Influencer 22enne bandita da TikTok per i suoi pericolosi consigli sulla perdita di peso: «In un mondo in cui puoi essere qualsiasi cosa, sii magra»
Influencer 22enne bandita da TikTok per i suoi pericolosi
consigli sulla perdita di peso: «In un mondo in cui puoi essere qualsiasi cosa, sii magra»
«In un mondo in cui puoi essere qualsiasi cosa, sii magra», questo si legge nella didascalia di una influencer 22enne sul proprio profilo social. Una lunga serie di consigli per perdere peso, incentivando abitudini alimentari disordinate, acquisti nella sezione per bambini e colazioni liquide da «ragazze magre».
Dopo essere stata bannata una volta dalla piattaforma di TikTok, la ragazza è tornata con un nuovo profilo a promuovere dei messaggi potenzialmente rischiosi, soprattutto tra gli utenti più giovani.
I consigli
Sponsorizza uno stile di vita magro e, per lei, salutare. Posta i suoi allenamenti, i pasti e le taglie dei vestiti. Sulla sua pagina personale mostra cosa fare per diventare come lei. Beve frullati proteici, miscele di bevande elettrolitiche e condivide le calorie di ogni cosa da lei ingerita durante un giorno: «Tutti si chiedono come facciano le ragazze magre a esserlo. Ho provato a dirvi come fare, ma non volete sentirlo», ha scritto la 22enne in un video.
Tra gli altri suggerimenti, quello di essere magre come delle bambine per spendere meno: «ll trucco più efficace per risparmiare quando si fa shopping è l'abbigliamento per bambini, ad esempio gli stilisti vendono magliette per bambini a 180 euro invece che a 900 euro come quelle per adulti», si legge nella didascalia del filmato.
E ancora: «In un mondo in cui puoi essere qualsiasi cosa, sii magra», scrive nella ripresa in cui mostra il suo outfit, sostenendo che il suo accessorio per la serata era il suo ventre piatto.
Le reazioni degli utenti
I commenti sotto ai post sono dei più disparati. C'è chi l'accusa di diffondere un messaggio fuorviante e, soprattutto, chi si complimenta con lei per i traguardi raggiunti.
Tra i messaggi più allarmanti, alcuni dalle nuove generazioni: «Sarò come te tra un mese», ha scritto una ragazza. «Voglio pesare quanto lei», si legge in un altro commento.
La 22enne nega di aver mai sofferto di un disturbo alimentare, ma ha dichiarato di sapere cosa significhi sentirsi a disagio nel proprio corpo dopo aver sofferto di un disturbo d'ansia generalizzato fin dalle elementari.
La ruspa sul sindaco: ora deve buttare giù il suo albergo abusivo
Il Fatto Quotidiano
» Antonello Caporale
“Mi sono ripromesso di non sparire, naturalmente di non morire e di non fare arretrare neanche di un millimetro le mie buone ragioni”. Carmine Tursi, 81 anni, pensionato di Sperlonga, il borgo marino adagiato sullo sperone che avanza nel Tirreno e lo divide da Gaeta e sul quale Tiberio fece costruire l’imperiale villa, fornisce la prova di quanto la realtà, se messa alle strette, possa superare la fantasia.
Il sindaco di oggi, Armando Cusani,( slide a destra ) fortissimo cursore del centrodestra pontino (Latina e dintorni), con un fiuto pazzesco per il comando e un amore indiscutibile per la fascia tricolore
che indossa oramai da decenni, è infatti chiamato ad abbattere l’albergone, totalmente abusivo, che lui stesso ha realizzato e che nove anni fa, forse anche per mettere a tacere le malelingue, ha ceduto per 2528 euro (duemilacinquecentoventotto euro) ai suoi ex soci: Aldo e Luciana, cioè i coniugi Chinappi e Bonavita, cioè il suocero e la suocera.
