Visualizzazione post con etichetta guerra fredda. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta guerra fredda. Mostra tutti i post

6.12.24

il treno dei bambini film di cristina comencini tratto dall'omonimo romanzo di viola ardone . una storia di solidarietà del nord verso il sud , dei comunisti


 In   una notte  buia e tempestosa  d'inverno    del desolante    panorama  tv  italiano  ,  accendo  netflix  per vedere la seconda  stagione di Lidia  Poet ma ecco che   trovo    nell'elenco dei  film appena  usiciti   il treno dei    bambini di Cristina  Comencini   tratto  dall'omonimo  romanzo  Il treno dei bambini appunti  di  Viola Ardone pubblicato da Einaudi  ( foto a   sinistra   e  qui  chi volesse  Leggerne un estratto )  . Una  storia  di  cui   nei  giorni nostri  s'era  persa  la  menoria   , ma  poi  ritrovata  grazie  al  libro  della Ardone  e  al  film    della  Comencini  Un  film  bellissimo    d'influsso neorealista  . Infatti  molti   ad iniziare da : <<  Il treno dei bambini è il film di Natale che ci fa piangere senza ritegno |>>  di Vanity Fair Italia    affermano   giustamente    che <<  [...]  ricorda, per ambientazione, stile produttivo e la presenza dietro le quinte di alcuni sceneggiatori in comune, il film C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Anche lì, un’Italia povera, ma intrisa di dignità, diventa il terreno fertile per raccontare storie dal respiro universale.  [...] >>La domanda  che mi pongo  e    si pone  lo  stesso articolo  di vanity : << [...] è legittima: si tratta di un tentativo consapevole di replicare il modello di un cinema italiano popolare, appetibile anche per il pubblico internazionale? Forse sì, e non sarebbe una cattiva idea >>.
Un  ottimo dosaggio  tra   finzione  e  realtà     come     fa anche   notare :  Il treno dei bambini, la storia vera dietro al film: Amerigo Benvenuti è un vero violinista? di  Cinefilos.it .IL film , come il romanzo , ricostruisce una delle iniziative più belle del Dopoguerra italiano che salvò migliaia di bimbini del sud d'italia dalla fame e dalla povertà. una fetta di Storia del dopoguerra, quando l'Italia, pur lacerata, aveva trovato la forza di andare avanti .  


Uno  degli esempi di come    anche durante   il periodo natalizio   si  possano fare   film   senza  scadere   nei  consuenti   sterreotipi o luoghi  comuni  (     babbi natale  , nascita   di gesu  , tuti più buoni ,  pranzi  e  cene e  regali  , ecc  )  
 

per  chi  volesse   aprrofondire  le  tematiche  del film  

26.8.23

La storia di Samantha Smith, la bambina americana uccisa dalla Cia per aver osato dimostrare che i Russi erano “proprio come noi”

 in sottofondo

concerto per viola Remembering Childil del compositore danese Per Nørgård a  lei dedicato  . 

per   chi  vuole  aprofondire  Samantha Smith - Wikipedia

 da https://www.dcnews.it/ AGOSTO 26, 2023


SI CHIAMAVA SAMANTHA SMITH
(La triste storia della bambina americana di dieci anni che avrebbe potuto capovolgere gli stereotipi riguardo all’URSS.) Samantha Smith era nata il 29 Giugno 1972 a Houlton, nello Stato del Maine, ed era ancora una bambina ai tempi dell’intervento Sovietico in Afghanistan.Intervento legittimo, finalizzato a sostenere il Governo Laico e Socialista di quel
Paese dall’aggressione dei sanguinari Mujaheddin finanziati dall’Occidente, ma che nell’Occidente stesso fu spudoratamente dipinto come un’invasione da parte Sovietica.(Ancora adesso in giro in Occidente ci sono tanti creduloni, con il cervello all’ammasso del mainstream, che accettano la tesi dell’invasione Sovietica, e neanche il confronto tra le fotografie di come vivevano le donne Afghane allora e come “vivono” adesso li aiuterà mai a chiarirsi le idee.) 
Samantha era una bambina sveglia, che seguiva la politica internazionale, nonostante la giovane età, e fu molto colpita dalle immagini che arrivavano dall’Afghanistan. Così nel 1982, a dieci anni, decise di scrivere una lettera all’allora segretario generale del Partito Comunista Sovietico, Jurij Andropov, chiedendogli di evitare la guerra.La lettera fu pubblicata sulla Pravda (la terribile Pravda … i giornali Americani avrebbero mai pubblicato una lettera del genere scritta da una bambina Russa? O meglio, la hanno mai pubblicata?) Una settimana dopo l’Ambasciata Sovietica negli Stati Uniti telefonò a casa di Samantha dicendo che Andropov aveva risposto. Pochi giorni dopo arrivò a Samantha una lettera scritta in russo, accompagnata da una traduzione in inglese e da un invito alla bambina e alla sua famiglia a passare un periodo di ferie nell’URSS.La vicenda ottenne grande attenzione dai media, venne raccontata dai giornali e Samantha fu intervistata da diverse televisioni Americane.Il 7 luglio del 1983, Samantha partì per l’Unione Sovietica con i suoi genitori e ci restò per due settimane, ospite di Andropov, seguita da giornalisti e fotografi. Visitò Mosca, Leningrado e trascorse del tempo ad Artek, campeggio estivo in Crimea.Ad Artek decise di rimanere insieme ai bambini Sovietici piuttosto che prendere un alloggio separato che le era stato offerto. Per facilitarne la comunicazione vennero scelti insegnanti e bambini in grado di parlare fluentemente l’inglese, che vivessero nella stessa costruzione in cui lei alloggiava. Rimanendo in un dormitorio con altre nove ragazze, Samantha passò il suo tempo nuotando, parlando, e apprendendo canzoni e danze Russe. Samantha Smith acquistò un’ampia fama tra i cittadini Sovietici e fu molto ben voluta da molti di loro.Parlando a una conferenza stampa a Mosca, dichiarò che i Russi erano “proprio come noi”. Anni dopo, per raccontare il suo viaggio, scrisse un libro intitolato “Journey to the Soviet Union”.Quando tornò negli Stati Uniti, il 22 luglio, Samantha Smith era molto popolare: fu accolta e celebrata come “la più giovane ambasciatrice d’America”.L’anno dopo fu invitata in Giappone e parlò al Simposio Internazionale della Gioventù, proponendo che i leader Sovietici e Americani si scambiassero le figlie per due settimane all’anno spiegando che un presidente “non avrebbe mai voluto inviare una bomba a un paese in cui è in visita la propria figlia”.Il successo di Samantha, mentre fu assoluto in Unione Sovietica (e anche in Giappone), lo fu molto meno nella sua Patria natale, negli USA. Dopo una fase iniziale di interesse, le autorità iniziarono ad ignorare sistematicamente le iniziative della intraprendente ragazzina.Avere tra i piedi una vera e propria “ambasciatrice” della fratellanza con il Popolo Sovietico che ripeteva in ogni occasione che “I Sovietici cono come noi” smontava tutta la poderosa macchina di propaganda Americana, tesa a dipingere il “Compagno Ivan” come un essere inumano, antropologicamente crudele, dedito alle peggiori efferatezze (vedere la vastissima produzione spazzatura di Hollywood, con il Russo immancabilmente nel ruolo del cattivo.)Mentre presso la popolazione Americana Samantha rimase popolarissima fino alla fine, da parte delle autorità calò su di lei una sinistra coltre di gelo (Altro che Greta eh …)Il 25 Agosto di quello stesso anno un aereo su cui viaggiava Samantha Smith mancò la pista dell’aeroporto regionale Lewiston-Auburn nel Maine e si schiantò. Non sopravvisse nessuno: morirono due membri dell’equipaggio e sei passeggeri, tra i quali Samantha e suo padre.Sulla causa dell’incidente in molti sospettarono subito la CIA.Fu aperta un’inchiesta e il rapporto ufficiale venne reso pubblico: “l’angolazione di volo relativamente ripida dell’aereo, l’altitudine e la velocità al momento dell’impatto, hanno precluso agli occupanti dell’aereo la possibilità di sopravvivere all’incidente”.Al funerale, che si svolse ad Augusta partecipò un rappresentante dell’ambasciata sovietica a Washington, che lesse un messaggio personale di condoglianze da parte di Mikhail Gorbaciov in cui si parlava di Samantha come di un “simbolo di pace e amicizia fra i due popoli”: l’URSS quell’anno le dedicò anche un francobollo commemorativo.Alla cerimonia non partecipò invece alcun rappresentante del governo statunitense: l’attività di promozione della pace di Samantha e la sua vicinanza ai Sovietici furono anzi molto criticate dai conservatori Americani e dagli anticomunisti, che la accusavano di propaganda.Come è morta veramente Samantha Smith? Non lo sapremo mai. Ciascuno tragga le conclusioni che vuole. Io le mie le ho e tutto mi sembra fin troppo chiaro, anche alla luce di tante tragedie analoghe che da sempre accadono nel “democratico” Occidente a chi osa sfidare (anche inconsciamente e in buona fede, come nel caso della povera Samantha) il potere costituito.Quello che sappiamo è che in Russia è ricordata con affetto ancora oggi, e molte scuole e campi estivi le sono ancora dedicati. Negli USA, liquidata la pericolosa seccatrice, la sua memoria è finita subito nel dimenticatoio.Samantha Smith era una ragazzina che sognava un Mondo migliore. Ma visse, e morì, in un Mondo nel quale non c’era spazio per i sogni e, tanto meno, per i sognatori.

