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21.4.20

non sempre far niente è ozio

Enzo Bianchi - Wikipedia
vedo che @enzobianchi7 saggista e monaco laico ha fondato la Comunità monastica di Bose in Piemonte( foto a SINISTRA ) nel suo editoriale su repubblica del 20\4\2020 che trovate sotto

                    È tempo di fare niente

                       di Enzo Bianchi
Sono ormai trascorsi oltre quaranta giorni di “vita altra” per la maggior parte di noi: una vita in casa, ore da trascorrere in pochi metri quadrati e, per molti, di solitudine.
Abbiamo dovuto inventarci “cosa fare”. Molte sono state le modalità per tentare di sfuggire alla noia e occupare il tempo e lo spazio in cui siamo costretti. Stare davanti alla tv, navigare per ore sul web, esercitarci in cucina per rallegrarci con piatti non quotidiani, impegnarci in lavori di pulizia o riordino della casa… Ormai siamo assaliti dalla febbre della ripresa, tutti pronti a ricominciare a lavorare e a tornare, pur lentamente, alla vita di prima.
Dimenticheremo presto la sensazione che abbiamo acquisito come consapevolezza e abbiamo magari ripetuto a noi stessi e agli altri. Sensazione ben espressa da Mariangela Gualtieri, con una poesia che rimarrà come il canto del gallo nell’ora della presa di coscienza e di un possibile pentimento: «Questo ti voglio dire: ci dovevamo fermare. Lo sapevamo.
Lo sentivamo tutti ch’era troppo furioso il nostro fare».
Fermarsi, dimorare, restare nella quiete: è importante anche “fare niente”! So che è difficile tessere l’elogio del fare niente nella nostra società, eppure prendersi del tempo per fare niente non è un vizio, non è l’ozio che si nutre di pigrizia, accidia e mancanza di vigore. No, è tempo dedicato con precisa intenzione e volontà al fare niente. La tradizione spirituale monastica lo sa bene: Nihil laboriosius quam non laborare,
“Nulla è più faticoso del non lavorare”. C’è un fare niente che è una situazione feconda: attitudine che la filosofia ha sempre investigato, dagli antichi greci, a Cicerone, Seneca, Agostino, fino a Bertrand Russell.
“Fare niente” significa metterci in silenzio e solitudine, anzitutto per prendere coscienza dell’esercizio dei nostri sensi e delle loro connessioni con quanto ci circonda.
La nostra mente allora si ribella con i suoi mille pensieri, ma occorre avere pazienza e persistere nel fare nulla, in silenzio e solitudine. Poco a poco si fa largo in noi una certa quiete, si spegne l’ansia, cominciamo a sentire che abitiamo un corpo, che dal profondo giungono altre voci; anzi, scopriamo che “non c’è creatura senza voce”. Si vedono le cose in modo diverso, si diventa contemplativi, nel senso che si guardano persone e cose con un altro occhio, che spesso dimentichiamo di avere.
Questa non è passività né evasione dall’impegno ma è la condizione per assumere con responsabilità il rinnovato impegno. All’aria aperta, immersi nella natura che sta rifiorendo, su un balcone, o nella penombra di una stanza, questo fare niente è sempre possibile. Si afferma abitualmente che questa attitudine aiuta ad habitare secum, ad abitare con sé, ma l’esperienza m’insegna che ciò aiuta soprattutto a tessere relazioni vere con gli altri e con il mondo. Fare niente porta al quieto e gratuito pensare, ad aguzzare l’intelligenza, a esercitare il discernimento. Paul Celan profetizzava: «È tempo che sia tempo». È tempo per fare niente.

 ha  percepito  quanto  già diceva  de  andrè



nell'introduzione ad  Anime Salve  il suo   purtroppo  ultimo album  

23.8.13

riflessioni estive [ ricerca di fresco \ silenzio o casino quando si è in vacanza ? ]

Cercando ispirazione   per  riuscire  la  mia estate ho trovato questi   due post  dei vari  blog  (  paperopoli e topolinia  )  su  www.topolino.it . Alla faccia,metaforicamente parlando    di chi dice  che  il fumetto è solo  lettura  \  letteratura frivola ed  d'evasione . 
il primo  è   del  2 agosto 2013  e descrive  la  mia situazione  :  1) in azienda   dove , quando innaffio   sia  le piante  , sia  l'orto ed  il frutto per  produzione propria  \  autoconsumo   di verdure  , per  fare  come  Dinamite  Bla  . 2)  a  casa dove mamma  fa  ai fornelli le  marmellate  ( fichi  ed altra  frutta  di stagione  )  da  mettere poi nel congelatore  . 

