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I "Radiant babies" di Haring
di Matteo Tassinari
E’ il 1980. Metropolitana di New York. Un ragazzo dinoccolato, con gli occhiali tondi e piccoli, disegna con un gessetto bianco, vecchi pannelli e setole lift o right che ricoprono vecchi manifesti pubblicitari. La gente lo guarda stupita dalla velocità dell'esecuzione artistica di quel giovane armato di bombolette spray fino ai denti. Deve finire in fretta, prima che arrivi la polizia, ma spesso non riesce a scappare in tempo. Ha passato molte notti in numerosi distretti di polizia. Dischi volanti, bambini che camminano a carponi, cani a sei zampe, il volto di un topolino, cingolati stilizzati, sottomarini in mari d'acqua rossa, sono i segni che compongono la "geroglificità" di Keith Haring, l’artista americano ucciso dall’Aids a 32 anni
Keith Haring
Destinato a diventare uno degli esponenti più rappresentativi e originali della corrente neo pop, Haring nasce in Pennsylvania nel 1958. Inizia a lavorare per le strade di New York negli anni ottanta, quando l’espansione e la passione per l'arte contemporanea trova il suo apice. Figlio della cultura di strada, parto felice della cosiddetta Street Art Newyorker, prima della sua consacrazione all'interno del mondo “ufficiale” dell’arte mondiale. Nel 1978 entra alla School of Visual Arts di New York, diventando noto nei primi anni '80 con i Murales realizzati nelle metropolitane e, più tardi, con i lavori esposti qua e là, fra Club e assembramenti di vario genere e "vernissage" più o meno improvvisati inzuppati d'alcol
Ma qual è il significato delle storia artistica di Haring? Nient’altro che offrire finestre sull’immaginario. Personaggi e paesaggi arrivati dal sogno sono talmente affascinanti che alcuni collezionisti li hanno strappati e rubati, notte-tempo, dai metrò. Viaggiatore esistenziale ed artistico, Haring, trova le sue radici artistiche proprio nel surrealismo europeo
Post on line
Amelya, una mia cara amica, mi ha ricordato che di Keith Haring c'è traccia, eccome, anche in Italia. Nel muro della stazione Leopolda di Pisa, decine di artisti italiani, ricordarono Keith disegnando un Murales che riporto qui sotto linkatomi dalla cara Amelya. Da ricordare, inoltre, che Keith Haring scelse Pisa per disegnare nel 1989 "Tuttomondo", opera di 180 metri quadrati e ultimo capolavoro prima della sua morte. Per questo Pisa lo ricorda e ringrazia il più grande graffettista al mondo
Il Murales disegnato da numerosi artisti a Pisa dedicato a Keith Haring
L’intreccio fra sessualità e macchine, evidenziano un aspetto della più vasta tematica del repertorio di Haring, e intuisce come la Tv e il computer, s’intrecceranno fra esseri umani come quasi fossero diventati un prolungamento della nostra vita quotidiana. E’ una visione apocalittica che vede l’individuo, come vittima delle macchine. Lo accoglie, ti pareva, sotto la sua ala protettiva Andy Warhol, il guru della Pop Art. Haring viene introdotto così e forse rovinato per un breve periodo a fenomeno di massa, come voleva il mecenate dai capelli grigi a caschetto stile spaghetti e di origini slovacche, nel mondo della Pop Art di New York. Conosce gli esponenti più singolari del graffittismo di frontiera, emergendo dalla scena artistica newyorkese durante il boom del mercato dell'arte degli anni ’80, avvicinato da artisti del livello di Michel Basquiat, Richard Hambleton e Barbara Kruger
Sopra, lo stile "Radiant babies"
Nel 1982 allestisce la prima mostra personale, a cui seguono una serie di successi internazionali. Partecipa a prestigiose mostre collettive e alla fine del 1983 tiene una personale dal gallerista armeno Sheprasi. Qui intraprende un viaggio nella scultura, costruisce totem che ricordano gli antichi rituali degli indiani, ma ricordano sempre il diritto al disordine e al caos. Occupa inoltre un palazzo in Times Square realizzando la mostra Times Square Show. Nel 1985, decide di riprendere la sua attività di grafettista all’aperto, attraverso la realizzazione di Murales come nella tradizione messicana, un ritorno alle origini di ciò che consacrò il suo successo. Fino ad una pittura con soggetti politici, religiosi o etnici. Dipinge nel centro di Manhattanshop Central, un muro lungo15 metri alto 2 , un plot semiotico contro il Crack, la droga che uccide in 3 o 4 mesi, intitolato dall'artista stesso semplicemente: “Crack is wack”, tradotto, “Il crack è una porcheria”. A partire da queste operazioni legate alla cronaca, Haring, adotta il metodo "Murales" per denunciare la seduzione del male e sottolineare il suo impegno personale nel sociale. Da qui inizia ad essere tempestato di commende di lavoro per amministrazioni comunali come Boston e San Francisco. In questo fermento d'idee e opportunità di lavoro, Parallela alla produzione dei Murales viaggia anche il pittore, sesso e visionarietà ricordano i dipinti di Hieronymus Bosch, secondo Stephane Cosman Connery, noto e temuto gallerista di New York ma nelle mani di Christie, società americana internazionale che offre aste d'arte nata nel 1766 e acerrima, quanto spregiudicata rivale del suo equivalente europeo, la casa d'asta londinese Sothebys
Video retrospettiva dedicata alle opere di Keith Haring
Nel 1986 apre il primo Pop shop personale a New York, dove il pubblico può acquistare gadgets e guardare l'artista al lavoro e comprare produzioni dell'artista quotatissimo già da vivo, cosa che accade, come saprete, raramente, soprattutto con gli artisti nati e arrivati dalla strada, come l'amico Basquiat ennesima riprova del colpo di genio. Ormai giunto all’apice del successo, nel 1986, in un’intervista al Rolling Stone American dice pubblicamente di essere in stato di Aids conclamato. Morirà due anni dopo, all’età di trentadue anni il 16 febbraio 1990. I suoi "Radiant babies" (meglio conosciuti come gli omini che irradiano) e i "Barkings dogs" (cani che latrano), immersi in un flusso grafico che ha dato vita a un linguaggio visuale inedito e inconfondibile, e che colorano tutt’oggi spazi ad alto contenuto artistico e pubblico in molte città del mondo, Londra, Mosca, Berlino, New York... Opere d'arti per il gusto di chi ha fame d'immagini: “Mi è sempre più chiaro che l'arte non è un'attività elitaria riservata all'apprezzamento di pochi. L'arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare”. (Keith Haring).
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