occupabilità delle persone autistiche. A "Pomeriggio Cinque" due ragazzi raccontano come è cambiata la loro vita da quando hanno trovato un lavoro regolarmente retribuito grazie a PizzAut. "Ho tantissimi sogni. Sono appassionato di modellini di robot giapponesi, in particolar modo dei Transformers, e sto collezionando tutti i loro modellini. È bellissimo avere uno stipendio e realizzare questi sogni qua", spiega Edoardo. "Io faccio il cameriere e sono assunto dal primo maggio 2023", racconta invece Lorenzo. Proprio quest'ultimo, come precisa Nico Acampora, ha visto svoltare la propria vita grazie a PizzAut: "Prima di venire da me si è fatto 4 lunghi anni in un centro diurno per ragazzi disabili. A un certo punto si piantava la forchetta in testa, si chiama autolesionismo. Quando è venuto da me ha smesso e adesso la neuropsichiatra gli ha tolto anche gli psicofarmaci. È compensato dal lavoro ed è un lavoratore straordinario".

10.9.23

Uno spiraglio di luce

 


“Sulle Tracce dell'Altrove”... dalle primissime pagine uno spiraglio di luce pare trapelare dalle righe di ogni foglio. Quello di Cristian A. Porcino Ferrara, si profila fin da subito come un viaggio interiore ricco e profondo, a tratti doloroso, ma sempre lucido.

Una lettura piacevole e fluida, a tratti illuminante, soprattutto quando l'autore tocca temi di rilievo etico-morale come la spiritualità e la religiosità, l'omosessualità e l'esperienza travagliata del coming out etc...

Si coglie in sordina la presenza di un fil rouge che inevitabilmente lega ogni tematica a quella successiva, poiché è la continua ricerca interiore a guidare la mano dell'autore, non vi è mai stacco brutale tra i temi... come un flusso di coscienza scorre e va... come un fiume che non ha inizio né fine... così questo testo ci lascia la parola, apre e invita alla riflessione personale.

Grazie a Cristian A. Porcino Ferrara per essere riuscito a raccogliere spunti riflessivi tanto delicati in una lettura elegante.


Prof.ssa Francesca Curreli


Il libro è in vendita su Amazon 

11.8.23

l'italia sta diventando sempre più exenofoba ed razzista . il caso del ristorante Ginger People & Foodad Agrigento

N.B   il   post    doveva essere  diverso  ma la  risposta del il titolare del locale Carmelo Roccaro   sotto  riportata  ,  a  differenza  di molti   media , integralmente  ,    mi ha   spiazzato  e   fatto cambiare  percorso   


Succede ad Agrigento, ristorante Ginger People & Food.Due clienti sulla sessantina, una volta scoperto che la chef è nera - la pluripremiata Marame Cissè , foto a destra - si alzano e se ne vanno indignati. Gli ha risposto il titolare del locale Carmelo Roccaro. E lo ha fatto con una lettera meravigliosa, provocatoria e amarissima che mette a tecere , le giusticazioni : non è razzismo è xenofobia , è slo farsi pubblicità , ecc .che va letta fino in fondo e condivisa.Ma prima alcuni considerazioni E' vero    che   l'italia  è il tappo  dell'europa  riguardante  gli sbarchi  degli immigranti che  fuggono    dai loro paesi  . E certi di loro vengono per  delinquere o convinti    che   si possa  applicare  al 100 %  la  loro cultura  e  le loro usanze   .   Ma  ciò  non  giustifica   da parte  nostra ,  soprattutto  quando   vengono per  vivere  onestamente ,  tali atteggiamenti  come : << Non gli affittano la stanza perché di origini africane: È stato un mio coetaneo, mi ha fatto male (fanpage.it) o peggio come   quello  che  vado a  raccontare  oggi .Prima di lasciarvi con la lettera vi siggerisco questo video di https://www.facebook.com/k.kiko.co

