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20.2.24

perchè cavalco la tigre e parlo di storia e di argomenti divisivi o anticaglie come dicono alcuni . 40 della strage di natale 23\12\1984-23\12\2024 strage rapido 904

 

 fatto 
Strage del Rapido 904 o strage di Natale è il nome attribuito a un attentato dinamitardo avvenuto il 23 dicembre 1984 nella Grande Galleria dell'Appennino, subito dopo la stazione di Vernio, ai danni del treno rapido n. 904, proveniente da Napoli e diretto a Milano[. . [...]  da  Strage del Rapido 904 - Wikipedia

 dalla  newsletters   di  Altre/Storie di https://mariocalabresi.com/


Quarant’anni fa l’attentato al Rapido 904 spezzava vite e cambiava destini. Anche quello della famiglia Taglialatela, dimezzata dall’esplosione. Nella settimana in cui la Procura di Firenze è tornata a indagare sui responsabili della bomba, Gianluca Taglialatela racconta la sua storia di sopravvissuto e il suo bisogno di verità



Il 1984 era stato un anno felice per la famiglia Taglialatela, vivevano a Ischia e non avevano pensieri o problemi. Papà Gioacchino la mattina lavorava in Comune e il pomeriggio faceva il geometra; mamma Rosaria aiutava suo padre nel ristorante di famiglia; Gianluca, che era in terza media, appena poteva correva a giocare a tennis e Federica, che aveva solo 12 anni, era quella che le maestre chiamavano “una bambina modello”, educata, sorridente, bravissima a scuola. Per Natale avevano deciso di lasciare l’Isola per andare a sciare a Livigno, ma pur avendo passato giornate a telefonare a tutti gli alberghi, non avevano trovato posto. Così avevano deciso di andare a passare le feste dai parenti che abitavano a Milano, gli zii che erano scappati al Nord dopo il terrore del terremoto del 1980. A Milano avrebbero festeggiato anche i 14 anni di Gianluca che li compiva il giorno della Vigilia. Il regalo però glielo avevano già dato a Ischia: una nuova racchetta da tennis. La teneva stretta quando alle 12:55 del 23 dicembre 1984 il Rapido 904 partì dal binario 11 della stazione di Napoli.


Alcune fotografie della famiglia Taglialatela


Appena saliti si erano sistemati nel primo scompartimento della carrozza di seconda classe, ma era tutto bagnato e puzzava, allora decisero di cambiare e si spostarono di due scompartimenti. Gianluca si era portato la radiolina e fino all’arrivo a Roma ascoltò la telecronaca di Juventus-Napoli. Aveva vinto 2-0 la Juve allenata da Trapattoni, il gol del raddoppio lo aveva segnato Michel Platini. Era il primo anno di Maradona al Napoli e nonostante le grandi speranze la squadra ancora non era decollata.
Il treno era pienissimo e si riempì ancora di più a Roma, c’era gente seduta sulle valigie e per terra, in corridoio. I Taglialatela si misero a giocare a carte.
«Quando il treno si è fermato alla stazione di Firenze – ha raccontato la signora Rosaria - io sono uscita dallo scompartimento per fumare una sigaretta e mio marito è sceso per comprare un pacco di biscotti ai ragazzi. Nel corridoio non c’era più nessuno, il treno si era svuotato, mi sono messa al finestrino a osservare la gente che scendeva, poi ho visto un signore che appoggiava due borsoni scuri nella reticella portabagagli del corridoio. Io ero di fronte al mio scompartimento, c’erano i miei figli e una ragazza che mangiava una mela. Guardavo quell’uomo robusto, aveva un cappotto cammello e un basco sulla testa, e non capivo perché mettesse le sue borse all’esterno dello scompartimento e non dentro. Poi è arrivato mio marito, siamo entrati dentro, abbiamo dato i biscotti ai ragazzi e il treno è ripartito verso Bologna. Ci siamo rimessi a giocare a carte e dopo dieci minuti, un quarto d’ora, mentre eravamo in galleria, è successo quello che è successo».


La carrozza del Rapido 904 squarciata dalla bomba ©Luciano Nadalini / Mappedimemoria.it


Quello che è successo è che alle 19:08, mentre il Rapido 904 percorreva la Grande galleria dell’Appennino, ci fu una terribile esplosione che uccise 16 persone e ne ferì 267. Un attentato voluto dalla mafia, nel momento in cui Tommaso Buscetta aveva cominciato a parlare con il giudice Giovanni Falcone.
«Si parlava, si rideva, e in una frazione di secondo tutto è cambiato. Sono stato investito dal calore, dai detriti, scaraventato lontano. Ricordo il buio.
Come nei film c’è stato un momento di silenzio totale, poi gemiti, urla, richieste di soccorso. Siamo stati tanto tempo là sotto, un paio d’ore, io ero bloccato e ustionato dall’esplosivo. Avevo perso il senso del tempo. Federica era di fronte a me, non la vedevo e non l’avrei mai più vista, ma sentivo i suoi capelli con la mano. Erano bruciati».
Gianluca Taglialatela oggi ha 53 anni, vive a Milano dove ha una pizzeria di fronte all’Arco della Pace. È rimasto solo lui di quella famiglia felice. Fino allo scorso anno c’era anche mamma Rosaria, ma è mancata ad aprile, a 82 anni.
Rosaria è stata testimone nel processo che condannò all’ergastolo Pippo Calò, il cassiere della mafia, e fino alla fine della sua vita ha chiesto di conoscere tutta la verità, convinta che molte cose non fossero chiare. Proprio questa settimana si è saputo che, quarant’anni dopo, la Procura di Firenze è tornata ad indagare sull’ipotesi – già emersa allora – che nella strage ci fossero complicità da parte di elementi dell’estrema destra neofascista ed esponenti dei servizi segreti. Gianluca ha letto della nuova inchiesta dai giornali e ancora una volta è tornato a sperare: «Abbiamo sempre pensato che fosse una strage nera e di mafia, la verità che abbiamo è parziale, è bene che qualcuno abbia ancora voglia di scavare».
Anche se la sua vita non potrà cambiare. «Ero un bambino cresciuto in un’isola felice e poi in un istante, il giorno prima di compiere quattordici anni, tutto finisce, tutto si tronca. Tante volte ho pensato al caso tragico che ci aveva messo su quel treno e in quella carrozza, le probabilità erano meno di quelle di vincere al Lotto. Poi penso che se non avessimo cambiato scompartimento io non sarei qui a ricordare: in quello bagnato da cui ce ne siamo andati non si è salvato nessuno».


L’esplosione della bomba sul Rapido 904 uccise 16 persone e ne ferì 267 ©Luciano Nadalini / Mappedimemoria.it


I mafiosi, che avevano azionato il comando della bomba quando era in galleria per massimizzare l’effetto dell’esplosione, puntavano ad una strage ancora più grande. In quel momento il Rapido 904 avrebbe dovuto incrociare il treno che arrivava da Parigi, ma non successe perché era in ritardo.
«ll primo ricordo della mia seconda vita è il risveglio sotto la lampada del tavolo operatorio dove mi stavano dando dei punti in faccia. Ricordo queste luci negli occhi. Poi tornai più volte nella sala operatoria perché le lamiere mi avevano tagliato l’avambraccio, ma un’equipe pazzesca del Rizzoli di Bologna riuscì a rimetterlo insieme. Papà e mamma vennero ricoverati all’Ospedale Maggiore e dimessi dopo un mese. Venivano a trovarmi dei parenti, ma nessuno mi diceva nulla, non sapevo che mia sorella non ci fosse più, non mi dissero dei suoi funerali. Piano piano cominciai a capire le cose, anche se non mi facevano vedere la televisione. Ho scoperto solo molto tempo dopo che Federica, che aveva 17 mesi meno di me, era morta. Aveva sbattuto lo sterno contro il tavolinetto su cui giocavamo a carte e quello l’aveva uccisa».
Gianluca ricorda ogni secondo, ogni faccia e ogni nome di quel ricovero durato ben sei mesi: «Ricordo ancora la caposala Erminia: io stavo bene all’ospedale perché mi coccolavano e mi facevano sentire al sicuro. Non volevo uscire più. Non volevo tornare nel mondo di fuori». Il mondo di fuori gli avrebbe fatto ancora più male, due anni dopo: per i postumi dell’esplosione, sarebbe morto anche suo padre. Della famiglia felice erano rimasti solo in due, ma si rimboccarono le maniche: Gianluca a 17 anni lasciò la scuola per lavorare come cameriere.


