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6.11.24

«Sono l'ultima abitante del paese dove sono nata. Vivo all'antica, coi gatti, senza gas né elettrodomestici. Ma non mi sento sola»

Vive senza gas, elettrodomestici e soprattutto in solitudine. È la storia di Anna, ultima abitante del borgho di Mossale Superiore, in provincia di Parma, che per raggiungere il primo centro abitato e

procurarsi da mangiare impiega due ore a piedi. Anna vive nel paese per tutto l'anno, anche durante l'inverno, nonostante i mille metri di altezza. A farle compagnia ci sono solo i gatti, Anna è sola ma non le manca nulla. La donna ha parlato a la Repubblica della sua scelta di vita. Non ha mai voluto abbandonare il luogo in cui è nata: una decisione forse d'altri tempi, senza dubbio romantica e particolare visto che a Mossale oltre a lei stessa non c'è niente e nessuno. Ha superato i 70 anni, ma la sua forza sembra inesauribile

La vita nel bosco

«Io sono nata qui e sono sempre voluta restare, ma in inverno è dura. In inverno qui non si fa mica niente, bisogna solo farsi il fuoco per scaldarsi. Se mi serve qualcosa, a volte vado a Bosco di Corniglio», ha detto Anna. I suoi spostamenti avvengono esclusivamente a piedi: «Vado piano, sono vecchia, e mi ci vogliono due ore per arrivare. Se però passa qualcuno che mi conosce, allora mi prende su in macchina. C’è l’uomo che porta il pane, ad esempio: magro, alto, dal cuore proprio buono. Lui se mi vede per la strada mi accompagna al bosco. Ogni volta gli dico che vorrei pagargli il disturbo ma mi dice sempre di no, che non vuole nulla. Per fare spesa aspetto un camioncino che arriva da Aulla. Mi porta tutto: pane, pasta, zucchero, frutta e verdura. Ormai non coltivo più l’orto: c’è da tribolare, non ce la faccio. Il tempo non mi manca. Ho bisogno di poco, vivo all’antica». 

Niente gas ed elettrodomestici

In casa non ha gas, elettrodomestici e nessun altro tipo di comfort che per tutti può definirsi scontato. Anna vive all'antica: «Avevamo un televisore ma si è rotto e non lo abbiamo mai fatto aggiustare. Vede quel fascio di rami lì a terra? L’ho messo insieme stamattina. Sono pesanti perché sono ancora bagnati ma li ho presi lo stesso tanto poi si asciugano e si adoperano». L'elettricità in casa c'è ma a causa dei temporali non è mai utilizzabile. A quel punto a fare luce sono le candele, le stelle e la luna. Per cucinare utilizza una stufa a legna

La villeggiatura in estate

Anna ha raccontato come in estate nel borgo di Mossale Superiore ci sia vita, molte persone decidono di trascorrere qualche giorno immersi nella natura, prima di fare rientro in città: «A settembre iniziano ad andare via tutti, chi va a Milano, chi a Varese, chi a Parma. Anche quest’anno, gli ultimi ad andare via sono stati gli inglesi. In estate il paese si riempie e torna vivo, un po’ come quando ero piccola». 
L'infanzia

Ad Anna viene chiesto quali sono i suoi ricordi d'infanzia a Mossale, quando il borgo era ancora popolato: «Una volta qui avevamo le mucche, veniva il cascinaio a prendere il latte per portarlo giù al caseificio. Da bambina sapevo badare alle mucche e facevamo il formaggio. Non è facile, bisogna essere capaci. Quando ero piccola andavo a scuola a piedi, giù a Mossale inferiore: eravamo un gruppetto di quattro o cinque bambini, partivamo presto al mattino per arrivare in tempo alle lezioni. Dopo scuola, c’era la refezione, ci davano a tutti il pranzo, poi si andava a dottrina. Eravamo liberi, stavamo fuori tutto il giorno: sono ricordi belli. Ma anche se sono rimasta da sola, non mi sento sola: mi perdo nel fare tante cose e tiro avanti. A volte mi dicono di prendere un cane. Ma un cane no, non lo voglio, perché dovrei badarci e non ce la faccio. E poi, proprio sola non sono: vede, loro stanno sempre con me, mi vengono sempre dietro queste due bestioline», dice riferendosi a dei gatti. 

11.8.23

Benita di © Daniela Tuscano

IL condominio ha i mattoni a vista, cupi, tristi. Ma in questo scorcio d'estate dànno una piacevole sensazione d'ombra. Benita è la donna alla finestra, la prima. Si affaccia direttamente sul viale, una zanzariera la separa dal mondo. Protezione che reclude: "Sono qui in

