Infatti Crescono i furti per fame Sono storie diverse, anche se iniziano tutte davanti agli scaffali dei supermercati. Tecnicamente fanno parte della stessa famiglia di reati, i taccheggi, ma dietro ci sono piccoli e grandi universi di disagio molto distanti tra loro. C’è chi ruba perché non può farne a meno e chi invece lo fa per alimentare un’insana rivendita di beni e mettere in tasca qualche soldo. I primi puntano i generi di prima necessità e mettono in tasca quanto di più nutriente possano trovare. Per gli altri la discriminante è il prezzo: più l’oggetto è costoso e più possono guadagnare una volta rivenduto. E con ladri differenti, si utilizzano anche metodi di repressione differenti: i taccheggiatori professionisti vengono denunciati subito, con chi ruba per necessità, invece, si cerca una soluzione meno drastica. Il fenomeno, purtroppo, aumenta di giorno in giorno. Il numero dei taccheggiatori che opera per diletto resta perlopiù stabile, quelli che invece rubano per necessità sono sempre di più. Dietro ad ogni furto c’è una storia ma tutte hanno un denominatore comune di estrema povertà. E l’aumento dei furti dei generi alimentari di prima necessità indica anche un aumento delle persone costrette a vivere in povertà. C’è chi ha perso il lavoro durante o dopo la pandemia, c’è chi lavora ma non riesce a far fronte ai rincari e c’è chi prima riusciva a sbarcare il lunario con pensione o sussidi ma adesso è costretto a tagliare le spese, anche quelle alimentari, perché il costo della vita è aumentato ma il valore di pensioni e sussidi è rimasto lo stesso. E così, quando si passa davanti al frigorifero del supermercato, la tentazione di allungare la mano e mettere qualcosa in tasca diventa un’esigenza. Il prodotto più rubato è un classico della dieta mediterranea, un alimento completo, nutriente ed energetico: 100 grammi apportano mediamente 300 kilocalorie. Il numero dei taccheggi, poi, è in costante aumento : «Si, è vero. Purtroppo da qualche tempo questo genere di episodi si ripete come maggiore costanza. Ed è il formaggio l’alimento che viene rubato con più frequenza – spiega Fabrizio Piras, amministratore delegato della Filangera s.r.l. Spazio Conad – seguito dalla salsiccia. Ma diciamo che tutti i prodotti freschi sono spesso l’obiettivo di chi ruba per necessità. Poi c’è un altro tipo di furti, che però non c’entra nulla con la necessità». Piras si riferisce alle “gang” di taccheggiatori che mettono nel mirino i prodotti più costosi: «Bottarga, caviale, vini di pregio, champagne ma anche creme per il viso e per il corpo. Tutte cose che possono rivendere», aggiunge Piras. Ci sono anche i predatori molto meno esigenti, gente disposta ad intascare qualsiasi cosa: «In realtà non ci sono prodotti preferiti – spiega Alessandra, responsabile di un punto vendita Crai –. Rubano un po’ di tutto, dagli alimentari ai profumi passando per i deodoranti. Per questo abbiamo implementato i sistemi di sorveglianza». Un accorgimento in auge anche alla Conad: «Abbiamo anche la vigilanza in borghese che controlla i corridoi. Sono persone esperte e attente, perché i responsabili dei furti possono essere signore insospettabili o tossicodipendenti. Poi ci sono le gang che agiscono con più attenzione e usano, ad esempio, le borse schermate per nascondere la refurtiva più ingombrante. Poi finisce che li scoviamo comunque». Anche la reazione, davanti ai diversi tipi di taccheggiatori, è diversa: «Chi lo fa per guadagnarci, e si presenta con l’attrezzatura che crede giusta, viene subito denunciato – spiega Fabrizio Piras –. Chi invece ruba per necessità viene invitato a non ritornare, in modo da evitare una recidività che porterebbe alla denuncia
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
20.8.23
Niente soldi per mangiare nei market si ruba per fame Fabrizio Mustaro, dirigente della Squadra Mobile della Questura di Cagliari Marta Cartabia Ministra della Giustizia nel governo Draghi Nei supermercati in aumento i furti per fame Un sensore anti taccheggio all’ingresso di un supermercato Rincari e crisi, in crescita i furti di generi alimentari di prima necessità Gli obiettivi principali: formaggi, salumi e tutti i prodotti freschi
26.12.22
PICCOLA STORIA DI UN ALTRO NATALE - Giampaolo cassitta e di SIlvia Tondini
Certe volte , a volte capita , che letteratura ( il racconto dell'amico scrittore \ giornalista Giampaolo Caassitta ) o l'arte : una foto i questa caso , di Silvia Tondini una compaesana su facebook la canzone CANTO DI NATALE - MODENA CITY RAMBLERS (MCR) messa a palla per contrastare la musica ( ? ) tecno proviente da locale affianco descrivano un Natale lontano da quello consumistico e sfavillante , sarà una coincidenza o una casualità che più elementi dicano la stessa cosa ?