A FEBBRAIO
il Consiglio di Stato ha infatti emesso la sentenza definitiva, chiuso il faldone lungo quanto un autoarticolato, bocciato l’ultimo disperante rosario di eccezioni e messo in testa a questo sindaco la crudele decisione di chiamare le ruspe e rovinare sui 4279 metri quadrati di integrale abuso lungo vent’anni e due concessioni e altri due permessi di costruire totalmente irragionevoli visto che il territorio, il dolce pendio che dalla via Flacca sporge verso il mare e gode della carezza dei venti e di un panorama impareggiabile, luogo eletto per relax, massaggi, tuffi in piscina se non fosse che il legislatore l’ha considerato “di inedificabilità assoluta”. Ma qui a Sperlonga con ogni evidenza la fantasia ha piegato la realtà, il comando ha avuto la meglio sulla logica e il rovescio si è fatto pienamente diritto. Cosicché i lavori di trasformazione, allargamento, ammodernamento, sopraelevazione costati alla famiglia allargata (sindaco più suoceri) oltre due milioni e mezzo di euro, sono rimasti incastrati dentro una ragnatela di abusi, a volte con la faccia di veri e propri soprusi, e di una serie incredibile di omissioni. E adesso, puff, la ruspa!Merito di Carmine, dunque: “Non sono felice, sono stato trascinato in questa querelle e costretto a difendermi. Il sindaco voleva abbattermi la casa perchè dava fastidio al suo albergo, rendeva problematico l’accesso alla sua dimora. Dapprima permette la costruzione di una strada che praticamente guarda nella mia camera da letto, piega intorno alla sala da pranzo e si dirige, sfiorando il mio tetto, nell’albergo Grotta di Tiberio. O difendevo i miei diritti, e dunque casa mia, oppure me la buttava giù”.
Venti anni di denunce e ricorsi: “Troppo tempo e troppo lento l’esame dei fatti, in provincia di Latina sembra tutto procedere al ralenty”, accusa Tursi. In effetti ogni denuncia avanzava tra sbadigli, a volte traccheggi. “Vent’anni per far valere i propri diritti danno il senso di possa torcere la legge, reinterpretarla,
L’hotel Grotta di Tiberio sulla costa di Sperlonga, è dei suoceri del sindaco rimodularla spesso a proprio favore”, spiega Francesco Di Ciollo, il legale che ha seguito, con una discreta dose di tigna, le vicende di Tursi. “Era il 2002 e tutto iniziò con l’ordine del sindaco di non parcheggiare più dove io abitualmente lasciavo l’auto. Avevo sessant’anni, mi sentivo ancora giovane e forte. E decisi di non subìre quel che mi pareva un sopruso”.
Il sindaco Cusani, che ha Sperlonga
nelle sue tasche e trascorre – ormai sono trentadue anni di presenza politica – nel municipio, suo domicilio abituale, le ore più belle. Tranne il decennio 2004-2014 in cui è stato costretto a trasferirsi a Latina per fare il presidente della Provincia e i mesi, nel 2017 in cui è stato costretto agli arresti, ha sempre concessoa Sperlonga di godere del suo dominio.
Sperlonga, tremila abitanti d’inverno, migliaia in più d’estate, documenta quanto la giustizia possa infine essere ingiusta, quanto
ANTONIO CUSANI ha una lunga carriera politica cominciata nella Dc. Con la nascita di Forza Italia è diventato berlusconiano, salvo aderire negli ultimi anno al movimento di Stefano Parisi. Eletto sindaco di Sperlonga per la prima volta nel 1997, rieletto nel 2001 e nel 2016, è al suo quarto mandato. Ha anche guidato la provincia di Latina. Ha subìto due sospensioni per la legge Severino il potere invece soverchiante, quanto le istituzioni connesse alla via del potere e non a quella del diritto.
GROTTA DI TIBERIO
è il nome dell’albergo che comunque, malgrado le ordinanze e le intimazioni e la denuncia definitiva, accoglie le prenotazioni per la prossima stagione di mare. “I novanta giorni concessi alla società proprietaria per abbatterlo sono scaduti, il municipio dovrebbe confiscare i beni e sostituirsi all’inerzia del proprietario”. Il municipio presumibilmente non avrà i soldi per abbattere lo stabile ma non avrà più la forza per tenerlo in piedi. La vittoria del signor Carmine, oggi ottantenne, è piena del dolore di aver conosciuto la potenza dei potenti: “Ogni intimazione si trasformava in un consiglio, ogni ordine in una facoltà, ogni ceffone in una carezza. Cosicchè io provavo gli abusi ma nessuna istituzione sentiva improrogabile l’obbligo di agire di conseguenza”.
L’eterno batti e ribatti: tu denunci, io ricorro, tu avanzi io mi oppongo giunge al punto che la soluzione della vicenda è data da una manovra di un inconsapevole harakiri del sindaco di Sperlonga. Decide infatti di nominare nel 2022 una commissione istruttoria con il compito di valutare la complessità della vicenda. La legge glielo permette? Vattelapesca.
Quel che è certo è che il dirigente dell’ufficio tecnico comunale, l’ingegner Pietro D’orazio (oggi trasferitosi in altro municipio), diversamente dai suoi colleghi, ammette che i titoli concessori sono totalmente viziati e ingiunge la demolizione dell’intero corpo di fabbrica.