prigione", si lamenta dopo avermi fermata per
strada. Cerco d'intravedere l'interno, forse un corrimano, ma non è una casa di riposo e lei ne possiede le chiavi. Indossa lo stesso scialle di certe mie remote zie, un occhio è semichiuso, l'altro emana una luce azzurrina che si espande sulla pelle, fresca e sottile. In altre età Benita doveva esser stata affascinante. Altre vite l'hanno vista a Forte dei Marmi, di dov'è originaria e che rimpiange, con quello sguardo dei vecchi indistinto ma vero, contenente le spume del Tirreno, lunghe passeggiate, abiti di percalle, automobili da corsa, ammiratori e persino quel nome così duro e rivelatore. Illusione di padre - ne sono sicura, lo scelse lui -, e poi il matrimonio, il figlio "lavoratore di qua e di là", un nipote in Brasile ora ventenne e mai conosciuto, "mi ha promesso che viene, viene, ma non arriva mai". A Benita oggi resta la sponda sul viale e il dialogo con una sconosciuta, che appena la tocchi va di fretta, poi concede un attimo di tempo (da piccola, invece, coi vecchi parlava per ore), poi si prende un bacetto dalla zanzariera, e sente la frescura di quelle mani da bimba antica, rinverdite d'innocenza. La famiglia e i parenti non salvano dalla solitudine, nelle vite mediane c'è troppo, e ti spogli pian piano, da dentro. Ma sei ancora al mondo, assetata d'un futuro grande quanto una noce, e ti affacci a una labile speranza. Forse domani quella sconosciuta passerà, e verrà a trovarti. Te l'ha promesso.



© Daniela Tuscano

17.1.23

solitudine




"Bisogna essere molto forti per amare la solitudine"!
Già è proprio così. Tale condizione è direttamente connessa e proporzionale alla quantità e alla qualità della verità o delle verità che fai emergere dall'oscurità sebbene risulti celata da abbaglianti quanto potenti distraenti ipocrite lucine.
Più verità equivale a più solitudine e più solitudine equivale a più drastiche decisioni rispetto alla società e, inevitabilmente, alle anime che la nutrono. La mia solitudine, perlomeno così la
percepisco, non è una condizione imposta dal fato, ma libera consapevole amorevole scelta che arricchisce "il mio sacro poco". Perchè alla fine di questa impegnativa corsa che è la vita, non lasceremo altro che un misero "poco" di polvere e se quel poco sarà ritenuto da alcuni "sacro", dipenderá solo da noi, dal come abbiamo corso o rincorso la vita e sopratutto per arrivare dove (!?)." che in mezzo a tutta quella gente mi sentivo solo......"

***** Da questa sua discertazione sulla verità trapela un malcelato pessimismo piuttosto che una dichiarata solitudine. La penso un po diversamente da lei nella fattispecie. Consapevole di vivere una società malata che ribalta il senso delle cose e il significato delle parole, credo che la ricerca in assoluto della verità non faccia sentir soli ma anzi ho certezza che, nonostante spesso appaia il contrario, siano tanti coloro i quali, credono, cercano e vogliono che la verità emerga e trionfi. Sicuramente ci vuole coraggio e a lei questo non manca, visti i suoi post ed commenti , ciò deve darle la carica con la consapevolezza di essere apprezzato dai più e snobbato dai soliti pochi che occultano sistematicamente la verità per rincorrere un misero quanto effimero vantaggio personale.

Hai ragione infatti è un post vecchio è un pessimista . Infatti ho ed in parte ci sono riuscito a trasformare la solitudine in risorsa come suggerito da un famoso monologo



ma preferisco essere amato da pochi che ipocritamente elogiato

****** capisco

3.1.23

Bari, 23enne paralizzata e in coma partorisce un bambino al Policlinico: ora è fuori pericolo e sta recuperando la mobilità ed altre storie


da  repubblica


Bari, 23enne paralizzata e in coma partorisce un bambino al
Policlinico: ora è fuori pericolo e sta recuperando la mobilità

La ragazza di origini tarantine era alla 35esima settimana di gravidanza quando è stata trovata svenuta sul pavimento dai familiari a causa della rottura di una malformazione artero-venosa cerebrale. Il piccolo sta bene dopo alcuni giorni in Neonatologia e la mamma sta recuperando la funzionalità cognitiva e motoria


Paralizzata, in coma e alla 35esima settimana di gravidanza, è riuscita a portare a termine la gravidanza grazie alle cure ricevute al Policlinico di Bari. La donna, ventitré anni di origini tarantine, era stata rinvenuta dai familiari svenuta sul pavimento della sua abitazione a causa della rottura di una malformazione artero-venosa cerebrale. Intubata e stabilizzata a Taranto è arrivata al Policlinico di Bari per la presa in carico dell'unità operativa di medicina fisica, riabilitazione e unità spinale unipolare diretta dalla professoressa Marisa Megna. "È riuscita a portare a termine felicemente la gravidanza", spiega la professoressa Megna. "Ciò anche grazie alla collaborazione interdisciplinare dei colleghi di ginecologia e della neonatologia e terapia intensiva neonatale. Il bambino sta bene e la mamma, faticosamente ma con costanza, sta recuperando la sua funzionalità cognitiva e motoria", aggiunge. Il team di ginecologi dell'unità operativa diretta dal professor Ettore Cicinelli, ha eseguito tutti gli esami nel reparto di medicina fisica e riabilitativa, poi il parto cesareo è stato programmato. Il bambino è stato poi ricoverato per alcuni giorni nella neonatologia e terapia intensiva neonatale diretta dal professor Nicola Laforgia. Quando si è ripresa dal parto, lo staff della professoressa Megna l'ha sottoposta alla stimolazione transcranica a corrente diretta che prevede l'utilizzo non invasivo della corrente elettrica a bassa intensità per favorire la neuromodulazione delle zone dell'encefalo deputate al linguaggio e al movimento. "È stato emozionante e commovente vedere la donna muovere il braccio e la mano destra, abilità in precedenza venuta meno come conseguenza dell'accidente cerebrovascolare. La paziente è giovane, ha ampie possibilità di recupero", auspica la professoressa Megna.



