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19.10.25

tesi di laurea su adozione e affido: «Dedicata a chi è nato due volte» Ora dottoressa in Lingue e comunicazione, 23 anni, aveva trovato una nuova famiglia quando ne aveva 13

 canzone  suggerità 
 In Un'Altra Vita (Live)Ludovico Einaudi

unione  sarda   ONLINE  

Giada Pisanu il giorno della sua laurea (foto Sara Pinna)

Cabras, Giada Pisanu si racconta nella tesi di laurea su adozione e affido: «Dedicata a chi è nato due volte»

Ora dottoressa in Lingue e comunicazione, 23 anni, aveva trovato una nuova famiglia quando ne aveva 13



                               Giada Pisanu il giorno della sua laurea (foto Sara Pinna)


L’ultima frase della sua tesi è un colpo allo stomaco: «La dedico a tutti i bambini che, come me, sono dovuti nascere una seconda volta».
Ma nel lungo testo c’è anche il ringraziamento alla sua famiglia che tredici anni fa le ha aperto la porta di casa. Una storia che si può leggere nella tesi di laurea di Giada Pisanu, una ragazza di Cabras, oggi 23 anni, che pochi giorni fa si è laureata Lingue e comunicazione alla Facoltà degli Studi Umanistici dell'Università di Cagliari. L'affido e l’adozione sono i temi scelti per sensibilizzare a parlare di questi argomenti, quasi un tabù.
Dentro si legge la sua storia che prima o poi diventerà un libro: questo è il suo prossimo obiettivo. Giada Pisanu ha parlato di se stessa per far capire come l'affidamento e l’adozione siano oggi due argomenti poco affrontati. «E questo porta ancora a pensare che un bambino viene dato in affido a una famiglia solo perché questa non ne può avere, invece non è così», spiega, «Una volta che un bambino arriva in una casa, la coppia assume la titolarità per esercitare il ruolo genitoriale a tutti gli effetti».
E poi ci sono i pregiudizi: «Nella credenza comune il figlio deve essere tale e quale ai genitori. Molti ancora oggi pensano addirittura che se una coppia cresce un figlio non biologico questo non sia un “figlio vero”. Ecco perché tante volte mi sono sentita diversa da altri. La famiglia è quella che educa, che dona amore, che insegna come comportarsi nella vita di tutti i giorni. Queste idee comuni possono essere cambiate solo se di questo argomento se ne parlasse di più, magari nelle scuole».
Giada Pisanu ha vissuto con i suoi genitori biologici fino ai 13 anni. Poi un giorno la mamma è stata portata all'ospedale perché stava male, e lei, tredicenne, in quel momento non poteva stare sola a casa. «Al medico che in quel momento era presente in casa, la dottoressa Adriana Muscas, ho chiesto di poter andare da due amici di famiglia, una coppia senza figli, che conoscevo bene. E da quella casa poi non sono mai andata via», racconta Giada con gli occhi lucidi, «Ho trovato una famiglia che mi ha accolto per proteggermi, per donarmi amore, pace, carezze, tranquillità ma anche educazione e regole».
Giada dopo pochissimo tempo ha chiesto al giudice di poter essere affidata a Lucio e Jessica: il sì è arrivato subito e a breve ci sarà l’adozione. Giada: «E sarà un altro giorno che non dimenticherò mai».

21.4.25

c'è rap e rap , ma ancora si considera solo l'aspetto negativo il caso della mancata laurea a horem di Marracash, pseudonimo di Fabio Bartolo Rizzo[2]


Metteno  ordine    fra la  mia cronologia internet   ho letto    della mancata    concessione  della  laurea  ad  honorem  del rapper    Marracash . IL che  dimostra   come  la  paura  e i pregiudizi ,  compresi quelli del  sottoscritto     che considerava   tale  musica   solo sotto  l'aspetto negativo  sulle nuove tendenze  musicali prendano il  sopravvento  .
 Ora  è   vero che  il rap  ,soprattutto derivaro\ il  sottogenereTRAP , contengano  testi misogeni , violenti   , insomma  un linguaggio tossico  e   violenza  verbale   meglio noto come   hate  speech   .  Ma  come  dice  colui  che  l'ha proposta ) , il   docente ordinario di linguistica italiana Fabio Rossi,   ( vedere l'articolo sotto  )   in modo  più argomentato e   in maniera  molto più  competente  di me   esiste rap e  rap ,  e quindi tale  paura   è  sintomo  rispetto a  quanto  ho  già detto  nel  post    :   « le  paure  ed  i  dubbi  inutili,insieme al complottismo e alla disinformazione   fanno  aumentare  le  opposizioni  alla donazione  di organi »   &  d'ignoranza    del mondo reale  e il volersi chiudere  nel  pregiudio   e  in una  torre  d'avorio  mentre  il  paese   reale   procede  tra   come ho detto in un precedente  post    regressione      ed  innovazione   ed   cerca      tra  alti e  bassi    .  Ora     << So che riprenderò\il mio giusto tempo\per non sopravvivere\solo monumento >> mentre    l'intellighenzia   politico   culturale   rimane   e  << si  respira un'aria immobile\controvento non si piscia più\dentro un sogno di radici e di bandiere  >>  (   da  Resistenza marzo '95 -Mau Mau )
La vicenda della mancata laurea honoris causa a Marracash solleva interrogativi che vanno ben oltre il singolo caso. È davvero possibile tracciare un confine netto tra arte e responsabilità sociale? La musica può essere uno specchio, uno strumento critico, una lente d’ingrandimento, senza necessariamente incarnare tutto ciò che racconta?
L’iniziativa del professor Rossi, sebbene naufragata, apre uno spiraglio verso una didattica più contemporanea, capace di integrare linguaggi moderni con la tradizione. Che piaccia o no, il rap è già dentro le aule, nei cuori e nei cervelli degli studenti. Forse, ora più che mai, servirebbe il coraggio di riconoscerlo anche nei corridoi del sapere ufficiale.Che ne pensate?