Il Parco Pineta degli Atleti, alle spalle della casa della famiglia Taglialatela a Ischia, dove Federica e Gianluca giocavano da bambini


«Ma non ho mai pensato di essere una vittima e nel mio dramma mi reputo anche fortunato, ho quattro figli, un bel lavoro e sono arrivato a 54 anni. È un altro il problema: mi porto dietro un terribile senso di colpa di essere sopravvissuto. Ancora oggi non riesco a parlare di mia sorella senza commuovermi, e una delle mie figlie porta il suo nome».
A estrarre Gianluca dalle lamiere del treno fu un giovane volontario arrivato da Bologna, di nome Stefano: «Pensa che ogni Natale, da trentanove anni, mi chiama per gli auguri. Gli sono infinitamente grato di avermi tirato fuori da quell’incubo».
La nuova esistenza di Gianluca trovò una forma quando lo zio gli chiese di prendere nuovamente il treno per Milano: «Erano passati esattamente dieci anni, avevo messo un po’ di soldi da parte facendo il cameriere e poi il barman di notte tra Ischia e Napoli, e lo zio mi convinse ad investire i miei risparmi nella “pizza del futuro”. Mi feci coraggio e ricominciai dalla città in cui non eravamo mai arrivati». Gianluca si accende quando parla della pizza sottile e digeribile che fa, da allora, nel suo locale che si chiama “Taglialà”. È soddisfatto della sua vita.
«Devo tantissimo a mia madre, una donna d’altri tempi. È riuscita ad avere una forza incredibile, aveva perso la figlia e il marito ma non l’ho mai vista piangere. Era piena di schegge di vetro dappertutto, che le sono uscite per anni dalla pelle, e rimase gravemente ferita all’occhio sinistro, ma è stata capace di vivere e mi ha lasciato libero di viaggiare e di andare nel mondo. Non voleva che rimanessimo chiusi in casa a piangere. A metà degli anni Novanta cominciò una relazione con un uomo di Roma e insieme aprirono una scuola di ballo. Lei, che amava ballare da sempre, si era messa a studiare e aveva preso un diploma per insegnare il liscio. Quando quella storia finì tornò a Ischia dove per anni ha gestito un piccolo albergo di dieci camere sul mare».
Parliamo a lungo, ma di Federica Gianluca non riesce a dire quasi nulla. Alla fine del nostro incontro mi suggerisce di chiamare la loro professoressa di matematica e scienze delle medie, si chiama Sandra Malatesta e vive ancora ad Ischia. «Lei, da allora, porta avanti il ricordo di Federica con tutti i bambini dell’Isola. Ha un amore infinito per mia sorella».


Federica Taglialatela © Fondazione Pol.i.s. / Noninvano.org


La professoressa Sandra, che ha insegnato per 43 anni, non si è fatta pregare, mi ha raccontato con infinita dolcezza di quella sua alunna, e poi mi ha mandato un piccolo scritto che riporto qui: «Federica frequentava la seconda media, sezione O, della scuola Scotti di Ischia. Io la conoscevo fin da quando aveva due anni perché ero andata ad abitare, da fresca sposa, nello stesso condominio. Federica e Gianluca venivano spesso a giocare a casa mia e poi me la ritrovai in classe in prima media. Un giorno di quel mese di dicembre 1984, nell'intervallo, Federica ci disse che sarebbe andata con la famiglia a Milano per le vacanze di Natale a trovare gli zii. Non lo disse con entusiasmo. Era scocciata, voleva restare a Ischia a giocare a tombola con le amichette del palazzo. I compagni la presero in giro dicendole che era fortunata. Il 22 dicembre, ultimo giorno di scuola prima delle vacanze, entrando in classe per le due ultime ore, notai la cattedra piena di rose e cioccolatini. Mi dissero che Federica il giorno prima aveva voluto organizzare una festa e regalare fiori e dolci a tutti i professori. Fui sorpresa e le sorrisi. Era una ragazzina bella e allegra. Sapeva fare le imitazioni e spesso la mettevamo in piedi su un banco e lei cominciava. L'ultima ora facemmo una festa mettendo i banchi contro le pareti e con il mangiadischi ascoltammo musica e ballammo, ascoltammo soprattutto Terra Promessa di Eros Ramazzotti, il suo idolo. Ci salutammo e lei mi disse che aveva cucito dei brillantini sulla gamba dei jeans così non sarebbe sembrata un maschietto, visto che aveva tagliato i capelli corti corti. Il 24 mattina andai con mia madre al mercato del pesce e vidi tanti capannelli di persone che parlavano tra di loro. Mamma chiese cosa fosse successo. Ci raccontarono che era scoppiata una bomba su un rapido partito dal binario 11 della stazione di Napoli e diretto a Milano e che a bordo c’era anche una famiglia di Ischia. Mi sentii svenire e dissi a mia madre: “È morta Federica”.
Cominciò uno dei giorni più brutti della mia vita. Federica non si trovava, di lei non si aveva nessuna notizia. Nel pomeriggio la Protezione Civile diede a me e alla professoressa di italiano Susi Pacera il numero dell'ospedale di Bologna. Chiamammo e ci passarono l’obitorio, ci dissero che era rimasto solo un ragazzino con i capelli corti da riconoscere. Io dissi soltanto di guardare se avesse dei brillantini sui jeans. Dopo poco dissero di sì.
La bara con Federica arrivò alla chiesa di Portosalvo il 28 dicembre e sopra c'era l'orsacchiotto che aveva sullo zaino di scuola. Io mi avvicinai e le promisi che finché sarei vissuta avrei parlato di lei, ogni anno e in ogni classe. Non ho mai smesso di farlo».


17.1.22

Un’inchiesta sul desiderio di boss e picciotti di entrare negli ordini cattolici di Emiliano Morrone

 

Un’inchiesta sul desiderio di boss e picciotti di entrare negli ordini cattolici

Duro e “puro”. S’infuria il boss Giuseppe Commisso, odia i Cavalieri di Malta (Sovrano Militare Ordine di Malta, Smom). Il giovane Pietro Futia gli ha chiesto il permesso, una spinta per entrare. Quelli sono una porcheria, ribatte il
capobastone. Lo Smom succede all’antico ordine dei Cavalieri ospitalieri, è soggetto alla Santa Sede e svolge assistenza nel mondo. Perché il ragazzo di ‘ndrangheta ne è affascinato?

di Emiliano Morrone

Pietro è di Siderno (Reggio Calabria), a sud del Sud, dove un picciotto resta sempre tale. Il giovane ci pensa, il futuro gli sembra chiuso: là dal classico rispetto paesano c’è la condanna al banditismo, la fuga, il carcere o la morte sotto casa. Lavorare per «l’onorata società» è un’alea. S’accetta e fine, l’alternativa l’hanno sepolta da un pezzo in Regione. Forse in Calabria è anche peggio millantare l’appartenenza allo Stato. Serve una svolta, dunque. I Cavalieri di Malta portano privilegi, nobiltà e il “mantello” vaticano. L’orizzonte è altro. Il mafioso è un pezzente a vita, invece lì conosci chi comanda davvero, pensa Futia. Sicché puoi inserirti, lanciarti nell’impresa. Commisso lo blocca, poi si lamenta del compare Alessandro Figliomeni – l’ex sindaco «santista» – che ritiene dello Smom: «Ma Sandro se sapevamo che era là lo avremmo cacciato fuori». Due mondi inconciliabili, la cavalleria mafiosa e quella cattolica. Ne è certo il capo sidernese, che rivela coscienza delle cose e una vecchia rabbia. La ‘ndrangheta ha bisogno di onorevoli e faccendieri; loro sanno ottenere i posti e titoli giusti. I killer vanno in galera, i “don” all’ergastolo e i notabili ai Caraibi, rimugina Commisso.Così sarebbe stato per Giulio Lampada, sodale – secondo il gip di Milano Giuseppe Gennari – «di appartenenti alle famiglie mafiose di Reggio Calabria». Ma ogni tanto la sorte ci vede, malgrado le premesse. L’imprenditore calabrese ha un passepartoutFrancesco Morelli (Pdl), già consigliere regionale della Calabria, condannato in Cassazione per rapporti di ‘ndrangheta. È lui che lo fa segnalare in Vaticano. Né come sospetto usuraio, quale risultava ai carabinieri di Milano nel 2001, né come affiliato. Per la Chiesa Lampada è un benefattore. Difatti, il 17 agosto 2009 la Santa Sede lo nomina cavaliere di San Silvestro Papa, l’ordine equestre retto dal pontefice. È lo stesso titolo di Oskar Schindler, «Giusto tra le nazioni» e protagonista di Schindler’s List. Ex aequo per meriti cristiani.La storia racconta altre storie. Cavaliere di Malta fu il pittore calabrese Mattia Preti, scuola Caravaggio e raptus di fede. Ma «tutto scorre come un fiume», e con la globalizzazione nasce in Calabria la scuola della ‘ndrangheta poliglotta, che parla la lingua del denaro, del potere e della nobiltà cristiana. Specie a Roma, dove Vincenzo Alvaro e Damiano Villari provano a conquistare la zona della «Dolce vita» di Fellini. Partono dal Cafè de Paris, toni jazz nella via Veneto di spogliarelli e Mercedes, macchinone e biondone. E, tra un pezzo di Coltrane e un medley di Carosone, incrociano alte sfere della borghesia capitolina. L’unione fa la forza, ma arriva la giustizia. In un filone dell’inchiesta finiscono due membri di spicco dello Smom, il marchese Gian Antioco Chiavari e il tenente della Dia Bruno Giovanni, accusato di favoreggiamento reale nei confronti di Alvaro.Le contiguità tra «santisti» e cavalieri crociati sono diverse, nascoste nell’abisso del silenzio. A volte i primi hanno il double-face, altre mantengono la propria divisa. La «Santa» ha i suoi riti simbolici e religiosi: si richiama al cavalierato degli spagnoli «Osso, Mastrosso e Carcagnosso» e agli arcangeli della milizia divina. La «santità» fonda, avvolge e accompagna l’azione criminale. Tuttavia, il folklore religioso può ingannare, apparire una scriminante tra affiliati integralisti e cavalieri nella Chiesa.In mezzo alla confusione, anche i doc della mala non capiscono e perdono le staffe. Orgoglio identitario, difesa della gerarchia. Domenico Gangemi, al vertice della ‘ndrangheta in Liguria, intercettato sparla di un consigliere comunale di Lavagna (Genova): «Ma sto pisciaturi (insulto) di sto Santo Nucera che non ha il santo, che vada a farsela in culo». Il boss non ne tollera l’autonomia, ancora più assurda senza il grado (della ‘ndrangheta) di «santo». Vicino alla curia, il politico verrebbe da una famiglia di punciuti, secondo il Ros di Genova. Calabrese d’origine, Nucera nega; è cavaliere di Malta, pare su invito del vescovo Alberto Maria Careggio, cappellano dello Smom.Il Nord è La Mecca della ‘ndrangheta, tra appalti, appetiti elettorali e riti vari. Su, gli emigrati calabresi mantengono il trasporto magnogreco, o forse un senso di popolo reietto in terra madre. Naturale, dunque, trattare un conterrano con cavalleria. Succede a Giuseppe Romeo, colonnello dei carabinieri originario di Benestare (Reggio Calabria). Il gip Gennari scrive che l’ufficiale dell’Arma briga con il boss della ‘ndrangheta Salvatore «Strangio per ottenere entrature politiche» in cambio di «favori». Romeo, cavaliere di Malta e di San Silvestro Papa, smentisce.Se la “Padania” è terreno delle ‘ndrine, in Calabria «c’è un tempo per piantare e un tempo per sradicare». Il seme buono – ripete il magistrato Nicola Gratteri – può contrastare la mala pianta dell’illegalità. Oltre alle procure, servirà perseveranza e una borghesia non più rapace, viscida, camaleontica.Tuttavia, giungono segnali opposti. Per esempio l’arresto di Mario Malfarà Sacchini per bancarotta da 2,7 milioni. Quando finisce in manette, il professionista vibonese è da poco cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che dipende dalla Santa Sede e opera per i cristiani in Terra Santa. Giovanni Napolitano, luogotenente dell’Ordine per il Sud, commenta: «Non conosco Malfarà Sacchini, la situazione non mi risulta, bisogna domandarlo al preside di Reggio Calabria». E chiude: «I nostri cavalieri firmano una nota per cui scatta l’autosospensione, davanti a pendenze penali». Anche al preside di Reggio Calabria, Aldo Porcelli, «la situazione non risulta». «Va sentito il gran magistero», conclude, cioè Napolitano. Gli ordini cavallereschi di matrice cattolica sembrano cadere nella spirale dell’irrisolto, almeno per i fatti e i drammi calabresi. Il loro corporativismo collide con la necessità di pulizia e trasparenza, vuoto slogan del presente. Roberto Iuliano è il priore della Reale Arciconfraternita dei Cavalieri di Malta ad honorem, con sede a Catanzaro. Spiega che «per gli aspiranti garantisce il parroco».Iuliano confessa che «bisogna riformare la disciplina giuridica della cattedra, l’organo preposto a sospendere o allontanare membri con problemi giudiziari».Finora la cattedra è solo sulla carta. Il caso di Lampada non ha insegnato abbastanza.