Ma Basta con i pipponi veniamo alla lettera

“Sei entrata di fretta, con il tuo compagno, capelli brizzolati, tagliati cortissimi “alla Sinéad”, donna nostrana sulla sessantina circa. Sei stata accolta con il sorriso dalla nostra Karima, addetta di sala, giovane ragazza di seconda generazione, grande lavoratrice, che ti ha fatto accomodare dove volevi tu.
Dopo qualche minuto ti ho visto alzare da tavola, disturbata, e dirigerti verso l’uscita. Ti sono venuto incontro per capire cosa stesse succedendo, ma non mi hai degnato di uno sguardo e, alquanto seccata, non hai neanche risposto al mio saluto e sei andata via, così.
Karima mi guardava con gli occhi sgranati e a bocca aperta dicendomi “Dopo avere visto il menù la signora mi ha chiesto se per caso la proprietaria del ristorante fosse una signora neg… di colore. E alla mia conferma si è alzata dicendo che non voleva più cenare qui…”.
Io sono uscito e ti ho seguito mentre risalivi in macchina e andavi via, evitando di guardarmi, mentre costringevi il tuo compagno ad una improbabile inversione ad “U”.
Io non conosco chi sei, la tua storia, i tuoi problemi e non oso nemmeno giudicarti. So solo che ho sentito una grande tristezza nel cuore. Ieri sera ho preso consapevolezza di quanto profondo e radicato sia questo sentire che emerge dal lato oscuro delle persone.
Ma, ti sembrerà strano, ieri io ti ho anche ammirato. Ti ho ammirato perchè hai avuto la coerenza di dire quello che tante persone, concittadini, amici pensano, ma non hanno il coraggio di ammettere. Non importa se si tratta di spazzatura, ma lo hai detto, hai fatto uscire quello che si nasconde dentro di te, sei stata, a tuo modo, sincera.
Perché, vedi, noi ci siamo proprio perché esistono persone come te, e non ci disturbano i commenti del tipo “u vidisti? dintra a cucina su tutti nivuri” o i “negri!” urlati dalle auto in corsa davanti al nostro ristorante. Non ci disturbano e ci fanno sorridere perché li avevamo messi in conto e sapevamo che sarebbe sato difficile costruire una comunità diversa da questa in cui viviamo.
Quello che ci sorprende e ci addolora davvero è l’assenza della rete che doveva sostenere questo progetto rivoluzionario, degli intellettuali e di gran parte degli attivisti delle associazioni culturali di impronta progressista o del mondo cattolico, della cooperazione, degli “amici”.
Perché frasi come “Non vi montate la testa, volate basso”, “Avete i prezzi troppo alti, i più cari della città”, “Fate porzioni troppo scarse”, ”Una cucina neanche minimamente paragonabile alla nostra” “Tutto troppo piccante” in fondo vogliono dire quello che tu hai detto, senza peli sulla lingua: la cuoca è nera, voi tutti siete neri, avete oltrepassato il limite. E tutto questo, tra disinformazione e misinformazione, alimenta un immaginario comune che trae linfa dall’incorporazione di aspetti oscuri e nascosti nel nostro inconscio profondo, innegabilmente colonialista e suprematista.
Il “povero nero” è bravo e fa bene alla coscienza attraverso le opere di carità “inclusive e antirazziste” dell’uomo bianco italico fin quando fa il lavapiatti o si occupa delle pulizie, cioè rimane al suo posto e non aspira a migliorare la sua condizione sociale. Ma se il nero, grazie al genio che la Natura, per fortuna, dispensa a caso e senza distinzione di sesso o di colore della pelle, diventa uno chef, un capo, diventa più bravo di me o di mio figlio, allora questo non va più bene. Diventa, appunto, troppo.
So che non ti farà piacere sapere che sebbene anche alcuni operatori turistici locali, magari per miseri interessi di bottega, alimentino lo stigma che portiamo sulla nostra pelle, viene a trovarci tanta gente da varie parti d’Italia e del mondo, molti ci dicono che hanno prolungato la permanenza in città solo per venire a conoscerci. Ci invitano continuamente in Italia e all’estero per presentare il nostro progetto o far conoscete la nostra cucina, alcune università e giornalisti italiani e stranieri ne hanno fatto un esempio di buone prassi. Tutti ci fanno la stessa domanda: ma che ci fate qui? Beh, certamente ci siamo perché questa è la nostra città e per le tante persone che qui ci adorano, ma devo ammettere che adesso cominciamo ad interrogarci anche noi.
Certamente non stiamo riuscendo a cambiare il lato nero dell’anima di quelli come te ma forse stiamo facendo emergere quello, più subdolo e profondo, dell’anima di quegli altri”.

