Pacmogda Clémentine
Non dimentichiamo che chi ha subito il nazifascismo non sono i sionisti di oggi. Poi ricordiamoci che fra gli israeliani ci sono tanti contro il sionismo guidato da questo governo. Teniamo conto anche di loro quando li nominiamo in modo generalizzato. Per vari anni ho incontrato delle persone di Israele a una conferenza annuale che si tiene a Vienna. Nelle discussioni si vede quanto soffrono con il comportamento del loro governo. Il presidente di oggi in Israele, forse non sa nemmeno bene quanto gli ebrei all’epoca hanno sofferto
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
1.6.24
il labile confine tra antisemitismo e antisionismo . fa prendere delle cantonate e fa sbagliare bersaglio sminuendo le battaglia contro la politica israeliana
19.4.24
«Ho fatto sexting e scambiato foto di nudo (senza il volto) con una ragazza conosciuta online. Poi ho scoperto che era mia sorella» e la Ginecologa Monica Calcagni diventa star di Tiktok: «Mi capita di ricevere video e foto di organi maschili, mi trattano come una pornostar»
dal Corriere Adriatico tramite https://www.msn.com/it-it/
Scambiare messaggi su Internet e sui social media con uno sconosciuto può rivelarsi piacevole oppure nascondere una pessima sorpresa. Dietro le app per incontri, a volte, non c'è la persona che ci aspettiamo, oppure c'è qualcuno che conosciamo nella realtà e a cui non vorremmo mai dare un appuntamento, come è successo a questo ragazzo
La relazione online promette bene
Durante il periodo Covid, un 24enne ha aperto un profilo su X, senza nome né foto, per fare nuove amicizie online. «Volevo che fosse separato dalla mia vita reale, quindi non ho mai pensato di mostrare la mia faccia, cosa che sembrava abbastanza ragionevole in quel momento», ha spiegato il ragazzo su Reddit. «Dopo circa una settimana di post e flirt con vari account, sono stato aggiunto a un chat di gruppo con altre 12 persone». Il gruppo era stato creato specialmente per scambiare foto sexy e ricevere opinioni sul proprio fisico. «Era piuttosto divertente, a dire il vero, e non posso mentire: avere un gruppo anonimo di persone che lodano il tuo corpo ogni giorno è piuttosto bello», ha detto ricordando la vicenda. Dopo aver condiviso numerose foto esplicite, il 24enne ha ricevuto un commento privato da uno dei membri del gruppo. Il messaggio proveniva da una delle ragazze della chat che su X si faceva chiamare Bella e aveva 23 anni. Inizialmente, i due parlavano del più e del meno ed erano solo amici, ma dopo poco hanno cominciato a scambiarsi video espliciti sempre senza riprendere i loro volti e, come riferisce il ragazzo: «Penso che ci stessimo davvero innamorando l'uno dell'altro».Bella diventa l'unica ragazza con cui lui sente davvero il bisogno di parlare, spinto anche dal fatto che la ragazza avesse gusti simili ai suoi in fatto di videogames e programmi tv. «Lei era ossessionata con le piante e il colore rosa e aveva questa innocenza che era accattivante», racconta il giovane. Fino ad allora, però, i due non si erano ancora mai incontrati né avevano mai visto una foto dei loro visi, infatti avevano etichettato il loro rapposto come "e-dating", ovvero una relazione che esiste soltanto online.
L'imbarazzante verità
Dopo il lockdown, i genitori di lui hanno deciso di fare un viaggio verso le Cascate del Niagara e così la famiglia si è riunita su un camper. All'appello mancava la figlia 23enne, Sara, e genitori e fratello sono andati a casa sua a prendela. Quando il ragazzo ha visto la casa della sorella ha subito notato che era uguale allo sfondo delle fotografie che aveva ricevuto da Bella fino a qualche minuto prima e ha iniziato a preoccuparsi. Il bagno era proprio lo stesso. «Avevo già visto quel bagno così tante volte che mi sembrava di esserci già stato, ma non era possibile. Ho cercato di convincermi che fosse solo una coincidenza, poi ho deciso di controllare le foto per vedere se i miei sospetti fossero veri. Alla fine sì, lo erano. Conoscevo quel bagno perché l'avevo già visto. Avevo centinaia di immagini con la stessa tenda da doccia e gli asciugamani sullo sfondo. Non riuscivo ancora a credere che i nudi che desideravo tanto fossero quelli di mia sorella, quindi le ho chiesto se avessa una compagna di stanza».Per pochi secondi, credendo che Sara avesse una coinquilina, il ragazzo si è sentito sollevato, ma la risposta della sorella ha spazzato via ogni speranza: non aveva nessuna compagna di stanza. Scioccato, il 24enne ha bloccato i profili di "Bella" e non ha deciso di non rivelarle nulla. «Uso ancora l'account su X ma non sono più molto attivo nelle chat di gruppo, sono passati alcuni mesi e ancora non credo che glielo dirò. Sono già abbastanza traumatizzato», chiarisce il ragazzo. Ha imparato a fidarsi di meno degli account senza volto e a prendere più coraggio per affrontare appuntamenti dal vivo.