2.4.22

Dentro al più grande bunker antiatomico italiano

  da   https://www.ilpost.it/2022/03/24   e  da  repubblica  video 
Dentro al più grande bunker antiatomico italiano

 se non avete    voglia  o tempo di leggere  tutto  l'articolo         qui ne  trovate  un sunto




È in provincia di Verona ed è dismesso da quando la NATO, che l'aveva costruito negli anni Sessanta, decise che non serviva più
                                             di Isaia Invernizzi

Le porte di ingresso del bunker antiatomico di Affi (Il Post)


Nei lunghi corridoi dell’enorme bunker all’interno del monte Moscal, in provincia di Verona, ci sono un bar, una palestra, alcune stanze per il relax, la mensa e la cucina, ma ciò che rende davvero speciale questo posto è che niente può distruggerlo, nemmeno una bomba atomica. Il suo nome in codice, West Star, è rimasto segreto per decenni fino a quando la NATO, che lo aveva fatto costruire tra il 1960 e il 1966, decise che non sarebbe più servito perché la Guerra fredda era finita da tempo.
L’ultima esercitazione risale al 2004, l’anno in cui l’esercito iniziò a smantellarlo pezzo dopo pezzo. Negli anni successivi furono rimossi molti macchinari, gli strumenti usati per le comunicazioni, le casseforti con i documenti segreti. Per il resto è rimasto come era all’epoca, e così lo ha trovato il comune di Affi che nel 2018 lo ha acquisito dal demanio militare e ora vorrebbe trasformarlo in un museo della Guerra fredda. Perdersi tra le stanze e i corridoi può essere spaventoso e affascinante allo stesso tempo, ma il vero valore di West Star è il suo stato di conservazione, quasi perfetto, che in un certo senso testimonia i timori e le ossessioni che caratterizzarono la lunga fase di ostilità tra Unione Sovietica e Stati Uniti successiva alla Seconda guerra mondiale.
Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina molti abitanti di Affi si sono ricordati del bunker. Gli scontri tra l’esercito russo e ucraino avvenuti vicino a centrali nucleari, a Chernobyl e a Zaporizhzhia, hanno creato una certa preoccupazione alimentata da approcci dei media talvolta allarmisti.
In realtà, dice il sindaco Marco Giacomo Sega, nessuno ha mai considerato di poterlo riaprire per accogliere gli abitanti, nemmeno se il conflitto degenerasse in una guerra nucleare. È rimasto chiuso per troppo tempo: non è utilizzabile, se non per emergenza estrema e per un periodo molto limitato, forse qualche ora. Potrebbe ospitare comodamente quasi la metà degli abitanti di Affi. Grande 13mila metri quadrati, disposto su due piani, è stato pensato per accogliere fino a 999 persone, un’informazione che sarà utile a chi studierà il progetto del nuovo museo più che agli esperti di piani di emergenza.
Da fuori, il bunker è ovviamente invisibile. Lungo la strada che costeggia una delle tante vigne della zona si nota un grande cancello verde, un po’ arrugginito, chiuso con un semplice lucchetto. Al di là delle sbarre si vede l’ingresso della galleria che porta al bunker: è lunga quasi un chilometro, per la precisione 970 metri. Serve a collegare le due entrate, all’epoca sorvegliate da cinque carabinieri.

La galleria che porta al bunker (Il Post)

Quando gli operai iniziarono a scavare nella montagna, negli anni Sessanta, pochissime persone ad Affi sapevano che lì sarebbe stato costruito un bunker antiatomico. Nessuno poteva fare domande, non si potevano scattare fotografie, nemmeno da lontano, e chi si avvicinava veniva fermato dai carabinieri e allontanato. Chi abitava in una piccola frazione poco distante dall’ingresso del bunker ricordò a lungo i boati degli esplosivi utilizzati per scavare nella collina.
Dopo la sua apertura, nel 1966, quasi tutti ad Affi si dimenticarono del bunker, almeno ufficialmente. Per le strade si notavano auto con targhe strane (AFI), ma nessuno sapeva o poteva chiedere a cosa stesse lavorando l’esercito dentro la collina. Per evitare problemi, quando capitava di parlarne, perfino in famiglia si faceva riferimento semplicemente al “buco”, un nome che con il passare degli anni diventò familiare anche tra i militari.
Il livello di sicurezza e di segretezza era alto perché nel bunker venivano gestite informazioni importanti. Era il centro di comunicazione di due importanti comandi NATO: il comando delle forze terrestri alleate per il Sud Europa (FTASE) della NATO, che aveva sede a Verona, e la Quinta ATAF (Allied Tactical Air Force) con sede a Vicenza. Da qui veniva coordinata l’organizzazione delle esercitazioni sul fronte nord orientale italiano, e si ricevevano e trasmettevano i messaggi criptati con le unità al fronte e gli altri comandi NATO. Al suo interno c’era anche l’AOC, l’air operation center, il centro delle operazioni aeree della quinta ATAF, Allied Tactical Air Force, con sede a Vicenza, in sostanza una centrale di controllo per osservare tutti i movimenti degli aerei militari in volo sull’Europa. In caso di attacco nucleare, chimico o batteriologico, il comando NATO di Verona si sarebbe trasferito qui, al sicuro.
Uno dei corridoi del bunker (Il Post)