Invece delle figurine del presepe, marijuana sottovuoto: indagano i carabinieri

31.8.22

la malinconia può essere preziosa [ parte I ] - autunno 2022

in sottofondo 
La Malinconia Luca Carboni

"A settembre succedono giorni di cielo sceso in terra. Si abbassa il ponte levatoio del suo castello in aria e giù per una scala azzurra il cielo si appoggia per un poco al suolo." Erri De Luca🌾🌾🍂🍁🍇

 

Di solito  tutti gli anni vedevo il periodo che va dalla fine d'agosto ai primi di   Settembre  il nono mese dell'anno secondo il calendario gregoriano ed è il primo mese dell' autunno nell'emisfero boreale 

ed il primo della primavera nell'emisfero australe   come  qualcosa  di malinconico  \  triste   e   ritorno al solito tram tram   \  routine  .   Come testimonia      la striscia     dei fumetti di penauts  riportata   sotto  .   Ma  stavolta ,  cazzeggiando  in rete  ,  grazie  alla canzone    suggerita     che si sente in sottofondo   e ad  una  storia     di  un  mio  contatto  di facebook   , ne  ho  scoperto  l'utilità  un altro lato .  infatti posso dire  almeno.per quest'anno  che , come un famoso film  Odio l'estate  , la mia stagione insieme alla primavera preferita .   Mi ci vuole   un po' di malinconia per  archiviare    un estate  di  merda   fra  covid  ,  afa , lutti  ,  noia ,  una   campagna  elettorale   violenta  ed  aggressiva   fatta :  d'insulti,  fakenews   demagogia  ed  propaganda  .   Infatti   come dal titolo del post  la malinconia in   certi momenti  può essere  preziosa 

 Peanuts 2022 agosto 29 (ilpost.it)


  
Con un felice paradosso il celebre scrittore Victor Hugo definì la malinconia “la gioia di sentirsi tristi”. Una gioia difficile da afferrare, legata spesso ad un dolce indugiare nella propria fantasia volto a ricercare non di rado una bellezza, un qualcosa, dai contorni sfumati: un amore che non è mai arrivato realmente, un sogno nel cassetto a cui si guarda con un piacevole mix di desiderio e rassegnazione. A differenza della nostalgia, nella quale si soffre per l’assenza di un passato ben specifico, la malinconia rimane uno stato d’animo di fondo maggiormente indeterminato. Un cuscino morbido, nel quale trovare un certo ristoro. “I migliori momenti dell’amore sono quelli di una quieta e dolce malinconia dove tu piangi e non sai di che , e quasi ti rassegni riposatamente a una sventura e non sai quale”, scrive Giacomo Leopardi nello Zibaldone con parole non lontane dal “naufragar m’è dolce in questo mare” che ritroveremo nella lirica più celebre, L’Infinito, dello stesso Leopardi. Per altri poeti ....  segue in   << Malinconia e Melanconia Psicologo Dott. Luca Zucconi Frosinone e dintorni  >>  ( su  psicologofrosinone.it)


benvenuta quindi nalinconia   


 

18.11.21

cosa è la felicità ?

  dialogando   con  *****  su   cosa   è  la  felicità  e   i suoi limiti 


 mi    viene  da  canticchiare  una canzone  della mia infanzia il cui  ritornello è  : 


[..] Senti nell'aria c'è già
la nostra canzone d'amore che va
come un pensiero che sa di felicità.
Senti nell'aria c'è già
un raggio di sole più caldo che va
come un sorriso che sa di felicità.

 su   https://lyricstranslate.com il resto del testo



Mentre cercavo il testo della canzone citata , a voi indovinare o andare sull'url per sapere o ricordare , visto che sono famosi nonostante siano passati 40 anni dalla prima esecuzione , chi sono gli esecutori ho ricevuto la notifica di un account che seguo che riportava la storia che trovate sotto
Quindi credo che la risposta sia in storie come queste perchè ci sono persone che scelgono di Vivere la propria vita seguendo un percorso non lineare perchè << la retta è per chi ha fretta >> che sono felici di vivere in questo mondo ma non appartenerci. La speranza sono le Persone che ancora hanno voglia di non arrendersi e trovare anche nella malattia del partner la forza di vivere ed accettarla

Ed  ecco la storia  d'oggi 


Lei è Alketa. Nasce a Kavaje, in Albania, nel 1993. Abita con la nonna e la mamma. Il suo papà è in Italia, ogni tanto manda una busta con i soldi, ma non bastano mai. Alketa non ha coperte per la notte, i suoi vestiti cadono a pezzi, i giocattoli non sa neanche cosa siano. Ha 4 anni. La porta di casa si apre. Il padre è tornato, le ha portato in regalo una bicicletta. Alketa piange di gioia. La bicicletta che Alketa ha ricevuto dal papà, era il primo gioco che avesse mai avuto, e anche la prima bici di tutto il villaggio.
Ma le sorprese non sono finite. Il papà dice che arrivato il momento di andare in Italia, tutti e tre