Ginecologa diventa star di Tiktok: «Mi capita di ricevere video e foto di organi maschili, mi trattano come una pornostar»
«Può sembrare incredibile, ma ci sono ragazze che fanno fatica a mettere un assorbente interno a 22 anni», così Monica Calcagni, medico specialista in Ostetricia e Ginecologia a Roma, al Corriere della Sera. La professionista racconta che ci sono giovani che temono una visita ginecologica per paura del dolore. Non solo. Anche donne che hanno rapporti insoddisfacenti perché vivono ancora con l'idea che il piacere sia qualcosa che deve soddisfare il partner maschile.
Chi è
La dottoressa Calcagni ha deciso, quattro anni fa, di aprire un profilo su TikTok. Ora conta oltre 1,4 milioni di follower, una vera e propria star. Dati su cui riflettere? Ad oggi, il 44% degli adolescenti tra i 14 e i 17 anni guarda i porno. Non solo per intrattenimento, ma anche per cercare risposte. Inoltre otto ragazzi su dieci cercano informazione online.
I problemi
Ma ci sono anche alcuni problemi sui social. "Non posso usare parole come vagina o pene - dice la dottoressa -, e non posso nemmeno mostrare il preservativo perché verrei bloccata". E la community? «A volte, quando parlo di dildo e vibratore utilizzati per la riparazione del pavimento pelvico, trovo dei commenti molto offensivi. In più sono una donna che parla di sesso, e ancora oggi questa cosa non è ben vista. Mi capita di ricevere video e foto di organi maschili. Mi trattano come una pornostar, ma è il mio lavoro. Forse un po’ è anche un nostro errore».
Quali sono le domande più frequenti? «Tante ragazze mi scrivono per avere ulteriori informazioni sul funzionamento della pillola o sul pericolo di restare incinta. C’è grande confusione. Molte non sanno che se la prendono e si buca il preservativo non hanno bisogno di assumere anche la pillola del giorno dopo, così come tanti giovani non usano proprio metodi anticoncezionali, e di conseguenza mi arrivano domande sui ritardi mestruali».
27.3.24
il crepuscolo anzi meglio il tramonto dei quotidiani cartacei
Il Fatto Quotidiano, 23 marzo 2024
Con un documentato articolo sul Fatto Nicola Borzi ha confermato, dati alla mano, quel fenomeno che per la verità tutti noi sperimentiamo ogni giorno ictu oculi: la crisi delle edicole. Nell’ultimo quadriennio le edicole sono scese da 16mila a 13.500 circa, ma il fenomeno ha radici molto più lontane, nel 2002 i punti vendita in Italia erano 43mila, ora sono scesi a 23mila.
Nella mia zona, piazza Repubblica e dintorni a Milano, fino a una decina d’anni fa c’erano cinque edicole. Oggi ne sono rimaste due. Una proprio accanto a casa mia è gestita da un bangla che per tenersi in piedi lavora dal primissimo mattino a mezzanotte, ma è ugualmente in grave difficoltà perché da lui molti giornali non si trovano o perché non glieli mandano o per qualche altro motivo. L’edicola più importante della zona sta in via Vittor Pisani, ma se la cava vendendo gadget, giocattoli, biglietti tramviari.
La crisi delle edicole è uno dei segnali, forse il più indicativo, della corrispondente crisi dei giornali. Era abitudine, un tempo, vedere gente al bar che leggeva i giornali o altri che passeggiavano con il giornale in mano. Mi capita, a volte, che qualcuno che non mi ha riconosciuto mi fermi e mi dica fra l’ammirato e il meravigliato: “ma lei è uno che legge ancora i giornali?”. Il Corriere della Sera e la Repubblica vendevano, fino a non molti anni fa, mezzo milione di copie. Oggi sono attestati intorno alle 200mila copie o poco più, e molte di queste te le sbattono in faccia, gratuitamente, nei grandi alberghi o sui Frecciarossa, e il motivo è che per farsi pagare la pubblicità devono mantenere, sia pure in modo artificioso, un certo livello.