Venne costruito secondo le specifiche di una direttiva della NATO del 1958, che imponeva caratteristiche tecniche per resistere a un’esplosione nucleare fino a 100 chilotoni, molto superiore alla potenza della bomba che colpì Nagasaki, tra 10 e 30 chilotoni. È protetto da uno spessore di terra di 150 metri ai lati e circa 200 in altezza. Le pareti e il soffitto, in cemento armato, sono spessi quasi due metri.
Gerardino De Meo sentì per la prima volta il nome West Star negli anni Ottanta, durante un’esercitazione della Terza brigata missili in cui prestava servizio come sottocomandante della batteria obici. «La comunicazione iniziò con il segnale “From West Star to Tango 21”. Chiesi al mio comandante cosa fosse West Star e scoprii del bunker: all’epoca non mi sarei aspettato di diventarne comandante», dice De Meo, oggi generale in pensione dopo una lunga carriera nella NATO. «Quando me lo affidarono negli anni Duemila, prima della dismissione, era un luogo così segreto, perfino all’interno dell’esercito, che non mi resi conto di quanto fosse grande e importante, molto impegnativo da gestire».
Una delle sale del bunker (Il Post)

De Meo conosce ogni angolo del bunker perché nel 2004 coordinò il supporto logistico dell’ultima esercitazione NATO sul posto e il successivo smantellamento, concluso nel 2007. È il custode di diversi documenti risparmiati dalla distruzione e tra le altre cose ricorda alla perfezione come era organizzato il lavoro e soprattutto come i militari vivevano la quotidianità in un ambiente alienante.
La porta di ingresso ricorda quella di un sommergibile. È spessa una ventina di centimetri, così pesante che un tempo poteva essere aperta o chiusa soltanto con un sistema idraulico. Qualche metro più avanti, in una stanza di decompressione, se ne trova una identica, con un meccanismo di apertura che scattava solo nel momento in cui si chiudeva la prima porta. Ogni coppia di porte creava una camera stagna per motivi di sicurezza.
L’ex generale Gerardino De Meo (Il Post)

In sottofondo si sente il rumore delle ventole installate dal comune per far circolare l’aria. È simile a quello che si percepiva costantemente all’epoca, dice De Meo, anche se un tempo era più insistente. Entrando, la prima sensazione è di essere in una grande camera iperbarica. Le voci sono ovattate, si sente un leggero odore di stantìo, quasi metallico.
La piccola botola azzurra che si trova nel muro in fondo alla prima stanza non è mai stata utilizzata: sarebbe servita, in caso di emergenza, a gettare i vestiti contaminati in un magazzino chiuso e rivestito di piastrelle. Sulla sinistra ci sono le docce, anche in questo caso da usare solo in presenza di una contaminazione radioattiva.
Anche nei corridoi le porte sono spesse e fino a quando il bunker è rimasto operativo si aprivano una per volta, per mantenere una pressione costante. Ogni zona aveva diversi livelli di sicurezza a seconda del grado dei militari e dei loro compiti. Non tutti potevano andare ovunque. «C’era il culto della segretezza per motivi di sicurezza», spiega De Meo. «Si lavorava a compartimenti stagni. Non si poteva entrare negli uffici dei colleghi per chiacchierare. Molte porte si aprivano con una combinazione che veniva cambiata spesso e non poteva essere trascritta: bisognava ricordarla a memoria. Queste accortezze servivano a prevenire una possibile fuoriuscita di informazioni e documenti».
I locali tecnici con i motori del gruppo elettrogeno di emergenza (Il Post)

Una mappa ingiallita, rimasta appesa dietro a una porta, mostra la planimetria della struttura. Le gallerie principali sono tre, parallele, più due di raccordo. Il bunker ha la forma di un grande otto. I corridoi dove si aprono le stanze e gli uffici sono tutti uguali. È facile perdere l’orientamento.
I reperti di archeologia industriale rimasti nei locali tecnici aiutano a capire il funzionamento del bunker, studiato per essere completamente autonomo dall’ambiente esterno. Nella centrale elettrica si trovano tre grandi trasformatori e un gruppo elettrogeno alimentato a gasolio, da accendere in caso di attacco per alimentare i servizi di emergenza e quelli essenziali, come la centrale radio. Il sistema di smaltimento dei gas di scarico era stato progettato per raffreddarli e liberarli all’esterno, attraverso delle condutture, in modo che aerei o satelliti spia non potessero individuare attività all’interno della collina attraverso sensori agli infrarossi. Tutto era regolato da sistemi elettronici – «il meglio della tecnologia degli anni Sessanta», dice De Meo – sopravvissuti ai computer installati alla fine degli anni Ottanta.
(Il Post)

Quattro cisterne da 4.500 metri cubi di acqua, profonde dieci metri, garantivano la riserva d’acqua sia per i servizi sanitari, sia per il raffreddamento del gruppo elettrogeno e degli impianti.
In tutti gli spazi del bunker si notano i grandi tubi di metallo dell’impianto di aerazione. Un canale per l’aria in ingresso, uno per l’aria in uscita. In caso di esplosione nucleare o di attacco chimico, due sensori (uno ottico e uno di pressione) installati all’ingresso della galleria avrebbero fatto scattare le paratie dell’impianto di aerazione, di fatto rendendo West Star ermeticamente isolato dal mondo esterno. L’aria passava in una stanza con filtri chiamati assoluti, capaci di assorbire inquinanti o bloccare particelle contaminate. 920 bombole di ossigeno stipate in un magazzino sarebbero servite a reintegrare l’ossigeno in caso di chiusura ermetica.

