la censura sui social e non solo , volendo essere buoni, il filtro che un’entità non meglio definita dovrebbe mettere tra il messaggio e il destinatario, mi fa venire in mente due aspetti : 19 chei dice che la tecnologia ed internet ci stanno rovinando quando invece non è il mezzo in se ma il come lo si usa ., 2) il solito paternalismo di chi ritiene di sapere e guarda la massa con un certo sussiego, segnalando in questo caso il veleno dell’analfabetismo funzionale al quale bisogna opporre un antidoto. Un antidoto però che è secondo molti una toppa e non la vera soluzione, la quale non può prescindere dalla consapevolezza dell'uso che ne facciamo .La censura, non solo dovrebbe essere evitata, ma sarebbe un rimedio inutile se l’istruzione si occupasse di fornire gli strumenti necessari alla comprensione della “società social”. Il ministero dell’istruzione – e non mi riferisco solo a quello attuale, prosaicamente definito “del merito” – già da diversi anni si sarebbe dovuto occupare del problema. Il punto è che per non affogare nel mare degli ipertesti, in cui le informazioni si moltiplicano rimpallando tra una pagina web e l’altra, qualcuno dovrebbe fornire agli studenti e alle famiglie una bussola per scegliere le fonti più attendibili e per comprendere ciò che leggono (non esattamente un comune testo). Il “qualcuno” a cui mi riferisco non è tanto l’insegnante che generalmente ha il buon cuore di segnalare ai suoi allievi il faro per non andare alla deriva, ma quello a sua volta formato pochi purtroppo in questo senso. Perché non pensare oltre ad aggiornare gli insegnanti a nuovi esami nel corso di laurea e di abilitazione e poi una nuova materia scolastica? Che so, si potrebbe chiamare "filologia del web”. La scuola dovrebbe servire a rendere le nuove generazioni consapevoli, individui che si fanno domande e non seguono anestetizzati le linee guida di un algoritmo. Grazie dell’attenzione e buon lavoro
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