Aggiungo che, pure con tutta l’ipocrisia del mondo, si fatica a raggiungere un livello di bieco e spaventoso razzismo come quello di due persone che, nel 2023, si alzano e se ne vanno perché non vogliono mangiare da una chef nera. Non riesco a trovare, con tutto l’impegno, termini di paragone adeguati a questa miseria.Senza altre parole  concludo  qui  il   post  


18.6.23

Cagliari, aveva chiamato i carabinieri per interrompere il violinista: ora lo invita a suonare all’inaugurazione del negozio Yaacob e Stefania avevano fatto pace poco dopo l’episodio: adesso è nata un’amicizia

In  risposta    a  chi   ride   o mi scambio  per  matto  \  stravangante    perchè  metto  ai miei  post    la  musica  che  ascolto  in contemporanea   o cito  l'intera  canzone  o il  testo     facendone   anche   la  parafrasi    .       riporto  questa     storia  realmente accaduta   . 

Unione  sarda  15 giugno 2023 alle 13:57


Cagliari, aveva chiamato i carabinieri per interrompere il violinista: ora lo invita a suonare all’inaugurazione del negozio Yaacob e Stefania avevano fatto pace poco dopo l’episodio: adesso è nata un’amicizia La via gremita di persone. Qualche chiacchiera, le buste con lo shopping appena fatto. E la musica. Scene di ordinaria quotidianità in città, di qualsiasi città come ce ne sono tante. Succede a New York e succede anche a Cagliari. I musicisti di strada tengono alto l’umore e regalano concerti a cielo aperto. Capita anche però che qualche volta la musica non sia gradita. O meglio, magari è una giornata storta, magari si reagisce in modo troppo impetuoso alle note che invadono l’aria e i negozi.

 Sicuramente questa storia la ricorderanno in tanti: circa un anno fa, infatti, una commerciante di via Manno a Cagliari chiamò i carabinieri per interrompere la performance di Yaacob González García, violinista spagnolo arrivato in Sardegna per seguire la sua arte. La vicenda si concluse bene quasi immediatamente, con i cagliaritani a prendere le parti del musicista e una stretta di mano a suggellare una neonata amicizia. Oggi questa storia, però, ha raggiunto davvero il suo lieto fine. Stefania Donadon ha riaperto il suo negozio dopo un periodo di stop e ha deciso, per l’inaugurazione, di contattare proprio lui, Yacob, per suonare per amici e clienti. «La musica fa da filo conduttore e vince attraverso le nostre differenze» ha detto il violinista, emozionato e con quel sorriso che solo la musica riesce a dare a chi la suona e a chi la ascolta. È bene ciò che finisce bene, insomma. Un epilogo che dai toni accesi di una discussione ha lasciato spazio ai toni alti e melodiosi delle note.
                                          Giulia Salis

Ma  anche  alle polemiche     di quelli  che  ben  pensao     che  si  lamentano     che   non  si   fa  niente   e   poi  quando  si  fa  qualcosa   si lamentano opure un cerca  di   raccogiere  qualche  soldo   senza  andare a   delinquere  (   rubare  ,  spacciare  , ecc )   ecco alcuni commenti    all'articolo 