Si bolle!
Anche sul Cocuzzolo siamo perseguitati da giorni da un caldo appiccicoso che toglie il fiato. Un’afa terribile. Quando proprio non ne posso più, riempio di acqua gelata la tinozza del bucato e mi ci ficco dentro. Ah, che refrigerio! Altro momento di freschezza è quando innaffio l’orto. Con il tubo di gomma, fra un filare di melanzane e l’altro, sparo una bella pioggerellina tipo doccia e mi sento subito meglio. Anche Fido Joe soffre il caldo e quando esco dalla tinozza io, ci si ficca dentro lui con un bel tuffo e metà dell’acqua schizza fuori per tutto il pavimento della cucina e un po’ finisce anche nella pentola della zuppa che sta cuocendo, insomma un grande spasso.Dato che il caldo è bestiale, che cosa hanno pensato di fare Firmina e l’altra scriteriata di Valkyria? La cosa più appropriata, ovviamente: cuocere la marmellata. Ecco enormi pentoloni di rame roventi in cui sobbolle ogni genere di confettura: ribes, lamponi, mirtilli, ma anche pomodori verdi e fichi, e poi la più bollente e collosa di tutte, la famosa confettura di popone di casa Bla, una vera specialità.Le pentole producono il calore di venti stufe di ghisa caricate a legna di quercia; fumano come vulcani e sembrano sempre sul punto di esplodere da un momento all’altro. E si gronda come fontane, armati di fazzoletti giganti. La mistura emette sputacchi a duemila gradi in tutte le direzioni e la casa sembra un forno.“Avremo marmellate squisite per il prossimo inverno” trilla Firmina euforica “penso già alle crostate che potrò preparare!”. Che fortuna. Io ho già avvertito tutti: per protesta non uscirò dalla mia tinozza finchè tutta la produzione non sarà finita e i barattoli in bell’ordine in dispesa.

il secondo  è  del  19 agosto 2013  ricalca  le mie stesse  domande   che

2.3.13

non è vero che l'ozio\ il cazzeggio sia cosi negativo

da  http://www.lospiffero.com/attico

Il cazzeggio è un’arte

Scritto da Elisabetta Stefanelli
Pubblicato Domenica 24 Febbraio 2013, ore 7,00

Non bisogna sentirsi in colpa per aver rimandato a domani una cosa importante. Un filosofo spiega perché i rimandatari cronici sono individui produttivi ed efficaci, il cui potenziale può essere migliorato stimolando proprio la loro tendenza a “non fare”.

“Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi”, è un vecchio adagio che spesso ci siamo sentiti ripetere, ma molti di noi lo hanno trovato e continuano a trovarlo incomprensibile. Perché non farlo domani? Sono i procrastinatori di professione, una folla impressionante di persone che non è detto non raggiunga o abbia raggiunto il successo, non si tratta di fannulloni ma di uomini e donne che di fronte ad una scelta netta vorrebbero sempre poter applicare l’arte della fuga. Ora in un delizioso libretto di stile anglosassone che attrae già dall'ossimoro del titolo, La nobile arte del cazzeggio, John Perry colto professore emerito di filosofia alla Stanford University e co-conduttore del programma radiofonico Philosophy talk, cerca di analizzare questo modo di essere e di trovare delle razionali soluzioni per gestire al meglio le situazioni di difficoltà che pure possono nascere dall’eterno procrastinare.
Funziona, spiega Perry, che ci viene dato un compito da svolgere, ci vengono dati dei tempi da rispettare e noi accettiamo. Poi iniziano a scattare le fantasie, immaginiamo di portare a casa quel compito in tempo brevissimo e in modo perfetto, impeccabile, con un risultato utilissimo e meraviglioso per chi ce l’aveva richiesto. Ma per raggiungere quel risultato ci mancano una serie di obiettivi intermedi che iniziamo a cercare in una indiscutibile ossessionante perfezionismo. 
“Secondo me - non nega Perry - è il perfezionismo a produrre la tendenza a rimandare”, anche se mai un procrastinatore di professione in realtà si sente un perfezionista perché “crediamo - erroneamente - che essere un perfezionista significhi avere portato a termine qualche volta, o almeno una, un incarico alla perfezione, ma in realtà questo equivoco è alla base della mancata comprensione delle dinamiche del perfezionismo”. Allora, per rendere meno spaventoso il compito da portare a termine, per il professore bisognerebbe ad esempio scomporre obiettivi che potrebbero intimidirci in altri più piccoli, meno scoraggianti, ed “è cruciale in quelle occasioni - rare ma davvero tremende - in cui il sistema della procrastinazione strutturata va in crisi”. E in questo, a suo avviso, è utilissimo internet, sempre che non ci perda dietro a mille ricerche intermedie. Non bisogna però alla fine pensare che procrastinare sia una virtù, perché “è un difetto”. L'obiettivo, aggiunge “non è elaborare una filosofia di vita che faccia dei procrastinatori degli eroi”.


John Perry
La nobile arte del cazzeggio
Un programma geniale per risolvere tutto rimandando all’infinito
Sperling & Kupfer, Milano 2013, pp. 146, € 15,00

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...