La stanza con i filtri per l’aria (Il Post)

Oltre la centrale elettrica si trova una delle stanze più importanti del bunker. Qui c’era un grande contatore Geiger, uno strumento che serve a misurare le radiazioni. Una consolle di controllo era posta su una piattaforma sospesa da terra attraverso un sistema di cavi e molle: i grandi pulsanti controllavano l’apertura e la chiusura di tutte le porte. Era sospesa per evitare che oscillazioni e vibrazioni improvvise, dovute a una possibile esplosione, mandassero in tilt il sistema di sicurezza.
Molti spazi venivano utilizzati come sale per le riunioni e le comunicazioni con gli altri comandi della NATO. Entrando nella War Room, segnalata da una targa luminosa, si potrebbe sospettare di essere su un set cinematografico. La stanza è completamente insonorizzata e alle pareti ci sono mappe dettagliate dell’Europa del tempo. Oltre a vecchi microfoni, in un angolo si notano decine di cuffie ormai inutilizzabili. «Da qui ci si collegava con tutti gli altri comandanti», spiega De Meo. «Le cuffie servivano per le traduzioni e perché c’era il timore di essere intercettati, quindi non c’erano altoparlanti. Delle circa 250 persone che lavoravano fisse nel bunker, una buona parte era addetta alla trasmissione delle informazioni di tipo terrestre, navale, aereo».

La war room (Il Post)

I messaggi criptati arrivavano in un bunker all’interno al bunker, una stanza protetta da una porta corazzata e in cui nemmeno De Meo poteva entrare. Qui fino agli anni Ottanta si sentiva il rumore incessante delle telescriventi, che ricevevano e inviavano i messaggi. Con l’arrivo dei computer le operazioni iniziarono a essere più veloci e si risparmiò una notevole quantità di carta.
In un’altra grande stanza, chiama il “vascone”, era stato allestito l’air operation center, dove il personale dell’esercito aveva il compito di seguire e tracciare le rotte degli aerei militari che entravano nello spazio aereo della NATO. Non c’erano schermi, solo enormi lavagne su cui le rotte venivano tracciate a mano a matita. Nelle sale degli uffici direttivi sono rimasti armadi con moltissimi vecchi manuali tecnici di macchinari già smontati. Le casseforti con i documenti protetti da segreto sono state portate via, così come gran parte delle attrezzature.

Mappe dell’Europa appese alle pareti (Il Post)

Lavorare all’interno di un bunker per lungo tempo era piuttosto snervante. Sulla parete della mensa da 110 posti spicca la riproduzione del monte Baldo, che si trova vicino al lago di Garda: il disegno era stato pensato per ingannare lo sguardo e dare profondità alla stanza. Ma non era l’unico luogo in cui i militari potevano rilassarsi: c’erano alcune “break room” dove si poteva chiacchierare, una palestra e un bar rimasto quasi intatto, con i lampadari dell’epoca, le vetrine, e il vecchio televisore.
Dopo l’ultima esercitazione, nel 2004, iniziò il declino dei bunker antiatomici e anche quello di West Star. Secondo uno studio della NATO, queste strutture non erano più considerate strategiche e soprattutto costavano troppo.
La mensa (Il Post)

De Meo inviò un rapporto dettagliato per cercare di convincere l’alto comando della NATO che sarebbe stato utile avere un bunker in caso di una crescita della tensione nel Mediterraneo. Nel 2006 lo Stato maggiore dell’esercito gli comunicò che West Star non era più di interesse nazionale. «Chiuderlo mi sembrava un delitto», dice De Meo. «A causa della segretezza con cui era stato gestito, nemmeno i vertici sapevano con esattezza cosa stavamo chiudendo. Avvisai tutti: lo smantellamento sarebbe stato irreversibile». Le operazioni di dismissione durarono alcuni mesi.
Il bunker rimase sotto il controllo del demanio militare fino al 2010 quando l’allora ministro della Difesa Ignazio La Russa confermò che West Star non era più di interesse militare. Nel 2011 un guasto rovinò l’impianto elettrico e negli anni successivi alcuni ladri riuscirono a rubare tutto il materiale di un certo valore, soprattutto rame. Infine, nel 2016, il comune di Affi presentò domanda per l’acquisizione gratuita nell’ambito della legge sul federalismo demaniale e l’1 marzo del 2018 il bunker diventò proprietà comunale.
Il bar all’interno del bunker (Il Post)

Per la sua struttura a forma di otto, West Star sembra essere perfetto per una lunga visita guidata. Finora il progetto del comune, che vorrebbe farlo diventare un museo della Guerra fredda, è stato fermato dai costi di bonifica e di allestimento. Servirebbero tra 4 e 6 milioni di euro, secondo le prime stime, per metterlo in sicurezza, costruire i parcheggi e rifare le strade.
«In questa fase stiamo coinvolgendo l’azienda sanitaria per capire se il bunker può essere visitato da molte persone e nel caso quali lavori servirebbero per trasformarlo in un museo», spiega il sindaco Marco Giacomo Sega. «Vorremmo portarlo all’attenzione della Soprintendenza perché secondo noi è un patrimonio storico di notevole valore. Al suo interno ci sono oltre 50 anni di storia militare. Ovviamente vorremmo coinvolgere anche il ministero della Cultura e l’Unesco». Ma tra le possibili idee per raccogliere fondi ci sono anche iniziative più curiose, come un’accurata scansione 3D per provare a vendere la mappa tridimensionale di un vero bunker risalente alla Guerra fredda a uno sviluppatore di videogiochi. «I diritti andrebbero al comune», dice il sindaco, con un certo ottimismo. «Siamo certi che il bunker, per Affi, può essere una miniera».





1.2.22

piuttosto che fare celebrazioni grottesche come a torino è meglio abolire la giornata istituzionale del 10 febbraio - giorno del ricordo