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user310148
da 2 giorni
Mi chiedo cos'è che non disturbi ai residenti dei centri storici, c'è sempre la possibilità di andare nei quartieri residenziali per non sentirsi disturbati da chiunque capiti nei vostri quartieri a vostro uso esclusivo, almeno è quello che pretendete. Con queste vicende si ammazza un'intera città e il bello è che ci state pure riuscendo....
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salsiccio
da 3 giorni
Stemarta firse non vivi nel centro storico. Est modus in rebus (fattelo tradurre, ed insegnalo al musicista)
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stemarta
da 3 giorni
User308928, gli orari che hai menzionato rientrano pienamente negli orari in cui si può fare musica , se il disturbo è tanto chiuditi le finestre e vivi da eremita così non ti disturba nessuno . In secondo luogo, offrigli un lavoro , così magari può guadagnarsi da vivere in maniera dignitosa. La musica è vita è ci sono tanti artisti di strada che sono dei veri professionisti. Vivi e lascia vivere.
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user308928
da 3 giorni
Il suddetto violinista è un gran cafone che viene allontanato ripetutamente dalle strade perché disturba i residenti del centro storico ammorbandoci dalle 9 del mattino alle 8 di sera con brani coperti da copyright (da Morricone a Hans Zimmer: SIAE dove sei?) sparati a palla dagli amplificatori collegati al suo strumento stonato. La ricostruzione dell'Unione è del tutto ingenua e romantica: il disturbo della quieta pubblica resta un reato: sequestrategli gli amplificatori e multatelo.
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Antoniu
da 3 giorni
intelligente forma di pubblicità (dato poi questo articolo). Approvo. Viva la gentilezza e l'intelligenza.

7.9.22

Il velo di Safiya al Sayegh batte (in volata) i pregiudizi

 

  dal  venderdi    di repubblica  del 2\9\2022

 Al Sayegh è la prima emiratina nel ciclismo di vertice. Gareggia coprendo capo, braccia e gambe: "È un mio diritto. Ogni donna deve essere libera di scegliere"

Safiya al Sayegh (a sinistra) è con alcune compagne dell’Uae Team. La ciclista di Dubai è nata il 23 settembre del 2001. Quest’anno ha vinto il Campionato nazionale degli Emirati Arabi in linea e a cronometro (Manuela Heres) 


Safiya indossa il velo e corre in bicicletta. È nata a Dubai tre anni e due giorni dopo il suo idolo Tadej Pogacar e negli Emirati è già un mito e un esempio. Safiya al Sayegh è la prima donna araba nel ciclismo di vertice. Indossa l'hijab sotto il casco e corre con braccia e gambe coperte, cerca la Mecca con lo sguardo e prega prima e dopo l'arrivo. Sorride molto a chi le chiede "perché proprio il ciclismo?", "perché no?" risponde lei, con naturalezza, facendosi grande nelle sue piccole spalle.

Perché no, in effetti, in quell'angolo ricchissimo del mondo che sta spalancando le sue strade spazzolate dal vento e accarezzate dalla sabbia all'arte occidentale dell'andare in bilico su due ruote sottili? UAE, sigla degli Emirati Arabi Uniti, è anche il nome del team di Safiya, la sezione femminile della UAE di Pogacar. Safiya di strada deve farne ancora tantissima. Ma ha vent'anni e molto, per lei, deve ancora succedere.

Come è nata la sua passione?
"Sono figlia di due culture molto diverse. Sono nata a Dubai da padre emiratino e madre inglese e provengo da una famiglia sportiva. I miei genitori mi hanno sempre incoraggiata a fare sport e sono presenti nella maggior parte delle mie gare. Sono la più grande di tre sorelle. E a marzo ho vinto due gare, il Campionato nazionale degli Emirati Arabi, sia in linea che a cronometro".

Oltre al ciclismo, che cosa c'è nella sua vita?
"Studio graphic design, sono al terzo anno. Vorrei diventare una designer e lavorare nel mondo della grafica e della pubblicità".

Qual è il suo rapporto con l'Islam?
"Sono profondamente religiosa. La fede è un modo per farci vivere questa vita nel modo corretto, per essere vicini al nostro Creatore e faccio del mio meglio per mantenere questa connessione spirituale il più possibile".

Che cosa rappresenta per lei il velo?
"Indosso il mio hijab per il mio bene. Non sono obbligata a indossarlo da nessuno e non lo indosso per compiacere la mia famiglia, ma per me stessa. Indosso il velo tutto l'anno, tutti i giorni e non lo trovo un problema per la mia carriera sportiva. Spero che ogni donna in tutto il mondo possa inseguire ciò che ama senza che sia un ostacolo per lei. Certo, nel ciclismo è più dura che in ogni altro sport per via del caldo, ma con la fede e se sai di star facendo qualcosa di importante e bello, tutto si supera".