 


insieme. Alketa è felice, la famiglia è finalmente riunita, anche se la nuova realtà non è tutta rose e fiori. Condivide una casa con altre persone, le stanze sono sporche, si dorme ammassati, ci si lava in un catino. Quella vita dura un anno, poi cominciano traslochi e viaggi della speranza. Alketa rimpiange la sua casetta, la sua nonna, si sente una naufraga nel mare in tempesta. Dopo tanto girovagare, si stabiliscono a Monza. Mamma e papà lavorano tutto il giorno, Alketa cresce sola. Niente sport, uscite con gli amici, vestiti solo regalati. Ha 19 anni. Conosce un uomo. Si chiama Stefano, è un po’ più grande di lei, ma è buono, e affettuoso. Tra le sue braccia Alketa si sente al sicuro. Finalmente ha uno scoglio a cui aggrapparsi. Mette insieme i pezzi della sua vita, trova un lavoro, una casa, si gode un po’ di serenità. Dura due anni, poi Stefano non si sente bene.



 I medici parlano di sclerosi multipla. Alketa boccheggia, ancora una volta è in balia delle onde. Stefano la guarda negli occhi. Amore, sei giovane, non sprecare tempo con me, vai, vivi la tua vita. Alketa è sfinita, ma questa volta punta i piedi. Ha trovato il suo posto, e lo difenderà con le unghie e con i denti.

Stringe Stefano a sé. Io non ti lascio neanche morta. Anzi sai cosa ti dico? Sposiamoci! Lui è spiazzato, piange, ride. In meno di un anno sono marito e moglie. Affrontano insieme la tempesta, compatti, coraggiosi. Poi un giorno, compare un raggio di sole. Si chiama Alice, ed è la bambina più bella del mondo. Alketa prende sua figlia tra le braccia, guarda suo marito, la loro casa. Ha impiegato 28 anni, ma alla fine l’ha trovata. Sì, quella è la sua felicità.

7.9.21

Cari No Vax, mio figlio è da solo in ospedale: ecco perché questo riguarda anche voi"di Zita Dazzi

 ha  giorbnalista  in questione   ha ragione  . Ma  dimentica   del  fatto     che se   il  virus  si diffonde   non è    , anche  se  hanno una  maggiore  responsabilità   nella  diffussione ,  colpa   dei non  vaccinati  , ma  dei   Vaccinati  imprudenti    che     sono convinti   che   una  volta  fatto il  vaccino   siano liberi di  ritornare  a fare la  vita  di prima  senza mascherina  e distanziamento  .  





"Cari No Vax, mio figlio è da solo in ospedale: ecco perché questo riguarda anche voi"di Zita Dazzi




La giornalista di Repubblica Zita Dazzi spiega il tweet che le ha attirato messaggi d'odio sui social: "I medici ci hanno detto che con tante persone che non si vaccinano, giovani e meno giovani, persone che contraggono il Covid in maniera asintomatica, non si possono far entrare in ospedale nemmeno le persone vaccinate, per le quali sussiste un piccolo, ma non trascurabile margine di rischio di infettarsi, anche in quel caso in modo asintomatico"