Ancora una volta la realtà, messa alle strette dagli uomini, si incarica di superare la fantasia. E così l’albergo Grotta di Tiberio, costruito (anche) per mano del sindaco, ora attende degna sepoltura.
Paradossi Il primo cittadino ha ceduto ai suoi suoceri l’hotel sulla costa. Il Consiglio di Stato dice che va abbattuto, ma le prenotazioni per l’estate che arriva sono aperte...
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«Il mio capo mi ha mandato un messaggio fuori dall'orario di lavoro. Ho diritto a riposarmi: l'ho bloccato»
In un'epoca in cui la tecnologia ci tiene costantemente connessi, separare la vita lavorativa da quella personale può diventare una sfida. La storia di Vanessa, una lavoratrice che ha esposto le sue ragioni sui social, è diventata un simbolo della lotta per mantenere questo equilibrio. La sua decisione di bloccare il numero del suo capo, dopo aver ricevuto richieste di lavoro fuori orario, ha suscitato un'ampia risonanza e ha acceso il dibattito sull'importanza del diritto al disconnettersi. Vanessa, una giovane donna canadese che gestisce l'account TikTok @wealthxlab, dedicato a finanze personali e imprenditorialità, ha scelto di condividere un'esperienza personale che si discosta dai suoi soliti contenuti. Racconta di essere stata contattata dal suo capo tramite messaggio sul suo telefono personale, nonostante avesse specificato che questo dispositivo fosse riservato alla comunicazione privata e non lavorativa. Nella clip in questione, pubblicata a fine febbraio, Vanessa spiega: «Sono a casa, stanca dal lavoro, e per qualche motivo ha sentito il bisogno di scrivermi». Il capo le chiedeva di svolgere del lavoro da casa, nonostante non fosse in orario d'ufficio e stesse riposando. Irritata dall'intrusione, ha optato per una soluzione drastica: bloccare il numero del suo superiore per salvaguardare il suo tempo libero: «Pago 45 dollari al mese per avere un telefono esclusivamente per motivi di lavoro. Il mio capo sapeva che non avrebbe dovuto mandarmi messaggi sul mio smartphone personale». Il gesto di Vanessa ha scatenato un'ondata di solidarietà su TikTok, dove il video in cui racconta l'episodio ha superato il milione di visualizzazioni. La reazione degli utenti varia dall'appoggio alla condivisione di esperienze simili, evidenziando un problema comune a molti lavoratori. Alcuni hanno suggerito di rivolgersi alle risorse umane, mentre altri hanno espresso ammirazione per il coraggio di Vanessa nel porre dei limiti. Questa vicenda evidenzia una questione cruciale nell'ambiente lavorativo moderno: la difficoltà nel mantenere separati lavoro e vita privata nell'era digitale. La pressione di essere sempre disponibili può avere ripercussioni negative sulla salute mentale e sul benessere degli impiegati. In risposta a questa problematica, alcune giurisdizioni, come la provincia dell'Ontario in Canada, hanno introdotto leggi che tutelano il diritto dei lavoratori di disconnettersi al di fuori dell'orario di lavoro, proibendo alle aziende di richiedere la loro disponibilità in tali momenti.
C’erano una volta gli album e le vendite. Ora, spiega Paola zkar lamanager che ha fatto da chioccia a Clementino, Fabri Fibra, Marracash e scoperto Madame, è tutto cambiato. Adecretare il successo di un brano può essere Tik Tok. Un computer. O un confessionale a un concerto
Ricorda che la svolta, per il rap in Italia, è stata nel 2016. Santo streaming. «Però, nei dieci anni prima era stata dura», ammette Paola Zukar, genovese, 54 anni, manager discografica che assomma due faticosi primati per il nostro Paese: è donna e si occupa di rap. Adesso sembra quasi facile parlare dei successi di Madame che di anni ne ha 20, si è fatta conoscere nel 2019, ha conquistato anche il grande pubblico a Sanremo 2020 con il brano Voce e nel 2021 si è imposta come artista dell’anno, in campo musicale. Fino al sold out del suo Madame in Tour, che, dalla primavera e per tutta l’estate 2022, sta diventando un appuntamento con la libertà per migliaia di giovani e giovanissime, ma anche giovanissimi. Che sia fiuto per il marketing o sentimento, Madame ha inserito nei suoi concerti un “momento confessionale”. Dopo aver rassicurato i presenti che sono al sicuro e per questo possono esprimersi liberamente e dire quello che non hanno mai voluto o avuto il coraggio di dire, cede loro il microfono. Funziona. È il paradosso tutto attuale dell’intimità collettiva, quasi uno specchio dal vero dei social: «Adesso i brani non si scaricano neanche più, si ascoltano sulle piattaforme come Spotify o Apple, fino a sfinimento, quando piacciono», spiega Zukar. «Ma anche chattare e connettersi, soprattutto dopo due anni di pandemia, è diventato insufficiente. I ragazzi vogliono condividere, ballare, stare insieme».