Inchiesta uscita su Sette (Corriere della Sera) e ripresa in Vaticano massone. Logge, denaro e poteri occulti: il lato segreto della Chiesa di Papa Francesco, di Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti, Ed. Piemme, 2014

29.5.16

chi ha ucciso Rino Gaetano ? ne parliamo con bruno Mautone

Avvicinandoci al  2  giugno   , data in cui  cade  oltre  il  70 esimo anno  della  nostra   amata \ odiata  repubblica  ,   35  anniversario  della morte  di  Rino gaetano , segnalo ( ed  intervisto   l'autore  )  il libro intitolato “Chi ha ucciso Rino Gaetano?” edito dalla Revoluzione Edizioni-Uno Editori . Esso  rappresenta un ulteriore stadio delle lunghe ricerche affrontate da Mautone per studiare gli aspetti umani ed artistici del cantautore calabrese. Le conclusioni alle quali perviene sono decisamente inquietanti, infatti si gettano fortissimi dubbi sulla reale dinamica del sinistro, paventando un incidente organizzato appositamente per mettere a tacere l’artista, oltre a ipotizzare una vicinanza tra Rino e ambienti massonici.
Esso   sembra  destinato  , visto  :
1) lo stile  asciutto , semplice , non  accademico  ,  lontano dal nozionismo pedante  di certa  cultura  accademica  .Insomma per la semplicità    con cui , vedi l'esempio  le trasmissioni  di Lucarelli   sui misteri  d'Italia  , spiega  il contesto   non semplice  per  chi non ha  basi   storico \  culturale   del periodo   delle canzoni di Rino   e  dei  suoi testi   che   fecero paura  ai poteri  forti   tanto  da  portarlo alla morte  .
2)   nuovi documenti (  vedere    qui  )   che  fanno si   che  la  denuncia fatta ala magistratura    dall'autore    stesso e  non  [ sic  ]  dalla  sorella Anna non  : << La richiesta di apertura delle indagini ad oggi non risulta archiviata. Farò una seconda ed ancora più dettagliata istanza, alla luce di riscontri documentali nuovi ed inediti che ho scoperto e che illustro nel libro CHI HA UCCISO RINO GAETANO ?, alla procura presso il tribunale penale di Roma affinché vengano riaperte  le indagini sulla morte di Rino e non solo, chiedo pure che si indaghi sulla prematura morte di un suo amico che lavorava, come già detto, in uffici consolari-diplomatici.>>

  a superare  il successo del precedente 

Nel nuovo  libro   ci sono  ulteriori    dubbi  e particolari  che non tornano  e  fanno si che  la  vicenda entri a pieno  di titolo fra i misteri d'Italia  . La parola  a Bruno  che ci spiega , ovviamente  senza  svelare  troppo   per  non togliere  a  fans  ( vecchi e  nuovi  ) e  a chi non ha mai creduto  alla  versione della morte per  mala  sanità  .a  superare  le  vendite  del precedente  .


 come mai stavolta non hai cambiato il titolo come nel libro precedente ? la sorella Anna , ha accettato che le prove che mettono in discussione la versione ufficiali sono credibili e sembrerebbero confermare la tua ipotesi sull'omicidio di Rino ? Oppure preferisce la tecnica del silenzio e del non rispondere , , cosi nessuno ne parla più e il clamore scompare e il fatto  finisce  nel dimenticatoio   ? 
Il secondo saggio ha un titolo significativo, non ho mai pensato di cambiarlo- tesi lanciate nel primo libro vengono comprovate da una svariata serie di elementi, compresi incongruenze, dubbi e stranezze involgenti l'incidente e i soccorsi, presunti, che vennero dati(?) a Rino Gaetano in quella fatale notte del 2 giugno 1981. La signora Anna è una persona che rispetto profondamente, non ha espresso rimostranze verso la titolazione del nuovo volume.Tuttavia anche se intervenissero valutazioni contrarie il titolo non viene cambiata poichè è riassuntivo di precipui riscontri, anche documentali. Il secondo saggio ha un titolo significativo, non ho mai pensato di cambiarlo- tesi lanciate nel primo libro vengono comprovate da una svariata serie di elementi, compresi incongruenze, dubbi e stranezze involgenti l'incidente e i soccorsi, presunti, che vennero dati(?) a Rino Gaetano in quella fatale notte del 2 giugno 1981. La signora Anna è una persona che rispetto profondamente, non ha espresso rimostranze verso la titolazione del nuovo volume.Tuttavia anche se intervenissero valutazioni contrarie il titolo non viene cambiata poichè è riassuntivo di precipui riscontri, anche documentali.



quali sono ii brani di Rino Gaetano in cui : ci sono Nomi ed elementi precisi nei testi i che portano a vicende e scandali politici con ruolo attivo e segreto di ambienti diplomatici e Servizi filo-USA in odore di logge massoniche ., in cui si parla di Una “rosa assassina” e un “pugnale USA” e c'è quindi un riferimento alle inchieste della Magistratura su la “Rosa dei Venti” e un anticipazione al caso “Gladio”. ?