In alcune culture il ciclismo viene considerato disdicevole per una donna. Ha mai avvertito questo stigma sul suo sport?
"No, mai, a Dubai le donne sono assolutamente libere di praticare qualunque sport. Io lo faccio in ogni momento libero dai miei impegni di studio. In città c'è uno splendido Cycle Park e se voglio allungarmi raggiungo il Jebel Jais, dove all'UAE Tour quest'anno Tadej Pogacar ha vinto una bella tappa. Lui è il mio modello, un ragazzo straordinario e molto simpatico. E poi corre con i miei stessi colori".

In Francia c'è una proposta di legge per impedire l'utilizzo dell'hijab durante la pratica sportiva e c'è un gruppo di calciatrici, le Hijabeuses, contrario a questo progetto. Lei cosa pensa?
"Credo che a una donna debba essere lasciata la scelta di usarlo o meno e non essere costretta per legge a rimuoverlo. Non ne capisco il senso, il fine. Indossarlo è un diritto. Possa Dio guidarci tutti e mostrarci la retta via in questa vita".

E lei come è approdata al ciclismo?
"Da bambina ho praticato nuoto e atletica. Intorno ai quindici anni mio padre ha acquistato una bici da città e anche grazie alla nascita del Dubai Tour e poi dell'UAE Tour il ciclismo è arrivato sulla porta delle nostre case. All'inizio mio padre era contrario, è uno sport duro, pericoloso. Sono arrivata al ciclismo per mezzo dello studio: studia, mi diceva, e potrai praticare lo sport che desideri. Non sono tantissime le ragazze di Dubai che praticano ciclismo, ma solo perché non c'è ancora una tradizione da noi. Cresceranno i numeri nei prossimi anni". 

Grazie a lei e al suo esempio, magari.
"Mi piacerebbe essere un modello per altre ragazze emiratine, sento comunque la responsabilità di essere un'apripista, una pioniera, ed è una cosa che mi piace. La mia squadra, l'UAE Team ADQ, ha tra i suoi obiettivi anche quello di far crescere un movimento nazionale negli Emirati. Il team è stato creato per condividere una visione e consentire alle donne di perseguire i propri sogni e diventare eroine in qualunque cosa vogliano. È davvero un piacere e un onore essere stata scelta per far parte di questo fantastico progetto".

Che cosa sogna per la sua carriera?
"Vorrei diventare la prima ciclista emiratina in gara alle Olimpiadi. Vorrei correre le grandi corse europee, le classiche, il Giro e il Tour. Ma soprattutto voglio rendere orgogliosi i miei genitori e restituire loro il bene e la fiducia che mi hanno dato. Amo far sorridere le persone e i miei cari, la vivo come una missione".

5.6.22

l'amore merita non importa se etero o lgbt Dio ha detto semplicemente amatevi uno con l'altro

  canzoni  consigliate
LA PACE SIA CON TE (Renato Zero)
L'amore merita - Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro, Roberta Pompa

Ricevo una notifica su messanger che ××××× ( non essendo tra i miei contatti ne avendo  contatti in comune ) mi vuole mandare un messaggio .Vado a vedere se si tratta del solito spam pornografico , invece
appresa delle sorprese  ricevo una toccante ed bellissima email  che trovate pubblicata  sotto . Che mi conferma che il mio raccontate /riportare storie del mondo LGBT+ deve continuare . Ma è anche una risposta a  tutti gli omofobi diretti ed indiretti  o chi ( lo capisco ci sono passato anch'io ed a volte ci cado ed  non è  facile   liberarsene  o rimetterli in discussione   ) ha pregiudizi e preconcetti dovuti all'educazione familiare e all'ambiente in cui si è cresciuti . Mi ha  tolto le  parole di bocca   ed ogni ulteriore  aggiunta    al  di fuori di queste righe  e  degli approfondimenti a  fine post   sarebbe  superflua 