Da quando la musica si è smaterializzata, è difficile pure capire che fa una discografica come lei. In sintesi?
«Io sono un hub, una centrale di smistamento: seguo la parte discografica, ovvero ascolto nuovi artisti e brani e valuto quali possano funzionare. Adesso lo faccio meno, perché sono concentrata sui miei “ragazzi”: Madame, Clementino, Marracash e Fabri Fibra. Poi mi occupo di tutto il resto: dai rapporti con i promoter, che organizzano i concerti e i tour, a quelli con le agenzie di pubblicità».
Ed è sempre convinta che, in epoca Tik Tok, ovvero dei video di pochi secondi sui social, bisogna produrre album?
«Sì, è quello che gli americani chiamano “the body of work”, il “corpus di opere”: raccogliere i brani singoli sotto un unico titolo mette gli artisti su un altro livello. Dopodiché è vero che agganciare un album a Tik Tok è complicato. Però il brano Propaganda di Fabri Fibra, Colapesce e Dimartino è esploso proprio grazie a Tik Tok. Non ci avreimai creduto. Invece i ragazzi lo reinterpretano, lo fanno andare accelerato, lo reinventano. Non accade ovviamente con tutti i brani e a volte succede con pezzi vecchi, che vanno a ripescare. Ma poi è un vero volano».
Streaming, social e pandemia: è con questi “complici” che è riuscita a far esplodere il rap in Italia, il Paese del Belcanto?
«Il rap è l’anti-Italia: obbedisce ad altri canoni estetici. Da noi non lo consideravano neanche musica. La gente si indignava: è pieno di parolacce, non cantano, non hanno una bella voce…».
E lei insisteva?
«L’ho scoperto negli anni ’80 negli Stati Uniti. Per me è necessario per esprimere un certo mondo giovanile e una certa rabbia. Certo, ci abbiamo messo tempo per adattare l’italiano alle metriche rap. Non è una musica autoctona. Ma esistono anche il rap giapponese, tedesco e francese e nascono dallo stesso bisogno di esprimere concetti brutali».
Un recinto per giovani?
«Marracash ha appena compiuto 43 anni: fa una musica adulta. Fabri Fibra ne ha 45: per i ragazzi è una specie di macchina del tempo».
Per le femministe, invece, è stato un nemico. In Su le mani canta: «Non conservatevi datela a tutti anche ai cani/ Se non me la dai io te la strappo come Pacciani». Come faceva a sopportarlo, da donna?
«Non è stato capito: lui raccontava un mondo. Brutale, appunto. Il rap è questo. AncheMadame ha una penna affilata. I testi sono complessi. Alcuni li ho capiti dopo anni. Dentro c’è un po’ di tutto, ma certo non è un genere accomodante. E contiene cose artisticamente pregevoli. Non è facile scrivere in rima rispettando la metrica. Kendrick Lamar, tra i miei preferiti, ha vinto il Pulitzer per la musica nel 2018. Noi non abbiamo un premio equivalente. Però adesso i testi rap vengono studiati anche all’Università».
Eppure molti rapper sono passati al pop.
«Già, da Jovanotti in poi. È una tentazione legittima e forte: magari il pop lo sanno fare meglio».
È la sirena Sanremo-Eurovision?
«Il rap entra poco in questi mondi. Non è arrivato in tv. È difficile da raccontare. Ma poiché i media tradizionali sono invecchiati e spenti, forse non è così importante: non si può fare a meno di radio e tv, ma ci sarà un ricambio».
Può spiegare a chi è di un’epoca precedente a Madame perché alcuni artisti, come Kina, Zef e Marz, si chiamano “produttori”?
«Perché sono compositori che utilizzano i computer e chiamano spesso altri musicisti per i loro brani e fanno scrivere ad altri i testi. Sono i moderni compositori, direi. Ma gestiscono tutta la filiera musicale».
Sia che che si condivida o meno è sempre interessantissimo ascoltarla ed leggerla per imparare. Una delle figure più importanti di tutto il game, colei che ha mediato tra artisti e discografia, un merito è che essendo donna ha saputo districarsi in un ambiente maschio e colmo di machismo anche fine a se stesso.