07 SETTEMBRE 2021

Cari no vax, cari manifestanti contro il green pass obbligatorio, vi scrivo da un grande ospedale milanese, dove sto assistendo mio figlio 16 enne, colpito per la seconda volta in un anno e mezzo da una patologia importante, che non ha nulla a che vedere col Covid. Vi scrivo perché proprio da questa stanza nella quale il ragazzo - e io con lui - è recluso da due settimane abbiamo guardato le immagini delle vostre proteste in piazza. Vi assicuro che, viste da qua, le vostre battaglie appaiono ancora più surreali che viste da fuori. Io ho il massimo rispetto per i dubbi e le paure altrui, capisco che le persone chiedano alla scienza di spiegare effetti e benefici dei vaccini. Ma credo anche nella forza dei numeri, che stanno dimostrando come i vaccini siano l'unica arma utile al momento per combattere il coronavirus.
È la seconda volta che mio figlio è ricoverato e vi assicuro che le restrizioni oggi non sono molto diverse da quelle che ha subito durante il ricovero nell'aprile 2020, nel pieno della prima ondata. In effetti il virus, fuori continua a circolare, e questo anche grazie al fatto che c'è tanta gente che non si vaccina e che continua a far camminare l'infezione con le sue varianti. Vorrei dunque chiedervi di fare uno sforzo di immaginazione per capire che cosa provano i pazienti - i ragazzi come il mio, ma anche i tanti adulti, e gli anziani - chiusi negli ospedali, impossibilitati a ricevere visite dai familiari, a causa della circolazione del Covid 19 che continua imperterrita a distanza di 17 mesi. Chi deve stare in ospedale a lungo, soprattutto in reparti delicati come quelli della Pediatria, anche se ha ricevuto già due dosi di vaccino, anche se ha il green pass - com'è nel caso di mio figlio - non può vedere nessun parente, anche se si tratta di persone che hanno il certificato verde.
"Volete sapere perché? I medici ce lo hanno spiegato"
Volete sapere perché? I medici ce lo hanno spiegato: "Anche se voi siete vaccinati, anche se lo sono gli altri vostri familiari, a causa della situazione che c'è fuori dall'ospedale, dove il virus continua a circolare, con 5mila contagi al giorno, che ora rischiano anche di aumentare, non si possono ammettere ingressi di esterni. Non si possono introdurre persone che magari inconsapevolmente potrebbero fare entrare il Covid in corsia. Non ci possiamo permettere focolai in reparti dove ci sono pazienti immunodepressi, sottoposti a terapie pesanti. E purtroppo, con tante persone che non si vaccinano, giovani e meno giovani, persone che contraggono il Covid in maniera asintomatica, non si possono far entrare in ospedale nemmeno le persone vaccinate, per le quali sussiste un piccolo, ma non trascurabile margine di rischio di infettarsi, anche in quel caso in modo asintomatico".
Sono argomentazioni chiare e per me completamente condivisibili, quelle che ci hanno riferito i medici del grande ospedale milanese dove mio figlio (e io con lui) è recluso da molti giorni con la prospettiva di stare dentro diverse altre settimane.
"Voi, quando manifestate, pensati a chi subisce le conseguenze della pandemia?"
Ma voi, quando andate a manifestare e inalberate i vostri cartelli contro la dittatura sanitaria, ci pensate a chi subisce le conseguenze di questa pandemia che non finisce mai? Voi che rivendicate la vostra libertà di non vaccinarvi - e quindi magari di ammalarvi e di contagiare altri - ci pensate mai a tuti quelli che non hanno la libertà nemmeno di vedere un fratello o una sorella durante mesi difficili di terapia e di attesa di una guarigione? Ci pensate mai ai medici e agli infermieri che da un anno e mezzo devono lavorare in queste condizioni, mentre voi si sciacquate la bocca con la vostra libertà di non vaccinarvi?
Io sono sempre stata a favore della libertà di pensiero, ho sempre ammirato chi non accetta spiegazioni semplicistiche e imposizioni dall'alto. Ma credo che alla mia libertà esista sempre un unico limite: il limite è quello del punto dove iniziano le libertà degli altri. Lo ha detto molto meglio di me il Capo dello Stato, Sergio Mattarella: "Vaccinarsi è dovere morale e civico. Non si invochi la libertà, chi si sottrae mette a rischio la vita e la salute degli altri".
Aggiungo solo a queste parole perfette, una mia piccola considerazione da mamma: prima di andare a fare la prossima manifestazione con quegli insensati, vergognosi richiami alla Shoah, pensate un attimo alle persone chiuse in ospedale. Agli anziani e ai bambini che rischiano di ammalarsi perché tanta gente non si vaccina. Solo un attimo. Grazie.

20.7.21

etica e mass media La morte di Libero De Rienzo Per favore: facciamo silenzio

 Lo posso dire? Sono certo che gli iscritti alle appendici social del blog e a questro blog - noi appassionati all’idea di un pensiero libero, se necessario controvento - capiranno e saranno d'accordo . Premetto che non a parte , il film su Siani nonn ho visto altro e non sono un suo fans ma Con tutti i dubbi del caso, ma lo dico: questa corsa frenetica a tutti i costi ad individuare come sia morto l’attore Libero De Rienzo se : assumendo cocaina o eroina, oppure stando in casa da solo senza assumerla, in gruppo , forse depresso e sfiduciato, oppure in preda ai tormenti di un animo sensibile, mi suscita come tutte le morti giovani famosi o non famosi un serio e profondo disagio.

Concordo con quanto ha scritto il giornsalista  Fabrizio Peronaci Amministratore del grupo facebook GIORNALISMO INVESTIGATIVO

 
 Così come da anni, nel mio lavoro di ogni giorno al “Corriere della sera”, cerco di tutelare l’identità e la scelta terribilmente intima di chi si toglie la vita, analogamente avrei preferito
che fosse stato fatto sulla fine di Libero.
Un emozionante, assorto, rispettoso silenzio.
Raccontare i dettagli (importantissimi per la disamina di fatti di cronaca complessi) in questo caso non aggiunge nulla e toglie moltissimo. E può produrre danni neanche lontanamente immaginabili: Libero aveva - e ha tuttora - due figli piccoli. Da difendere, amare, proteggere.
Ciao Libero. E grazie per aver fatto rivivere Giancarlo Siani.

lasciamolo  in pace  per  rispetto  della  sua  famiglia   

21.4.20

non sempre far niente è ozio

Enzo Bianchi - Wikipedia
vedo che @enzobianchi7 saggista e monaco laico ha fondato la Comunità monastica di Bose in Piemonte( foto a SINISTRA ) nel suo editoriale su repubblica del 20\4\2020 che trovate sotto