  adesso  l'articolo    in    questione  


Marracash non riceverà – almeno per ora – la laurea honoris causa in “Scienze dell’Informazione: Tecniche giornalistiche e Social media”. Il motivo? I suoi testi sarebbero stati considerati, dal Consiglio di Dipartimento dell’Università di Messina, un “potenziale rischio di promuovere una cultura legata a contenuti sessisti”, si può leggere a pagina 16 nel verbale pubblicato sul sito del Consiglio di Dipartimento del DICAM (Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne). La proposta di laurea, formulata dal docente ordinario di linguistica italiana Fabio Rossi, è naufragata nel corso dell’ultima, decisiva, votazione.
Il professor Rossi, sostenitore che la musica rap abbia portato importanti rivoluzioni a livello linguistico, si è concentrato particolarmente su una tipologia di rapper: quelli introspettivi o, detti anche, liricisti. Una categoria di artisti che, piaccia o meno, hanno all’interno dei propri testi delle componenti analitico-linguistiche considerabili come cantautorali (della contemporaneità). Possiamo considerare rapper “conscious”, ad esempio, Tedua, Nayt che, con il brano “Di abbattere le mura (18 donne)”, ha omaggiato 18 donne che, ognuna per un differente motivo, hanno avuto un forte impatto per le nostre coscienze collettive. Pensiamo a Liliana Segre, Michela Murgia e Giulia Cecchettin, solo per citarne alcune. Un altro linguista, in questo caso statunitense, vincitore per altro dell’ultimo Grammy per il disco dell’anno grazie anche alla spinta – in termini di streaming e di clamore mediatico – con la traccia dissing nei confronti del rivale Drake, “Not Like Us” è il rapper Kendrick Lamar. Poi abbiamo proprio lo stesso Fabio Rizzo, in arte Marracash.
Artista che, specialmente negli ultimi anni, gode di un’ottima opinione pubblica soprattutto a seguito della pubblicazione della trilogia di album, rispettivamente “Persona”, “Noi, loro, gli altri” (disco che, nel 2022, gli è valso la vittoria di una Targa Tenco per il miglior album) ed “E’ finita la pace”. Il docente Rossi dà grande importanza alla musica contemporanea, vedendola come strumento per entrare più efficacemente nelle menti dei propri studenti. L’incontro tra letteratura e rap, come dimostrano anche diversi video su TikTok, è un fenomeno in costante espansione. Sempre più professori e linguisti, infatti, attingono dai testi dei rapper per presentare agli alunni argomenti “alti”, come la Divina Commedia o testi di poeti del ‘900, attraverso un linguaggio a loro più comune e decifrabile. ⁠
L’ipotesi di conferire a Marracash una laurea honoris causa in “Scienze dell’Informazione: Tecniche giornalistiche e Social media” era stata inizialmente approvata all’unanimità, a novembre 2024, dal Consiglio del Corso di Studi. A gennaio 2025, è arrivato il dietrofront. Durante la votazione di inizio anno, da parte dei rappresentanti del Consiglio di Dipartimento dell’università, per concedere a Fabio Rizzo l’importante riconoscimento, le cose hanno preso una piega diversa, a tratti inaspettata. La votazione si è conclusa con 39 voti favorevoli, 28 voti contrari e 17 docenti astenuti. L’esito ha costretto il professor Rossi a ritirare l’iniziativa, poiché non approvata con la netta maggioranza.
Poco prima dell’ultima votazione, Rossi aveva presentato la proposta, soffermandosi sull’importanza “dell’iniziativa, tanto nell’ottica della valorizzazione delle culture contemporanee, quanto per rispondere alle aspettative degli studenti che vedono nel rap una forma di continuazione della comunicazione poetica del passato”, si legge nel documento pubblicato dall’università di Messina. E ancora: “Il Direttore mette in luce che questa iniziativa rientra nella visione del Dipartimento, che intende guardare anche ai linguaggi e alle forme culturali ed espressive contemporanee. In tal senso, il Direttore sottolinea il ruolo che generi musicali quali il rap hanno nel panorama odierno, intercettando la sensibilità del pubblico giovanile. Il percorso artistico e personale di Fabio Rizzo, in arte Marracash, rispecchia a pieno l’impegno nel trattare, con codici attuali e particolarmente vicini ai ragazzi, tematiche di grande rilevanza sociale (…)”, si legge nella nota dell’istituto siciliano. Dopo l’introduzione presentata dal professor Rizzo, alcune docenti si sono dette timorose “che i testi delle opere di Fabio Rizzo contengano contenuti di natura sessista”. Rizzo, allora, “replica alle colleghe ed evidenzia come determinati timori siano infondati”, viene riportato sempre nel verbale. Alla fine, non c’è stato niente da fare. Il concreto tentativo del professore non è andato a buon termine. Ed è un peccato considerando che, per molti ragazzi, i testi di Marracash siano uno strumento di riflessione interiore.
L’artista è riconosciuto per saper analizzare in modo lucido, “da fotografo”, la realtà e di saperla riflettere all’interno dei suoi brani. È recente un’intervista di Fabio Rizzo con il giornalista Francesco Oggiano in cui trattano temi inerenti alle “camere dell’eco”, alle bolle che si formano sui social e, infine, alle distorte percezioni di molti uomini sulle donne. Ma, al contrario di quanto si possa presumere, durante la chiacchierata, non c’è stato il minimo accenno ad una “cultura legata a contenuti sessisti”, tutt’altro. E così varrebbe anche per i suoi testi. Ma si sa: le interpretazioni dei contenuti rimarranno sempre soggettive. La notizia della sospesa concessione della laurea honoris causa all’artista non è stata commentata né da Marracash né dal suo team.