In pratica tutti i brani di Rino Gaetano contengono una serie di messaggi e significati criptici che svelano fatti inquietanti della vita politica e di cronaca dell'Italia contemporanea al cantautore e,nonostante ciò, ancora attuali. potrei rimarcare Nuntereggapiù, che contiene riferimenti alla tragica vicenda di Capocotta, ove trovò la morte la giovane Wilma Montesi, nonchè riferimento al ruolo filo-governativo e quindi filo-DC di Cazzaniga, Vincenzo Cazzaniga, evocato nel brano, che collaborava con l'intelligence USA per impedire una affermazione del PCI e il paventato sorpasso sul partito dello scudo crociato. Oppure in AD 4000 DC offre un memorabile spaccato sulla vita, anche futura, del mafioso e massone Michele Sindona. Oppure in "Mio fratello è figlio unico" nomina esplicitamente il treno Taranto-Ancona che, lungi dall'essere un mero convoglio sud-nord, risultò essere il treno dei servizi segreti deviati, usato per inquinare indagini sugli attentati ai treni avvenuti negli anni precedenti. In "OK papà" e nelle canzoni ove evoca sempre una ROSA ("Il compleanno della zia Rosina", nonchè "Cogli la mia rosa d'amore" e "Rosita" oltre un quarto brano rimasto inedito) si notano, rispettivamente, palesi riferimenti a Gladio e alla Rosa dei Venti, misteriose e pericolose agenzie di intelilgence filo-Usa...ma è lunghissimo l'elenco di significati incredibili che emergono nelle tante canzoni).

 quali sarebbero Gli intriganti parallelismi con una voce giornalistica scomoda ( Pecorelli secondo me ) controcorrente, con fonti informative di altissimo profilo ?




Si Carmine Pecorelli, detto Mino, fu un coraggiosissimo giornalista che venne sminuito nella figura per sminuire le pungenti circostanze contro i potenti, Andreotti in primis, che illustrava nei propri articoli. Ad esempio in un articolo Pecorelli parla di Mario, Gino e Berto e rapporta tali nomi allo scandalo Lockeed. Guardate i nomi che Rino fa in La Berta Filava, sono identici, e infatti lì si nota, in abbinamento con Standard brano poco conosciuto, proprio allo scandalo Lockeed.

 nella presentazione del tuo libro su http://revoluzione.it/cospirazionismo-e-misteri/451-chi-ha-ucciso-rino-gaetano.html fra gli argomenti tratti all'interno del libro si parla degli intriganti parallelismi con una voce giornalistica scomoda, controcorrente, con fonti informative di altissimo profilo.>> potresti dirci , ovviamente senza svelare troppo per non guastare la lettura del libro , quali sarebbero questi parallelismi ? se se le fonti informative di altissimo profilo sono amici o conoscenti della setta a cui avrebbe aderito Rino oppure qualcuno dei salotti bene ?  Sempre  nel  tuo libro  hai   raccolto le testimonianze dirette di due carissimi amici del cantautore, Mimì Messina, amico di infanzia e di scuola, frequentate assieme a Narni, e Franco Pontecorvi, addetto artistico e compagno assiduo di ogni tournèe e dei viaggi all’estero, entrambi hanno escluso in modo convintissimo che Rino fosse massone, così come lo ha escluso Anna Gaetano. Quindi, si dovrebbe desumere che Rino non fosse affiliato a qualsiasi loggia massonica e che riferimenti agli ambienti dei liberi muratori fatti in via continua in vari brani e anche in interviste siano il frutto di un interesse da studioso e di interessato osservatore. Opppure era realmente affiliato visto che sempre nel libro , almeno dallle indiscrezioni che ho letto sul web , si rimarca una clamorosa dichiarazione rilasciata da Rino dopo i trionfi sanremesi al giornalista Manuel Insolera, il festival della canzone viene paragonato in modo esplicito ad “un ordine massonico(!!). ? 
Mimì Messina e Franco Pontecorvi , i più cari amici di Rino, escludono che fosse massone. Ne prendo atto, tuttavia e sicuramente l'artista conosce il mondo dei Liberi Muratori. Tanto è vero che Rino gaetano paragona esplicitamente il festival di Sanremo ad "un ordine massonico", inoltre in tanti brani descrive e richiama fatti e persone dell'universo massonico.Oltretutto recentemente il Venerabile Gran Maestro del GOI, la loggia massonica più potente d'Italia, nel discorso di insediamento ha nominato esplicitamente Rino Gaetano. Insomma Rino non era massone però conosceva il mondo delle logge (e viceversa!).Si confermo che primo articolo che esplicitamente accosta versi gaetaniani ai massini risale addirittura al giorno appena successivo alla sua morte, sulla Stampa di Torino. La cosa sconcertante che il giornalista che redasse quell'articolo non è ...identificabile nonostante avesse scritto il resoconto su uno dei più importanti e difussi quotidiani nazionali(!).


 Nel  tuo  ultimo  libro  su parla delle sconcertanti vicende post mortem al cimitero del Verano , cosa avvenne e perchè sconcerntanti ? 

Mino Pecorelli firmò degli articoli nei quali sottolinea che in Italia persone ritenute scomode venivano soppresse con incidenti stradali congegnati. Anche u caro amico di Rino Gaetano, che lavorava in importantissimi uffici consolari-diplomatici della capitale, muore prematuramente sopravvivendo poco tempo a...un incidente stradale. Tale amico, è del tutto plausibile, in modo coraggioso poteva essere il depositario di notizie e di fatti poi trasmessi a Rino.


quindi   Proseguendo nella    sua   opera di certosina ricerca sia in questo che nel precedente libro dimostri come la ventilata colleganza Rino Gaetano-Universo massonico non sia una tesi nata in questi ultimi anni. Infatti hai reperito un interessante articolo del 3 giugno 1981, quindi risalente al giorno appena successivo alla morte, pubblicato sull’importantissimo e diffuso quotidiano La Stampa nel quale esplicitamente e senza mezzi termini testi gaetaniani vengono rapportati a fatti inquietanti della p2, la famigerata loggia guidata dal Venerabile Licio Gelli.Quello che sconcerta è la identità del coraggioso giornalista che sul giornale dei bilderberghiani Agnelli ha stilato l’articolo, è una identità…misteriosa, infatti il notevole pezzo giornalistico è siglato solo da due lettere e il quotidiano di Torino, alla tua richiesta esplicita ha risposto che a distanza di 35 anni non è possibile risalire al nome e cognome poiché vari giornalisti si firmavano con sigle non corrispondenti alle proprie iniziali e che poi mutavano frequentemente. Nel libro si rimarca, altresì, la singolare circostanza rappresentata da esplicite citazioni dedicate a Rino Gaetano da Stefano Bisi cioè il Venerabile Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, la loggia massonica più potente della penisola, addirittura nel suo discorso di insediamento alla guida della potentissima obbedienza massonica. I versi di una misconosciuta e inedita canzone di Rino vengono fatti propri da Bisi per sottolineare che i dignitari massoni devono operare in unione e concordia per rafforzare il potere e la forza della loggia.

Rino può esere considerato un simpatizzante o un ospite della massoneria in particolare dela p2 oppure uno che ricevendo confidenze d'amici iscritti o che frequentavano tali abbienti , non ce l'ha fatta a tenersi tuto dentro è ha preferito rilevarlo in maiera criptica ( mica tanto per chi riusciva a leggere fra le righe o frequentava tali ambienti ) ed quindi per questo che è stato ucciso 





l'incidnte precedente di rino è collegato a quelo mortale ? se si come ? oppure è solo un avvertimento non colto dal cantante ?
malore o sabotaggio freni ?



in realtà il primo incidente non è mai ...avvenuto. O meglio avvenne ma si trattò di una collisione con una jeep condotta da un ragazzo alquanto alticcio, collisione avvenuta no distante da Castel Giorgio ove Rino si era recato a trovare Mimì Messina. L'epilogo della vicenda fu alquanto esilarante. Rino e il ragazzo dell'altro veicolo si recarono presso la caserma dei Carabinieri di Castel Giorgio, l'ora era tarda, attorno alle due del mattino. Si affacciò un brigadiere corpulento, oltrer 150 chili di stazza, per chiedere chi bussasse a quell'ora, Rino e il ragazzo dissero di voler segnalare un urto tra veicoli e che si erano già messi d'accordo per i danni e che non c'erano feriti. Appreso ciò il sottufficiale disse di "non rompere i ..." poichè non essendoci feriti ed essendosi accordati sui danni non c'era necessità di rivolgersi ai Carabinieri e chiuse bruscamente la finestra. Testimone oculare di tutta la vicenda fu Domenico Messina. Con riferimento all'incidente letale è importante sottolineare che in Italia, e Mino Pecorelli lo denuncia e lo scrive apertamente nella sua rivista O.P., molte persone ritenute scomode per il potere venivano messe a tacere con congegnati incidenti stradali. Si applicava nel cofano un piccolo apparato e con un radiocomando si faceva perdere il controllo del veicolo al guidatore. Rino quelle notte era solo e il suo veicolo incidentato non si sa da chi fu esaminato la notte del 2 giugno, inoltre stranamente non intervennero infermieri a soccorrerlo ma dei ..tecnici, dei pompieri non si sa da chi chiamati. In ogni caso Pecorelli, già nel 1978, scrive di incidenti procurati con radiocomando nonchè con ..camionisti distratti.

quindi  l'ultima domanda  
che ne pensi dell'ipotesi di venditti http://www.televisionando.it/articolo/antonello-venditti-su-rino-gaetanoera-un-cocainomane-la-sorella-di-rino-lo-querela/3899/ ?  sembrerà   fuori contesto   visto che io considero molto probabile  e verosimile .le ipotesi di  bruno . Infatti  << Venditti ha poi precisato non che Rino fosse un abituale consumatore di stupefacenti quanto piuttosto che, in generale, nel mondo dello spettacolo si fa uso di droghe in gran quantità. Quindi Venditti chiarisce che non intendeva affatto infangare la figura del compianto Rino Gaetano, suo grande amico. Nel libro, piuttosto, si evidenzia come Venditti abbia ufficialmente scritto che con Rino Gaetano ebbe, a casa di un'amica medium, delle esperienze chiamiamole esoteriche-spiritiche. Secondo me, tra le righe, Venditti ha voluto lanciare un messaggio. C'era qualcuno, ma non credo certo agli spiriti, che dava loro notizie di fatti rilevanti della vita politica italiana del tempo. Questo qualcuno si maschera sotto forma di ...ectoplasma.>>


Io già . come la famosa seduta spiritica a cui partecipo prodi durante il sequestro di ldo Moro 
Brumo. si Giuseppe come la famosa seduta spiritica

Non so più cosa credere a  a caldo   non avendo  letto tutto il libro ma solo le  prime  30 pagiue  d'anteprima  ho chiesto  a Bruno se  in   fase  di chiusura   volesse  aggiungere o rettificare qualcosa ?.
no grazie Giuseppe, fai tutto tu e fai tutto bene, non aggiungo nè modifico nulla attendo solo il tuo link così come lo complilerai .