                    È tempo di fare niente

                       di Enzo Bianchi
Sono ormai trascorsi oltre quaranta giorni di “vita altra” per la maggior parte di noi: una vita in casa, ore da trascorrere in pochi metri quadrati e, per molti, di solitudine.
Abbiamo dovuto inventarci “cosa fare”. Molte sono state le modalità per tentare di sfuggire alla noia e occupare il tempo e lo spazio in cui siamo costretti. Stare davanti alla tv, navigare per ore sul web, esercitarci in cucina per rallegrarci con piatti non quotidiani, impegnarci in lavori di pulizia o riordino della casa… Ormai siamo assaliti dalla febbre della ripresa, tutti pronti a ricominciare a lavorare e a tornare, pur lentamente, alla vita di prima.
Dimenticheremo presto la sensazione che abbiamo acquisito come consapevolezza e abbiamo magari ripetuto a noi stessi e agli altri. Sensazione ben espressa da Mariangela Gualtieri, con una poesia che rimarrà come il canto del gallo nell’ora della presa di coscienza e di un possibile pentimento: «Questo ti voglio dire: ci dovevamo fermare. Lo sapevamo.
Lo sentivamo tutti ch’era troppo furioso il nostro fare».
Fermarsi, dimorare, restare nella quiete: è importante anche “fare niente”! So che è difficile tessere l’elogio del fare niente nella nostra società, eppure prendersi del tempo per fare niente non è un vizio, non è l’ozio che si nutre di pigrizia, accidia e mancanza di vigore. No, è tempo dedicato con precisa intenzione e volontà al fare niente. La tradizione spirituale monastica lo sa bene: Nihil laboriosius quam non laborare,
“Nulla è più faticoso del non lavorare”. C’è un fare niente che è una situazione feconda: attitudine che la filosofia ha sempre investigato, dagli antichi greci, a Cicerone, Seneca, Agostino, fino a Bertrand Russell.
“Fare niente” significa metterci in silenzio e solitudine, anzitutto per prendere coscienza dell’esercizio dei nostri sensi e delle loro connessioni con quanto ci circonda.
La nostra mente allora si ribella con i suoi mille pensieri, ma occorre avere pazienza e persistere nel fare nulla, in silenzio e solitudine. Poco a poco si fa largo in noi una certa quiete, si spegne l’ansia, cominciamo a sentire che abitiamo un corpo, che dal profondo giungono altre voci; anzi, scopriamo che “non c’è creatura senza voce”. Si vedono le cose in modo diverso, si diventa contemplativi, nel senso che si guardano persone e cose con un altro occhio, che spesso dimentichiamo di avere.
Questa non è passività né evasione dall’impegno ma è la condizione per assumere con responsabilità il rinnovato impegno. All’aria aperta, immersi nella natura che sta rifiorendo, su un balcone, o nella penombra di una stanza, questo fare niente è sempre possibile. Si afferma abitualmente che questa attitudine aiuta ad habitare secum, ad abitare con sé, ma l’esperienza m’insegna che ciò aiuta soprattutto a tessere relazioni vere con gli altri e con il mondo. Fare niente porta al quieto e gratuito pensare, ad aguzzare l’intelligenza, a esercitare il discernimento. Paul Celan profetizzava: «È tempo che sia tempo». È tempo per fare niente.

 ha  percepito  quanto  già diceva  de  andrè



nell'introduzione ad  Anime Salve  il suo   purtroppo  ultimo album  

“Gli alberi solitari, se crescono, crescono forti.” Sir Winston Churchil

11.8.19

anche dal soli si sta bene






A chi mi chiede come sta andando la mia estate ( salvo eccezioni 2/3 senza matusa ... Ehm .... Genitori con amici in tutta la stagione estiva ) . . Ho scoperto la bellezza della solitudine e che non si è mai soli con la propria solitudine .... Non Mi sto rincoglionendo o non sono ubriaco o dovrei lasciare la tazza 🍺🍻🍷 come mi hanno suggerito in alcuni precedenti post . Ma ho scoperto la bellezza della solitudine \ il lato positivo della solitudine e che non si è come dicevo nelle righe precedenti mai soli con la propria solitudine e come dicono due poeti qua sotto



Cio non vuole dire che ami completamente   la  solitudine  ma : << sostanzialmente quando si può rimanere soli con se stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante, e il circostante non è fatto soltanto di nostri simili, direi che è fatto di tutto l’universo: dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addittura che si riescano a trovare anche delle migliori soluzioni, e, siccome siamo simili ai nostri simili credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri. >>  Ma  sopratutto   sto   cercando come consigliato   (   vedere  slide  a   sinistra  ( )  da una storia  di  contatto  di  Fb     d'accettarla  

<<  Con questo  >>   come diceva  un poeta   di cui  quest'annoi ricorrono i  20  della  morte   ( vedere il  2  video  sopra  o  )  << non voglio fare nessun panegirico né dell’anacoretismo né dell’eremitaggio, non è che si debba fare gli eremiti, o gli anacoreti; è che ho constatato attraverso la mia esperienza di vita [ fin qui vissuta  aggiunta  mia ] , ed è stata una vita (non è che dimostro di avere la mia età attraverso la carta d’identità), credo di averla vissuta; mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, invece l’uomo organizzato [  e  totalmente perfetto e preciso  aggiunta mia  ]mi ha sempre fatto molta paura. >> . ora leggendo    questo post  ,  voi  miei  10 lettori    fissi  direte  . che sia   solo perchè .... non voglio  ......   e mi suggerisce  questa orripilante versione di gigi de Agostino  della  già melensa e deprimentecanzone  omonima  di Laura pausini   .
Certo  c'è anche  quel fattore    sarebbe  assurdo e da stolti negarlo   ,ma    a  ciò    ci  ho fatto il callo  perchè    non vedo    necessario  per  amore   essere  legato  per   forza   ad  un rapporto  . E  ma principalmente    è dovuto   al  fasto  che   sono  uno  spirito libero   ma questo lo sapete  se  mi seguite    anche sui  social  oltre  che  su queste pagine  .  Ma per il momento   : <<  ( ..,. )   Ho troppe ferite e le mie gambe sono stanche \ Ho le palle piene e i piedi fumanti \ Ma c'è un gioco da fare e una ruota che riparte \E un vagabondo sa che deve andare avanti >> (  Il vagabondo stanco -  Modena City Ramblers  )  .  Infatti  nonostante   tutto   si deve  andare  avanti  come    dice   questa bellissima (   e   piena  di speranza  )    riflessione  , sull'aprire il cuore nonostante tutto,al di là dell'aridità di chi si incontra  , di 