Ragazzi con disabilità e strumenti riciclati. La banda fondata nel 2009 da Federico Alberghini ha sconfitto i pregiudizi e anche un terremoto. E ora coinvolge duemila giovani in tutta Italia. Ma come ha fatto? «Con un metodo...»
Oggi
di Elisabetta Soglio
UNA FESTA PER LA NUOVA SEDE Finale Emilia (Modena). Alla batteria, Federico Alberghini, 40 anni. Con i ragazzi della sua band Rulli Frulli, in tenuta da marinai, festeggia l’inaugurazione della nuova sede del gruppo, messa a disposizione da Comune e Regione.
Sdeng, pum, catascciac. Un bidone, tre coperchi, il cesto di una lavatrice. Rumoracci e ferraglie trasformati in armonia, sostenibilità e inclusione. Non fosse parola abusata, verrebbe da scrivere miracolo. Un miracolo con la divisa da marinai a strisce bianche e blu e il nome di Rulli Frulli, la banda musicale nata nel 2009 a Finale Emilia, che, strumento dopo strumento, giovane dopo giovane, nei giorni scorsi ha inaugurato la sua nuova, bellissima, sede: la Stazione Rulli Frulli. Una festa di popolo per celebrare questo luogo dove si fa musica ma soprattutto si danno spazio e valore alle capacità di ragazze e ragazzi con disabilità mescolati a compagne e compagni “normali”. Una grande famiglia che è stata benedetta, il giorno del taglio del nastro, dal Presidente Sergio Mattarella.
Per raccontare i Rulli Frulli si parte dal quarantenne Federico Alberghini, anima, fondatore, direttore: a 8 anni entra nel laboratorio musicale di Luciano Bosi che gli improvvisa un assolo con due bacchette picchiate sui tomi delle Pagine Gialle. Musica e riciclo: è la folgorazione. Alberghini si diploma al Conservatorio e insegna batteria: propone ai suoi studenti della scuola di musica Andreoli di dare vita a una “marching band” battezzata Rulli e Frulli (che poi perde la “e”). Un luogo aperto ai ragazzi con disabilità: «Mia mamma lavorava con loro, per me è stato naturale fare attenzione a quelli che sono un passo indietro», spiega Alberghini. Ecco la sala prove, ecco i primi strumenti ricavati da materiale di recupero: i ragazzi sono 7, poi 15, poi 30. Cominciano le esibizioni e sempre più famiglie chiedono di inserire i propri figli. Tutto bene? Insomma.
Trema la terra e la notte del terremoto del 2012 è un’altra svolta: Alberghini si sveglia di soprassalto, prende al volo il figlio che aveva allora pochi mesi e con la compagna scende le scale un attimo prima che rovinino al suolo insieme alla facciata della casa. Il piccolo Gabriele sorride nel passeggino «e ho capito che non era finito tutto». Il sisma ha distrutto anche la scuola dove il pomeriggio prima i Rulli Frulli si erano esibiti e fatto crollare la sala prove: il sindaco di Finale Emilia gli dice «Federico, non puoi mollare», quelli di Mani
Per me è stato naturale fare attenzione a quelli che sono un passo indietro
— Federico Alberghini
Tese gli mettono a disposizione un tendone in aperta campagna. I Rulli Frulli ricominciano da lì. «Suonavamo mentre la terra tremava», ricorda Alberghini, «e avevamo nelle orecchie il boato delle scosse, quello sì che ti rimane dentro per sempre».
Ma «la musica più forte del terremoto» vince e i successi continuano: Mika li vuole in tv ad accompagnarlo durante un suo spettacolo; dallo studio di registrazione vengono sfornati 5 album (il sesto è appena uscito) che raccontano ogni volta una tappa di questo viaggio. La metafora è il mare: loro sono i marinai di una nave che affronta ogni difficoltà.
Poi c’è la chiamata di Papa Francesco, per aprire il Sinodo dei giovani, il palco del concerto del Primo Maggio e tantissime esibizioni in tutta Italia. L’Università Cattolica studia questo “metodo” di inclusione e capacità generativa di bene per una intera comunità: sì, perché nel frattempo le bande Rulli Frulli sono diventate 11 in tutta Italia, con oltre duemila giovani coinvolti. «Uno di noi tre insegnanti», spiega Alberghini, «va e mette le basi del progetto e poi si torna una volta al mese per verificare che tutto funzioni». Sul metodo, appunto, è da pochi giorni uscito un libro: Al ritmo della vita, scritto dai professori Patrizia Cappelletti e Davide Lampugnani e legato alla ricerca della Cattolica.