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Giampaolo Cassitta
Nonna ha 75 anni e pochi sorrisi. Una pensione da 400 euro al mese che non regala troppe possibilità. A Natale, in quel turbinoso mondo di colori e lustrini, nonna deve riuscire a conciliare i soldi e le opportunità. Non è semplice. Lei ci ha provato, a dire il vero, ma non c’è riuscita. Come tanti. Sono rimaste fuori le caramelle. Da regalare ai nipotini.
18.11.21
cosa è la felicità ?
dialogando con ***** su cosa è la felicità e i suoi limiti
mi viene da canticchiare una canzone della mia infanzia il cui ritornello è :
[..] Senti nell'aria c'è già
la nostra canzone d'amore che va
come un pensiero che sa di felicità.
Senti nell'aria c'è già
un raggio di sole più caldo che va
come un sorriso che sa di felicità.
su https://lyricstranslate.com il resto del testo
Mentre cercavo il testo della canzone citata , a voi indovinare o andare sull'url per sapere o ricordare , visto che sono famosi nonostante siano passati 40 anni dalla prima esecuzione , chi sono gli esecutori ho ricevuto la notifica di un account che seguo che riportava la storia che trovate sotto
Quindi credo che la risposta sia in storie come queste perchè ci sono persone che scelgono di Vivere la propria vita seguendo un percorso non lineare perchè << la retta è per chi ha fretta >> che sono felici di vivere in questo mondo ma non appartenerci. La speranza sono le Persone che ancora hanno voglia di non arrendersi e trovare anche nella malattia del partner la forza di vivere ed accettarla
Ed ecco la storia d'oggi
Lei è Alketa. Nasce a Kavaje, in Albania, nel 1993. Abita con la nonna e la mamma. Il suo papà è in Italia, ogni tanto manda una busta con i soldi, ma non bastano mai. Alketa non ha coperte per la notte, i suoi vestiti cadono a pezzi, i giocattoli non sa neanche cosa siano. Ha 4 anni. La porta di casa si apre. Il padre è tornato, le ha portato in regalo una bicicletta. Alketa piange di gioia. La bicicletta che Alketa ha ricevuto dal papà, era il primo gioco che avesse mai avuto, e anche la prima bici di tutto il villaggio.
Ma le sorprese non sono finite. Il papà dice che arrivato il momento di andare in Italia, tutti e tre
insieme. Alketa è felice, la famiglia è finalmente riunita, anche se la nuova realtà non è tutta rose e fiori. Condivide una casa con altre persone, le stanze sono sporche, si dorme ammassati, ci si lava in un catino. Quella vita dura un anno, poi cominciano traslochi e viaggi della speranza. Alketa rimpiange la sua casetta, la sua nonna, si sente una naufraga nel mare in tempesta. Dopo tanto girovagare, si stabiliscono a Monza. Mamma e papà lavorano tutto il giorno, Alketa cresce sola. Niente sport, uscite con gli amici, vestiti solo regalati. Ha 19 anni. Conosce un uomo. Si chiama Stefano, è un po’ più grande di lei, ma è buono, e affettuoso. Tra le sue braccia Alketa si sente al sicuro. Finalmente ha uno scoglio a cui aggrapparsi. Mette insieme i pezzi della sua vita, trova un lavoro, una casa, si gode un po’ di serenità. Dura due anni, poi Stefano non si sente bene.