Francesca Pau
8 agosto alle ore 14:20Incontri, dialoghi, confronti, condivisione con sensibilità preziose, schiaffi presi e mai resi. Volare sopra i deserti attraverso quei gesti di gentilezza militante per lasciare scolpire un paesaggio che sia nostro ogni volta che ci si sente soli, ogni volta che ci si sente impotenti. C'è sempre qualcosa che cambia il corso della vita, è come un fiume che ad un certo punto deve trovare la forza di raggirare una montagna e lì sta tutto il coraggio di reinventarsi, di ridisegnare un sorriso che diventa la fonte di una nuova alba.......

Io   mi riferisco ad  un  altro tipo di solitudine  quella   creativa    vedere mia  foto  . In quanto  a causa   delle  responsabilità  familiari ( matrimonio e  figli  o  farsi carico  dei  propri vecchi non più autosufficienti  , ecc  ) tue  o  dei  tuoi amici  e  grane varie  non sempre  si  può uscire   con amici  

L'immagine può contenere: una o più persone, persone sedute, albero, tabella, spazio all'aperto e natura



Ma soprattutto a quella Screenshot  citato nelle  righe sopra  sinistra   che sto iniziando ad accettare  in vicinanza    della   ormai   , SIC  ,   sempre  più prossima  vecchiaia  ...  ehm...  fine  della  giovinezza   anagrafica   come   sembrano      voler  dire  queste  due  canzoni  : 




  che      finendo lascia     spazio  alla  più ottimista   ma  simile   



anch'essa    nella mia play  list  quotidiana  

28.6.15

Nessuno tocchi l'amore


 Molti, ieri, hanno colorato i loro profili fb d'arcobaleno. Non sottovaluterei certi segnali: per chi è solo, o escluso/a, sono importanti. E proprio questo intendo sottolineare: la solitudine, o meglio l'isolamento, che a differenza della prima non ha alcuna valenza positiva. Per tanti ancora, partecipare al Pride ha significato questo: uscire dall'isolamento, dal peso opprimente d'uno stigma sociale, 

psicologico, umano. Ma come? Ancor oggi, coi media che sembrano tutti dalla tua parte, con divi/e che sgomitano per apparire più gay friendly possibili (e, spesso, solo per un tornaconto economico)? E persino gli ambulanti indiani hanno capito l'antifona, se, come mi è capitato di veder ieri, si mettono a commerciare stole di piume rosa, bandane colorate e cappelli glitterati... Ma le prigioni, te le porti dentro; gli eccessi, intollerabili per alcuni, sono solo un grido muto, ineffabile. E' un peso di anni, di secoli, e non si abbatte con le leggi. Non è mia intenzione aprire dibattiti sugli ultimi avvenimenti d'America (benché preferisca occuparmi di coloro cui nessuno pensa, le donne, i cristiani e i gay del Medio Oriente trucidati dall'Is, ad esempio). Dico soltanto che vivere nel fiume carsico delle città, delle persone, dei vissuti a volte laceri a volte gioiosi, sempre diversi, sempre così impantanati di scorie, smog dell'anima, è l'unico modo per uscire dal recinto della superbia. L'unica maniera per dialogare, sentirsi relativi e lasciar cadere da sé l'odio e la diffidenza. I quali, quand'anche difendessimo la migliore delle cause, non sono mai buoni consiglieri. Occorre, insomma, partire dall'amore. Non dalla semplice emotività, che è irrazionale, ma dall'amore, che può essere comandato, incistandosi in una fitta trama d'elaborazione intellettuale, spirituale, etica. La fiducia non è ingenuità, ma uno specchio leggero che offre a tutti noi un pianoforte di salvezza.

                                  Perla Rossa

10.12.14

Muore da solo in ospedale, è colpa della privacy Inglese colpito da ictus: non ha parenti, i medici tengono lontani gli amici

Leggendo   la  storia   della nuova  sardegna del  10\12\2014  . che trovate sotto , capisco  perchè la gente  s'avvicina  di più al  qualunquismo e populismo . Ma soprattutto    raforza  in me  le tendenze libertarie  \  anarchiche  , anche se  ancora   rimango legato \ credo , ma anciora per  per  poco , al valore  del voto  . Mi chiedo inoltre , ma perchè  c.... [ scusate  ma qudo ci vuole ci vuole ] di legge è quersta sulla privacy . ma aboliamola tanto crea solo danni e rotture di balle . Tanto è solo una panacea visto che anche se c'è la privacy le telefonate moleste di spam le ricevi lo stesso  e tutti sanno tutto di  tutti  , visto che  i primi a chiederla sono gli stessi che su facebook  la " violano  " parlando  dei  ... loro  anche privati .  Prima di lasciarvi    all'articolo vorrei aggiungere :  che questo è il paese dove di norma le leggi vengono calpestate quando c'è la convenienza di farlo. Si diventa rigoristi solo quando non c'è in ballo il proprio tornaconto personale. Do ragione  a  questi commenti esopressi  sul sito  di huffingpost.it  più  precisamente qui in quest'articolo 

