Guè Pequeno, e Young Rame. A sinistra, ai due estremi: Marracash in giacca blu e “Nazza” Calajò
Se prima mi piaceva i rap e lì'hip hop e musica delle posse ed altri generi non conformi come il punk , infatti è stato uno dei veicoli da cui si è sviluppata la mia formazione politico culturale . Adesso con la quasi fusione tra il rap e il sottogenere trapper nonostante le sottili differenze riassumibli . A qiuesto punto non so se la censura sia giusta o meno opppure condurre ua guerriglia
Stile Musicale e Atmosfera
Rap: Il rap è noto per la sua enfasi sulla recitazione ritmica di versi e rime sincopate, con un’attenzione particolare alla lirica e alla tecnica verbale. L’atmosfera sonora può variare ampiamente a seconda dello stile dell’artista, ma solitamente si pone in secondo piano rispetto alla lirica.
Trap: La trap si contraddistingue per un’atmosfera oscura, pesante e ricca di bassi profondi, che contribuisce a creare un’ambiance coinvolgente. A differenza del rap tradizionale, la lirica spesso viene messa in secondo piano a favore del ritmo e delle sonorità.
Origine e Sviluppo:
Rap: Il rap ha radici profonde nella cultura afroamericana e ha iniziato a svilupparsi negli anni ’70, con influenze africane e tradizioni orali.
Trap: La trap music ha avuto origine nel Sud degli Stati Uniti, in particolare ad Atlanta, Georgia, all’inizio degli anni 2000. È emersa come una fusione di influenze musicali, tra cui il rap, l’hip hop e la musica elettronica.
Tematiche e Diversità:
Rap: Il rap affronta una vasta gamma di temi e spesso pone una maggiore enfasi sulla lirica, consentendo agli artisti di comunicare storie e messaggi complessi attraverso le parole.
Trap: La trap è notevole per le sue liriche che spesso trattano temi legati alla vita di strada, al consumismo e alle esperienze della gioventù contemporanea. Ha portato alla creazione di vari sottogeneri, ognuno con proprie tematiche e stili distintivi.
è diventa solo veicolo d'odio , misogenia , agiografia della criminalità , edonismo spinto
infatti leggo da
Il Fatto Quotidiano
Davide Milosa
Gli inchini live di Guè e Marra “I rapper al servizio del boss”
Testi e magliette per “Nazza” Calajò, ras della Barona arrestato per droga. E Young Rame canta “come si smonta un uomo”
IL BOSS della Barona, Nazzareno Calajò, è stato arrestato ad aprile. Per lui e altri, accuse a vario titolo di associazione e traffico di droga. Dagli atti emergerà anche la volontà di Calajò, detto Nazza, di uccidere il capo della curva dell’inter Vittorio Boiocchi, poi ucciso il 29 ottobre 2022. Per questo fascicolo Calajò non è indagato. Gli ultimi atti confermano il legame con alcuni rapper. Tra questi Young Rame, autore di testi apologetici per Calajò. E di cui ilfattoquotidiano.it scrisse a giugno. Rame rispose sui social: “Buongiorno giornalista (...). Qualsiasi persona che abbia almeno finito la scuola elementare ascoltando il brano ‘Fine pena mai’ può capire che è un fatto di cronaca visto dai miei occhi”.
L’inchino al boss da parte di due tra i rapper più noti della scena musicale italiana è un fatto che nella malavita milanese ancora non si era registrato. È accaduto, invece, come riporta una nota conclusiva della polizia penitenziaria allegata all’indagine dei pm Francesco De Tommasi e Gianluca Prisco. Il boss in questione è il ras della Barona, Nazzareno Calajò detto Nazza. I cantanti mainstream: Marracash, al secolo Fabio Bartolo Rizzo, e Cosimo Fini, in arte Guè Pequeno, né indagati né coinvolti nell’inchiesta. Il Fatto ha contattato gli agenti dei due cantanti. L’ufficio stampa di Marracash non ha voluto commentare. E nemmeno lo staff di Guè.