  

18.4.25

risposta a "prima gli italiani" di Sara Curtis ( madre nigeriana padre italiano )

Canzoni suggerite

Niente di speciale - lo stato sociale

Non è  yempo per noi - Ligabue

Proprio niente di speciale per gente speciale  .Prima ha stampato due record italiani in vasca in meno di 24 ore.



Poi, in sole dieci righe, Sara Curtis ha smontato due tra le più grandi sciocchezze che vengono abitualmente pronunciate o date per scontate nella società e nel mondo dello sport.
La prima
“Sono la prima campionessa di nuoto italiana nera, anzi mulatta - ha detto a ‘Repubblica’ - Non mi
piace quando sento dire ‘di colore', non ha senso, a parte che anche il bianco è un colore e poi nessuna pelle al mondo è davvero bianca.”
La seconda “Lo sport abbatte i pregiudizi: c'era qualcuno che pensava che i neri non potessero nuotare velocemente perché avrebbero le ossa più pesanti, che stupidaggine". Esattamente. E può sembrare una cosa da poco, ma anche riferirsi a un nero chiamandolo ( come spesso facciamo tutti per politicamente corretto , compreso me cje adesso farà di tutto per abbandonere tale espressione , razzisti e non razzisti ,) “di colore” è figlio di un retaggio razzista che abbiamo il dovere di smontare e lasciarci alle spalle Ed è bello che sia una ragazza di 18 anni a dare letteralmente lezioni di italiano, di civiltà e, già che c’è, pure di biologia a persone di 40 o 50.

21.3.25

idiozia e razzismo nei media italiani o pubblicità per per far parlare di se ? Il caso di Michelle comi nella trasmissione la zanzara

lo so che parlare di queste persone significa far loro pubblicità gratuita . E non dovrei fare il loro gioco vedere ( video di sottto ) . Ma non resisto ad esprimere il mio disgusto ed indignazione davanti a simili personaggi che pur di far parlare di se fanno e dico ( magari poi non lo sono davvero ) cosi imbelli .E' il caso di Michelle Comi va in trasmissioni come La Zanzara a dire che gli africani puzzano perché in Africa si mangiano antilopi e zebre.
Ormai l’Italia è diventata ( salvo eccezzioni ) questo : persone senza alcuna cultura vanno in radio o in televisione a parlare di cose e luoghi che non conoscono.<<Quando degli idioti si sentono acculturati, basta che aprano bocca per confermare di essere perfetti idioti.>>
( dall'account Facebook di Soumaila Diawara )
Meglio aprire un libro o ... Oltre all’evidente idiozia, qui c’è una dose massiccia di razzismo, del tipo più becero e ignorante. Generalizzare su un intero continente attraverso stereotipi disgustosi non solo rivela una totale mancanza di cultura, ma denota anche un’intenzionale volontà di denigrare.L’Italia sta davvero toccando il fondo se questo è il livello del dibattito pubblico. Il paradosso è che chi si presenta come paladina del femminismo finisce per perpetuare gli stessi meccanismi di discriminazione e oppressione che afferma di combattere.Un libro aperto vale più di mille microfoni accesi nelle bocche degli stolti. 
Questo  il mio   giudizio a  caldo  .  Poi   diminuiti  gli ardori  , a  freddo,  mi  rendo  conto  che    sono  caduto   come  evidenziato    dal protagonista     di questo video  sociale di https://www.facebook.com/k.kiko.co/videos/ 




  
nel  loro  gioco  provocatorio  usato  da  Vip  e  pseudo  vip   per   avere pubblicità gratuita   e  far  parlare  di se  .