Come la tv finì per spazzar via, in un periodo che va da metà degli anni Sessanta ai primi Novanta, i quotidiani del pomeriggio, il Corriere Lombardo, la Notte, il Corriere d’Informazione, così l’avvento del digitale sta spazzando via i giornali. Il lettore, giovane ma non solo giovane, è abituato a un’informazione immediata e molto più stringata. Non ci sono più i grandi reportage del tempo che fu. Il Diario di Enrico Deaglio (1996-2009) ha tentato coraggiosamente di riprendere quella formula, ma alla fine ha dovuto cedere. Gli editori, tutti tesi a risparmiare, riluttano a mandare in giro inviati che molto spesso sono free lance pagati niente. Il Corriere di Cairo, tanto per fare un esempio, a un collaboratore che ha scritto magari un’intera pagina dà dai 30 ai 50 euro. Quando lavoravo all’Europeo negli anni Settanta noi giornalisti, oltre a prendere un ottimo stipendio (nel mio caso un milione e passa, che corrisponde a diecimila euro attuali) potevamo contare su un borderò praticamente illimitato. Ogni spesa che fosse destinata a rendere il pezzo migliore era legittima (che poi molti colleghi su quei borderò si siano comprati la seconda o la terza casa è un altro discorso, fa parte del malvezzo italiano di fare la cresta sulle note spese che vediamo oggi in piena azione non solo nei giornalisti - Minzolini docet - ma nei politici e in qualsiasi amministratore pubblico). Alberto Ongaro, che si occupava di viaggi esotici, affittò per un milione di allora una baleniera, un altro che doveva intervistare Farah Diba le fece arrivare un cesto di tremila rose.
Nel giornalismo di carta stampata non ci sono più i grandi personaggi, i Bocca, i Montanelli o, per tornare un poco più indietro, i Curzio Malaparte che con i suoi reportage, i suoi libri (La pelle, Kaputt, Tecnica di un colpo di Stato) o i suoi commenti (Battibecco) ha influenzato buona parte del giornalismo a lui contemporaneo o successivo (vedi Oriana Fallaci) o, per tornare ancora più indietro, Edoardo Scarfoglio. Oggi, in linea di massima, se un giornalista è noto lo è per le sue apparizioni nei talk, che si sono moltiplicati nel tempo ma sono anch’essi in caduta libera negli ascolti. I giornalisti fra i 30 e i 40 anni hanno capito come si fa: di base certo ci dev’essere un giornale, poi si partecipa a quanti più talk possibile, infine si scrive un libro, molto probabilmente una cazzata, di cui comunque i colleghi parleranno. Che questo sia un esempio di buon giornalismo ho molti dubbi. Gli influencer hanno preso il posto dei giornalisti, sono loro le star. Chiara Ferragni ha quindici milioni di follower, Marco Travaglio, che è forse il giornalista più noto oggi in Italia, mi pare due o tre. I giornali sono fatti male? Sì, sono fatti male. C’è una prevalenza dei commenti, quorum ego, sulla cronaca, intendo la cronaca in presa diretta, che era abitudine, anzi obbligo, per la mia generazione e alcune successive. Desolanti sono gli spazi dedicati alla cultura, tanto che capita spesso che i direttori, non sapendo a che altro santo votarsi, ripubblichino estratti di scrittori o giornalisti del passato più o meno immediato, Buzzati, Montanelli la stessa Fallaci. La crisi dei giornali non investe in egual misura i libri. Il libro è un prodotto fisico, tattile, come i giornali certo, ma pensato per una più lunga durata. Puoi fare note e osservazioni anche lunghe a margine (le potresti fare anche sugli e-book, ma viene molto meno spontaneo) e comunque, in ogni caso, ci puoi arredare la tua libreria. Anche se nel disastro generale vediamo in certe biblioteche private libri che del libro hanno solo la copertina. Poi nell’editoria libraria accade una cosa curiosa: non c’è praticamente italiano che non abbia scritto un libro. Spesso mi arrivano a casa libri di autori sconosciutissimi che sperano in una recensione. Grandi case editrici, come la Mondadori, si sono ridotte a far pagare gli aspiranti autori, cosa che facevano un tempo case editrici infime e spesso truffaldine. Se aumentano gli autori, diminuiscono però i lettori. I “lettori forti”, quelli da cento libri l’anno, sono in estinzione per ragioni d’età. Come se la cavano allora gli editori? Sperando che fra la pletora di libri che caccian fuori uno diventi un best seller, e con questo si ripagano gli altri, o pubblicando per la scolastica o cartoni animati per bambini che vanno sempre forte.Ma qui di giornalismo non resta davvero più nulla. Spesso vengono da me dei giovani (io ho in genere un pubblico giovane, a parte dei fanatici pleistocenici che mi seguono dai tempi dell’Europeo) che mi chiedono come si fa a entrare in giornalismo. Io li gelo subito dicendo loro che mancano del primo requisito del giornalista: il fiuto. Se lo avessero non vorrebbero entrare in un mestiere morente.
