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22.4.20

Cinque Terre, l'isolamento ha salvato i borghi dal contagio del codiv 19

la  repubblica   22 aprile 2020


Cinque Terre, l'isolamento ha salvato i borghi dal contagio
Cantieri fermi nonostante le aperture concesse dalla Regione e in tutto il territorio c’è stato un solo positivo

dal nostro inviato MASSIMO CALANDRI

MONTEROSSO. — « Che fortuna » , dicono loro. Ma non è vero. Il segreto è soprattutto nell’aspra bellezza di quest’angolo di paradiso, che isola naturalmente i suoi abitanti. E poi, la saggia disobbedienza della gente al Governatore: niente cantieri aperti, non ora. Troppo pericoloso. Qui c’è una sola casa di riposo per anziani: hanno chiuso le porte il 19 febbraio, mica come nel resto della Liguria. La Asl aveva proposto pure a loro di trasferire qualche paziente dagli ospedali vicini: meglio di no, potrebbe essere un inferno. Infatti: guardate cosa è accaduto altrove. A Genova, a Imperia, a Savona. Ecco perché non può essere fortuna, quella delle Cinque Terre. Non solo, almeno. Da Vernazza a Manarola, Riomaggiore e Corniglia, Monterosso al Mare: quattromila residenti, un contagio appena ( la persona è già guarita). I recenti test sierologici alla residenza protetta Padre Semeria sono negativi. E, attenzione: i 66 ospiti non sono reclusi nelle loro camere, seguono invece – tutti i giorni – i programmi di animazione.



Fabrizia Pecunia, sindaca Riomaggiore



Storia esemplare di un territorio che in 2 mesi pare tornato indietro di decine d’anni. Forse di un secolo. Che incanto. Il profumo dei limoni di Montale, le onde trasparenti di Byron e Shelley: nelle insenature hanno visto di nuovo i tonni! Tra le vigne e gli orti a picco sul mare è un trionfo di bellezza, la campagna alle spalle ha ripreso un vigore selvaggio, primitivo. Nel fine settimana di Pasqua del 2019, a spasso per i borghi hanno contato 80.000 turisti. Quest’anno sono stati fermati – e multati – tre furbetti milanesi. Dai treni un tempo sovraffollati, oggi non scende nessuno. « Economicamente, rischiamo il disastro » , ammettono i sindaci. « Però in questo momento, è meglio continuare così. Al sicuro». Non si voltano le spalle alla fortuna.
Il centro ‘ Padre Giovanni Semeria’, a Monterosso al Mare, ospita gli anziani in una struttura a 4 piani, più 20 pazienti psichiatrici in un complesso vicino, più piccolo. Marco Delucchi è l’amministratore. « A metà febbraio abbiamo intuito il pericolo, e deciso subito che dovevamo proteggerli » . Chiudendo le porte. A Codogno il primo caso di Covid 19 sarebbe stato diagnosticato il giorno dopo. «Ci sono state proteste, momenti di tensione. Non importa, ci siamo detti. Qui non entra più nessuno: non i parenti degli ospiti, nemmeno i fornitori » . Sono 2 mesi che i furgoni si fermano nel cortile. « Ci pensiamo io e gli altri impiegati, a tirare giù gli scatoloni ». Come avete fatto, coi dispositivi di protezione? « Alisa ha mandato delle mascherine, qualche tuta, pochissimi guanti. Ci siamo arrangiati, bussando anche al mercato ‘ nero’. Che brutta esperienza. Ma dovevamo evitare qualsiasi pericolo, a qualunque prezzo » . Il mondo fuori è cambiato. « Noi continuiamo a garantire le attività, compresa l’animazione geriatrica » . Non parlategli di ‘ eroi’. « C’è un grande senso del dovere in tutti, anche nelle ausiliarie che ogni giorno disinfettano ogni centimetro della struttura ». Alisa aveva chiesto posti-letto per la quarantena di alcune persone. « Non gli ho neppure risposto » , racconta Delucchi. Aggiunge una riflessione che sicuramente avrebbero dovuto fare altri: «Le Rsa sono come cliniche. Meritavano molta più attenzione».

Il solo contagiato della zona è una donna di Manarola. A febbraio era andata a trovare dei parenti bresciani. Di ritorno, al primo starnuto il marito l’ha chiusa in camera ed è andato a dormire in salotto. La coppia si è isolata non due, ma quattro settimane: tampone negativo per entrambi. Sì, ma gli altri delle Cinque Terre come hanno fatto? «La malattia si è diffusa in un periodo orfano di turisti, i negozi chiusi. A Manarola si lamentavano che non c’era un bar per bere un caffè. Qui le seconde case sono poche, non abbiamo lungomare – e la Via dell’Amore è ancora proibita -, né luoghi di grande aggregazione » , spiega Fabrizia Pecunia, sindaco di Riomaggiore. Il collega di Monterosso, Emanuele Moggia, ammette che « l’orografia ci ha dato una mano. Raggiungere questi borghi non è mai stato facile, i pochi crocevia sono sempre presidiati da vigili e carabinieri». In questi giorni lo potete incontrare mentre bussa di porta in porta per consegnare le mascherine. «La gente è chiusa in casa, si è abituata a restare in contatto tramite mezzi di comunicazione – telegram, whatsapp – già usati durante gli allarmi alluvione: ed è stato più facile spiegare loro i decreti governativi » . Accessi al mare vietati, strade e portoni sanificati tutte le domeniche, alla sera.