Intanto la Stazione, muri messi a disposizione da Comune e Regione, è la nuova sede: sala registrazione, laboratorio per costruire gli strumenti, web radio, bar, punto ristoro e quello dove si vendono i prodotti realizzati in legno. Perché i marinai non si sono fermati nel mare della musica: la loro imbarcazione adesso è una AstroNave che vuole dare lavoro ai giovani. Nessuno escluso.
I mille avvocati di strada che restituiscono dignità ai senza dimora (e agli ultimi)
di Maria Novella De Luca
Sono lo studio legale più grande d'Italia, tutti "soci" volontari, con il fatturato più povero: zero euro. Assistono persone precipitare nella povertà dopo licenziamenti, sfratti, divorzi, costrette oggi a vivere sui marcipiedi, nei dormitori, in auto. Per tutti la sfida più grande: ottenere un indirizzo di residenza per non essere più invisibili.
Sono lo studio legale più grande d'Italia (mille "soci" tra civilisti e penalisti) e anche il più povero: fatturato euro zero. Del resto i loro clienti, nella scala sociale, sono gli ultimi degli ultimi, così privi di tutto da non avere nemmeno un indirizzo: sono clochard, senza tetto, senza fissa dimora. Si chiamano "avvocati di strada", sono riuniti in un'associazione fondata nel 2001 da Antonio Mumolo, avvocato giuslavorista che nelle fredde notti di Bologna, da volontario portava cibo e coperte a chi viveva sui marciapiedi o sotto rifugi di cartone. "E molti di loro, conoscendo il mio mestiere, mi facevano domande legali, raccontandomi di pensioni perdute, di eredità negate, di figli mai più incontrati per mancanza di un indirizzo di residenza, di fallimenti economici per crediti inesigibili, di assistenza sanitaria negata. Capii che quel mondo di invisibili finiva per strada non soltanto per tossicodipendenza, alcolismo o per problemi psichiatrici, ma soprattutto per diritti negati".
Insieme a un solo altro collega, Mumolo fonda la onlus "Avvocato di strada", oggi presente in 56 città, con mille legali che offrono assistenza (gratuita) ai senza dimora, trentottomila persone seguite dal 2001 ad oggi, tremila pratiche aperte ogni anno, centinaia di cause vinte, ma soprattutto centinaia di ex drop-out tornati a vivere dal mondo di sotto al mondo di sopra. Con il motto non "esistono cause perse", "Avvocato di strada" ha dedicato ai sessantamila clochard italiani addirittura un festival nell'ottobre scorso, per raccontare questo estremo segmento di povertà.
La storia di Fra
Spiega Antonio Mumolo: "Il senzatetto che dorme sui cartoni è solo la forma più evidente di questa emarginazione, figlia delle ripetute crisi economiche che hanno devastato l'Italia. A differenza di vent'anni fa quando i senza dimora erano persone con storie di alcol o malattie mentali, oggi sono cittadini, all'ottanta per cento italiani, che da un giorno all'altro perdono il bene fondamentale: la casa. Ci vuole poco: un licenziamento, le rate di mutuo non pagate, lo sfratto, una pensione troppo misera, un divorzio e ci si ritrova a dormire in auto, nei dormitori pubblici, negli edifici occupati, in fila alla mensa, alle docce, alle distribuzioni di vestiti usati. Bussando da una porta all'altra alla ricerca di lavoro".
La storia di Francesca, da commessa in un supermercato ad una vita senza più figlie né una casa
Come accade a F. che chiameremo Francesca, nelle tante storie che "Avvocato di strada", pubblica sul suo bilancio sociale ogni anno. Francesca è italiana, ha 40 anni, è mamma di due bimbe di 6 e 8 anni. Emblema e paradigma di come si possa passare da una situazione dignitosa alla povertà in un tempo brevissimo, fulmineo. Un capitombolo nel baratro. "F. era commessa in un supermercato, conviveva con il suo compagno e padre delle bambine, finché i due non decidono di separarsi e l'uomo, abbandonata la casa, smette di prendersi carico delle spese. F. non ce la fa, il suo stipendio è troppo basso per pagare un affitto e gestire, da sola, due figlie. Arriva lo sfratto e le bimbe vengono affidate ai nonni paterni. Costretta a dormire in macchina, Francesca si rivolge ad "Avvocato di strada" perché è inverno, i soldi stanno finendo e pagare la benzina per arrivare al lavoro diventa impossibile". F. si ammala di broncopolmonite, viene aggredita nella notte, la macchina si guasta irreparabilmente. Sul lavoro le assenze diventano troppe e Francesca viene licenziata.