"Ciao Giuseppe, mi chiamo ***** e mi permetto di darti del tu perché sento di parlare con una persona "amica".
Poche volte scrivo in privato a qualcuno che non conosco ma questa volta mi sento di farlo per esprimere verso di te la mia più grande gratitudine. Leggo spesso i tuoi post, in cui altrettanto spesso ritrovo similitudini con il mio percorso, leggo di storie che hanno volti, che attraversano difficoltà nell'affrontare giudizi e #pregiudizi e mi ci rivedo maledettamente.
Ma di quelle storie prendo il bello, prendo il fatto che qualcuno si adoperi per raccontarle e  riprenderle , per farle conoscere e per sostenerle, e quel qualcuno sei tu.
Sto con mia moglie da 15 anni, con lei ho attraversato tantissime avventure che la vita ci ha messo davanti e all'inizio l'ho fatto con tanta paura. #Paura che la gente non capisse, paura che qualcuno reagisse male alla nostra relazione, paura di prenderla per mano e di baciarla per strada, paura di una parola di troppo.
E poi mi sono detta che chiunque non accetti, non capisca, non condivida, allora non è il benvenuto e



non farà parte della nostra #vita.
A parole è semplice, poi i fatti mi dicono che spesso mi limito ancora, meno di prima, ma lo faccio ancora.
Leggere delle storie che condividi, che fai conoscere, storie in cui credi, mi mette voglia di guardare al futuro con un sorriso più lucente, mi dà coraggio per il percorso che sto facendo con mia moglie, per il desiderio che abbiamo di allargare la nostra #famiglia, mi fa sperare   anche  se  la strada  è lunga  che la prossima generazione sarà più aperta, più buona, più altruista, perché consapevole.
La consapevolezza gliela daranno le persone come te che riescono a parlare di amore con una dolcezza e una semplicità incredibile, rendendo facile quello che facile è, basta saperlo riconoscere. Spero di crescere i miei figli così, con questa semplicità e questo amore.Quindi grazie, grazie davvero per quello che fai e per come lo fai, continuo a seguirti e a sostenerti."

Infatti  citando    il mio utente  

Siamo sempre così bravi ad assegnare #definizioni che rimangono attaccate alla pelle, talvolta a tal punto da far male, come un marchio a fuoco.
Direi di lasciare le etichette ai vestiti e ripartire dalla visione di persona dotata di propri #sentimenti. ❤️🌈

Note
Giovanni 13,31-35 Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi (13,1-13)

passo chiudo alla prossima



10.11.21

stato assassino morale la storia di Adelina Sejdini si è suicidata: denunciò racket della prostituzione. Chiedeva la cittadinanza italiana: “Se torno in Albania mi ammazzano”

Eco come lo stato uccide Poiché non penso che la gente legga tutto l'articolo o ne abbia il tempo trova qui un riassunto della vicenda
 

Girando  tra  i follower   dei miei social   ho  trovato  questo 

18 h 
 
Adelina, donna albanese, vittima della tratta delle schiave, era arrivata in Italia come tante altre sue compagne di sventura su un gommone. Dopo essere stata rapita giovanissima dalla crudele mafia albanese, dopo essere stata stuprata dal branco, è stata avviata alla prostituzione coatta sul ricco mercato italiano, perché, diciamolo, in Italia il mercato del sesso sfruttato è una fonte importante di reddito per le mafie Adelina poi con le sue coraggiose rivelazioni ha fatto arrestare 40 persone mentre altre 80 vennero denunciate, di fatto sferrando un duro colpo all'organizzazione di suoi connazionali che avevano messo su un importante giro di sfruttamento della prostituzione in Italia. Adelina più volte poi ha chiesto la cittadinanza italiana perché, dopo aver denunciato i suoi sfruttatori, se fosse tornata in Albania sarebbe andata incontro a morte certa. Ripetutamente questa giovane donna ha protestato contro quel permesso di soggiorno concessole inizialmente in cui non risultava più apolide, ma cittadina albanese. A fine ottobre, venuta a Roma, sperando in un intervento del Presidente Mattarella, si è data fuoco davanti al Viminale, cioè davanti al Ministero dell'interno, che avrebbe dovuto proteggerla in virtù della sua collaborazione con la giustizia. Dopo essere stata soccorsa con ustioni su tutto il corpo, beffardamente le è arrivato anche un provvedimento di allontanamento dal Comune di Roma e il divieto di farvi ritorno per un anno ! Adelina, a Pavia dove risiedeva, non è più rientrata: sabato scorso si è gettata da un cavalcavia ferroviario a Roma. Vittima silenziosa di uno Stato distratto, miope, ignaro, o, forse, forte con i deboli e debole con i forti.