L'immagine qui a sinistra ha provocato un ,secondo https://www.lastampa.it/torino/ 31 gennaio 2022 << Temporale politico in vista della Giorno del Ricordo, che si terrà il prossimo 10 febbraio, istituito nel 2004 per ricordare la vicenda dell'esodo giuliano-dalmata. Il tutto dopo che la Regione Piemonte, per l'occasione, ha pubblicato un manifestino di dubbio gusto. [... ] anto che il capogruppo di Luv parla di «una locandina che ha l’aspetto di un manifesto di propaganda nazista >> qui l'articolo completo . Tale locandona   èin realtà una  vignetta  estrapolata  e   decontestualizzata  del  fumetto Anime in transito di  Vanni Spagnoli  uscito  nel 2021 per  Youcanprint; Pagine 52; ISBN 9791220314008  che  potete  trovare    :  sotto  a  destra la copertina  il fumetto per  chi vìfosse  interessato lo può  trovare    in pdf  su http://www.anonimafumetti.org/  più precisamente  qui  oppure  se  volesse    approfondire   e con backstage    qui  dove si discute del fiumetto con gli autori ( la prima parte ) e con ( la seconda parte ) lo storico MILETTO Enrico ( qui il suo curriculum ) esperto di tale periodo (  fra i suoi libri : Novecento di confine. L’Istria, le foibe, l’esodo, FrancoAngeli, Milano 2020 ., gli italiani di Tito. La Zona B del Territorio Libero di Trieste e l’emigrazione comunista in Jugoslavia (1947-1954), Rubbettino, Soveria Mannelli 2019 ) 
L'utilizzo della grafica, contenuta nel manifesto, tradisce il significato originario del graphic novel "Anime in transito" realizzata dall'Anonima Fumetti - si legge in una nota diffusa dell'Istoreto.<<  [... ]   Già a dicembre "quando fu proposta dall'assessore Marrone una riedizione del graphic novel, fu concordemente respinta dagli enti e dagli autori che l'avevano promossa, contrari all'uso strumentale, ravvisabile nelle nuove pagine introduttive. Tale uso strumentale --- secondo  repubblica     del 1\2\2022   ( qui l'articolo  integrale ) ---- è purtroppo riconfermato dal manifesto che circola in questi giorni". Già a dicembre, infatti, il presidente dell'Istituto Paolo Borgna aveva chiesto alla Regione di sospendere il progetto di ripubblicazione del fumetto con la nuova prefazione, a firma Marrone, perché ne cambiava "l'orientamento e la collocazione, sottraendola al ruolo che in origine la caratterizzava", e per l'uso "di concetti errati, come genocidio e pulizia etnica, propri della polemica politica \  ideologica  " e "interessati a riproporre la contrapposizione con gli avversari di un tempo e alleggerire le responsabilità del fascismo italiano, promotore di una guerra sbagliata e perduta".  [...] >>
Infatti  , già di per  se    foibe  e  l'esodo   senza  contare  quello   che   c'è  stato prima  è  un argomento che  per  svariate ragioni  (  voglia  di  dimenticare   il terribile  periodo del fascismo  e  del  2  conflitto  mondiale  ,  incapacità  di fare i conti  \  autocritica   sui crimini  commessi  dal  1919 al  1945 in quelle  zone ,  il  volerli  nsabbiare   \  nascondere  ,   lapolitica  della  guerra  fredda     ) molto    doloroso e delicato   da trattare  storicamente  in modo obbiettivo   che  fa si che   non  si riesca  a ricordare  nè a 360  gradi in maniera  obbiettiva   e non ideologica   la  complessa  situazione in cui  siu svolsero le  foibe  e  l'esodo  nè   al  di  fuori   dei classici  schemi retorico  o strumentali   da  cui   destra  e  sinistra non  sono immuni .
Ecco perchè propongo di abolire l'istituzionalizzazione.  Infatti  è manifestazioni  come  questa  sembrano darmi ragione  ancora non è pronti a celebrarlo senza cadere nel bieco ed nostalgico nazionalismo ormai condannato dalla storia ) della #giornatadelricordo ovvero i #10febbraio ed lasciare il ricordo di quest eventi la cui ferita ( causa #guerrafredda ed poca voglio di fare i conti con essa legata per i crimini italiani ad essa è ancora una ferita aperta, al ricordo privato o pubblico   ma  senza  patrocini   istituzionali . Ormai  il  seme in  questi   18 anni     di celebrazioni  istituzionali e  non  solo  è  stato  gettato   e    quindi   tutti  sappiamo   cosa  si  ricorda  e cosa    tali eventi  significhino  sia  che   li si  ricordi    da   una  parte    sia  da  un altra  . Ma  soprattutto ,  ovviamente  senza  generalizzare perchè  in mezzo alla    💩   ci  posso  essere  delle  perle   e delle cose    fatte bene  o  abbastanza    bene  come il fumetto citato  ,  se pur intrise    di  retorica patriottarda  ,   La commemorazione del 10 febbraio è da tempo occasione di scontro politico, è innegabile. Perché tale  data   viene  usata  per   approfondire un’orribile pagina storica dimenticata, messa in un angolo per mezzo secolo anche   da  un pezzo di mondo intellettuale legato al Pci   e  dalla Dc ( punto di riferimento  per  la  Nato  e gli Usa ) insomma  dalla  guerra  fredda    che  preferirono tacere  o  sminuire   tali  fatti   per  non  toccare certi equilibri di geopolitica    dei due blocchi contrapposti      Inoltre   è al 90 %   dei casi   l’occasione per riscrivere la storia, equiparando il comunismo al   nazismo, colpevole della Shoah   e  mettere   in un  unico  calderone    due  diversi genocidi  .










 

16.12.18

Gli uccelli non muoiono mai semplicemente prendono il volo il fotografo franco pampiro racconta il muro di Berlino

una mostra  interessante    quella  di franco  pampiro inaugurata  ieri    e  che  si terrà  al caffè  gabriel di tempio pausania     fino  al 31  dicembre  .  Una  mostra  fotografica    che  anticipa quelle  che  saranno  le  celebrazioni  e  le discussioni  che ci sarano  l'anno prossimo per  il  30  anni della fine della   guerra  fredda  .  

L'immagine può contenere: una o più persone e testo
dalla  nuova  sardegna ed   Olbia-Gallura    del 12\12\2018

 Una mostra alla goodby lennin (   film del 2003 Wolfgang Becker, interpretato da Daniel Brühl e Katrin Sass) .Infatti secondo un commento lasciato sul libro degli ospiti della sua mostra : << nelle tue foto ho ritrovato ciò che io, nel mio modesto andare, ho constatato in quel di Germania e dintorni. La sintesi di tutto ciò che a noi Italiani , viene nascosto e negato . Le tue foto , come gli uccelli; volano e portano lontano, la testimonianza di verità nascoste ma, visibili a chi, li sa guardare con occhio attento e critico. Di nuovo grazie, le tue foto sono testimonianze.  >> Commento che dev'essere piaciuto allo stesso franco visto  che ha replicato su Fb


Sei uno di quelli che ha capito che con le immagini io voglio soprattutto documentare, e tento di farlo col mezzo che mi è più congeniale: giocare con la luce. Quando realizzi che il tuo messaggio è stato percepito dall'osservatore hai raggiunto il tuo scopo e, in questi casi, la fotografia diventa un pretesto, un mezzo per suscitare emozioni.

Emozioni  ,  come testimoniano   anche  alcune    foto  da me   scattate  alla mostra  ,  dettate dalla testimonianza attenta e sincera senza nascondimenti di maniera. Orgoglioso di tanto.

  fotoo    che  rappresenta  il titolo    dellla   mostra  vedere    locandina    sotto  



Una  mostra     ,  come  potete  vedere  da  altre  die  foto  da  me riportate  

Un bel tuffo nel passato   e   un po'  anche nella  nostalgia   . Una testimonianza  ( vedere  anche   la  locandina )    di  come   , nonostante  il  muiro  e  la  bruttisma  dittatura  ,  vedere il desiderio di fuga   dopo la perestroika  e   la  glanost   cuminata poi nel  1989  ,  ci fosse     ed  è  durata  per  50  anni una  forte resistenza   culturale  non solo  politico\ideologico al  capitalismo selvaggio  .  

5.4.17

Quelli della Prima Repubblica, Cervetti: "Quegli anni in Urss, tra ragazze libere e i milioni al Partito"



Certo  avevano  , vedere  video  sopra ,   la  corruzione    e l'intrallazzo   , ma    a  differenza   di quelli d'oggi    riuscivano  a mescolarla  \  integrarla    con la  cultura   . Ecco  la storia   di Gianni Cervetti . Esso   è un grande appassionato di musica classica, parla ancora fluentemente il russo e la sua vita ha una trama da film. Esponente storico dei cosiddetti "miglioristi" del Pci, nel 1956 abbandona giovanissimo la sua carriera di studente di medicina per andare a Mosca a studiare economia per decisione del partito: "Dissi addio alla mia vecchia vita, anche alla mia fidanzatina di allora, e passai sei anni nella capitale dell'impero sovietico".