10.3.24
ancora a saperlo sei Nicola Gratteri: “Ora le mafie comunicano con Tik Tok”
niente di nuovo sotto il sole nelle parole di #nicolaGratteri . ma è sempre bene precisarlo anche se ormai la mafia è diventata stato e anche i politici consumano droga . Ma ipocriticamente la combattono con il proibizionismo e la repressione , no intervenendo con politiche sociali per ridurne l'uso e il consumo
da the social post del 10/03/2024 16:47
Nicola Gratteri: “Ora le mafie comunicano con Tik Tok”
“Le mafie oggi utilizzano i social per fare proseliti tra i più giovani. Come fanno gli influencer”. Così il magistrato Nicola Gratteri intervistato questa mattina a “Timeline”, rubrica settimanale di Rai3. Il procuratore capo di Napoli, che ha da poco pubblicato un nuovo libro (“Il Grifone”, Mondadori) scritto con Antonio Nicaso, ha risposto con la consueta schiettezza alle domande. Come a quelle sulla diffusione delle sostanze stupefacenti riscontrata sul territorio.E’ di questa settimana la notizia che la cocaina è tra le polveri rilevate dalle centraline per l’inquinamento a Roma: per Gratteri non c’è da stupirsi. “Anni fa nelle analisi delle acque dei fiumi Tevere e Arno si trovarono tracce consistenti di cocaina, e che oggi si riscontrino nelle polveri non è una novità. Del resto l’aumento di tossicodipendenti in Italia e in Europa è continuo e sono in aumento le morti da infarto di 40-50-60enni per l’uso di cocaina”. L’anomalia è invece sull’impatto sociale delle tossicodipendenze sulla cittadinanza, molto minore rispetto agli anni 70-80 del secolo scorso.
“Prima c’era l’eroina a far paura, oggi la droga fa meno impressione e nessuno ne parla perché non c’è l’ago: anche l’eroina si sniffa”. Ma sulla rilevanza relativa, se non proprio della sottovalutazione, del fenomeno droga sulla popolazione italiana Gratteri intravede mutamenti. “Sono preoccupato – spiega il procuratore – perché a fine anno arriverà anche da noi, in modo significativo, il Fentanyl. Negli Stati Uniti sta provocando più morti della guerra in Vietnam ed è stato il secondo argomento di confronto tra Biden e Xi Jinping quando si sono visti. Arriverà anche in Europa e bisogna attrezzarsi, ma è difficile da contrastare perché è una droga sintetica”.
Le mafie parlano attraverso i social
Proprio in relazione alle comunicazioni su argomenti sensibili, come sono quelli legati alla tossicodipendenza, il magistrato non tralascia i riflessi delle azioni che la criminalità sfrutta attraverso i social. Ricorda Gratteri: “Nella seconda metà del Novecento le mafie utilizzavano sia le squadre di calcio, gestendole con i loro soli e presentandosi negli stadi per avere il consenso delle tifoserie; e sia le processioni, sfilando al fianco delle autorità e facendo donazioni alle chiese locali. Erano fenomeni di esternazione del loro potere. Oggi utilizzano i social”.
Gratteri spiega che nel libro (“Lo abbiamo iniziato due anni fa e ci sembrava proiettato nel futuro, ora che è uscito è già contemporaneo”, sottolinea) si racconta come “sono stati i messicani a iniziare a comparire su Facebook, mentre in Italia hanno iniziato i camorristi. I figli dei quali mostravano le loro ricchezze. Oggi TikTok è la vetrina delle mafie, che pubblicizzano la loro ricchezza e potenza lanciando il messaggio ai giovani: ‘Vieni con noi’. E molti ragazzi pensano che quello lì possa essere il loro futuro. Proprio come fanno gli inluencer mostrando l’effimero”.