Vi  lascio  . a lla prossima intervista

23.5.16

Chi ha ucciso Rino Gaetano? “, è il nuovo saggio di Bruno Mattone

Vediamo adesso come reagirà   la sorella di Rino    davanti ad ulteriori prove  che   mettono sepre  più  in crisi  la versione ufficiale  della  morte  di Rino  .

  da http://www.scomparsi.eu/rino-gaetano-fu-ucciso-documenti-lo-provano/


“Chi  ha ucciso Rino Gaetano? “, è il nuovo saggio di Bruno Mattone. Circa tre anni fa l’avvocato salernitano pubblicava un  libro dedicato a Rino Gaetano, il cantautore crotonese scomparso prematuramente all’età di 30 anni a seguito di un tragico sinistro stradale avvenuto a Roma il 2 giugno 1981. La pubblicazione del volume ha suscitato grande interesse e pure una polemica reazione di Anna Gaetano, sorella del cantautore, in ordine a due precipui punti. Una presunta affiliazione massonica di Rino Gaetano e la dinamica del’incidente mortale secondo Mautone fortemente sospetta al punto da ipotizzare che non fu legata al caso ma frutto di una deliberata pianificazione.

QUELLO STRANO INCIDENTE
Con il secondo volume Mautone ha portato una serie di riscontri documenti che indubbiamente riaprono le questioni rimaste insolute e che gli scettici hanno voluto liquidare frettolosamente come frutto di fantasia. Ed ecco che viene portato alla luce  del materiale oggettivamente interessante, infatti il legale salernitano ha scoperto addirittura  la esistenza di una interrogazione parlamentare rivolta il 4 giugno 1981  per iscritto al governo Forlani, in carica nel giugno 1981,  con la quale si chiede in via ufficiale e in sede politico-istituzionale  chiarimenti sulla drammatica morte di Rino Gaetano.
Bruno Mautone
Bruno Mautone
I due senatori Di Crollalanza, già ministro di Mussolini,  e Mitrotti invocano dall’Esecutivo risposte su quanto successo sulla via Nomentana e su cosa accadde effettivamente al Policlinico e nei vari ospedali coinvolti a vario titolo nella vicenda. La esistenza di tale documento ufficiale rappresenta un indubbio sostegno a quelle teorie che legano la morte dell’artista ad una macchinazione.
L’autore ha pure “scovato” la risposta, sopravvenuta con vari mesi di ritardo, fornita dall’Esecutivo, tramite il ministro della sanità dell’epoca, il liberale Altissimo (vicino, peraltro, ad ambienti massonici. Il dominus politico del PLI, ad esempio, era Valerio Zanone, politico affiliato alla massoneria). Ebbene nel saggio si rimarca la assoluta genericità della nota governativa di risposta fornita in Parlamento, ai limiti della omertà. Effettivamente non si chiariscono tantissime circostanze della drammatica vicenda, ad esempio non si precisa l’ora dell’incidente, chi allertò i soccorsi e come, perché intervenne una unica ambulanza in loco nonostante il camionista coinvolto svenne e rimase giacente sull’asfalto esanime e nello stesso tempo l’artista era immobilizzato nella sua automobile,non si precisa perché la unica ambulanza venuta sui luoghi era un mezzo poco attrezzato dei vigili del fuoco e perché  Rino, una volta prelevato con una gravissima ferita cranica, venne condotto fatalmente in un ospedale privo del reparto di traumatologia cranica. Non si fanno neppure i nomi dei medici che avrebbero curato o cercato di curare il ferito in gravi condizioni, non si fa nessunissimo cenno ai presunti motivi che spinsero altri ospedali, pur se allertati, a non approntare nessunissima forma di soccorso ulteriore al paziente in condizioni di estrema gravità.  Né si fa cenno su chi convocò medico- traumatologo, fatto venire da altro ospedale poiché al Policlinico non vi era il reparto, né a che ora sopraggiunse al Policlinico tale medico, né se ne precisano le generalità, così come non si indicano i nomi dell’anestestista\rianimatore che pure si dice fosse intervenuto.  In sostanza la risposta del Governo non forniva alcun chiarimento limitandosi ad una dozzinale nota burocratica destinata, per la evidente vaghezza,a moltiplicare i dubbi e gli interrogati sulla intera drammatica vicenda.   Tali riscontri documentali provano che sin dai primi momenti la morte prematura morte dell’artista calabrese suscitò interrogativi e dubbi. Ma nel libro la vicenda viene accostata ad un’altra morte prematura che colpì un caro amico di Rino, pure seguita ad un incidente stradale.
La copertina del libro
la  copertina del libro
                                                      


