40 anni - Modena city ramblers 60 anni - Talco
Lo so che le due canzoni " simbiotiche " che propongo come colonna sonora è nota e stra nota meglio ovvia \ scontata da chi s'interessa e segue sempre questi fatti ma non ne ho trovato altre
http://it.wikipedia.org/wiki/Strategia_della_tensione_in_Italia
http://it.wikipedia.org/wiki/Strategia_della_tensione
http://www.misteriditalia.it/strategiatensione/
http://www.treccani.it/enciclopedia/strategia-della-tensione_%28Dizionario-di-Storia%29/http://www.rivistapaginauno.it/Strategia-tensione-tecnica-governo.php
Lo so che le due canzoni " simbiotiche " che propongo come colonna sonora è nota e stra nota meglio ovvia \ scontata da chi s'interessa e segue sempre questi fatti ma non ne ho trovato altre
http://it.wikipedia.org/wiki/Strategia_della_tensione_in_Italia
http://it.wikipedia.org/wiki/Strategia_della_tensione
http://www.misteriditalia.it/strategiatensione/
http://www.treccani.it/enciclopedia/strategia-della-tensione_%28Dizionario-di-Storia%29/http://www.rivistapaginauno.it/Strategia-tensione-tecnica-governo.php
molti leggendo questo post mi dirann che sono complottista senza entrare nel dettaglio . Allora chiedo a queste persone di spiegarmi sia la 2 notizia sotto riportata presa da una fonte non per usare una loro sarcastica espressione " comunista " .
A distanza di quasi 23 anni sembrava che tale fenomeno vedere link sopra fosse finito con il crollo dell'ex Urss nel lonrtano 1989-1992 e che l'articolo ( vedere url sopra oppure http://www.rivistapaginauno.it/ ) del 2010 fosse solo qualcosa di eventi passati alla storia . Invece esso continua come ha detto Imposimato a Sassari quialche giorno fa da la nuova sardegna del 4\3\2015
A Sassari Ferdinando Imposimato, il giudice che ha indagato su molti misteri Il ruolo della Sardegna: da Gladio a “lavatrice” dei soldi sporchi delle mafie
di Francesco Bellu
La verità ha un colore. Quello nero dell’inchiostro delle carte processuali, dei documenti secretati, degli “omissis” tra le righe. E ha il colore rosso del sangue dei tanti morti che hanno costellato la nostra storia più recente. Una geografia dell’insoluto che va da Portella della Ginestra, passa per piazza Fontana, piazza della Loggia, via Fani e arriva sino all’altro ieri con le stragi di Capaci, via d’Amelio e Brindisi
La scena del rapimento di Aldo Moro, in via Fani, a Roma |
Ferdinando Imposimato ( sotto a destra ) ha passato
buona parte della sua vita a riannodare i fili spezzati di tutte queste
vicende attraverso un lavoro che mescola l’acume dell’uomo di legge
all’analisi dello storico.
«In primisque hominis est propria veri
inquisitio atque investigatio», ovvero: «Innanzi tutto è propria
dell’uomo l’indagine e la ricerca del vero». Cita più volte una frase
del “De Officiis” di Cicerone che riassume più di ogni altra il senso
stesso del suo lavoro che si è coagulato poi in una serie di libri che
hanno cementificato nelle pagine la sua ricerca della verità.
Il
magistrato era ieri a Sassari per una lectio magistralis agli studenti
del Dipartimento di scienze umanistiche e sociali dell’università di
Sassari. Linea guida uno dei suoi ultimi libri: “La Repubblica delle
stragi impunite” in cui Imposimato ricostruisce, dati alla mano, i
capitoli più oscuri d’Italia.