13.11.24

PizzAut, il fondatore Nico Acampora: "Alcune aziende preferiscono pagare multe piuttosto che assumere una persona disabile"

 L'inclusione passa anche attraverso una pizza. A "Pomeriggio Cinque" Nico Acampora fondatore di PizzAutla prima pizzeria gestita interamente da ragazzi autistici con sede a Cassina de' Pecchi (Milano) e a Monza, racconta il progetto e fornisce alcuni dati sull'autismo in Italia. Ad accompagnarlo in studio ci sono due ragazzi che lavorano in questi ristoranti e spiegano come è cambiata la loro vita grazie a questa iniziativa. "Io ho


32 anni e da quando avevo 14 anni ho fatto stage in tantissime aziende italiane. Negli ultimi 2 anni e mezzo sono entrato da PizzAut ed è iniziata una cosa bellissima e finalmente sono stato assunto", confessa Edoardo.I numeri sull'autismo Il fondatore di PizzAut Nico Acampora, ospite in studio del programma condotto da Myrta Merlino, fornisce alcuni dati sulla situazione dell'autismo nel nostro Paese. "In Italia ci sono 600mila persone autistiche. Nasce un bambino autistico ogni 77 bambini e per i nostri figli non c'è nulla", spiega Acampora. E aggiunge: "Banalmente l'anno scorso l'insegnante di sostegno per mio figlio è arrivata a dicembre. Su 600mila persone, quelle inserite nel mondo del lavoro sono solo l'1,7%". "La Lombardia, che io conoscono bene perché ci abito e lì abbiamo i due ristoranti, ha incassato 81 milioni di euro di multe da parte di aziende che preferiscono pagare piuttosto che assumere una persona disabile", conclude l'uomo.Il progetto PizzAut  PizzAut ha aperto la prima pizzeria interamente gestita da ragazzi autistici nel 2021 a Cassina de' Pecchi, in provincia di Milano, e nel 2023 ha inaugurato un altro locale a Monza. Sin dalla sua fondazione, ha avuto come obiettivo quello di sensibilizzare le Istituzioni e la società civile sul tema dell’occupabilità delle persone autistiche. A "Pomeriggio Cinque" due ragazzi raccontano come è cambiata la loro vita da quando hanno trovato un lavoro regolarmente retribuito grazie a PizzAut. "Ho tantissimi sogni. Sono appassionato di modellini di robot giapponesi, in particolar modo dei Transformers, e sto collezionando tutti i loro modellini. È bellissimo avere uno stipendio e realizzare questi sogni qua", spiega Edoardo. "Io faccio il cameriere e sono assunto dal primo maggio 2023", racconta invece Lorenzo. Proprio quest'ultimo, come precisa Nico Acampora, ha visto svoltare la propria vita grazie a PizzAut: "Prima di venire da me si è fatto 4 lunghi anni in un centro diurno per ragazzi disabili. A un certo punto si piantava la forchetta in testa, si chiama autolesionismo. Quando è venuto da me ha smesso e adesso la neuropsichiatra gli ha tolto anche gli psicofarmaci. È compensato dal lavoro ed è un lavoratore straordinario".

10.9.23

Uno spiraglio di luce

 


“Sulle Tracce dell'Altrove”... dalle primissime pagine uno spiraglio di luce pare trapelare dalle righe di ogni foglio. Quello di Cristian A. Porcino Ferrara, si profila fin da subito come un viaggio interiore ricco e profondo, a tratti doloroso, ma sempre lucido.

Una lettura piacevole e fluida, a tratti illuminante, soprattutto quando l'autore tocca temi di rilievo etico-morale come la spiritualità e la religiosità, l'omosessualità e l'esperienza travagliata del coming out etc...

Si coglie in sordina la presenza di un fil rouge che inevitabilmente lega ogni tematica a quella successiva, poiché è la continua ricerca interiore a guidare la mano dell'autore, non vi è mai stacco brutale tra i temi... come un flusso di coscienza scorre e va... come un fiume che non ha inizio né fine... così questo testo ci lascia la parola, apre e invita alla riflessione personale.

Grazie a Cristian A. Porcino Ferrara per essere riuscito a raccogliere spunti riflessivi tanto delicati in una lettura elegante.


Prof.ssa Francesca Curreli


Il libro è in vendita su Amazon 

11.8.23

l'italia sta diventando sempre più exenofoba ed razzista . il caso del ristorante Ginger People & Foodad Agrigento

N.B   il   post    doveva essere  diverso  ma la  risposta del il titolare del locale Carmelo Roccaro   sotto  riportata  ,  a  differenza  di molti   media , integralmente  ,    mi ha   spiazzato  e   fatto cambiare  percorso   