Tale persona lavorava in importanti uffici consolari-diplomatici a Roma e Mautone chiede alla Procura di Roma di riaprire le indagini non solo sulla morte dell’artista ma anche di tale suo caro amico che l’avvocato indica come coraggiosa fonte di tante notizie e fatti trasfusi altrettanto coraggiosamente nelle canzoni. Tra l’altro l’amico di Rino venne seppellito al Verano, così ristabilendo una vicinanza ideale già riscontratasi in vita e tuttavia vicende post mortem  danno delle inquietanti connotazioni a fatti illustrati. Infatti , senza nessunissima plausibile ragione, l’amico dell’artista viene disseppellito dopo pochissime settimane e portato in un altro cimitero di Roma. La vicenda già strana diventa ancora più oscura poiché l’autore dello spostamento dei resti mortali ha una identità che coincide con un personaggio  storico dello spionaggio italiano, collegato addirittura al Noto servizio segreto, cioè ad un apparato riservato dello stato che compiva atti di intelligence in modo autonomo rispetto ai Servizi istituzionali (prima il SID poi il SISMI e il SISDE), spesso sfociando in atti illegali e gravissimi. Specialità inquietante del Noto servizio segreto risultò essere, con atti sequestrati e acquisiti dalla magistratura, la uccisione di persone ritenute “scomode” con incidenti stradali!! Nel volume di Mautone sono indicati i nomi delle persone protagoniste delle illustrate vicende e riferimenti documentali e bibliografici di tutti gli avvenimenti.
UNA PRESUNTA AFFILIAZIONE MASSONICA
Nel volume l’avvocato salernitano ha raccolto le testimonianze dirette di due carissimi amici del cantautore, Mimì Messina, amico di infanzia e di scuola, frequentate assieme a Narni, e Franco Pontecorvi, addetto artistico e compagno assiduo di ogni tournèe e dei viaggi all’estero, entrambi hanno escluso in modo convintissimo che Rino fosse massone, così come lo ha escluso Anna Gaetano. Nel libro Mautone, quindi, perviene alla conclusioni che il cantante calabrese non fosse affiliato a qualsiasi loggia massonica e che riferimenti agli ambienti dei liberi  muratori fatti in via continua in vari brani e anche in interviste siano il frutto di un interesse da studioso e di interessato osservatore. Nel libro si rimarca una clamorosa dichiarazione rilasciata da Rino dopo i trionfi sanremesi al giornalista Manuel Insolera, il festival della canzone  viene paragonato in modo esplicito ad “un ordine massonico(!!). Sempre proseguendo nella sua opera di certosina ricerca Mautone dimostra  come la ventilata colleganza Rino Gaetano-Universo massonico non sia una tesi nata in questi ultimi anni. Infatti l’autore del saggio ha reperito un interessante articolo del 3 giugno 1981, quindi risalente al giorno appena successivo alla morte, pubblicato sull’importantissimo e diffuso quotidiano La Stampa nel quale esplicitamente e senza mezzi termini  testi gaetaniani vengono  rapportati a fatti inquietanti della p2, la famigerata loggia guidata dal Venerabile Licio Gelli.Quello che sconcerta è la identità del coraggioso giornalista che sul giornale dei bilderberghiani Agnelli ha stilato l’articolo, è una identità…misteriosa, infatti il notevole pezzo giornalistico è siglato solo da due lettere e il quotidiano di Torino, a richiesta esplicita  di Mautone, ha risposto che a distanza di 35 anni non è possibile risalire al nome e cognome poiché vari giornalisti si firmavano con sigle non corrispondenti alle proprie iniziali e  che poi mutavano frequentemente. Nel libro si rimarca, altresì, la singolare circostanza rappresentata da esplicite citazioni dedicate a Rino Gaetano da Stefano Bisi cioè il Venerabile Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, la loggia massonica più potente della penisola, addirittura nel suo discorso di insediamento alla guida della potentissima obbedienza massonica. I versi di una misconosciuta e inedita canzone di Rino vengono fatti propri da Bisi per sottolineare che i dignitari massoni devono operare in unione e concordia per rafforzare il potere e la forza della loggia.
Sempre in tale quadro una notizia di grande interesse è rappresentata da una stretta frequentazione di Rino, precisamente nel cerchio delle sue più care amiche si annovera la giornalista Elisabetta Ponti figlio di un medico, Lionello Ponti, che risultò inserito  nella lista della P2. Ma il dr. Ponti non è un medico qualunque ma è addirittura il sanitario di fiducia di Licio Gelli, quindi a tutti gli effetti e in concreto la persona più in stretto contatto e in intimità col  Venerabile maestro piduista.  Elisabetta Ponti ha detto che dopo la pubblicazione della lista degli affratellati alla p2 parlò molto volte di massoneria con Rino e che l’artista, pur riferendo dei concetti alquanto indecifrabili, non espresse alcuna attenzione e\o interesse particolari per la fenomenologia massonica. In realtà tale ricostruzione della Ponti, forse per il gran tempo trascorso, non risulta plausibile. Infatti Rino morì appena 10 giorni dopo la pubblicazione della lista della p2 e in un lasso di tempo così ristretto non era possibile che avesse potuto parlare “molte volte” di massoneria con la Ponti, oltretutto impegnato come era, fino all’ultimo,  nella sua frenetica attività artistico-canora.
I CONTENUTI DELLE CANZONI
Nel volume si sottolineano pure i tanti mirabili significati dei testi gaetaniani, dimostrandosi che l’artista faceva trapelare le proprie cognizioni, frutto di fonti di alto profilo,  di fatti e personaggi. Ad esempio Mario e Gino de La Berta Filava  non sono due baristi della RCA come taluni riduttivamente hanno sostenuto,ma indicano i ministri Mario Tanassi e Gino (Luigi) Gui.   Infatti nel 1976, anno in cui venne inciso il brano, l’artista non era nella casa discografica RCA ma cantava ancora per la IT di Vincenzo Micocci. Inoltre Rino in vari concerti, compreso quello immortalato in una registrazione “storica” a San Cassiano, in Puglia, dichiara esplicitamente che il brano è dedicato al mondo dei grossi politici ed altri enigmatici mondi, quindi conferma che il brano non è assolutamente rapportato alla figura di …due baristi. Inoltre anche un altro coraggioso, per quanto più controverso, testimone di quegli anni scrive in una propria filastrocca di Mario, Gino e Berto e accosta tali suoi versi allo scandalo Lockheed e fa coincidere, per sua stessa ammissione,  le identità di Mario e Gino con le figure politiche di Mario Tanassi e Gino (Luigi) Gui.
Sempre in modo minimalistico taluni hanno individuato il Cazzaniga nominato in Nuntereggaepiù in un giornalista sportivo non certo passato alla storia per chiarezza di argomenti e acume nei commenti.  In realtà Mautone evidenzia che si tratta di Vincenzo Cazzaniga, già amministratore delegato della Esso Italia e poi vice-presidente della Bastogi un carrozzone pubblico, oggi non più esistente, che si interessava di energia e costruzioni. Tale Vincenzo Cazzaniga risulto essere un collaboratore dei Servizi americani e per conto degli USA finanziava segretamente la DC in chiave anti-sinistra. Ebbene in Nuntereggaepiù Rino, mostrando ancora una volta di avere conoscenza di fatti assai riservati, canta DC DC DC DC CAZZANIGA….  mostrando di sapere il ruolo occulto che quest’ultimo rivestiva, cioè di finanziatore segreto della Democrazia Cristiana. A ulteriore dimostrazione che si tratta di Vincenzo Cazzaniga, posto alla direzione della Bastogi, sotto l’ala protettiva quanto asfissiante di Giulio Andreotti e di Eugenio Cefis, supermanager del mondo energetico,vi è una intervista di Rino Gaetano ove nomina esplicitamente la BASTOGI di Vincenzo Cazzaniga, rispondendo in maniera del tutto avulsa ad una domanda di musica che gli pone un giornalista.
Ma sono innumerevoli i casi ove Rino mostra di avere notizie di fatti inquietanti, e nello stesso tempo li svela in modo geniale inserendoli in contesti musicali apparentemente ironici ed allegri. In Mio Fratello è figlio unico  menziona il treno Taranto-Ancona, cioè il convoglio e tratto ferroviario che qualche anno dopo emerse essere sotto controllo dei servizi segreti deviati. Infatti due ufficiali dei servizi segreti, “fratelli” affiliati alla p2, Belmonte e Musumeci, furono condannati per aver architettato  sul treno Taranto-Ancona falsi attentati per confondere le indagini della magistratura sui drammatici e purtroppo reali attentati ai treni avvenuti in Italia attorno alla metà degli anni settanta.
Anche i riferimenti allarmati  in  taluni brani rivolti ad una “rosa” nonchè allusioni altrettanto allarmate ad un “pugnale USA”  sono altri geniali riferimenti a fatti inquietanti di cronaca politica e giudiziaria contemporanei al cantautore, infatti Rino, tra le righe, richiama vicende giudiziarie di pericolosissime associazioni riservate quali la “Rosa dei venti” e “Gladio” (come è noto un lungo pugnale, una piccola spada).
Con il secondo saggio Mautone ha avuto e trovato conferme documentali alle  ipotesi che aveva lanciato nel primo libro e in ogni caso dimostra che le questioni da lui sollevate non erano il frutto avvelenato di una immaginazione  galoppante ma avevano già trovato origine e dibattito sin da primo giorno della morte di Rino Gaetano, pur occultate da organi di stampa “distratti” se non proprio colpevolmente silenti.

7.3.15

«La strategia della tensione? In Italia continua, ecco come»

40 anni   - Modena city ramblers  60  anni  - Talco

Lo so  che    le  due   canzoni  "  simbiotiche "  che propongo come colonna sonora    è nota  e  stra nota  meglio  ovvia  \  scontata   da  chi s'interessa   e segue sempre   questi fatti  ma    non ne  ho trovato altre 
 


http://it.wikipedia.org/wiki/Strategia_della_tensione_in_Italia
http://it.wikipedia.org/wiki/Strategia_della_tensione
http://www.misteriditalia.it/strategiatensione/
http://www.treccani.it/enciclopedia/strategia-della-tensione_%28Dizionario-di-Storia%29/http://www.rivistapaginauno.it/Strategia-tensione-tecnica-governo.php

molti   leggendo questo post  mi dirann che  sono complottista  senza  entrare  nel dettaglio   .   Allora  chiedo   a queste persone     di spiegarmi sia  la  2   notizia  sotto riportata presa  da una fonte  non per  usare una loro sarcastica espressione " comunista  " .


A  distanza    di  quasi  23  anni   sembrava  che tale fenomeno  vedere  link  sopra    fosse  finito  con il crollo dell'ex  Urss   nel  lonrtano  1989-1992  e  che   l'articolo (  vedere url sopra   oppure    http://www.rivistapaginauno.it/ )  del 2010   fosse  solo  qualcosa  di  eventi passati alla storia .  Invece  esso   continua  come ha detto   Imposimato  a  Sassari   quialche  giorno fa  da   la nuova  sardegna del 4\3\2015

A Sassari Ferdinando Imposimato, il giudice che ha indagato su molti misteri Il ruolo della Sardegna: da Gladio a “lavatrice” dei soldi sporchi delle mafie

                                            di Francesco Bellu 
La verità ha un colore. Quello nero dell’inchiostro delle carte processuali, dei documenti secretati, degli “omissis” tra le righe. E ha il colore rosso del sangue dei tanti morti che hanno costellato la nostra storia più recente. Una geografia dell’insoluto che va da Portella della Ginestra, passa per piazza Fontana, piazza della Loggia, via Fani e arriva sino all’altro ieri con le stragi di Capaci, via d’Amelio e Brindisi