Vicende apparentemente scollegate
tra loro che trovano però un collante solidissimo. «Le stragi del
terrorismo rosso, nero, mafiose hanno un obiettivo comune. – spiega –
Assecondare i disegni della politica, rafforzando il potere politico
esistente». Per certi versi, i protagonisti di quegli anni sembrano
quasi fantasmi di un'Italia che molti, soprattutto i più giovani, vedono
come incomprensibile. E non solo per una mera questione anagrafica ma
anche perché è oggettivamente difficile districarsi in una matassa di
trame oscure, servizi deviati, fascisti, anarchici, tritolo e pistole.
Ma
le parole di Imposimato riescono a dare un quadro ben preciso: «La
strategia della tensione è frutto di un disegno preciso di
destabilizzazione del Paese per scoraggiare l’instaurarsi di governi in
accordo con la Sinistra, in cui dietro è chiaramente visibile la mano
degli Stati Uniti e in sostanza di Gladio».
Il sequestro e
l’omicidio di Aldo Moro sono il culmine di questa azione di cui tutt’ora
ci portiamo dietro il peso. È grazie, infatti, al suo lavoro che è
stata nuovamente aperta un’inchiesta dalla Procura di Roma per cercare
di diramare una volta per tutte le nebbie da questa storia. Ripercorre i
giorni concitati dell’agguato in via Fani delle Brigate Rosse, con la
presenza di “barbefinte” che dovevano controllare che nessuna intrusione
esterna creasse problemi e di come il covo di via Montalcini, in cui
l'esponente della Democrazia Cristiana era tenuto prigioniero, fosse
noto ai rappresentanti delle forze di polizia sin dal primo momento e
che nessuno dall'alto volle disporre un intervento, sino alla sua morte
decisa per una precisa “ragione di Stato”.
Se tutto ciò non fosse
avvenuto, sottolinea: «L’Italia sarebbe cambiata in meglio, perché Moro
era il più grande statista che abbiamo avuto dalla nascita della
Repubblica».
E il futuro? Per Imposimato è ancora in bilico,
perché quando gli si chiede se la strategia della tensione sia ancora in
atto o sia finita definitivamente risponde senza esitare: «È ancora in
atto».
Ha anche parole sulla Sardegna, tutt’altro che avulsa dai
misteri d’Italia in quanto pedina fondamentale nello scacchiere
mediterraneo nella logica del patto atlantico per via della presenza di
Gladio a Poglina vicino a Capo Marraggiu ad Alghero.
L’isola,
sostiene il magistrato, conferma il suo ruolo di “lavatrice” del
malaffare della criminalità organizzata, come recentemente è stato
evidenziato anche dalla Dia di Cagliari. «Non mi meraviglia. – spiega
Imposimato - Lo è sempre stato sin dagli anni Ottanta, quando la Banda
della Magliana veniva qui a ripulire il suo denaro, frutto dell’attività
di commercio della droga, in immobili sulla costa. Tutto ciò è stato
ampiamente provato e le indagini di questi giorni dimostrano che non c’è
stata soluzione di continuità rispetto al passato».
« La Sardegna
– continua – è un posto più agevole rispetto ad altri, meno
controllato. Il che non significa che il lavoro delle forze dell’ordine
sia insufficiente, ma è sicuramente una zona più defilata rispetto ad
altre che fa sì che sia più semplice aprire società che possano coprire
questi affari illeciti».