È IL 10 LUGLIO
scorso quando migliaia di persone affollano il pratone dell’ippodromo di San Siro. In scena un vero show hip pop organizzato dallo stesso Guè Pequeno, il quale a tarda sera saluta pubblicamente il boss urlando: “Nazza libero. Free Nazza! Una mano su!”. In quel momento, Calajò è in carcere, era stato arrestato ad aprile assieme ad altri della banda della Barona con l’accusa di traffico di droga. Il 21 settembre 2022 sul palco del Forum di Assago canta Marracash. In quel momento, Nazza è ai domiciliari. Annota la penitenziaria: “Nel ringraziare le persone presenti, il cantante rivolge un saluto particolare ad Alessandro Calajò (Kalash), all’amico Mattia Di Bella e all’immancabile Nazzareno Calajò”. Anche Ale Kalash, figlio di Nazza, si trova in carcere, con lui il cugino Luca Calajò,
Il “bandito” e i “campioni” Saluti dal palco al “grande zio”. La polizia penitenziaria: “I videoclip rafforzano la famiglia criminale” I manager: “No comment”
uno dei capi della banda. Marracash: “Ci tengo a ringraziare la gente del mio quartiere venuta a queste serate. Mattia (Mattia Di Bella, altro cantante, in arte Young Rame), Kalash (Alessandro Calaiò), Momo e soprattutto il grande zio Nazza. Un abbraccio!”. Subito dopo “l’inchino” di Marra, Luca Calajò, presente al concerto, invia messaggi alla zia e alla moglie di Nazza: “Fai un video, lo zio che ringrazia Marracash, l’ha salutato davanti a tutti, fai fare un video allo zio”.
Annota la polizia penitenziaria: “È noto che la famiglia
Calajò domini il quartiere Barona e il suo predominio lo ha ottenuto anche grazie al consenso di parte della popolazione residente, alimentato mediante numerose comparse dei principali esponenti della famiglia criminale nei videoclip di famosi cantanti rapper come Guè Pequeno, Marracash e Young Rame il cui tema principale è l’ostentazione del lusso, del denaro facile e l’esaltazione della violenza”. Secondo la Procura di Milano, “la fama e il successo dei rapper sono un utile tornaconto per Calajò, non soltanto per la rappr ese nta zio ne del suo carisma, ma anche una perfetta cassa di risonanza per la sua professata innocenza”. Intercettato, Nazza dice: “Altro che non servono a un cazzo i cantanti, i cantanti servono!”. Tanto che, sostiene Nazza in carcere, gli dedicano alcune canzoni: “Adesso m’hanno fatto una canzone per me Marra, Guè e lui (Young Rame). Compongono le canzoni per me! Hai capito?! Guè pure mi ha fatto una canzone Il tipo”, il cui testo recita: “Anche se l’hai capito, tu non fare mai il nome del tipo (…) Finché comanda è meglio che godere (...) Il tipo ha più di un soldato”. Mentre, scrive la Procura, “in un fotogramma del videoclip del brano Love interpretato da Marracash e Guè Pequeno, sono presenti Alessandro e Nazzareno Calajò insieme a Marracash e Young Rame”. Lo stesso
Rame, anche lui non indagato, è autore di diverse canzoni su Calajò. Tra queste l’anziano e Fine pena mai. “Brani – scrive la penitenziaria – realizzati su espressa richiesta di Calajò, che non si esclude possa essere stato lui stesso a comporne i testi, con cui Nazzareno intende catalizzare l’attenzione sulla sua vicenda, sulla reclamata innocenza rispetto alle accuse mosse dalla Procura”. In un passaggio dell’anziano si ascolta: “L’anziano mi ha insegnato un’altra educazione. Ad avere i nervi saldi durante l’azione. Come smontare un ferro, come smontare un uomo. Dalle mani alle pistole, è la Sicilia di Milano. L’anziano sta chiuso a Opera anche se è innocente”. Mentre in Fine pena mai un passaggio, secondo la Procura, è rivolto a uno dei pm: “Ho un messaggio anche per te che non hai identità. Hai rovinato le persone e questo non si fa”. Young Rame, dopo un articolo uscito sul fatto.it a giugno, aveva pubblicamente risposto: “La realtà non è quella che lei ha riportato, io ho rispetto per ogni persona onesta”.