La scena del rapimento di Aldo Moro, in via Fani, a Roma



Ferdinando Imposimato  ( sotto a destra  )   ha passato buona parte della sua vita a riannodare i fili spezzati di tutte queste vicende attraverso un lavoro che mescola l’acume dell’uomo di legge all’analisi dello storico.
«In primisque hominis est propria veri inquisitio atque investigatio», ovvero: «Innanzi tutto è propria dell’uomo l’indagine e la ricerca del vero». Cita più volte una frase del “De Officiis” di Cicerone che riassume più di ogni altra il senso stesso del suo lavoro che si è coagulato poi in una serie di libri che hanno cementificato nelle pagine la sua ricerca della verità.
Il magistrato era ieri a Sassari per una lectio magistralis agli studenti del Dipartimento di scienze umanistiche e sociali dell’università di Sassari. Linea guida uno dei suoi ultimi libri: “La Repubblica delle stragi impunite” in cui Imposimato ricostruisce, dati alla mano, i capitoli più oscuri d’Italia.
Vicende apparentemente scollegate tra loro che trovano però un collante solidissimo. «Le stragi del terrorismo rosso, nero, mafiose hanno un obiettivo comune. – spiega – Assecondare i disegni della politica, rafforzando il potere politico esistente». Per certi versi, i protagonisti di quegli anni sembrano quasi fantasmi di un'Italia che molti, soprattutto i più giovani, vedono come incomprensibile. E non solo per una mera questione anagrafica ma anche perché è oggettivamente difficile districarsi in una matassa di trame oscure, servizi deviati, fascisti, anarchici, tritolo e pistole.
Ma le parole di Imposimato riescono a dare un quadro ben preciso: «La strategia della tensione è frutto di un disegno preciso di destabilizzazione del Paese per scoraggiare l’instaurarsi di governi in accordo con la Sinistra, in cui dietro è chiaramente visibile la mano degli Stati Uniti e in sostanza di Gladio».
Il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro sono il culmine di questa azione di cui tutt’ora ci portiamo dietro il peso. È grazie, infatti, al suo lavoro che è stata nuovamente aperta un’inchiesta dalla Procura di Roma per cercare di diramare una volta per tutte le nebbie da questa storia. Ripercorre i giorni concitati dell’agguato in via Fani delle Brigate Rosse, con la presenza di “barbefinte” che dovevano controllare che nessuna intrusione esterna creasse problemi e di come il covo di via Montalcini, in cui l'esponente della Democrazia Cristiana era tenuto prigioniero, fosse noto ai rappresentanti delle forze di polizia sin dal primo momento e che nessuno dall'alto volle disporre un intervento, sino alla sua morte decisa per una precisa “ragione di Stato”.
Se tutto ciò non fosse avvenuto, sottolinea: «L’Italia sarebbe cambiata in meglio, perché Moro era il più grande statista che abbiamo avuto dalla nascita della Repubblica».
E il futuro? Per Imposimato è ancora in bilico, perché quando gli si chiede se la strategia della tensione sia ancora in atto o sia finita definitivamente risponde senza esitare: «È ancora in atto».
Ha anche parole sulla Sardegna, tutt’altro che avulsa dai misteri d’Italia in quanto pedina fondamentale nello scacchiere mediterraneo nella logica del patto atlantico per via della presenza di Gladio a Poglina vicino a Capo Marraggiu ad Alghero.
L’isola, sostiene il magistrato, conferma il suo ruolo di “lavatrice” del malaffare della criminalità organizzata, come recentemente è stato evidenziato anche dalla Dia di Cagliari. «Non mi meraviglia. – spiega Imposimato - Lo è sempre stato sin dagli anni Ottanta, quando la Banda della Magliana veniva qui a ripulire il suo denaro, frutto dell’attività di commercio della droga, in immobili sulla costa. Tutto ciò è stato ampiamente provato e le indagini di questi giorni dimostrano che non c’è stata soluzione di continuità rispetto al passato».
« La Sardegna – continua – è un posto più agevole rispetto ad altri, meno controllato. Il che non significa che il lavoro delle forze dell’ordine sia insufficiente, ma è sicuramente una zona più defilata rispetto ad altre che fa sì che sia più semplice aprire società che possano coprire questi affari illeciti».

  Roma è un crocevia di spie provenienti da tutti i paesi del mondo. Agenti segreti, infiltrati e sotto copertura si aggirano, più o meno identificati, facendo la spola tra le ambasciate, le sedi istituzionali, le organizzazioni umanitarie che costellano la Capitale e lo Stato del Vaticano. Un centro di interessi politici ed economici che ha davvero ben pochi rivali. Qualcuno forse sfugge o è sfuggito, alle operazioni di controspionaggio della nostra intelligence. Altri, probabilmente, sono monitorati. Altri ancora, come in ogni spy story che si rispetti, si dileguano nel nulla e risultano come mai esistiti. La vicenda del nordcoreano Kim Su-Gwang, con tutti i suoi alias, scoperta da Il Foglio, è solo una parte della complessa e fitta rete di spie che si muove nel nostro paese. Al momento, infatti, l'attenzione sarebbe rivolta anche ad un gruppo di iraniani che vivono a Roma e di cui le vere attività non sono molto chiare. Già dagli anni '80, infatti, i servizi segreti iraniani operano nella Capitale sotto mentite spoglie, che spesso possono essere anche quelle di giornalisti. Nei fatti, però, sono dei veri e propri informatori che hanno accesso a numerosi luoghi e tessono infinite relazioni. In particolare questo gruppo eserciterebbe un'attività di spionaggio contro i dissidenti dell'Iran che vivono nel nostro paese, i mujihadden e khalk (Mek). Più di una volta, infatti, i presunti giornalisti iraniani sono stati notati, durante le manifestazioni di piazza dei Mek, in atteggiamenti insoliti. Un gioco sottile quanto pericoloso, che disegna però una trama di spionaggio cheè radicata da anni. In passato, inoltre, fu scovato anche un gruppo di spie russe, mai perseguiti anche se segnalati alla polizia giudiziaria. All'interno delle organizzazioni umanitarie, poi, secondo fonti investigative, si trova il più grande ricettacolo di agenti sotto copertura che, grazie a qualcosa di molto simile alle immunità diplomatiche, riescono ad arrivare e vivere in Italia, anche per lunghi periodi, operando come vere e proprie spie.
Tornando al nordcoreano, alcune fonti intelligence specificano che Su-Gwang «era noto ai nostri servizi già dal 2003». La sua condizione di funzionario del World Food Program, che gli concedeva una immunità diplomatica come per altri esponenti delle agenzie Onu, sarebbe stata una copertura per raccogliere informazioni sui programmi nucleari di altri paesi. L'Italia, spiega ancora la fonte, «non essendo un paese che sviluppa tale attività non poteva rappresentare una fonte diretta di informazioni. Da Roma, invece, Kim poteva accedere a notizie che riguardavano altri Stati». Ad ogni modo la prima segnalazione della nostra intelligence sarebbe pervenuta agli inizi del 2004, quando i nostri 007 hanno comunicato agli Stati Uniti il profilo equivoco del personaggio. Da quel momento in poi, Su-Gwang sarebbe finito sotto stretta osservazione «per ricostruire la sua fitta rete di relazioni». Il sospetto era che la spia nordcoreana si occupasse dell'acquisto di tecnologia e componenti per il programma nucleare del suo paese. Una vera spy story che vorrebbe l'uomo, ormai scomparso dagli scenari europei, una chiave di volta per il monitoraggio dei rapporti tre le due Coree, ma anche per lo sviluppo del programma nucleare. Tra il 2004 e il 2008 ad occuparsi della vicenda sarebbe stata proprio la struttura operativa preposta al contrasto dei programmi di proliferazione nucleare del Sismi, gestita dall'attuale direttore dell'Aise, Alberto Manenti. Una spia nota, dunque, che però non è stata mai perseguita. "Era utile monitorarlo", spiega ancora la fonte, anche perché "non era un vero e proprio spionaggio a danni del nostro paese». Meglio, dunque, mandare ogni anno un report dettagliato su Kim agli americani. Un equilibrio precario, dunque, che va di pari passo con la scomparsa della spia, residente a Roma fino a gennaio di quest'anno. In questo giro di servizi segreti entra anche la Francia, che nel 2014 ha congelato i beni di Kim Su-Gwang, della sorella e del padre, per molti anni residente a Parigi, perchè appartenenti ai servizi segreti di Pyongyang, sottoposti a sanzioni economiche da parte dell'Unione Europea. Nonostante le sanzioni della Francia l'uomo ha continuato a lavorare a Roma per un altro anno. «Ha fatto il doppio gioco - spiega la fonte - ecco perché i servizi francesi lo hanno incastrato

19.12.13

RINO GAETANO, LA TRAGICA SCOMPARSA DI UN EROE ( titolo originale “Rino Gaetano, assassinio di un cantautore” ) di Bruno Mautone