Giorgio Giordano · Top Commentator · Politecnico di Torino
Parafrasando Marie-Jeanne Roland de la Platière : Privacy quanti delitti si commettono in tuo nome! Da quello - piccolo - di non esporre, in certe scuole, i tabelloni con gli esiti degli scrutini a quello - ben più grave - di fare morire in solitudine un essere umano.
  • Raffaele Rosi · Top Commentator · Politecnico di Torino
    Sig. Giordano: aggiungiamo il non pubblicare i nomi di chi viene condannato? Oppure quello degli evasori? Tutta 'sta privacy, e poi spiattellano in giro sui social network QUALUNQUE cosa personale... Finanche il colore delle mutande che mettono...
    Saluti, Raffaele
  • Raffaele Bilotta · Top Commentator · Università degli Studi di Palermo
    Raffaele Rosi La privacy sembrerebbe come la pelle di certe cose! Ma siamo sicuri che non sia,invece,ignoranza e/o vigliacco scarico da responsabilità?
SASSARI.
 È morto solo, in un letto dell'ospedale di Thiesi dove era stato trasferito dopo un ricovero di alcuni giorni all'ospedale civile di Sassari a causa di un ictus. Solo. Perché la legge sulla privacy che dovrebbe tutelare il diritto alla riservatezza a volte può ritorcersi contro chi preferirebbe forse stringere la mano di un amico, piuttosto che vedersi tutelato da un muro di silenzio sulle sue condizioni fisiche e sul suo trasferimento da un reparto ad un altro, da un ospedale a un centro di riabilitazione.

                                                     L'ospedale di Thiesi

 
È la storia di David Paul Bollard, collaboratore esperto linguistico di inglese, deceduto il 22 ottobre scorso a 60 anni, dopo una vita dedicata all'insegnamento. Il docente di origine britannica era a Sassari da una vita. Solo oggi, dopo un mese e mezzo, i suoi amici, i suoi colleghi e i suoi tantissimi studenti potranno dargli l'ultimo saluto. Alle 15.30 nella cappella del cimitero ci sarà una breve funzione prima della tumulazione. Fino a pochi giorni fa del suo corpo si erano perse le tracce: la privacy lo aveva fatto sparire. Una vicina di casa aveva provato a buttare giù a spallate il muro della riservatezza e della burocrazia, senza risultato: «David è morto la notte tra il 21 e il 22 di ottobre, ci conoscevamo da più di 25 anni, non eravamo amici, solo vicini di casa. Si scambiavano due chiacchiere per le scale, niente di più».
E proprio nell'androne delle scale che a metà ottobre la donna lo aveva trovato accasciato, soccorso dai suoi studenti che lo avevano accompagnato a casa pensando a un semplice malore, ma che viste le condizioni peggiorate avevano chiamato l'ambulanza del 118. «Io stavo andando a lavorare, ma mi sono fermata con loro. David non riusciva a parlare, aveva difficoltà a coordinare i movimenti, si stava agitando. Ho lasciato ai paramedici il mio numero di cellulare, dando la mia disponibilità in caso di bisogno, lo stesso hanno fatto gli studenti». Da quel momento la situazione è diventata grottesca. Il docente britannico non aveva parenti prossimi in vita o facilmente rintracciabili. Nessuno che potesse decidere per lui.Tramite conoscenze in ospedale la vicina di casa viene a sapere che David ha avuto un ictus, non è in grado di ricevere visite, anche perché sedato a causa di crisi di agitazione. La donna continua ad andare in ospedale inutilmente: «Tutti, dagli infermieri ai medici, perfino al primario, mi ripetono solo l'odiosa parola privacy». La gestione del caso è affidata ai servizi sociali e a un tutore legale.
«Faccio presente che David non è un barbone, ha un lavoro e una casa, ci sono persone disposte ad aiutarlo». Il 22 ottobre la vicina riceve la notizia che il docente è deceduto. «Mi viene detto: complicazioni. Ovviamente la privacy fa il resto. Vengo anche a sapere che da tre giorni era stato trasferito a Thiesi in un reparto di lunga degenza, per la riabilitazione. Nel pomeriggio, ricevo la visita di due assistenti sociali, mi chiedono se ho le chiavi di casa di David, vorrebbero dei vestiti. A questo punto mi arrabbio, dico alle due donne che è un po' tardi per farsi vedere, che le chiavi di casa David le aveva con sé quando è stato caricato in ambulanza, che se ci avessero permesso di aiutarlo forse tutto questo non sarebbe successo. Che lo hanno lasciato morire come l'ultimo degli ultimi».
Dopo la privacy ci si mette la burocrazia. Per qualche giorno il cadavere del docente rimane in ostaggio a Thiesi. Quelli senza nessuno come lui vengono sepolti nel comune in cui sono deceduti. Ma il funerale non si può fare prima delle disposizioni dell'ambasciata britannica. A Thiesi però non c'è cella frigo e il corpo del docente torna a Sassari. Solo questo pomeriggio, a un mese e mezzo dalla sua scomparsa, ci sarà l'ultimo saluto.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...