Succede ad Agrigento, ristorante Ginger People & Food.Due clienti sulla sessantina, una volta scoperto che la chef è nera - la pluripremiata Marame Cissè , foto a destra - si alzano e se ne vanno indignati. Gli ha risposto il titolare del locale Carmelo Roccaro. E lo ha fatto con una lettera meravigliosa, provocatoria e amarissima che mette a tecere , le giusticazioni : non è razzismo è xenofobia , è slo farsi pubblicità , ecc .che va letta fino in fondo e condivisa.Ma prima alcuni considerazioni E' vero    che   l'italia  è il tappo  dell'europa  riguardante  gli sbarchi  degli immigranti che  fuggono    dai loro paesi  . E certi di loro vengono per  delinquere o convinti    che   si possa  applicare  al 100 %  la  loro cultura  e  le loro usanze   .   Ma  ciò  non  giustifica   da parte  nostra ,  soprattutto  quando   vengono per  vivere  onestamente ,  tali atteggiamenti  come : << Non gli affittano la stanza perché di origini africane: È stato un mio coetaneo, mi ha fatto male (fanpage.it) o peggio come   quello  che  vado a  raccontare  oggi .Prima di lasciarvi con la lettera vi siggerisco questo video di https://www.facebook.com/k.kiko.co

Ma Basta con i pipponi veniamo alla lettera

“Sei entrata di fretta, con il tuo compagno, capelli brizzolati, tagliati cortissimi “alla Sinéad”, donna nostrana sulla sessantina circa. Sei stata accolta con il sorriso dalla nostra Karima, addetta di sala, giovane ragazza di seconda generazione, grande lavoratrice, che ti ha fatto accomodare dove volevi tu.
Dopo qualche minuto ti ho visto alzare da tavola, disturbata, e dirigerti verso l’uscita. Ti sono venuto incontro per capire cosa stesse succedendo, ma non mi hai degnato di uno sguardo e, alquanto seccata, non hai neanche risposto al mio saluto e sei andata via, così.
Karima mi guardava con gli occhi sgranati e a bocca aperta dicendomi “Dopo avere visto il menù la signora mi ha chiesto se per caso la proprietaria del ristorante fosse una signora neg… di colore. E alla mia conferma si è alzata dicendo che non voleva più cenare qui…”.
Io sono uscito e ti ho seguito mentre risalivi in macchina e andavi via, evitando di guardarmi, mentre costringevi il tuo compagno ad una improbabile inversione ad “U”.
Io non conosco chi sei, la tua storia, i tuoi problemi e non oso nemmeno giudicarti. So solo che ho sentito una grande tristezza nel cuore. Ieri sera ho preso consapevolezza di quanto profondo e radicato sia questo sentire che emerge dal lato oscuro delle persone.
Ma, ti sembrerà strano, ieri io ti ho anche ammirato. Ti ho ammirato perchè hai avuto la coerenza di dire quello che tante persone, concittadini, amici pensano, ma non hanno il coraggio di ammettere. Non importa se si tratta di spazzatura, ma lo hai detto, hai fatto uscire quello che si nasconde dentro di te, sei stata, a tuo modo, sincera.
Perché, vedi, noi ci siamo proprio perché esistono persone come te, e non ci disturbano i commenti del tipo “u vidisti? dintra a cucina su tutti nivuri” o i “negri!” urlati dalle auto in corsa davanti al nostro ristorante. Non ci disturbano e ci fanno sorridere perché li avevamo messi in conto e sapevamo che sarebbe sato difficile costruire una comunità diversa da questa in cui viviamo.
Quello che ci sorprende e ci addolora davvero è l’assenza della rete che doveva sostenere questo progetto rivoluzionario, degli intellettuali e di gran parte degli attivisti delle associazioni culturali di impronta progressista o del mondo cattolico, della cooperazione, degli “amici”.
Perché frasi come “Non vi montate la testa, volate basso”, “Avete i prezzi troppo alti, i più cari della città”, “Fate porzioni troppo scarse”, ”Una cucina neanche minimamente paragonabile alla nostra” “Tutto troppo piccante” in fondo vogliono dire quello che tu hai detto, senza peli sulla lingua: la cuoca è nera, voi tutti siete neri, avete oltrepassato il limite. E tutto questo, tra disinformazione e misinformazione, alimenta un immaginario comune che trae linfa dall’incorporazione di aspetti oscuri e nascosti nel nostro inconscio profondo, innegabilmente colonialista e suprematista.
Il “povero nero” è bravo e fa bene alla coscienza attraverso le opere di carità “inclusive e antirazziste” dell’uomo bianco italico fin quando fa il lavapiatti o si occupa delle pulizie, cioè rimane al suo posto e non aspira a migliorare la sua condizione sociale. Ma se il nero, grazie al genio che la Natura, per fortuna, dispensa a caso e senza distinzione di sesso o di colore della pelle, diventa uno chef, un capo, diventa più bravo di me o di mio figlio, allora questo non va più bene. Diventa, appunto, troppo.
So che non ti farà piacere sapere che sebbene anche alcuni operatori turistici locali, magari per miseri interessi di bottega, alimentino lo stigma che portiamo sulla nostra pelle, viene a trovarci tanta gente da varie parti d’Italia e del mondo, molti ci dicono che hanno prolungato la permanenza in città solo per venire a conoscerci. Ci invitano continuamente in Italia e all’estero per presentare il nostro progetto o far conoscete la nostra cucina, alcune università e giornalisti italiani e stranieri ne hanno fatto un esempio di buone prassi. Tutti ci fanno la stessa domanda: ma che ci fate qui? Beh, certamente ci siamo perché questa è la nostra città e per le tante persone che qui ci adorano, ma devo ammettere che adesso cominciamo ad interrogarci anche noi.
Certamente non stiamo riuscendo a cambiare il lato nero dell’anima di quelli come te ma forse stiamo facendo emergere quello, più subdolo e profondo, dell’anima di quegli altri”.