IL 23 GIUGNO,
Nazza parla con il nipote: “M’ha scritto Rame, lui combatterà, gli ho dato una forza che ne farà altre mille di canzoni se è il caso”. Chiosa la Procura: “La massima espressione della solidarietà dei cantanti alla famiglia di Calajò è la produzione di magliette con l’effigie ‘Nazza Libero’, ‘Verità per Nazza’ indossate dai cantanti nei loro videomessaggi sui social”. Inizialmente Marracash non vuole indossarla, un gesto forse estremo per la sua immagine. Nazza non la prende bene e gli dà del “traditore e dell’infame”. Fino a che, osserva la Procura, anche Marra, quasi costretto, indosserà “la famigerata maglietta”. I cantanti quindi contano per Nazza. A tal punto che, come emerge da una intercettazione, uno di loro girerebbe alla banda il 10% degli incassi. “Un sostegno economico che servirà al gruppo criminale per affrontare, senza particolari affanni, le spese relative alla detenzione in atto”.
Ora
un autoifesa poco convicente perchè ok sta mettendo in musica un evento di cronaca , ma un conto è un testo neutro ( qualora non puoi o non vuoi prendere posizione ) o contro un altro è fare un componimenti elogiativo . A questo punto non so se la censura ed il boicottaggio serva oppure sia meglio una guerriglia contro culturale cioè immettendo ed contrapponendo all'interno della stesso genere la cultura della legalità . voi che ne pensate ?
C’erano una volta gli album e le vendite. Ora, spiega Paola zkar lamanager che ha fatto da chioccia a Clementino, Fabri Fibra, Marracash e scoperto Madame, è tutto cambiato. Adecretare il successo di un brano può essere Tik Tok. Un computer. O un confessionale a un concerto
Ricorda che la svolta, per il rap in Italia, è stata nel 2016. Santo streaming. «Però, nei dieci anni prima era stata dura», ammette Paola Zukar, genovese, 54 anni, manager discografica che assomma due faticosi primati per il nostro Paese: è donna e si occupa di rap. Adesso sembra quasi facile parlare dei successi di Madame che di anni ne ha 20, si è fatta conoscere nel 2019, ha conquistato anche il grande pubblico a Sanremo 2020 con il brano Voce e nel 2021 si è imposta come artista dell’anno, in campo musicale. Fino al sold out del suo Madame in Tour, che, dalla primavera e per tutta l’estate 2022, sta diventando un appuntamento con la libertà per migliaia di giovani e giovanissime, ma anche giovanissimi. Che sia fiuto per il marketing o sentimento, Madame ha inserito nei suoi concerti un “momento confessionale”. Dopo aver rassicurato i presenti che sono al sicuro e per questo possono esprimersi liberamente e dire quello che non hanno mai voluto o avuto il coraggio di dire, cede loro il microfono. Funziona. È il paradosso tutto attuale dell’intimità collettiva, quasi uno specchio dal vero dei social: «Adesso i brani non si scaricano neanche più, si ascoltano sulle piattaforme come Spotify o Apple, fino a sfinimento, quando piacciono», spiega Zukar. «Ma anche chattare e connettersi, soprattutto dopo due anni di pandemia, è diventato insufficiente. I ragazzi vogliono condividere, ballare, stare insieme».
Da quando la musica si è smaterializzata, è difficile pure capire che fa una discografica come lei. In sintesi?
«Io sono un hub, una centrale di smistamento: seguo la parte discografica, ovvero ascolto nuovi artisti e brani e valuto quali possano funzionare. Adesso lo faccio meno, perché sono concentrata sui miei “ragazzi”: Madame, Clementino, Marracash e Fabri Fibra. Poi mi occupo di tutto il resto: dai rapporti con i promoter, che organizzano i concerti e i tour, a quelli con le agenzie di pubblicità».
Ed è sempre convinta che, in epoca Tik Tok, ovvero dei video di pochi secondi sui social, bisogna produrre album?