I medici parlano di sclerosi multipla. Alketa boccheggia, ancora una volta è in balia delle onde. Stefano la guarda negli occhi. Amore, sei giovane, non sprecare tempo con me, vai, vivi la tua vita. Alketa è sfinita, ma questa volta punta i piedi. Ha trovato il suo posto, e lo difenderà con le unghie e con i denti.Stringe Stefano a sé. Io non ti lascio neanche morta. Anzi sai cosa ti dico? Sposiamoci! Lui è spiazzato, piange, ride. In meno di un anno sono marito e moglie. Affrontano insieme la tempesta, compatti, coraggiosi. Poi un giorno, compare un raggio di sole. Si chiama Alice, ed è la bambina più bella del mondo. Alketa prende sua figlia tra le braccia, guarda suo marito, la loro casa. Ha impiegato 28 anni, ma alla fine l’ha trovata. Sì, quella è la sua felicità.
14.10.21
son le piccole cose che ridanno speranza.il caso del bar di pistoia
Buongiorno, mi scusi, l'altra mattina avevo fame e non avevo soldi. Grazie". Il titolare di un bar di Pistoia ha trovato fuori dalla porta questo messaggio che racconta una storia fuori dal comune: qualcuno ha rubato delle brioche dal bar perché aveva fame, ma non appena ha avuto dei soldi ha lasciato un biglietto anonimo con 10 euro dentro, per chiedere scusa e, allo stesso tempo, dire grazie.
Il foglietto e la banconota sono arrivati il giorno dopo il furto di paste e cornetti e, adesso, il titolare vorrebbe assumere il misterioso mittente. "È una cosa che ci ha colpito molto", ha raccontato. E anche un pasticcere della città, che ha scoperto la storia tramite i social, vorrebbe offrire lavoro a questa persona sconosciuta: "Noi faremo un cartello che appenderemo fuori e speriamo di riuscire a offrire a questa persona un lavoro - ha dichiarato il proprietario del bar derubato - A una persona con tanta dignità è anche giusto dare un'altra possibilità".9.5.21
Una cabina telefonica come casa, Iasmina salvata dagli abitanti del suo quartiere
REPUBBLICA 9\5\2021
A Mirafiori Sud, periferia di Torino. Per due settimane una donna rom ha dormito in un metro quadrato
Chiedeva l'elemosina Iasmina, un volto diventato familiare tra i torinesi che frequentano il mercato di via Cesare Pavese, quartiere Mirafiori Sud, ultimo lembo di città tra la vecchia fabbrica e le campagne che sfiorano l'autostrada. Chiedeva l'elemosina e se ne andava. Dove chissà. E il giorno dopo tornava. Una routine che a un certo punto si è interrotta e gli abitanti del rione l'hanno vista, a sessant'anni, che si sistemava per la notte dentro una vecchia cabina telefonica caduta in disuso. Per due settimane ha creato in quel metro quadrato protetto da quattro vetri il suo giaciglio. In molti l'hanno avvicinata, hanno raccolto il suo racconto di donna rom, con una situazione personale complicata, che aveva avuto dissidi con la propria famiglia e che per quel motivo non tornava al campo.

"Guarda che stanotte mi sono affacciato dal balcone e alle quattro era ancora dentro la cabina", è stata la telefonata che un residente ha fatto a Vincenzo Camarda, coordinatore della terza commissione della circoscrizione 2, che si occupa di politiche sociali e integrazione. "Il nostro quartiere è ricco di sentinelle che si preoccupano di ciò che accade sul territorio e che vogliono risolvere i problemi, non rimuoverli. Ed è su queste basi che si è creata una rete di aiuto che funziona", spiega Camarda. Oltre alla circoscrizione, sono intervenuti anche i servizi sociali. Iasmina all'inizio rifiutava qualunque aiuto: "Non ho bisogno di niente", diceva. Ma la gente del mercato non riusciva a voltarsi dall'altra parte: "Fa male alla nostra coscienza, come un fatto che vorremo non vedere e non sapere, ma la povertà è qui, non sono numeri, dobbiamo avvicinarla", si è fatta avanti una donna del quartiere. Sono arrivati anche i volontari della Boa urbana, ma Iasmina non si è fatta agganciare e non ha accettato l'invito ad andare in un dormitorio. Eppure la gente del quartiere non si è rassegnata: "Nessuno ha la capacità magica di risolvere all'istante problemi, soprattutto come in questo caso, sono anni che la signora è in difficoltà, ci vuole fiducia", ha raccontato un residente. Non è stato facile, ma alla fine Iasmina è stata aiutata a riprendere in mano la sua vita, a riappacificarsi con la famiglia ed è tornata ad avere un tetto sotto cui dormire. "Quando le persone si mettono insieme, aprono piccoli spiragli di luce", è la lezione di Fabrizio Floris, docente universitario esperto di integrazione e migrazioni, che ha seguito da vicino il caso di Iasmina.