Aggiungo che, pure con tutta l’ipocrisia del mondo, si fatica a raggiungere un livello di bieco e spaventoso razzismo come quello di due persone che, nel 2023, si alzano e se ne vanno perché non vogliono mangiare da una chef nera. Non riesco a trovare, con tutto l’impegno, termini di paragone adeguati a questa miseria.Senza altre parole  concludo  qui  il   post  


18.6.23

Cagliari, aveva chiamato i carabinieri per interrompere il violinista: ora lo invita a suonare all’inaugurazione del negozio Yaacob e Stefania avevano fatto pace poco dopo l’episodio: adesso è nata un’amicizia

In  risposta    a  chi   ride   o mi scambio  per  matto  \  stravangante    perchè  metto  ai miei  post    la  musica  che  ascolto  in contemporanea   o cito  l'intera  canzone  o il  testo     facendone   anche   la  parafrasi    .       riporto  questa     storia  realmente accaduta   . 

Unione  sarda  15 giugno 2023 alle 13:57


Cagliari, aveva chiamato i carabinieri per interrompere il violinista: ora lo invita a suonare all’inaugurazione del negozio Yaacob e Stefania avevano fatto pace poco dopo l’episodio: adesso è nata un’amicizia La via gremita di persone. Qualche chiacchiera, le buste con lo shopping appena fatto. E la musica. Scene di ordinaria quotidianità in città, di qualsiasi città come ce ne sono tante. Succede a New York e succede anche a Cagliari. I musicisti di strada tengono alto l’umore e regalano concerti a cielo aperto. Capita anche però che qualche volta la musica non sia gradita. O meglio, magari è una giornata storta, magari si reagisce in modo troppo impetuoso alle note che invadono l’aria e i negozi.

 Sicuramente questa storia la ricorderanno in tanti: circa un anno fa, infatti, una commerciante di via Manno a Cagliari chiamò i carabinieri per interrompere la performance di Yaacob González García, violinista spagnolo arrivato in Sardegna per seguire la sua arte. La vicenda si concluse bene quasi immediatamente, con i cagliaritani a prendere le parti del musicista e una stretta di mano a suggellare una neonata amicizia. Oggi questa storia, però, ha raggiunto davvero il suo lieto fine. Stefania Donadon ha riaperto il suo negozio dopo un periodo di stop e ha deciso, per l’inaugurazione, di contattare proprio lui, Yacob, per suonare per amici e clienti. «La musica fa da filo conduttore e vince attraverso le nostre differenze» ha detto il violinista, emozionato e con quel sorriso che solo la musica riesce a dare a chi la suona e a chi la ascolta. È bene ciò che finisce bene, insomma. Un epilogo che dai toni accesi di una discussione ha lasciato spazio ai toni alti e melodiosi delle note.
                                          Giulia Salis

Ma  anche  alle polemiche     di quelli  che  ben  pensao     che  si  lamentano     che   non  si   fa  niente   e   poi  quando  si  fa  qualcosa   si lamentano opure un cerca  di   raccogiere  qualche  soldo   senza  andare a   delinquere  (   rubare  ,  spacciare  , ecc )   ecco alcuni commenti    all'articolo 

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user310148
da 2 giorni
Mi chiedo cos'è che non disturbi ai residenti dei centri storici, c'è sempre la possibilità di andare nei quartieri residenziali per non sentirsi disturbati da chiunque capiti nei vostri quartieri a vostro uso esclusivo, almeno è quello che pretendete. Con queste vicende si ammazza un'intera città e il bello è che ci state pure riuscendo....
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salsiccio
da 3 giorni
Stemarta firse non vivi nel centro storico. Est modus in rebus (fattelo tradurre, ed insegnalo al musicista)
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stemarta
da 3 giorni
User308928, gli orari che hai menzionato rientrano pienamente negli orari in cui si può fare musica , se il disturbo è tanto chiuditi le finestre e vivi da eremita così non ti disturba nessuno . In secondo luogo, offrigli un lavoro , così magari può guadagnarsi da vivere in maniera dignitosa. La musica è vita è ci sono tanti artisti di strada che sono dei veri professionisti. Vivi e lascia vivere.
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user308928
da 3 giorni
Il suddetto violinista è un gran cafone che viene allontanato ripetutamente dalle strade perché disturba i residenti del centro storico ammorbandoci dalle 9 del mattino alle 8 di sera con brani coperti da copyright (da Morricone a Hans Zimmer: SIAE dove sei?) sparati a palla dagli amplificatori collegati al suo strumento stonato. La ricostruzione dell'Unione è del tutto ingenua e romantica: il disturbo della quieta pubblica resta un reato: sequestrategli gli amplificatori e multatelo.
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Antoniu
da 3 giorni
intelligente forma di pubblicità (dato poi questo articolo). Approvo. Viva la gentilezza e l'intelligenza.