Giovanni Toti, il Governatore, ha dato il via libera ad alcune attività nella regione. «Non vogliamo correre rischi inutili. Ho scritto alla Prefettura che disobbedisco: qui resta tutto chiuso, anche i cantieri edili » , dice Moggia. Fabrizia Pecunia conferma: « Non è sicuro » . Meglio i borghi deserti. Sui social circola un video girato alla stazione di Manarola, di solito presa d’assalto da una decina di migliaia di turisti. Invitiamo i viaggiatori a non creare assembramenti, gracchia l’altoparlante. Dai treni non scende nessuno. Che impressione. Moggia sospira: « È tornata l’anima vera di questi luoghi. Si è ripresa spazi, tempi, distanze. Ci ha fatto tornare indietro. E riflettere » . Anche Pecunia quasi si commuove: « È bellissimo » . Ma è consapevole che sarà importante ripartire al più presto. « C’è una preoccupazione diffusa tra gli abitanti. Che vivono di turismo, e adesso? » . Il Comune di Riomaggiore – dove 3 soli residenti su 1500 avevano fatto richiesta per il reddito di cittadinanza – ha distribuito 17 buoni-spesa. «Piccoli numeri, ma significativi».
Nel porticciolo di Vernazza, il sindaco Franco Villa ha visto nuotare un tonno di un metro e mezzo. «Sembra di essere tornati al dopoguerra, quando eravamo solo noi. L’isolamento ci sta proteggendo. Siamo stati fortunati, e bravi. Resistiamo ancora un poco, per favore».

28.6.15

Nessuno tocchi l'amore


 Molti, ieri, hanno colorato i loro profili fb d'arcobaleno. Non sottovaluterei certi segnali: per chi è solo, o escluso/a, sono importanti. E proprio questo intendo sottolineare: la solitudine, o meglio l'isolamento, che a differenza della prima non ha alcuna valenza positiva. Per tanti ancora, partecipare al Pride ha significato questo: uscire dall'isolamento, dal peso opprimente d'uno stigma sociale, 

psicologico, umano. Ma come? Ancor oggi, coi media che sembrano tutti dalla tua parte, con divi/e che sgomitano per apparire più gay friendly possibili (e, spesso, solo per un tornaconto economico)? E persino gli ambulanti indiani hanno capito l'antifona, se, come mi è capitato di veder ieri, si mettono a commerciare stole di piume rosa, bandane colorate e cappelli glitterati... Ma le prigioni, te le porti dentro; gli eccessi, intollerabili per alcuni, sono solo un grido muto, ineffabile. E' un peso di anni, di secoli, e non si abbatte con le leggi. Non è mia intenzione aprire dibattiti sugli ultimi avvenimenti d'America (benché preferisca occuparmi di coloro cui nessuno pensa, le donne, i cristiani e i gay del Medio Oriente trucidati dall'Is, ad esempio). Dico soltanto che vivere nel fiume carsico delle città, delle persone, dei vissuti a volte laceri a volte gioiosi, sempre diversi, sempre così impantanati di scorie, smog dell'anima, è l'unico modo per uscire dal recinto della superbia. L'unica maniera per dialogare, sentirsi relativi e lasciar cadere da sé l'odio e la diffidenza. I quali, quand'anche difendessimo la migliore delle cause, non sono mai buoni consiglieri. Occorre, insomma, partire dall'amore. Non dalla semplice emotività, che è irrazionale, ma dall'amore, che può essere comandato, incistandosi in una fitta trama d'elaborazione intellettuale, spirituale, etica. La fiducia non è ingenuità, ma uno specchio leggero che offre a tutti noi un pianoforte di salvezza.