Una vita sotto scorta dal 1989
Va aggiunto che Gratteri ha una pagina Fb (“Che non curo io”) con 363 mila follower e i suoi video su TikTok sommano 97 milioni di visualizzazioni. Per la ‘ndrangheta è il nemico numero uno (ha lavorato per molti anni in Calabria, anche alla Dda) ed è accompagnato dalla scorta del 1989. “La paura? Ognuno di noi ha paura – ha risposto a Marco Carrara nel programma di approfondimento dedicato ai social media – ma bisogna imparare a razionalizzarla, a ragionarci. Fino a capire di poter convivere con la paura”.
Naturale conseguenza è l’accostamento della sua storia professionale (e non solo) a quella di Falcone e Borsellino con un commento sulle stragi di mafia del ’92: “Falcone è stato ucciso quando non si pensava che potesse essere ancora nel mirino. Mentre Borsellino è morto sapendo di morire: quando è diventato Procuratore di Palermo – ricorda Gratteri – tutti sapevamo che sarebbe stato ammazzato, lui per primo: era un conto alla rovescia. E’ questa la grandezza di Borsellino”.
8.1.24
Truffe digitali, ora spuntano quelle con l’intelligenza artificiale: “E io che pensavo fosse amore…”
«Certo che dispiace, essere ingannati. A me è andata bene, me ne sono accorta in tempo. Ma la truffa con l’intelligenza artificiale, quella davvero non me la sarei mai aspettata».Annamaria Armando è una donna coi piedi per terra. Fa l’operaia metalmeccanica, legge, ha pitturato da sola le pareti della sua casa nella campagna del Cuneese, coltiva i peperoni nell’orto, ha una vita piena di interessi. Eppure, stava per cadere in una romance scam, una truffa romantica via web, di quelle col belloccio che ti corteggia sui social per poi spillarti dei soldi
LANCIARE UN ALLARME – Cinque settimane, tanto è durata la sua corrispondenza con un fantomatico americano dietro al quale si nascondeva un’organizzazione criminale. Si è salvata grazie al suo fiuto e a un’amica che si è trasformata in detective. Ma se ha deciso di raccontare comunque a Oggi la sua storia, senza imbarazzi, è per lanciare un allarme: «Oggi la tecnologia rende tutto terribilmente reale. Anche le bugie». Ci arriveremo.Tutto ha inizio nel settembre scorso. La signora Armando ha due grandi passioni: il tiro con l’arco e gli animali. A tirare va con gli amici dell’associazione di zona, nel weekend: «È un bellissimo sport, condiviso da persone speciali».
IL GANCIO? GLI ANIMALI – Gli animali, quattro gatti in casa e tre galline nell’aia a parte, ama osservarli dovunque: nei documentari, sui social. Un giorno, su Facebook, le appare uno di quei reel che l’algoritmo di Meta invia automaticamente in base ai tuoi interessi: un volpacchiotto quasi addomesticato che si fa dare i grattini. Sotto il video, Annamaria lascia un commento minimo, («super!»), seguito da un cuoricino. «Mi aveva fatto tenerezza». Poco dopo, un uomo le risponde, in inglese: «Anche a te piacciono gli animali? Quali?».La foto è quella di un americano di mezza età, capelli brizzolati, occhi castani. Sul suo profilo Facebook c’è scritto che si chiama Jack, vive in New Jersey, è un ingegnere e fa volontariato coi disabili.
Video correlato: InPiazza, cosa ne pensano i messinesi dell'intelligenza artificiale? (Dailymotion)
Lì per lì, scambiare due chiacchiere con uno sconosciuto su una pagina web affollata di procioni dispettosi ad Annamaria non pare poi così grave.Non che sia a caccia di flirt, tutt’altro. «Sono single e sto benissimo così». Il fatto è che alle superiori ha studiato inglese, le piaceva tanto ma poi non l’ha più praticato. «Mi sembrava una bella occasione per rinfrescare un po’ la lingua».