14.7.14
Navajo e speculazione la doppia minaccia al mito Grand Canyon Progetti per una teleferica e un centro commerciale Il direttore del parco lancia l’allarme: addio panorama
21.1.14
aiuto reciproco e solidarietà fra gli ultimi Sassari, mendicante “adotta” l’amico malato
da la nuova edizione sassari del 20\1\2014
Sassari, mendicante “adotta” l’amico malato
Roberto è stato operato alla bocca dopo un tumore e non può più chiedere l’elemosina. Mirko, nonostante le difficoltà e due figli da mantenere, tende la mano anche per lui
di Daniela Scano
SASSARI. Quando è arrivato in Italia in cerca di lavoro, vent’anni fa, Slawomir Jacek Sieminiec ha capito che con quel nome impronunciabile non avrebbe mai fatto fortuna. Così ha deciso che si sarebbe fatto chiamare Roberto, ma la sorte con lui è stata avara lo stesso. L’unico che ancora continua a chiamarlo con il suo vero nome è Mirko, un connazionale polacco conosciuto nel 2002 e che che dal 2011 divide con lui il lavoro, quando c’è, e il marciapiede quando la crisi toglie anche quelle poche giornate in nero.
Oltre l’elemosina, Mirko e Roberto non hanno mai chiesto niente a nessuno. Ora però Roberto è molto malato e Mirko chiede per lui: «Qualcuno lo aiuti, non voglio che muoia». Nell’attesa se lo è portato nella sua baracca e gli ha ceduto il letto dei suoi figli di quattro e due anni, che si sono gioiosamente trasferiti nel letto dei genitori. Tutti i giorni Mirko si alza all’alba e va a faticare per tutti e quattro: tende la mano al semaforo di piazza Santa Maria, quando gli capita accetta qualche lavoretto. Lui dice che è il contrario: «Lavoro tutte le volte che posso e se non ce la faccio chiedo l’elemosina». «Manovale, bracciante agricolo – elenca con orgoglio –, ma sono stato anche guardia giurata. Abitavamo ad Alghero, stavamo bene, poi è arrivata la crisi e ho perso tutto». Se prima si preoccupava di mettere insieme il pranzo con la cena, oggi Mirko deve organizzare numerosi pasti in più. Roberto, al quale a causa di un tumore quattro mesi fa è stato asportato un pezzo di mandibola e un frammento di lingua, deve alimentarsi con piccoli pasti, ma frequenti.
Questa è la storia di un appello e di una grande amicizia germogliata tra gli “ultimi”. Un fiore prezioso, però non raro nel mondo degli invisibili. Mirko e Roberto non li conosce nessuno e tuttavia sono volti noti in città. Non c’è automobilista che non sia passato loro accanto al semaforo. In tanti, distrattamente e senza guardarli in faccia, avranno allungato la mano per dare l’elemosina, facendo attenzione a non abbassare troppo il finestrino. Ora si sa che da quattro mesi quegli spiccioli alimentano, goccia dopo goccia, l’oceano di umanità che Mirko e sua moglie sono riusciti a creare pur di aiutare il loro amico malato a tenersi a galla. «Quando gli hanno diagnosticato una grave forma di diabete e il cancro alla bocca – racconta Mirko –, ad agosto Roberto mi ha detto che non si sarebbe fatto operare. Pensava non ne valesse la pena e, a soli 49 anni, di essere arrivato alla fine. Ci ho messo tanto a convincerlo che la vita ha sempre un senso. A settembre si è fatto ricoverare». Da quando è uscito dall’ospedale, Roberto è un altro uomo: non può più fare sforzi, ha perso decine di chili. «Mia moglie ed io facciamo quel che possiamo per aiutarlo – continua Mirko –, ma non è facile». Roberto-Slawomir si è rivolto ai Servizi sociali ma ancora non ha ottenuto risposta. Mostra la cartella degli appuntamenti che gli hanno consegnato il 25 settembre, dicendogli: «La chiameremo noi». In alto c’è il suo cognome, subito sotto quello dell’assistente sociale che dovrebbe occuparsi del suo caso, e poi più niente. Il foglio delle convocazioni è rimasto in bianco. Mirko non lo trova giusto ed è per questo che per la prima volta da quando è arrivato in Italia, quattordici anni fa, solleva il velo sulla sua esistenza fatta di miseria e di fatica. E dice: «Non chiedo niente per me, non l’ho mai fatto, e continuerò comunque a occuparmi di Slawomir. Tuttavia non posso evitare di pensare che cosa sarebbe accaduto al mio amico se non avesse potuto contare sul sostegno mio e della mia famiglia».