                                  Perla Rossa

6.2.15

Ma dove sono gli altri scrittori italiani ? hanno lasciato solo Erri de luca unia eccezione Fabio Geda e Laura Pariani,

Ma dove sono gli altri scrittori italiani?????? Se fosse capitato a loro di essere incriminati per le loro parole??? Questo silenzio è imperdonabile. Personalmente, non spenderò più' neanche un centesimo per comprare e leggere chi non difende il diritto di parola contraria in Italia. ‪#‎iostoconerri‬
"Fosse capitato a un altro scrittore, poeta, filosofo, scienziato, di essere incriminato per la sua parola contraria, sarei andato al suo processo. Avrei voluto ascoltare gli argomenti della pubblica accusa e della parte civile, per sapere in che tempo e in che paese mi trovo.
Nell’aula 52 del Tribunale di Torino il 28 gennaio 2015 c’era, fitta in piedi come in tram, una piccola folla di lettori.
Di scrittori erano presenti un uomo, Fabio Geda, e una donna, Laura Pariani, a nome personale e non delegati di una categoria assente.
Fuori di quell’aula e nei giorni precedenti altri gruppi di lettori si riunivano per leggere a voce alta le pagine di uno scrittore incriminato. Non credo sia successa prima una simile volontà di difendere con appuntamenti di letture uno scrittore sotto processo. In piccoli e grandi centri, in Italia e all’estero, alla pubblica accusa ha risposto la pubblica difesa, spontanea e corale.
Spero non dispiaccia ai miei avvocati Alessandra Ballerini e Gianluca Vitale, che io assegni a queste letture il primato della mia difesa. Poi lo assegno all’editore dei miei libri, Feltrinelli, che ha voluto pubblicare “La Parola Contraria” a un prezzo minimo, utile allo spargimento. Lo stesso succede in Francia, Germania, Spagna
Devo alla stampa estera un’attenzione che costringe quella nostrana a seguire il processo con un imbarazzato sforzo di obiettività.
Comunque vada il caso giudiziario, ho potuto spiegare le mie ragioni.
Per questo non presento appello in caso di condanna. Il mio pacco di sale l’ho sparso sul terreno dell’accusa perché sia inservibile una seconda volta. Non sono il primo scrittore incriminato, desidero essere l’ultimo."

