26.5.12

se anche chi deve distribuire cibo ai poveri inizia a discriminare siamo messi bene

 chiunque  si a  , visto lo scarica barile  e la mancanza  d'assumersi  la responsabilità  dell'iniziativa  discriminatoria (  vedere  articolo sotto tratto  dal  quotidiano la Stampa )    perchè ci sono altri sistemi per  discernere (  di qualunque etnia e nazionalità  siano)  i  finti poveri  e  scrocconi  : <<  tanto c'è la Caritas  o la parrocchia o i servizi  sociali  >>  da  chi   , spesso più dignitosi  e modesti , veramente  soffre   e ha difficoltà  a tirare  avanti , siamo proprio  vuol dire  che  :



  da  La pellicola 'Bianco Rosso e Verdone' realizzata nel 1981 segna la seconda esperienza registica per l'attore romano Carlo Verdone.


Perchè un conto  e   controlli  per  tutti\e  indipendentemente  dall'etnia  , un conto  è  se  esso viene  fatto  solo per   una detterminata categoria  . allora  questo si chiama discriminazione 

CRONACA
26/05/2012 -

"Niente cibo a rom e clandestini"


Don Gianfranco Carlucci smentisce la paternità dell’iniziativa: «È tutto stato trascritto dalla segretaria sotto dettatura»

Il "decalogo" per gli aiuti ai
poveri scritto da un parroco.
Il sacerdote: sono le regole
del Banco Alimentare

GIUSEPPE LEGATO
MONCALIERI
Il decalogo è scritto - forse per caso - in un foglio intestato alla parrocchia di Santa Giovanna Antida, borgo San Pietro, quartiere popolare di Moncalieri.
Tra i dieci punti «richiesti per la consegna del pacco viveri agli indigenti» che viene fornito alle parrocchie dal Banco Alimentare, ci sono due condizioni, due discriminanti che sono finite al centro di un autentico caso. Si legge che i pacchi di beni di prima necessità (pasta, pane, sugo etc..) possono essere consegnati «ma non ai nomadi» e - per deduzione - nemmeno ai clandestini perché «se extracomunitari - si legge nel testo - è necessaria la copia del permesso di soggiorno».
Critiche pesanti 
Non solo. Tra le condizioni utili ad accedere ai pacchi di alimenti ci sono anche: «la copia del documento d'identità, del codice fiscale, dell' Isee, dello Stato di Famiglia, del Cud (se pensionati) del Red (se lavoratori a basso reddito)».
Questo decalogo l'ha consegnato don Gianfranco Carlucci ai parroci dell’Unità Pastorale 56 qualche settimana fa. Ne è venuto fuori un pandemonio.
Don Aldo Salussoglia parroco della chiesa di Nostra Signora delle Vittorie è saltato sulla sedia: «Principi inaccettabili» ha detto. Don Aldo, come don Paolo Comba parroco della Collegiata (e tutti gli altri preti), hanno preso le distanze da quei due punti «che rischiano di rovinare un lavoro di anni e contraddicono lo spirito cristiano di aiuto e assistenza».
Don Salussoglia, in particolare, dice di non essere «d' accordo con nessuno di quei punti. Io i poveri li conosco, i nomadi a volte li ho ospitati nelle stanze della parrocchie, ho consegnato dei pacchi anche quando non era strettamente necessario per dare una boccata d'ossigeno a chi li chiedeva. Il documento, va detto - aggiunge don Aldo non dipende dai parroci, ce lo ha dato don Gianfranco».
Don Paolo Comba spiega come «quei dettami siano incondivisibili in tutto e per tutto. Non possiamo rischiare di far annegare la carità nella burocrazia, men che mai nella discriminazione».
Scritto contro voglia D’accordo, ma chi ha scritto questa lista di condizioni? Don Gianfranco Carlucci, estensore della nota spiega che «quel foglio è frutto di una dettatura, parola per parola, fatta dagli ispettori del Banco Alimentare alla mia segretaria. Per quanto mi riguarda - dice - non condivido quasi nessuno dei punti riportati. Pensi che, per sicurezza, ho anche richiamato per capire se ci fossero state interpretazioni o aggiustamenti. Niente di niente. Era tutto dettato».
Il giallo resta. Perché Roberto Cena, direttore del banco Alimentare che destina ogni anno 120 mila kg di cibo a 1900 indigenti (solo a Moncalieri) smentisce categoricamente qualsiasi coinvolgimento dell’ente in quel decalogo.
«Siamo noi - spiega Cena gli unici titolati a dare disposizioni e non ne abbiamo date. Ma crede davvero che avrei scritto di non consegnare i pacchi ai nomadi e ai clandestini? Due nomadi lavorano qui con noi, ogni giorno, al banco. Questo documento è opera, del tutto personale, di un parroco. Noi siamo dell’avviso opposto. La nostra storia parla da sé».


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