"Dopo aver messo in contatto Francesca con i servizi sociali della città - ricorda Agostina, avvocata di strada di Milano - siamo riusciti a farle ottenere la residenza fittizia, grazie alla quale ha potuto cercare un nuovo lavoro e un alloggio". Piano piano Francesca riemerge dal buio e ricostruisce un rapporto con le figlie. Con il sogno, oggi, di riaverle con sé. Per chi nella vita ha sempre avuto un indirizzo e un nome sul citofono, la parola residenza evoca soltanto un fastidio burocratico da espletare quando, magari, si cambia casa o città. Invece no: la residenza è un diritto fondamentale che determina lo spartiacque tra l'esistenza e la non esistenza. Tra l'essere cittadini o clandestini. Essere invisibili oggi è non poter fornire un indirizzo, dunque ottenere una carta d'identità, quindi un lavoro e l'assistenza sanitaria. Gli avvocati di strada ricostruiscono i fili spezzati di queste vite, cuciono una tela che riannoda affetti, patrimoni, dignità. Portano in tribunale comuni e datori di lavoro, enti previdenziali e familiari disonesti. "I comuni - dice Mumolo - spesso violano l'obbligo di assegnare per legge ai senza dimora una di quelle vie fittizie inventate proprio per dare una residenza a chi non ce l'ha". Come via Modesta Valenti a Roma, clochard che morì di stenti, o via della Speranza, o via dei Senzatetto in altre città. Si sentono rinascita e resistenza nelle storie degli avvocati di strada. C'è M, italiano, che viveva in un dormitorio dopo una dolorosa separazione. Grazie all'assistenza legale riesce a definire il divorzio, trova alloggio in co-housing. "La cosa più bella - è stata sentirmi di nuovo chiamare papà".
La storia di Stella, da clandestina a una vita alla luce del sole
C'è S. la chiameremo Stella, ucraina, mamma di un bellissimo bambino con cui viveva, però, quasi nascosta. "Nel periodo in cui è venuta al nostro sportello viveva in una situazione totalmente precaria fuori Genova. Non aveva documenti, non riusciva ad ottenere un permesso di soggiorno ed era costretta a vivere nella clandestinità, nella paura, senza assistenza sanitaria, senza potersi rivolgere ai servizi sociali, né poter iscrivere suo figlio a scuola" Stella era invisibile. Gli avvocati strada rintracciano in Grecia il padre del bambino, ottengono i suoi documenti, regolarizzano la posizione di Stella. "Oggi a lei ed al suo piccolo è stata restituita la dignità e il riconoscimento che per troppo tempo erano stati loro ingiustamente sottratti". E Stella e il suo bambino non hanno più paura di camminare alla luce del sole.
La storia di Giuseppe, non aveva più una residenza ora l'ha ottenuta
C'è G, lo chiameremo Giuseppe, napoletano. "Arrivò ad Avvocato di strada dopo girato tutti servizi della città senza essere riuscito a far rispettare un suo diritto essenziale, quello alla residenza anagrafica. G. che un tempo aveva una casa e un lavoro, aveva camminato tanto, tra uffici freddi e pieni di inutile burocrazia, trovando tutte le porte chiuse. Quando arrivò da noi era veramente esausto e sfiduciato. Aveva perso la speranza e la sua voglia di credere in una società giusta e civile. In breve tempo, grazie al preziosissimo aiuto di una nostra volontaria, G. ottiene la residenza nella via fittizia. Oggi ha nuovamente diritto di voto, accesso alle cure mediche. È tornato a godere di tutti quei diritti fondamentali di cui gode un cittadino italiano residente sul territorio".
Antonio Mumolo cita una frase "cult" del libro di John Grisham "L'avvocato di strada": "Prima di tutto sono un essere umano. Poi un avvocato. E' possibile essere entrambe le cose".
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L'adolescente, del North Carolina, si trovava in macchina con il suo rapitore, un uomo di 61 anni. Dal finestrino ha lanciato questo particolare "grido" di aiuto. Un automobilista ha capito e ha chiamato le forze dell'ordine. La polizia è riuscita a fermare la macchina e ha arrestato l'uomo che ora è accusato di rapimento e di possesso di materiale pedopornografico.La ragazza era stata dichiarata scomparsa dai suoi genitori martedì scorso secondo l'ufficio dello sceriffo della contea di Laurel nel Kentucky. Il salvataggio è accaduto giovedì, nel Kentucky. "L'automobilsta si trovava dietro il veicolo e ha notato una passeggera che faceva gesti con le mani, noti sulla piattaforma social 'Tik Tok' per denunciare la violenza domestica, 'ho bisogno di aiuto'", si legge nella dichiarazione dell'ufficio dello sceriffo.La persona che ha chiamato il 911 è rimasta dietro il veicolo del rapitore per 11 chilometri, trasmettendo informazioni alla polizia. Il sospetto ha portato l'adolescente dal North Carolina all'Ohio, dove ha dei parenti, ha detto la polizia. Ha poi lasciato l'Ohio quando i parenti del rapitore hanno scoperto che la ragazza era minorenne.