Roma è un crocevia di spie provenienti da tutti i paesi del mondo. Agenti segreti, infiltrati e sotto copertura si aggirano, più o meno identificati, facendo la spola tra le ambasciate, le sedi istituzionali, le organizzazioni umanitarie che costellano la Capitale e lo Stato del Vaticano. Un centro di interessi politici ed economici che ha davvero ben pochi rivali. Qualcuno forse sfugge o è sfuggito, alle operazioni di controspionaggio della nostra intelligence. Altri, probabilmente, sono monitorati. Altri ancora, come in ogni spy story che si rispetti, si dileguano nel nulla e risultano come mai esistiti. La vicenda del nordcoreano Kim Su-Gwang, con tutti i suoi alias, scoperta da Il Foglio, è solo una parte della complessa e fitta rete di spie che si muove nel nostro paese. Al momento, infatti, l'attenzione sarebbe rivolta anche ad un gruppo di iraniani che vivono a Roma e di cui le vere attività non sono molto chiare. Già dagli anni '80, infatti, i servizi segreti iraniani operano nella Capitale sotto mentite spoglie, che spesso possono essere anche quelle di giornalisti. Nei fatti, però, sono dei veri e propri informatori che hanno accesso a numerosi luoghi e tessono infinite relazioni. In particolare questo gruppo eserciterebbe un'attività di spionaggio contro i dissidenti dell'Iran che vivono nel nostro paese, i mujihadden e khalk (Mek). Più di una volta, infatti, i presunti giornalisti iraniani sono stati notati, durante le manifestazioni di piazza dei Mek, in atteggiamenti insoliti. Un gioco sottile quanto pericoloso, che disegna però una trama di spionaggio cheè radicata da anni. In passato, inoltre, fu scovato anche un gruppo di spie russe, mai perseguiti anche se segnalati alla polizia giudiziaria. All'interno delle organizzazioni umanitarie, poi, secondo fonti investigative, si trova il più grande ricettacolo di agenti sotto copertura che, grazie a qualcosa di molto simile alle immunità diplomatiche, riescono ad arrivare e vivere in Italia, anche per lunghi periodi, operando come vere e proprie spie.
Tornando al nordcoreano, alcune fonti intelligence specificano che
Su-Gwang «era noto ai nostri servizi già dal 2003». La sua condizione di
funzionario del World Food Program, che gli concedeva una immunità
diplomatica come per altri esponenti delle agenzie Onu, sarebbe stata
una copertura per raccogliere informazioni sui programmi nucleari di
altri paesi. L'Italia, spiega ancora la fonte, «non essendo un paese che
sviluppa tale attività non poteva rappresentare una fonte diretta di
informazioni. Da Roma, invece, Kim poteva accedere a notizie che
riguardavano altri Stati». Ad ogni modo la prima segnalazione della
nostra intelligence sarebbe pervenuta agli inizi del 2004, quando i
nostri 007 hanno comunicato agli Stati Uniti il profilo equivoco del
personaggio. Da quel momento in poi, Su-Gwang sarebbe finito sotto
stretta osservazione «per ricostruire la sua fitta rete di relazioni».
Il sospetto era che la spia nordcoreana si occupasse dell'acquisto di
tecnologia e componenti per il programma nucleare del suo paese. Una
vera spy story che vorrebbe l'uomo, ormai scomparso dagli scenari
europei, una chiave di volta per il monitoraggio dei rapporti tre le due
Coree, ma anche per lo sviluppo del programma nucleare. Tra il 2004 e
il 2008 ad occuparsi della vicenda sarebbe stata proprio la struttura
operativa preposta al contrasto dei programmi di proliferazione nucleare
del Sismi, gestita dall'attuale direttore dell'Aise, Alberto Manenti.
Una spia nota, dunque, che però non è stata mai perseguita. "Era utile
monitorarlo", spiega ancora la fonte, anche perché "non era un vero e
proprio spionaggio a danni del nostro paese». Meglio, dunque, mandare
ogni anno un report dettagliato su Kim agli americani. Un equilibrio
precario, dunque, che va di pari passo con la scomparsa della spia,
residente a Roma fino a gennaio di quest'anno. In questo giro di servizi
segreti entra anche la Francia, che nel 2014 ha congelato i beni di Kim
Su-Gwang, della sorella e del padre, per molti anni residente a Parigi,
perchè appartenenti ai servizi segreti di Pyongyang, sottoposti a
sanzioni economiche da parte dell'Unione Europea. Nonostante le sanzioni
della Francia l'uomo ha continuato a lavorare a Roma per un altro anno.
«Ha fatto il doppio gioco - spiega la fonte - ecco perché i servizi
francesi lo hanno incastrato