«Sì, è quello che gli americani chiamano “the body of work”, il “corpus di opere”: raccogliere i brani singoli sotto un unico titolo mette gli artisti su un altro livello. Dopodiché è vero che agganciare un album a Tik Tok è complicato. Però il brano Propaganda di Fabri Fibra, Colapesce e Dimartino è esploso proprio grazie a Tik Tok. Non ci avreimai creduto. Invece i ragazzi lo reinterpretano, lo fanno andare accelerato, lo reinventano. Non accade ovviamente con tutti i brani e a volte succede con pezzi vecchi, che vanno a ripescare. Ma poi è un vero volano».
Streaming, social e pandemia: è con questi “complici” che è riuscita a far esplodere il rap in Italia, il Paese del Belcanto?
«Il rap è l’anti-Italia: obbedisce ad altri canoni estetici. Da noi non lo consideravano neanche musica. La gente si indignava: è pieno di parolacce, non cantano, non hanno una bella voce…».
E lei insisteva?
«L’ho scoperto negli anni ’80 negli Stati Uniti. Per me è necessario per esprimere un certo mondo giovanile e una certa rabbia. Certo, ci abbiamo messo tempo per adattare l’italiano alle metriche rap. Non è una musica autoctona. Ma esistono anche il rap giapponese, tedesco e francese e nascono dallo stesso bisogno di esprimere concetti brutali».
Un recinto per giovani?
«Marracash ha appena compiuto 43 anni: fa una musica adulta. Fabri Fibra ne ha 45: per i ragazzi è una specie di macchina del tempo».
Per le femministe, invece, è stato un nemico. In Su le mani canta: «Non conservatevi datela a tutti anche ai cani/ Se non me la dai io te la strappo come Pacciani». Come faceva a sopportarlo, da donna?
«Non è stato capito: lui raccontava un mondo. Brutale, appunto. Il rap è questo. AncheMadame ha una penna affilata. I testi sono complessi. Alcuni li ho capiti dopo anni. Dentro c’è un po’ di tutto, ma certo non è un genere accomodante. E contiene cose artisticamente pregevoli. Non è facile scrivere in rima rispettando la metrica. Kendrick Lamar, tra i miei preferiti, ha vinto il Pulitzer per la musica nel 2018. Noi non abbiamo un premio equivalente. Però adesso i testi rap vengono studiati anche all’Università».
Eppure molti rapper sono passati al pop.
«Già, da Jovanotti in poi. È una tentazione legittima e forte: magari il pop lo sanno fare meglio».
È la sirena Sanremo-Eurovision?
«Il rap entra poco in questi mondi. Non è arrivato in tv. È difficile da raccontare. Ma poiché i media tradizionali sono invecchiati e spenti, forse non è così importante: non si può fare a meno di radio e tv, ma ci sarà un ricambio».
Può spiegare a chi è di un’epoca precedente a Madame perché alcuni artisti, come Kina, Zef e Marz, si chiamano “produttori”?
«Perché sono compositori che utilizzano i computer e chiamano spesso altri musicisti per i loro brani e fanno scrivere ad altri i testi. Sono i moderni compositori, direi. Ma gestiscono tutta la filiera musicale».
Sia che che si condivida o meno è sempre interessantissimo ascoltarla ed leggerla per imparare. Una delle figure più importanti di tutto il game, colei che ha mediato tra artisti e discografia, un merito è che essendo donna ha saputo districarsi in un ambiente maschio e colmo di machismo anche fine a se stesso.
Ragazzi con disabilità e strumenti riciclati. La banda fondata nel 2009 da Federico Alberghini ha sconfitto i pregiudizi e anche un terremoto. E ora coinvolge duemila giovani in tutta Italia. Ma come ha fatto? «Con un metodo...»