P.s.: come vedete dalla foto, questa disgraziata leonessa nel frattempo ha dovuto anche fronteggiare la triste esperienza di una malattia oncologica.

Quello che  fa  più rabbia  è  che 


 da  il  https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/11/08/

Più volte aveva chiesto di poter ottenere la cittadinanza italiana: era disperata dopo che nel suo permesso di soggiorno era stato tolto lo stato di apolide e indicata la cittadinanza albanese. Sabato scorso si è tolta la vita lanciandosi da un cavalcavia ferroviario: così è morta Adelina Sejdini, ex prostituta nata a Durazzo che ha avuto il coraggio di far arrestare i suoi sfruttatori. Grazie alle sue rivelazioni 40 persone furono arrestate e altre 80 denunciate, tutte appartenenti alla mafia albanese che controllava lo sfruttamento della prostituzione in tutta Italia. Il 3 novembre era stata ospite a L’aria che tira su La7 [ vedere  video  ]   doveva aveva raccontato: “Io se torno in Albania sono una donna morta, ho paura di essere ammazzata da quelli che ho fatto arrestare“. Sejdini, 46 anni, viveva a Pavia ed era malata di tumore con frequenti ricoveri in ospedale al San Matteo. Dopo essere fuggita dai suoi sfruttatori, aveva denunciato l’organizzazione e negli anni successivi si era anche impegnata al fianco dei City Angels per aiutare le giovani prostitute vittime del racket a liberarsi da quella schiavitù. Non aveva più voluto la cittadinanza albanese, il paese che aveva lasciato nel 1996 quando era arrivata in Italia a 22 anni. In occasione dell’ultimo rinnovo del suo permesso di soggiorno, però, non le era stato riconosciuto più lo stato di apolide. “Non solo, c’è scritto che lavoro. Di conseguenza non posso più avere i sussidi e la pensione d’invalidità che mi serve per vivere”, aveva racconto Sejdini. Una commissione medica, invece, l’aveva riconosciuta invalida al 100%.Nella sua nuova condizione avrebbe incontrato enormi difficoltà a vedersi assegnata una casa popolare. Per protestare contro la burocrazia, alla fine di ottobre aveva deciso di andare a Roma, nonostante le sue precarie condizioni di salute, sperando di poter incontrare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella o almeno alcuni funzionari del ministero dell’Interno. Poi il 28 ottobre si è data fuoco. Soccorsa e traportata all’ospedale Santo Spirito con gravi ustioni, la donna raccontava: “Ho presentato la domanda per avere una casa popolare, ma adesso me la sogno. I documenti non corrispondono più. E non posso accettare la cittadinanza albanese, dal momento in cui me l’hanno scritto ho gli incubi. Mi ammazzo piuttosto”. Su disposizione delle autorità, dopo il ricovero nella Capitele sarebbe dovuto rientrare a Pavia, dove era in cura ed era finita anche in terapia intensiva. Ma Adelina Sejdini da Roma non è mai tornata e sabato scorso si è lanciata da un cavalcavia ferroviario. Sulla tragedia sono in corso accertamenti da parte della Polizia Ferroviaria di Roma Termini

quanti suicidi o  invisibilità    dovranno ancora  succedere  prima  che   si faccia  un  legge  seria  e  no demagoga   e  malpancista   che  regoli  in maniera  umana   tali fenomeni ?

Io   penso  mai   in quanto  calcare le  nostre paure  ,  le nostre titubanze    serve non solo  a guadagnare  voti   e consenso  ma  a  nascondere    ed  usare  tali fatti  come foglia di  fico  per  nascondere   gli insuccessi e  la  mala  politica 

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...