Ho appena  finito di leggere il libro    regalatomi dall'autore stesso  da  me precedentemente intervistato    di    Bruno Mautone ---  foto  a destra  --- autore di " Rino Gaetano la tragica scomparsa di un eroe " L'autore   afferma  , bansandosi (  ed  andando oltre )  su quanto dice Paolo franceschetti . Bruno Mautone in  RINO GAETANO, LA TRAGICA SCOMPARSA DI UN EROE (   titolo  originale  “Rino Gaetano, assassinio di un cantautore” poi  modificato  per  diffida legale  da parte  della  famiglia del cantante  )    una tesi choc (  niente  di nuovo   per  persone speciale   che non credono  alle  verità pre costituite parafrasi della famosa  canzone una storia  sbagliata di De  André )circa la morte del cantante calabrese Rino Gaetano che a 32 anni dalla sua prematura scomparsa entra a pieno titolo nel filone delle morti eccellenti avvolte dal mistero, quello più cupo ed allo stesso tempo affascinante della massoneria deviata .
da www.agropolinews.com 
 Tale  tesi   viene sostenuta  attraverso l’analisi del testo delle 60 canzoni realizzate dal cantautore, l’autore estrapola significati di una forza sconvolgente, verità sui misteri di cui è costellata la storia d’Italia e dei quali Rino Gaetano era a conoscenza, grazie alla sua partecipazione ad un ristretto club di iniziati alla massoneria e dalla quale se ne allontanò non condividendone le finalità e proprio per questo “ucciso” il 2 giugno 1981.Infatti  Il genio dell’artista calabrese espresso nelle sue canzoni, spesso intrise di non-sense, nasconderebbero invece verità inconfessabili, su delitti, scandali, affari celebri e persino sulla sua precoce dipartita ad opera di poteri occulti.
Ad esempio ,  sempre    secondo l’autore del libro, la celebre canzone “Mio fratello è figlio unico” rappresenterebbe il suo distacco dalla massoneria, secondo la seguente logica: i massoni tra loro si chiamano fratelli, quindi  affermare di essere figlio unico equivale dissociarsene.
Nel testo della canzone “E Berta filava” invece sarebbe nascosta la verità sul caso Lochkeed del 1976 (tangenti a ministri in cambio dell’acquisto di aerei made in USA).
I personaggi della famosissima filastrocca Mario e Gino sarebbero i ministri Tanassi e Gui che sarebbero i capi espiatori dello scandalo per salvare i pezzi da 90 della DC, mentre il bambino che non era di Mario e non era di Gino era appunto la Lochkeed (l’azienda produttrice di aerei), il cui
presidente Robert Gross rappresentava  Berta .Un altro testo che parla di massoneria sarebbe “Sfiorivano le viole” laddove si parla, senza apparente motivo del marchese Lafayette, ossia il capo
della massoneria che avrebbe addirittura affiliato George Washington e Benjamin Franklin. E ancora nel testo “Al compleanno della Zia Rosina” dove recita: “Vedo già la mia salma portata a spalla da persone che ce l’hanno con me, ma resteremo insieme io e Clem”, Clem sarebbe il papa Clemente XII che emanò la bolla contro la massoneria.
E poi tanti altri collegamenti, dall’omicidio di Wilma Montesi del 1953 alla morte di Mattei  . Il libro scritto da Bruno Mautone ci rivela nuovi possibili scenari (finora inediti) sulla tragica morte del cantautore: quanto e' fantasia e quanto avvalorato da fatti concreti ? Al lettore stabilire  se  prendere la pilola  rossa o  quella blu 





  cioè    decidere  su  ci ha solo indicato   la strada  o  noi decidere  se percorrerla  ed  approfondirla  cause del decesso, a distanza di anni non sono mai state accertate, e per svariati motivi intorno alla sua morte aleggiano ancora molte ombre. La sua carriera, i suoi dischi, il suo essere sempre contro e soprattutto le sue canzoni, hanno sempre raccontato verità scomode usando l'arma dell'ironia e dell'irriverenza. Rino Gaetano era un giullare,un allegorico saltimbanco, un poeta scomodo che amava cantarle a tutti senza peli sulla lingua. Un artista fuori dalle regole, che anticipò sicuramente in maniera sorprendente i tempi futuri. Lo scrittore Bruno Mautone è l'autore del libro "Rino Gaetano, la tragica scomparsa di un eroe" che analizza dal suo personale punto di vista il lato più misterioso dell'artista crotonese. L'autore attraverso un viaggio dal sapore "noir" unisce i tasselli di un mosaico che lega Gaetano alle varie vicende politiche dell' Italia di quell'epoca, sostenendo la tesi che ad
ordine la morte del cantautore fosse stato un ordine della massoneria. Il libro si avvale di molti riscontri e documenti che testimonierebbero i punti oscuri della morte del cantautore. Attraverso i testi si potrebbe così decifrare alcuni indizi che sosterrebbero la tesi di Mautone.
 ILl libro, ha destato e  continiua  a destare   molta curiosità ed interesse sino ad ora, anche perchè cerca di riaprire  , con le ricerche offerte dall'autore, un nuovo scenario sulla tragica scomparsa dell'artista. Il tutto però condito con una buona dose di mistero e suspence, frutto della penna dello scrittore. Lettura  scorrevole  e fruibile   ottime le note  e  ben delineato  il contesto   storico   dell'epoca che rende   di facile lettura  e comprensione   il libro e la  vicenda  di Rino  a  chi  l'ha   scoperto meglio ( perché  prima cantava  le sue  canzoni   senza  sapere   cosa  ci fosse dietro ed  avere  notizie  vaghe  di Rino Gaetano    considerandolo un semplice  cantante \  un minore   degli anni 60\70   ) con la  pseudo  fiction rai  ,  chi  non  conosce  la  storia  d'italia   di quel periodo  o  l'ha dimenticata  .
Fra i pregi  del libro     :  il mettere  la pulce  nell'orecchio  a  : << Si devo dirlo ma a chi \Se mai qualcuno capirà\sarà senz'altro un altro come me  >> (  da   a me piace  il sud )  .,   ottimo  anche   l'esprimere ed  approfondire interrogandosi   i dubbi   su quello che  è avvenuto  la  notte  de  2  giugno
Nei  , che  secondo me  , potranno essere  eliminati  nell'eventuale  ristampa ed  aggiornamento del libro  mancanza delle  dichiarazioni anche in forma  anonima   degli amici  \  conoscenti  che dissero che  era interessato  alla massoneria  e  alle sue idee  o  che  v'era iscritto  . Mancanza   del  nome  della loggia  a cui si  sarebbe iscritto Rino  .magari se  fosse stata messa   avrebbe creato con repliche  e richieste  di   reifica sui  giornali  da parte  loro   e quindi l'eventuale  replica  di giornalisti  d'inchiesta  come   carloloucarelli e   paolo franceschetti
mancanza   degli atti giudiziari   autopsia  ,   dichiarazione dell'autista del camion ,   di quelll'amico  ton malco  che  dice  ch'era presente   e poi smentisce     e poi riagffferma  d'essere  con lui  quando ebbe l'incidente mortale
tesi   assurda quella  del cooktal  e  non suffragata  nè  da testimonianze  anche  anonime  nè da riscontri  in quanto la  cena    che avrebbe dovuto  tenere  fu annuloata  .  A meno che   non si  fosse  ubriacato  o  l'abbiano fatto ubriacare   o  drogato tesi secondo me  assurda   vista  la mancanza  di  riscontri i  sono  riscontri  
poco affrontato  il tema del 1  incidente  di  rino in cui si salvo  per  un pelo  .
   Un buon libro qualunque  cosa ne dica la  famiglia  , in particolare  la sorella  anna ( foto sotto   al centro  )  che  afferma  : <<  << "Nessun complotto dietro la morte di mio fratello. Peggio del libro, solo la fiction" >> .

Infatti  in  queste  sua dichiarazione , sempre  al quotidiano  libero  del  29\10\2013 :
 << (....)
 Bruno Mautone, ex sindaco di Agropoli, sostiene nel "Rino, assassinio di un cantautore" che suo fratello sia vittima di un complotto. "Contesto in tutto la ricostruzione. I suoi sono sogni".Dopo l'incidente che lo vide scontrarsi con un camion, suo fratello fu respinto da sei ospedali. Mautone ci vede un disegno."Rino fu soccorso a dovere. La presenza dei pompieri sul luogo dello scontro, evocata come qualcosa di insolito dall'avvocato, si spiega con la necessità di estrarre il corpo dalle lamiere. Purtroppo aveva un trauma cranico per il quale il Policlinico non era attrezzato a operare, e gli altri ospedali, contattati telefonicamente, nemmeno".Secondo l'avvocato, suo fratello conosceva la verità su misteri occulti e avrebbe disseminato le sue canzoni di riferimenti. Per questo è stato fatto fuori."Non ci credo. Prendiamo l'omicidio di Wilma Montesi (21enne trovata senza vita sulla spiaggia di Torvajanica nel '53: i sospetti sono arrivati all'altà società romana, ma il caso è rimasto insoluto). Rino cita il caso in Nun te reggae più ma non significa niente. Lo fece pure in una poesiale scritta nel '64, quando era un bambino".Ha conosciuto l'avvocato Mautone?"L'ho sentito per telefono, dopo che è uscito il suo libro".Che idea si è fatta delle sue intenzioni: crede in quello che scrive, o sfrutta il caso di Rino Gaetano? "Su questo non mi pronuncio. Ma c'è una cosa che voglio dire a Mautone".Che cosa?"Se davvero crede che Rino sia stato ucciso, se vuole fare una cosa gradita alla famiglia Gaetano, faccia i nomi, scriva cose circostanziate. Sennò risveglia soltanto un dolore, che per me è grandissimo".
(...)
>>
  sembra  incrementare  l'alone   di mistero    di  stranezze   sull'incidente  che ne  ha causato   la morte  Infatti sembra  assurdo che ben 6  ospedali non fossero attrezzati per  un trauma cranico  .

Concludo  quindi consigliando  il libro  a chi è  appassionato di misteri italiani  , di noir  , e  di rino gaetano

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...