7.9.22

Il velo di Safiya al Sayegh batte (in volata) i pregiudizi

 

  dal  venderdi    di repubblica  del 2\9\2022

 Al Sayegh è la prima emiratina nel ciclismo di vertice. Gareggia coprendo capo, braccia e gambe: "È un mio diritto. Ogni donna deve essere libera di scegliere"

Safiya al Sayegh (a sinistra) è con alcune compagne dell’Uae Team. La ciclista di Dubai è nata il 23 settembre del 2001. Quest’anno ha vinto il Campionato nazionale degli Emirati Arabi in linea e a cronometro (Manuela Heres) 


Safiya indossa il velo e corre in bicicletta. È nata a Dubai tre anni e due giorni dopo il suo idolo Tadej Pogacar e negli Emirati è già un mito e un esempio. Safiya al Sayegh è la prima donna araba nel ciclismo di vertice. Indossa l'hijab sotto il casco e corre con braccia e gambe coperte, cerca la Mecca con lo sguardo e prega prima e dopo l'arrivo. Sorride molto a chi le chiede "perché proprio il ciclismo?", "perché no?" risponde lei, con naturalezza, facendosi grande nelle sue piccole spalle.

Perché no, in effetti, in quell'angolo ricchissimo del mondo che sta spalancando le sue strade spazzolate dal vento e accarezzate dalla sabbia all'arte occidentale dell'andare in bilico su due ruote sottili? UAE, sigla degli Emirati Arabi Uniti, è anche il nome del team di Safiya, la sezione femminile della UAE di Pogacar. Safiya di strada deve farne ancora tantissima. Ma ha vent'anni e molto, per lei, deve ancora succedere.

Come è nata la sua passione?
"Sono figlia di due culture molto diverse. Sono nata a Dubai da padre emiratino e madre inglese e provengo da una famiglia sportiva. I miei genitori mi hanno sempre incoraggiata a fare sport e sono presenti nella maggior parte delle mie gare. Sono la più grande di tre sorelle. E a marzo ho vinto due gare, il Campionato nazionale degli Emirati Arabi, sia in linea che a cronometro".

Oltre al ciclismo, che cosa c'è nella sua vita?
"Studio graphic design, sono al terzo anno. Vorrei diventare una designer e lavorare nel mondo della grafica e della pubblicità".

Qual è il suo rapporto con l'Islam?
"Sono profondamente religiosa. La fede è un modo per farci vivere questa vita nel modo corretto, per essere vicini al nostro Creatore e faccio del mio meglio per mantenere questa connessione spirituale il più possibile".

Che cosa rappresenta per lei il velo?
"Indosso il mio hijab per il mio bene. Non sono obbligata a indossarlo da nessuno e non lo indosso per compiacere la mia famiglia, ma per me stessa. Indosso il velo tutto l'anno, tutti i giorni e non lo trovo un problema per la mia carriera sportiva. Spero che ogni donna in tutto il mondo possa inseguire ciò che ama senza che sia un ostacolo per lei. Certo, nel ciclismo è più dura che in ogni altro sport per via del caldo, ma con la fede e se sai di star facendo qualcosa di importante e bello, tutto si supera".

In alcune culture il ciclismo viene considerato disdicevole per una donna. Ha mai avvertito questo stigma sul suo sport?
"No, mai, a Dubai le donne sono assolutamente libere di praticare qualunque sport. Io lo faccio in ogni momento libero dai miei impegni di studio. In città c'è uno splendido Cycle Park e se voglio allungarmi raggiungo il Jebel Jais, dove all'UAE Tour quest'anno Tadej Pogacar ha vinto una bella tappa. Lui è il mio modello, un ragazzo straordinario e molto simpatico. E poi corre con i miei stessi colori".

In Francia c'è una proposta di legge per impedire l'utilizzo dell'hijab durante la pratica sportiva e c'è un gruppo di calciatrici, le Hijabeuses, contrario a questo progetto. Lei cosa pensa?
"Credo che a una donna debba essere lasciata la scelta di usarlo o meno e non essere costretta per legge a rimuoverlo. Non ne capisco il senso, il fine. Indossarlo è un diritto. Possa Dio guidarci tutti e mostrarci la retta via in questa vita".

E lei come è approdata al ciclismo?
"Da bambina ho praticato nuoto e atletica. Intorno ai quindici anni mio padre ha acquistato una bici da città e anche grazie alla nascita del Dubai Tour e poi dell'UAE Tour il ciclismo è arrivato sulla porta delle nostre case. All'inizio mio padre era contrario, è uno sport duro, pericoloso. Sono arrivata al ciclismo per mezzo dello studio: studia, mi diceva, e potrai praticare lo sport che desideri. Non sono tantissime le ragazze di Dubai che praticano ciclismo, ma solo perché non c'è ancora una tradizione da noi. Cresceranno i numeri nei prossimi anni". 