È stato il tesoriere che nel 1977 mise fine ai finanziamenti al Partito comunista italiano da parte dell'Urss ("che non arrivavano in rubli, come vorrebbe la leggenda, ma in dollari: quattro o cinque milioni all'anno", sottolinea oggi) ed è da sempre uno dei migliori amici dell'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: "Il giorno della sua elezione al Colle mi misi a piangere: era la vittoria di tutti noi"

29.5.16

chi ha ucciso Rino Gaetano ? ne parliamo con bruno Mautone

Avvicinandoci al  2  giugno   , data in cui  cade  oltre  il  70 esimo anno  della  nostra   amata \ odiata  repubblica  ,   35  anniversario  della morte  di  Rino gaetano , segnalo ( ed  intervisto   l'autore  )  il libro intitolato “Chi ha ucciso Rino Gaetano?” edito dalla Revoluzione Edizioni-Uno Editori . Esso  rappresenta un ulteriore stadio delle lunghe ricerche affrontate da Mautone per studiare gli aspetti umani ed artistici del cantautore calabrese. Le conclusioni alle quali perviene sono decisamente inquietanti, infatti si gettano fortissimi dubbi sulla reale dinamica del sinistro, paventando un incidente organizzato appositamente per mettere a tacere l’artista, oltre a ipotizzare una vicinanza tra Rino e ambienti massonici.
Esso   sembra  destinato  , visto  :
1) lo stile  asciutto , semplice , non  accademico  ,  lontano dal nozionismo pedante  di certa  cultura  accademica  .Insomma per la semplicità    con cui , vedi l'esempio  le trasmissioni  di Lucarelli   sui misteri  d'Italia  , spiega  il contesto   non semplice  per  chi non ha  basi   storico \  culturale   del periodo   delle canzoni di Rino   e  dei  suoi testi   che   fecero paura  ai poteri  forti   tanto  da  portarlo alla morte  .
2)   nuovi documenti (  vedere    qui  )   che  fanno si   che  la  denuncia fatta ala magistratura    dall'autore    stesso e  non  [ sic  ]  dalla  sorella Anna non  : << La richiesta di apertura delle indagini ad oggi non risulta archiviata. Farò una seconda ed ancora più dettagliata istanza, alla luce di riscontri documentali nuovi ed inediti che ho scoperto e che illustro nel libro CHI HA UCCISO RINO GAETANO ?, alla procura presso il tribunale penale di Roma affinché vengano riaperte  le indagini sulla morte di Rino e non solo, chiedo pure che si indaghi sulla prematura morte di un suo amico che lavorava, come già detto, in uffici consolari-diplomatici.>>

  a superare  il successo del precedente 

Nel nuovo  libro   ci sono  ulteriori    dubbi  e particolari  che non tornano  e  fanno si che  la  vicenda entri a pieno  di titolo fra i misteri d'Italia  . La parola  a Bruno  che ci spiega , ovviamente  senza  svelare  troppo   per  non togliere  a  fans  ( vecchi e  nuovi  ) e  a chi non ha mai creduto  alla  versione della morte per  mala  sanità  .a  superare  le  vendite  del precedente  .


 come mai stavolta non hai cambiato il titolo come nel libro precedente ? la sorella Anna , ha accettato che le prove che mettono in discussione la versione ufficiali sono credibili e sembrerebbero confermare la tua ipotesi sull'omicidio di Rino ? Oppure preferisce la tecnica del silenzio e del non rispondere , , cosi nessuno ne parla più e il clamore scompare e il fatto  finisce  nel dimenticatoio   ? 
Il secondo saggio ha un titolo significativo, non ho mai pensato di cambiarlo- tesi lanciate nel primo libro vengono comprovate da una svariata serie di elementi, compresi incongruenze, dubbi e stranezze involgenti l'incidente e i soccorsi, presunti, che vennero dati(?) a Rino Gaetano in quella fatale notte del 2 giugno 1981. La signora Anna è una persona che rispetto profondamente, non ha espresso rimostranze verso la titolazione del nuovo volume.Tuttavia anche se intervenissero valutazioni contrarie il titolo non viene cambiata poichè è riassuntivo di precipui riscontri, anche documentali. Il secondo saggio ha un titolo significativo, non ho mai pensato di cambiarlo- tesi lanciate nel primo libro vengono comprovate da una svariata serie di elementi, compresi incongruenze, dubbi e stranezze involgenti l'incidente e i soccorsi, presunti, che vennero dati(?) a Rino Gaetano in quella fatale notte del 2 giugno 1981. La signora Anna è una persona che rispetto profondamente, non ha espresso rimostranze verso la titolazione del nuovo volume.Tuttavia anche se intervenissero valutazioni contrarie il titolo non viene cambiata poichè è riassuntivo di precipui riscontri, anche documentali.



quali sono ii brani di Rino Gaetano in cui : ci sono Nomi ed elementi precisi nei testi i che portano a vicende e scandali politici con ruolo attivo e segreto di ambienti diplomatici e Servizi filo-USA in odore di logge massoniche ., in cui si parla di Una “rosa assassina” e un “pugnale USA” e c'è quindi un riferimento alle inchieste della Magistratura su la “Rosa dei Venti” e un anticipazione al caso “Gladio”. ?




In pratica tutti i brani di Rino Gaetano contengono una serie di messaggi e significati criptici che svelano fatti inquietanti della vita politica e di cronaca dell'Italia contemporanea al cantautore e,nonostante ciò, ancora attuali. potrei rimarcare Nuntereggapiù, che contiene riferimenti alla tragica vicenda di Capocotta, ove trovò la morte la giovane Wilma Montesi, nonchè riferimento al ruolo filo-governativo e quindi filo-DC di Cazzaniga, Vincenzo Cazzaniga, evocato nel brano, che collaborava con l'intelligence USA per impedire una affermazione del PCI e il paventato sorpasso sul partito dello scudo crociato. Oppure in AD 4000 DC offre un memorabile spaccato sulla vita, anche futura, del mafioso e massone Michele Sindona. Oppure in "Mio fratello è figlio unico" nomina esplicitamente il treno Taranto-Ancona che, lungi dall'essere un mero convoglio sud-nord, risultò essere il treno dei servizi segreti deviati, usato per inquinare indagini sugli attentati ai treni avvenuti negli anni precedenti. In "OK papà" e nelle canzoni ove evoca sempre una ROSA ("Il compleanno della zia Rosina", nonchè "Cogli la mia rosa d'amore" e "Rosita" oltre un quarto brano rimasto inedito) si notano, rispettivamente, palesi riferimenti a Gladio e alla Rosa dei Venti, misteriose e pericolose agenzie di intelilgence filo-Usa...ma è lunghissimo l'elenco di significati incredibili che emergono nelle tante canzoni).

 quali sarebbero Gli intriganti parallelismi con una voce giornalistica scomoda ( Pecorelli secondo me ) controcorrente, con fonti informative di altissimo profilo ?