Oggi
di Elisabetta Soglio
Sdeng, pum, catascciac. Un bidone, tre coperchi, il cesto di una lavatrice. Rumoracci e ferraglie trasformati in armonia, sostenibilità e inclusione. Non fosse parola abusata, verrebbe da scrivere miracolo. Un miracolo con la divisa da marinai a strisce bianche e blu e il nome di Rulli Frulli, la banda musicale nata nel 2009 a Finale Emilia, che, strumento dopo strumento, giovane dopo giovane, nei giorni scorsi ha inaugurato la sua nuova, bellissima, sede: la Stazione Rulli Frulli. Una festa di popolo per celebrare questo luogo dove si fa musica ma soprattutto si danno spazio e valore alle capacità di ragazze e ragazzi con disabilità mescolati a compagne e compagni “normali”. Una grande famiglia che è stata benedetta, il giorno del taglio del nastro, dal Presidente Sergio Mattarella.
Per raccontare i Rulli Frulli si parte dal quarantenne Federico Alberghini, anima, fondatore, direttore: a 8 anni entra nel laboratorio musicale di Luciano Bosi che gli improvvisa un assolo con due bacchette picchiate sui tomi delle Pagine Gialle. Musica e riciclo: è la folgorazione. Alberghini si diploma al Conservatorio e insegna batteria: propone ai suoi studenti della scuola di musica Andreoli di dare vita a una “marching band” battezzata Rulli e Frulli (che poi perde la “e”). Un luogo aperto ai ragazzi con disabilità: «Mia mamma lavorava con loro, per me è stato naturale fare attenzione a quelli che sono un passo indietro», spiega Alberghini. Ecco la sala prove, ecco i primi strumenti ricavati da materiale di recupero: i ragazzi sono 7, poi 15, poi 30. Cominciano le esibizioni e sempre più famiglie chiedono di inserire i propri figli. Tutto bene? Insomma.
Trema la terra e la notte del terremoto del 2012 è un’altra svolta: Alberghini si sveglia di soprassalto, prende al volo il figlio che aveva allora pochi mesi e con la compagna scende le scale un attimo prima che rovinino al suolo insieme alla facciata della casa. Il piccolo Gabriele sorride nel passeggino «e ho capito che non era finito tutto». Il sisma ha distrutto anche la scuola dove il pomeriggio prima i Rulli Frulli si erano esibiti e fatto crollare la sala prove: il sindaco di Finale Emilia gli dice «Federico, non puoi mollare», quelli di Mani
Per me è stato naturale fare attenzione a quelli che sono un passo indietro
— Federico Alberghini
Tese gli mettono a disposizione un tendone in aperta campagna. I Rulli Frulli ricominciano da lì. «Suonavamo mentre la terra tremava», ricorda Alberghini, «e avevamo nelle orecchie il boato delle scosse, quello sì che ti rimane dentro per sempre».
Ma «la musica più forte del terremoto» vince e i successi continuano: Mika li vuole in tv ad accompagnarlo durante un suo spettacolo; dallo studio di registrazione vengono sfornati 5 album (il sesto è appena uscito) che raccontano ogni volta una tappa di questo viaggio. La metafora è il mare: loro sono i marinai di una nave che affronta ogni difficoltà.
Poi c’è la chiamata di Papa Francesco, per aprire il Sinodo dei giovani, il palco del concerto del Primo Maggio e tantissime esibizioni in tutta Italia. L’Università Cattolica studia questo “metodo” di inclusione e capacità generativa di bene per una intera comunità: sì, perché nel frattempo le bande Rulli Frulli sono diventate 11 in tutta Italia, con oltre duemila giovani coinvolti. «Uno di noi tre insegnanti», spiega Alberghini, «va e mette le basi del progetto e poi si torna una volta al mese per verificare che tutto funzioni». Sul metodo, appunto, è da pochi giorni uscito un libro: Al ritmo della vita, scritto dai professori Patrizia Cappelletti e Davide Lampugnani e legato alla ricerca della Cattolica.
Intanto la Stazione, muri messi a disposizione da Comune e Regione, è la nuova sede: sala registrazione, laboratorio per costruire gli strumenti, web radio, bar, punto ristoro e quello dove si vendono i prodotti realizzati in legno. Perché i marinai non si sono fermati nel mare della musica: la loro imbarcazione adesso è una AstroNave che vuole dare lavoro ai giovani. Nessuno escluso.