Grazie a lei e al suo esempio, magari.
"Mi piacerebbe essere un modello per altre ragazze emiratine, sento comunque la responsabilità di essere un'apripista, una pioniera, ed è una cosa che mi piace. La mia squadra, l'UAE Team ADQ, ha tra i suoi obiettivi anche quello di far crescere un movimento nazionale negli Emirati. Il team è stato creato per condividere una visione e consentire alle donne di perseguire i propri sogni e diventare eroine in qualunque cosa vogliano. È davvero un piacere e un onore essere stata scelta per far parte di questo fantastico progetto".

Che cosa sogna per la sua carriera?
"Vorrei diventare la prima ciclista emiratina in gara alle Olimpiadi. Vorrei correre le grandi corse europee, le classiche, il Giro e il Tour. Ma soprattutto voglio rendere orgogliosi i miei genitori e restituire loro il bene e la fiducia che mi hanno dato. Amo far sorridere le persone e i miei cari, la vivo come una missione".

5.6.22

l'amore merita non importa se etero o lgbt Dio ha detto semplicemente amatevi uno con l'altro

  canzoni  consigliate
LA PACE SIA CON TE (Renato Zero)
L'amore merita - Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro, Roberta Pompa

Ricevo una notifica su messanger che ××××× ( non essendo tra i miei contatti ne avendo  contatti in comune ) mi vuole mandare un messaggio .Vado a vedere se si tratta del solito spam pornografico , invece
appresa delle sorprese  ricevo una toccante ed bellissima email  che trovate pubblicata  sotto . Che mi conferma che il mio raccontate /riportare storie del mondo LGBT+ deve continuare . Ma è anche una risposta a  tutti gli omofobi diretti ed indiretti  o chi ( lo capisco ci sono passato anch'io ed a volte ci cado ed  non è  facile   liberarsene  o rimetterli in discussione   ) ha pregiudizi e preconcetti dovuti all'educazione familiare e all'ambiente in cui si è cresciuti . Mi ha  tolto le  parole di bocca   ed ogni ulteriore  aggiunta    al  di fuori di queste righe  e  degli approfondimenti a  fine post   sarebbe  superflua 


"Ciao Giuseppe, mi chiamo ***** e mi permetto di darti del tu perché sento di parlare con una persona "amica".
Poche volte scrivo in privato a qualcuno che non conosco ma questa volta mi sento di farlo per esprimere verso di te la mia più grande gratitudine. Leggo spesso i tuoi post, in cui altrettanto spesso ritrovo similitudini con il mio percorso, leggo di storie che hanno volti, che attraversano difficoltà nell'affrontare giudizi e #pregiudizi e mi ci rivedo maledettamente.
Ma di quelle storie prendo il bello, prendo il fatto che qualcuno si adoperi per raccontarle e  riprenderle , per farle conoscere e per sostenerle, e quel qualcuno sei tu.
Sto con mia moglie da 15 anni, con lei ho attraversato tantissime avventure che la vita ci ha messo davanti e all'inizio l'ho fatto con tanta paura. #Paura che la gente non capisse, paura che qualcuno reagisse male alla nostra relazione, paura di prenderla per mano e di baciarla per strada, paura di una parola di troppo.
E poi mi sono detta che chiunque non accetti, non capisca, non condivida, allora non è il benvenuto e



non farà parte della nostra #vita.
A parole è semplice, poi i fatti mi dicono che spesso mi limito ancora, meno di prima, ma lo faccio ancora.
Leggere delle storie che condividi, che fai conoscere, storie in cui credi, mi mette voglia di guardare al futuro con un sorriso più lucente, mi dà coraggio per il percorso che sto facendo con mia moglie, per il desiderio che abbiamo di allargare la nostra #famiglia, mi fa sperare   anche  se  la strada  è lunga  che la prossima generazione sarà più aperta, più buona, più altruista, perché consapevole.
La consapevolezza gliela daranno le persone come te che riescono a parlare di amore con una dolcezza e una semplicità incredibile, rendendo facile quello che facile è, basta saperlo riconoscere. Spero di crescere i miei figli così, con questa semplicità e questo amore.Quindi grazie, grazie davvero per quello che fai e per come lo fai, continuo a seguirti e a sostenerti."

Infatti  citando    il mio utente  

Siamo sempre così bravi ad assegnare #definizioni che rimangono attaccate alla pelle, talvolta a tal punto da far male, come un marchio a fuoco.
Direi di lasciare le etichette ai vestiti e ripartire dalla visione di persona dotata di propri #sentimenti. ❤️🌈

Note
Giovanni 13,31-35 Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi (13,1-13)

passo chiudo alla prossima



Destinazioni lontanissime da raggiungere a velocità moderate: viaggiare in scooter è un’esperienza unica, diversa da tutte le altre

in sottofondo Vespa 50 special - Cesare Cremoni Culture Club - Karma Chameleon