Si Carmine Pecorelli, detto Mino, fu un coraggiosissimo giornalista che venne sminuito nella figura per sminuire le pungenti circostanze contro i potenti, Andreotti in primis, che illustrava nei propri articoli. Ad esempio in un articolo Pecorelli parla di Mario, Gino e Berto e rapporta tali nomi allo scandalo Lockeed. Guardate i nomi che Rino fa in La Berta Filava, sono identici, e infatti lì si nota, in abbinamento con Standard brano poco conosciuto, proprio allo scandalo Lockeed.

 nella presentazione del tuo libro su http://revoluzione.it/cospirazionismo-e-misteri/451-chi-ha-ucciso-rino-gaetano.html fra gli argomenti tratti all'interno del libro si parla degli intriganti parallelismi con una voce giornalistica scomoda, controcorrente, con fonti informative di altissimo profilo.>> potresti dirci , ovviamente senza svelare troppo per non guastare la lettura del libro , quali sarebbero questi parallelismi ? se se le fonti informative di altissimo profilo sono amici o conoscenti della setta a cui avrebbe aderito Rino oppure qualcuno dei salotti bene ?  Sempre  nel  tuo libro  hai   raccolto le testimonianze dirette di due carissimi amici del cantautore, Mimì Messina, amico di infanzia e di scuola, frequentate assieme a Narni, e Franco Pontecorvi, addetto artistico e compagno assiduo di ogni tournèe e dei viaggi all’estero, entrambi hanno escluso in modo convintissimo che Rino fosse massone, così come lo ha escluso Anna Gaetano. Quindi, si dovrebbe desumere che Rino non fosse affiliato a qualsiasi loggia massonica e che riferimenti agli ambienti dei liberi muratori fatti in via continua in vari brani e anche in interviste siano il frutto di un interesse da studioso e di interessato osservatore. Opppure era realmente affiliato visto che sempre nel libro , almeno dallle indiscrezioni che ho letto sul web , si rimarca una clamorosa dichiarazione rilasciata da Rino dopo i trionfi sanremesi al giornalista Manuel Insolera, il festival della canzone viene paragonato in modo esplicito ad “un ordine massonico(!!). ? 
Mimì Messina e Franco Pontecorvi , i più cari amici di Rino, escludono che fosse massone. Ne prendo atto, tuttavia e sicuramente l'artista conosce il mondo dei Liberi Muratori. Tanto è vero che Rino gaetano paragona esplicitamente il festival di Sanremo ad "un ordine massonico", inoltre in tanti brani descrive e richiama fatti e persone dell'universo massonico.Oltretutto recentemente il Venerabile Gran Maestro del GOI, la loggia massonica più potente d'Italia, nel discorso di insediamento ha nominato esplicitamente Rino Gaetano. Insomma Rino non era massone però conosceva il mondo delle logge (e viceversa!).Si confermo che primo articolo che esplicitamente accosta versi gaetaniani ai massini risale addirittura al giorno appena successivo alla sua morte, sulla Stampa di Torino. La cosa sconcertante che il giornalista che redasse quell'articolo non è ...identificabile nonostante avesse scritto il resoconto su uno dei più importanti e difussi quotidiani nazionali(!).


 Nel  tuo  ultimo  libro  su parla delle sconcertanti vicende post mortem al cimitero del Verano , cosa avvenne e perchè sconcerntanti ? 

Mino Pecorelli firmò degli articoli nei quali sottolinea che in Italia persone ritenute scomode venivano soppresse con incidenti stradali congegnati. Anche u caro amico di Rino Gaetano, che lavorava in importantissimi uffici consolari-diplomatici della capitale, muore prematuramente sopravvivendo poco tempo a...un incidente stradale. Tale amico, è del tutto plausibile, in modo coraggioso poteva essere il depositario di notizie e di fatti poi trasmessi a Rino.


quindi   Proseguendo nella    sua   opera di certosina ricerca sia in questo che nel precedente libro dimostri come la ventilata colleganza Rino Gaetano-Universo massonico non sia una tesi nata in questi ultimi anni. Infatti hai reperito un interessante articolo del 3 giugno 1981, quindi risalente al giorno appena successivo alla morte, pubblicato sull’importantissimo e diffuso quotidiano La Stampa nel quale esplicitamente e senza mezzi termini testi gaetaniani vengono rapportati a fatti inquietanti della p2, la famigerata loggia guidata dal Venerabile Licio Gelli.Quello che sconcerta è la identità del coraggioso giornalista che sul giornale dei bilderberghiani Agnelli ha stilato l’articolo, è una identità…misteriosa, infatti il notevole pezzo giornalistico è siglato solo da due lettere e il quotidiano di Torino, alla tua richiesta esplicita ha risposto che a distanza di 35 anni non è possibile risalire al nome e cognome poiché vari giornalisti si firmavano con sigle non corrispondenti alle proprie iniziali e che poi mutavano frequentemente. Nel libro si rimarca, altresì, la singolare circostanza rappresentata da esplicite citazioni dedicate a Rino Gaetano da Stefano Bisi cioè il Venerabile Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, la loggia massonica più potente della penisola, addirittura nel suo discorso di insediamento alla guida della potentissima obbedienza massonica. I versi di una misconosciuta e inedita canzone di Rino vengono fatti propri da Bisi per sottolineare che i dignitari massoni devono operare in unione e concordia per rafforzare il potere e la forza della loggia.

Rino può esere considerato un simpatizzante o un ospite della massoneria in particolare dela p2 oppure uno che ricevendo confidenze d'amici iscritti o che frequentavano tali abbienti , non ce l'ha fatta a tenersi tuto dentro è ha preferito rilevarlo in maiera criptica ( mica tanto per chi riusciva a leggere fra le righe o frequentava tali ambienti ) ed quindi per questo che è stato ucciso 





l'incidnte precedente di rino è collegato a quelo mortale ? se si come ? oppure è solo un avvertimento non colto dal cantante ?
malore o sabotaggio freni ?