Forse oggi qualcuno risponderà all’appello di Mirko. Per trovarlo basta andare sul suo posto di “lavoro”, in piazza Santa Maria, e per una volta guardare quel mendicante negli occhi. Slawomir Jacek Sieminiec lo ha fatto tanti anni fa e ha visto un uomo. Lui, che pensava di essere solo al mondo, ha scoperto che l’amicizia attecchisce ovunque. E dà sempre buoni frutti.
24.4.13
«Quella bambina è povera, le pago io la mensa»
Il bel gesto di una ragazza di Valledoria che studia all’università di Pavia. Il Comune di Vigevano aveva escluso la bimba dalla mensa scolastica e Gloria Spezziga, dopo aver letto la notizia sui giornali, ha versato i 90 euro necessari
Gloria Spezziga è una studentessa universitaria, originaria della Sardegna, che studia a Pavia. Quando è venuta a sapere che una bambina delle scuole elementari di Vigevano si è ammalata perché non le è consentito l'accesso alla mensa, ha voluto inviare un messaggio alla famiglia. "I soldi della mensa vorrei versarli io al comune di Vigevano. Rinuncio a una parte della paghetta che mi serve per mantenermi gli studi, per aiutare chi ha meno di me. Non è questo il Paese in cui voglio vivere"
24.2.13
una storia d'altri tempi prima del motore baby clochard, in fuga per vivere il loro amore
La storia che vi apprestate a leggere , cari amici e comnpagnidiviaggio è tratta da la nuova sardegna online del 24\2\2013 mi fa rivenire alla mente questa canzone di un poeta italiano tratta da uno dei suoi dischi più belli Lindbergh (Lettere da sopra la pioggia) (1992), Epic/Sony Music Entertainment.
Maria e Manuel, baby clochard in fuga per amore

7.1.13
Sassari Scoppia un incendio nel rifugio, ma lui non fuigge e resta con l’amico malato
Scoppia un incendio nel rifugio, ma lui resta con l’amico malato
Commovente gesto di amicizia tra senzatetto nell’ex piazzale degli autobus di via XXVAprile, diventato una baraccopoli e una bomba ecologica -

8.12.12
Vent'anni trascorsi dentro un tombino Storia sommersa di 2 coniugi colombiani
In Colombia, a Medellin, una coppia di coniugi vive da più di vent'anni all'interno di una fogna.Una vita "sotto", una storia di disagio e povertà, ma anche la forza di resistere a tutti i costi. Miguel Restrepo, 62 anni, e Maria Garcia vivono a Medellin (Colombia) in un tombino. All'interno c'è quasi tutto: una cucinino, un ventilatore, una televisione e un giaciglio per dormire. Con loro anche il cane. La foto, che fa parte di una gallery, è stata scattata dal fotografo Raul Arboleda dell'agenzia Afp.
26.5.12
se anche chi deve distribuire cibo ai poveri inizia a discriminare siamo messi bene
da La pellicola 'Bianco Rosso e Verdone' realizzata nel 1981 segna la seconda esperienza registica per l'attore romano Carlo Verdone.
"Niente cibo a rom e clandestini"

Il "decalogo" per gli aiuti ai
poveri scritto da un parroco.
Il sacerdote: sono le regole
del Banco Alimentare
emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello
Apro l'email e tovo queste "lettere " di alcuni haters \odiatori , tralasciando gli insulti e le solite litanie ...

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Come già accenbato dal titolo , inizialmente volevo dire Basta e smettere di parlare di Shoah!, e d'aderire \ c...
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https://www.cuginidicampagna.com/portfolio-item/preghiera/ Una storia drammatica ma piena di Amore.Proprio come dice la canzone Una stor...
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Aveva ragione de Gregori quando cantava : un incrocio di destini in una strana storia di cui nei giorni nostri si è persa la memor...