10.7.13

Storia d'amore, di isolamento e di una società che (non) cambia


unione  sarda  10\7\2013  

di ANTHONY MURONI
«Anni fa ho battezzato sette figli di una vedova avuti da due uomini diversi. Pensava di essere in peccato mortale. Ci siamo incontrati, e alla fine abbiamo fatto tutto con due padrini soli. Dopo una piccola catechesi li ho battezzati»*.
Si fa presto a dire misericordia. Eppure nell'Anno Domini 2013 per chi esce dal gregge ci sono ancora poche speranze di una vita normale. Quella di Annagiulia (ma il nome è di fantasia), cagliaritana, cristiano cattolica fino al midollo, un figlio adolescente, un matrimonio in fase di annullamento presso la Sacra Rota, un posto di rilievo all'interno dell'amministrazione pubblica, è cambiata radicalmente qualche anno fa. A rivoluzionarle l'esistenza è stata una freccia scagliata con chirurgica precisione da un Cupido particolarmente in vena di scherzi. «Era il primo giorno del mio pellegrinaggio annuale in una terra che è crocevia del cattolicesimo. Appena il mio sguardo ha incrociato quello di un uomo fin lì sconosciuto, mi sono innamorata». Il fato ha voluto che il sentimento venisse ricambiato all'istante.
Una storia di felicità, letizia e fecondità, a prima vista. Con una piccola complicazione: il bel signore che incontra lo sguardo della sua nuova amata è un sacerdote, anche se veste gli abiti borghesi.
Esercita in una parrocchia molto lontana da Cagliari, in una piccola Diocesi dell'Isola. La sua vita cambia quel giorno, 35 anni dopo essere entrato in Seminario e aver scelto di indossare la tonaca. La storia va avanti in maniera clandestina, parallela rispetto alla vita da parroco, per almeno un biennio. Finché non si rende conto di non poter più convivere con quel segreto e con quell'ipocrisia, al cospetto di Dio e degli uomini. Risolve di andare a parlare col suo vescovo, per annunciargli di aver intenzione di lasciare il suo ministero sacerdotale per intraprendere una nuova vita.
«In quel momento cambia davvero tutto», racconta Annagiulia, «attorno a lui prima, e a me poi, si è aperto una sorta di solco. Siamo stati scomunicati da gran parte dei nostri parenti, alcuni dei quali molto vicini. E il mio nuovo compagno, che desidero diventi presto mio marito, è stato condannato a uno scientifico ostracismo, anzitutto dall'ambiente nel quale ha vissuto per decenni».
Il racconto di Annagiulia, a tratti, ha dell'incredibile: «Pensi che qualcuno, molto in alto, arrivò a suggerirgli di non andare via dalla parrocchia, di evitare lo scandalo. Al massimo avrebbe potuto gestire il rapporto con me in maniera segreta, parallela. Insomma, una cosa ipocrita».
Da poco meno di due anni vivono assieme, incontrando poca solidarietà e trovando più porte sbarrate che socchiuse: «Da un giorno all'altro si è trovato senza sostentamento e gli è stato precluso anche di poter puntare a ottenere un posto di insegnante. Molte delle limitazioni che ci sono piovute addosso risultano incomprensibili. A causa degli iniziali ritardi, anzi dell'inadempienza di chi era preposto ad avviare le pratiche, è stato finora persino privato della dispensa che ha chiesto da molti mesi. Quell'atto, necessario per fargli ritrovare lo stato laicale, gli avrebbe consentito di accedere a un matrimonio religioso e a una nuova vita all'interno della società. Nel frattempo va avanti anche la mia pratica di annullamento, presso il Supremo Tribunale ecclesiastico romano, visto che a Cagliari le cose sono state concluse a tempo di record».
«Lo dico con dolore, se suona come una denuncia o un'offesa perdonatemi: ci sono presbiteri che non battezzano i bambini delle madri non sposate perché non sono stati concepiti nella santità del matrimonio. A me non piace questa visione burocratica della religione, non mi piacciono i sacerdoti farisei. Questi sono gli ipocriti di oggi, quelli che clericalizzano la Chiesa, quelli che allontanano il popolo di Dio dalla salvezza».
Fin qui un racconto che è certamente di parte, figlio di un disagio indotto dalla reazione di una società - anche di quella laica e laicista - che, nonostante i proclami, tarda a uscire da vecchi stereotipi. Nel senso che la non condivisione di una scelta - che è legittimo osteggiare o persino condannare - continua a far rima con emarginazione e indifferenza.
«Eppure sa quanti sono i sacerdoti ancora in servizio che sono nella stessa situazione del mio attuale compagno? Tantissimi, mi creda. Solo che hanno paura di rivelare la loro scelta. Perché sanno che verrebbero condannati all'isolamento. Ne ho conosciuto uno, giusto qualche mese fa, che ha avuto il coraggio di abbandonare la tonaca solo dopo che il figlio nato dal suo rapporto segreto con una donna aveva ormai compiuto un anno».
Ho detto allora ai sacerdoti: «Se potete, affittate un garage e, se trovate qualche laico disposto, che vada! Stia un po' con quella gente, faccia un po' di catechesi e dia pure la comunione se glielo chiedono».
Un parroco mi ha detto: «Ma padre, se facciamo questo la gente poi non viene più in chiesa». «Ma perché?», gli ho chiesto, «adesso vengono a Messa?». «No», ha risposto. «E allora! Uscire da se stessi è uscire anche dal recinto dell'orto dei propri convincimenti considerati inamovibili se questi rischiano di diventare un ostacolo, se chiudono l'orizzonte che è di Dio».
Tutto è cambiato, non solo la vita sociale, le amicizie, l'accesso a un posto di lavoro. «Beh, ad esempio, l'associazione con la quale facevamo i pellegrinaggi religiosi ci ha chiesto, con discrezione e grande educazione, di evitare di iscriverci. Da allora andiamo per conto nostro, mischiati agli altri semplici pellegrini». Non saltano mai la Messa né la domenica né nelle altre feste comandante: «Ma, com'è previsto dagli attuali canoni, non possiamo accostarci all'Eucarestia. Non è sufficiente vivere secondo i dettami della religione, aiutando gli ultimi, perdonando le offese, cercando di non fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi. Il nostro Peccato, per i sommi sacerdoti del Purismo, non è perdonabile. È un qualcosa che ci ha corrotto definitivamente, senza possibilità di poter più accedere né a una vita normale né a un'esistenza a contatto con la religione». Eppure l'ostracismo non arriva solo dai fedelissimi a Santa Romana Chiesa. «Le cose sono cambiate anche per me, persino sul lavoro. Se fino a due anni fa ero al centro di tutte le questioni del mio ufficio, pian piano sono stata messa in un angolo, trattata come una persona da non stimare». Prodotto di una società che si commuove per lo stupendo gesto di un Papa che si scomoda per andare ad accarezzare i migranti che sbarcano avventurosamente a Lampedusa o che condanna l'ipocrisia di una Chiesa opulenta e spesso lontana dai problemi quotidiani della gente. Si commuove, si costerna, s'indigna, s'impegna, ma poi getta la spugna senza nessuna dignità, voltando le spalle a chi ha scelto di uscire dal gregge per assecondare la sua natura o il suo istinto d'amore.
«Ma non tutti ci hanno abbandonato al nostro destino. Ci sono alcuni sacerdoti, anche cagliaritani, che ci trattano come persone, come gente che può essere ammessa alla conversazione e alla condivisione di alcuni importanti momenti. Sono loro a darci la forza di continuare. Di sperare che questo mondo, questa società, questa Chiesa, possano davvero cambiare».
* le frasi in corsivo sono state pronunciate
negli anni scorsi da Jorge Mario Bergoglio,
dal 13 marzo 2013 Papa Francesco

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...