in realtà il primo incidente non è mai ...avvenuto. O meglio avvenne ma si trattò di una collisione con una jeep condotta da un ragazzo alquanto alticcio, collisione avvenuta no distante da Castel Giorgio ove Rino si era recato a trovare Mimì Messina. L'epilogo della vicenda fu alquanto esilarante. Rino e il ragazzo dell'altro veicolo si recarono presso la caserma dei Carabinieri di Castel Giorgio, l'ora era tarda, attorno alle due del mattino. Si affacciò un brigadiere corpulento, oltrer 150 chili di stazza, per chiedere chi bussasse a quell'ora, Rino e il ragazzo dissero di voler segnalare un urto tra veicoli e che si erano già messi d'accordo per i danni e che non c'erano feriti. Appreso ciò il sottufficiale disse di "non rompere i ..." poichè non essendoci feriti ed essendosi accordati sui danni non c'era necessità di rivolgersi ai Carabinieri e chiuse bruscamente la finestra. Testimone oculare di tutta la vicenda fu Domenico Messina. Con riferimento all'incidente letale è importante sottolineare che in Italia, e Mino Pecorelli lo denuncia e lo scrive apertamente nella sua rivista O.P., molte persone ritenute scomode per il potere venivano messe a tacere con congegnati incidenti stradali. Si applicava nel cofano un piccolo apparato e con un radiocomando si faceva perdere il controllo del veicolo al guidatore. Rino quelle notte era solo e il suo veicolo incidentato non si sa da chi fu esaminato la notte del 2 giugno, inoltre stranamente non intervennero infermieri a soccorrerlo ma dei ..tecnici, dei pompieri non si sa da chi chiamati. In ogni caso Pecorelli, già nel 1978, scrive di incidenti procurati con radiocomando nonchè con ..camionisti distratti.

quindi  l'ultima domanda  
che ne pensi dell'ipotesi di venditti http://www.televisionando.it/articolo/antonello-venditti-su-rino-gaetanoera-un-cocainomane-la-sorella-di-rino-lo-querela/3899/ ?  sembrerà   fuori contesto   visto che io considero molto probabile  e verosimile .le ipotesi di  bruno . Infatti  << Venditti ha poi precisato non che Rino fosse un abituale consumatore di stupefacenti quanto piuttosto che, in generale, nel mondo dello spettacolo si fa uso di droghe in gran quantità. Quindi Venditti chiarisce che non intendeva affatto infangare la figura del compianto Rino Gaetano, suo grande amico. Nel libro, piuttosto, si evidenzia come Venditti abbia ufficialmente scritto che con Rino Gaetano ebbe, a casa di un'amica medium, delle esperienze chiamiamole esoteriche-spiritiche. Secondo me, tra le righe, Venditti ha voluto lanciare un messaggio. C'era qualcuno, ma non credo certo agli spiriti, che dava loro notizie di fatti rilevanti della vita politica italiana del tempo. Questo qualcuno si maschera sotto forma di ...ectoplasma.>>


Io già . come la famosa seduta spiritica a cui partecipo prodi durante il sequestro di ldo Moro 
Brumo. si Giuseppe come la famosa seduta spiritica

Non so più cosa credere a  a caldo   non avendo  letto tutto il libro ma solo le  prime  30 pagiue  d'anteprima  ho chiesto  a Bruno se  in   fase  di chiusura   volesse  aggiungere o rettificare qualcosa ?.
no grazie Giuseppe, fai tutto tu e fai tutto bene, non aggiungo nè modifico nulla attendo solo il tuo link così come lo complilerai .

Vi  lascio  . a lla prossima intervista

16.1.12

Fosse Ardeatine, storico tedesco accusa l'Italia "Roma scelse di non perseguire gli assassini

 (...)  Ma ho scoperto l'altro giorno guardandomi allo specchio
Di essere ridotta ad uno straccio
Questo male irreversibile mi ha tutta divorata
È un male da garofano e da scudo crociato

  (....)
Modena City Ramblers   40 anni  in Riportando tutto a casa  1994

 il  ritornello   di  questa   canzone  in  canna  nello stereo    conferma    questa  notizia   presa   da  
da  repubblica  online d'oggi 15\1\2012

Il settimanale Spiegel rilancia la ricerca di Felix Bohr su documenti provienienti dall'AA, il vecchio ministero degli Esteri. Da cui verrebbe alla luce la volontà comune di Roma e Berlino, a fine anni 50, di evitare l'estradizione e il processo ai criminali. Le ragioni del governo democristiano: evitare di dare l'esempio ad altri Paesi per rivalersi sui criminali di guerra italiani, ma anche per non incrinare i rapporti con la Germania di Adenhauer e non dare un vantaggio propagandistico al Pci

I documenti scoperti da Bohr portano alla luce il contenuto di un colloquio che l'ambasciatore tedesco Manfred Klaiber ebbe nell'ottobre 1958 con il capo della procura militare di Roma, colonnello Massimo Tringali, nella sede diplomatica tedesca. Dopo il colloquio, Klaiber scriveva a Bonn che il colonnello Tringali aveva "espresso che da parte italiana non c'è alcun interesse a portare di nuovo all'attenzione dell'opinione pubblica l'intero problema della fucilazione degli ostaggi in Italia, in particolare di quelli alle Fosse Ardeatine".
All'ambasciatore tedesco, Tringali aveva spiegato che ciò "non era auspicato per motivi generali di politica interna" e "esprimeva l'auspicio che dopo un doveroso e accurato esame, le autorità tedesche fossero in grado di confermare alla Procura militare che nessuno degli accusati era più in vita o che non era possibile rintracciare il loro luogo di residenza, oppure che le persone non erano identificabili a causa di inesattezze riguardo alla loro identità".
Il colonnello italiano avrebbe aggiunto che, nel caso in cui le autorità tedesche fossero arrivate dopo un'inchiesta alla conclusione che tutti o parte dei responsabili dell'eccidio vivevano in Germania, "la Bundesrepublik era libera di richiamarsi all'accordo italo-tedesco di estradizione e di spiegare che le informazioni richieste non potevano essere fornite, in quanto la Bundesrepublik in base ai suoi regolamenti non estrada i propri cittadini".

L'ambasciatore Klaiber, iscritto al partito nazista dal 1934 ed entrato sotto Hitler nel ministero degli Esteri del Terzo Reich, aveva aggiunto una nota personale in cui appoggiava la "ragionevole richiesta" italiana, a cui bisognava fornire una "risposta assolutamente negativa". Il risultato fu che nel gennaio 1960 dall'AA di Bonn arrivò all'ambasciata tedesca a Roma la risposta che nel caso della maggior parte dei ricercati "non è possibile al momento rintracciare il luogo di residenza", esprimendo anche il dubbio che "essi siano ancora in vita". Un addetto dell'ambasciata annotò che "ciò corrisponde al risultato atteso".
Le ricerche di Felix Bohr hanno invece accertato che, in alcuni casi, sarebbe stato facile rintracciare criminali nazisti che alle Fosse Ardeatine ebbero un ruolo non di secondo piano. Carl-Theodor Schuetz, che aveva comandato il plotone di esecuzione, lavorava presso il 'Bundesnachrichtendienst', i servizi segreti tedeschi. Kurt Winden, che secondo Kappler aveva collaborato alla scelta degli ostaggi da fucilare, nel 1959 era il responsabile dell'ufficio legale della Deutsche Bank a Francoforte. Per quanto riguarda invece l'Obersturmfuehrer Heinz Thunat, nel 1961 il suo indirizzo era "noto", ma un funzionario dell'AA scrisse a Klaiber e Tannstein di comunicare agli italiani che "su Thunat non si è in grado di fornire informazioni".
Risultato: il procedimento per gli altri responsabili dell'eccidio alle Fosse Ardeatine venne archiviato in Italia nel febbraio 1962.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...