Truffe d’amore, la storia di Daniele suicida dopo aver scoperto l’inganno
SI PASSA SU MESSANGER – Dopo qualche messaggio pubblico, Jack la invita a proseguire la conversazione su Messenger, in privato. Dove vivi di bello in Italia, di cosa ti occupi, cose così. Lui, racconta, è un ingegnere, va in palestra, è divorziato e ha una figlia, Mia, di 13 anni. Da un paio di messaggi al giorno, la conversazione s’infittisce. Non che lo scambio sia poi questo granché: mentre Annamaria scrive delle sue letture appassionate, dell’interesse per le storie di mafia, per la meditazione, Jack non mostra di avere grandi argomenti di conversazione. Al massimo racconta della figlia, tira fuori qualche massima new age. Ripete insistentemente, questo sì, di essere un uomo facoltoso, di avere molte proprietà e “un contratto in ballo da un milione di dollari” che lo porterà presto a Londra, «così magari prendo un aereo, vengo in Italia e ci conosciamo». Ah, in vista del trasferimento nel Regno Unito Jack sta chiudendo tutti i suoi conti bancari negli Usa, “per sicurezza”.
LUI INSISTE SUI (SUOI) SOLDI - La signora Armando è perplessa: «A me dei soldi non importa nulla, perché tanti particolari?». Finché, ormai passato ai messaggi vocali (ottimo inglese, nessun accento particolare), il presunto ingegnere si mostra sempre più romantico. «Se il destino ci ha fatti incontrare un motivo ci sarà». «Sei unica». «Non vedo l’ora di baciarti».Annamaria lo ammette: avere qualcuno che ti chiama darling e ogni giorno ti manda un messaggino fa piacere. E però – donna concreta, dicevamo – resta sulle sue: «Mi pareva ridicolo: non ci siamo mai visti in faccia e scrivi che sono l’amore della tua vita? Ma dai…». Jack fa l’offeso («Perché dubiti di me?»), sparisce per giorni. Poi, sfodera l’asso: va bene, facciamo una videochiamata. L’appuntamento è per una domenica pomeriggio. Annamaria aspetta seduta sul divano, il cellulare in mano.
ARRIVA ANCHE IL VIDEOMESSAGGIO – Quando risponde, sullo schermo del telefonino appare Jack. Lui, in carne e ossa. «Il video era molto perturbato, ma era proprio l’uomo della foto: muoveva la bocca, la voce era la sua. Solo, non mi sorrideva mai, non capivo perché». Pochi secondi e la comunicazione cade. Jack richiama solo in voce («Scusa, qui c’è poco segnale»), scherza, le canta I feel good. «Non vivo sulla luna, sapevo delle scam, le truffe online, avevo anche seguito un’inchiesta in tv e soldi non gliene avrei dati mai. Ma dopo averlo visto in faccia perché avrei dovuto pensare a un inganno?».Ad aprirle gli occhi è un’amica: guarda che qualcosa non torna. Insieme si mettono a cercare sul web la foto di Jack, che ovviamente Jack non è. Il ritratto appartiene a un ex modello californiano, che con questa storia non c’entra niente.
L’AIUTO DELL’AMICA – Il copione, in compenso, è sempre lo stesso: ancora una manciata di messaggi e “Jack” avrebbe finto di aver avuto un intoppo con la carta di credito («Sai, non mi hanno attivato il nuovo conto corrente») avrebbe detto ad Annamaria che sarebbe stato così felice di venirla a trovare in Italia, certo però se lei avesse potuto aiutarlo coi soldi del biglietto…Le romance scam sono come la peste nera: +30% di casi e 5 milioni di euro sottratti in Italia solo nell’ultimo anno. Dati benevoli, badate bene, perché la maggior parte delle vittime (soprattutto donne) non denuncia: troppa vergogna.Alla fine, la signora Armando invece mette in fila tutto – il profilo di “Jack” con tre post in croce, le risposte generiche, l’insistenza sul fatto di essere ricco, il romanticume precipitoso – e blocca l’impostore su tutti i social.Resta lo stupore per la videochiamata, ed è questa la vera novità: grazie ai software di AI, oggi le gang – basi in Ghana, Nigeria, Costa d’Avorio – riescono ad animare qualche secondo di conversazione, a rendere viva anche una foto rubata. L’ho visto in faccia, era lui. Giustamente allarmata, Annamaria si rivolge alla Polizia Postale per fare una segnalazione. «Non mi hanno neanche fatta sedere in ufficio, né chiesto dettagli. “Eh, adesso fanno così”.Ma io questa cosa voglio raccontarla. Perché se ci caschi davvero, può fare male. Tanto».
Fiamma Tinelli
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