Cellulari e social riportano i ragazzi dentro le librerie. Un fenomeno, chiamato BookTok, che sta rivoluzionando il mondo dell'editoria. E che mostra quanto gli adolescenti siano in cerca di storie in cui riconoscersi, come spiega il docente di psicologia Gianluca Daffi
di Cinzia Lucchelli
All'ultimo salone del libro di Torino lo stand di Sellerio è stato assediato da ragazze e ragazzi in cerca del libro con "James Dean in copertina": Una vita come tante di Hanya Yanagihara, pubblicato in Italia nel 2016, è andato esaurito in breve tempo.
L'immagine della copertina, che in realtà non raffigura James Dean, negli anni è rimbalzata sempre più frequentemente sui social. Negli Stati Uniti sui tavoli di Barnes & Noble sono comparsi cartelli con la scritta #BookTok a fianco dei libri consigliati su TikTok. Amazon ha aperto sul suo sito la sezione chiamata "Internet Famous", con elenchi di titoli che chiunque abbia trascorso del tempo sul social riconoscerebbe. Spie di un fenomeno che si chiama BookTok. Alimentato dai video pubblicati sul social TikTok da giovanissimi lettori, sta rivoluzionando il mercato dell'editoria. Risvegliando la vendita di libri anche non di recente pubblicazione come La canzone di Achille, rivisitazione dell'Iliade di Omero di Madeline Miller (Marsilio).Telefonini e social accusati di allontanare i ragazzi dalla lettura riportano dunque i ragazzi dentro le librerie. Cosa sta succedendo? "Gli adolescenti cercano storie in cui raccontarsi e in cui rivedersi. Il dubbio che può venire a noi adulti è che quelle che raccontiamo loro siano povere. Ci stanno dicendo che la necessità del racconto è ancora viva. Li immaginiamo interessati ad altro, a oggetti come scarpe e vestiti, ma quello che sta succedendo ci fa capire che in realtà sono interessati al racconto dietro l'oggetto, alla narrazione dietro la copertina", dice Gianluca Daffi, docente di Psicologia all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia. I frequentatori di Tiktok seguono i consigli di lettura dei loro coetanei più che di un insegnante o di un genitore. Tanto da far lievitare le vendite di alcuni libri, così come i post su Instagram di Chiara Ferragni in visita agli Uffizi avevano fatto lievitare gli ingressi di un weekend del 24%. È cambiata la percezione dell'autorevolezza? "Non la metterei su questo piano. Sono cambiati i canali attraverso cui si cercano informazioni. Ma è del tutto normale. Gli adolescenti si affidano a canali orizzontali più che verticali, chiedono un consiglio di lettura a un amico non a un padre o a un nonno. C'è sempre un confronto con i pari". Anche l'emulazione sui social, spiega l'esperto, non è nulla di nuovo: Internet, la rete, è il "grande gruppo".
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È una questione di contenuti ma anche di linguaggio. Che invece è cambiato. I ragazzi su TikTok postano video di libri infarciti di segnalibri sfogliati velocemente, recensioni di pochi secondi affidate a parole e stelline, foto di copertine di cinque volumi che fanno piangere. Video brevissimi, di 15 o 60 secondi, che attorno all'hashtag #BookTok raggiungono oggi più di 24 miliardi di visualizzazioni. "Se un adulto per scegliere un libro ha bisogno di una recensione scritta o di una presentazione, comunque di uno stile verbale, un ragazzo si affida a un modo più visivo e rapido, più sintetico ed efficace. Un tempo si parlava di stili cognitivi, ognuno ne ha uno e cambiano con il tempo", spiega il docente. Ma se lo stile è diverso, la sostanza no. BookTok, conclude l'esperto, non è un fenomeno inatteso o nuovo. Alla base c'è il bisogno di raccontarsi dei ragazzi per sentirsi parte di qualcosa. Tiktok è un mezzo, protagonista è il libro, la cultura che è viva e gira. "Poco importa che poi i ragazzi non leggano il libro, intanto sono entrati in una libreria e lo hanno comprato, se lo trovano a casa. A disposizione magari dei genitori che lo leggeranno. La cultura è anche questo, la cultura gira".