Io
accoglierò il Papa quando arriverà nella mia città, Bresso, e domenica 3 giugno
mi troverò con tanti altri al Parco Nord, che si stende proprio davanti casa,
ad ascoltare la sua Messa.
Il Papa celebrerà
la santità della famiglia.
Al
singolare, naturalmente: la famiglia, per la Chiesa cattolica, è solo una:
eterosessuale, monogama e prolifica.
Tutte le
altre comunità di persone non vengono considerate tali. Qualcuno non ha mancato
di ricordarlo con una certa durezza. Il card. Ravasi, già prefetto
dell'Ambrosiana e finissimo, nonché telegenico studioso e ricercatore, da quando
veste la porpora è schierato su posizioni decisamente conservatrici; il che è
prevedibile, se si vuole, benché non inevitabile. Per Giovanni XXIII l'ascesa
alle alte cariche ecclesiastiche non ha infatti coinciso con l'allineamento
alle posizioni maggioritarie; ha saputo essere uomo prima che vescovo. Per
Ravasi, come per molti altri, non è stato così. Un uomo prevedibile, e
prevedibile (e più volgare) è divenuto anche il suo linguaggio, da ricercato e
prezioso che era. "Assistiamo a nuovi sconcertanti fenomeni socio-culturali
- afferma infatti, allarmato - che portano alla decostruzione dell'intero
edificio familiare in una sorta di terremoto". Dalle "antiche
lacerazioni" costituite da divorzi, ribellioni, infedeltà, aborti alle
ultime manifestazioni di tale decostruzione: "individualismo, privatizzazione,
sorprendenti e non di rado sconcertanti percorsi bioetici della fecondazione in
vitro, dell'utero in affitto, della coppia omosessuale e delle relative
adozioni" (temi che io stessa mi riprometto di affrontare, in futuro; per
ora rimando all'interessante analisi dei cattolici di base di Noi Siamo Chiesa ).
E non manca un giudizio lapidario sulla
monogenitorialità, paragonata alla "pornografia".
Gli fa eco il cardinale ciellino Scola:
l'attenzione della Chiesa, egli sostiene ricorrendo a un pessimo neologismo, è
focalizzata sulla famiglia "normocomposta".
Molti di voi mi domanderanno allora perché io
accolga il Papa. La mia non è una famiglia "normocomposta" come la
intende il card. Scola.
Sono esclusi dalla famiglia cattolica, così concepita
da vecchi maschi celibi, i single, i genitori unici, i divorziati, i separati, le
donne che abortiscono, anche gli sposati se ricorrono a metodi contraccettivi
non naturali senza pentirsene, o i coniugi che hanno contratto matrimonio
civile, assieme naturalmente agli omosessuali che per il Vaticano rappresentano
la forma più grave di perversione.
Cosa vai a fare? - sarebbe quindi la logica domanda
- Non parla per te!".
No, certo: o almeno mi considererebbe un problema,
un'imperfezione da risolvere.
Io però ascolto il Papa perché non sono papista.
Io ascolto il Papa perché amo il Vangelo. Il clero reazionario lasciamolo
volentieri a Formigoni.
Io ascolto, e non m'arrabbio più, quando urlano: individualista!
edonista! privatista! pornografica!
E non perché tali pericoli non esistano. Non
perché tutte le proposte, o le pretese, dei "nuovi fenomeni
socio-culturali" siano eticamente accettabili. Non perché la nostra
società non sia effettivamente attanagliata da questi mali. Mali, assieme al
materialismo, con cui peraltro la gerarchia vaticana non ha lesinato a fornicare,
accordando la sua incondizionata benedizione verso politicanti corrotti, faccendieri
miliardari, vecchi sudici dalle sordide frequentazioni sessuali, tutti
disinvoltamente accolti, purché ossequiosi verso i diktat d'Oltretevere. La
Chiesa gerarchica sta coi ricchi, come spesso è accaduto nella sua storia;
ricchi non solo in denaro ma nel potere, artisti della furfanteria, maestri
della gaglioffaggine, dell'astuzia volpina e sommersa. Acuti e silenti come
serpi.
Gentiluomini del Papa che sfilano ai Family Day e
di notte partecipano a orge con aitanti prostituti nordici. Un copione già
visto. Ce ne ha parlato diffusamente Dante.
"Maestà - rispose il card. Consalvi a
Napoleone, intenzionato a distruggere la Chiesa - in tanti secoli non ci sono
riusciti nemmeno i preti!". Già. E non ci riusciranno nemmeno i familisti.
Perché famiglia è il mondo intero. Perché l'antropologia biblica propone una
famiglia inclusiva. Una famiglia dove la ricca simbologia dell'uomo e della
donna è glorificata. Giustamente. Ma non esclude. Accoglie. Ritempra.
Accompagna. Il male dell'individualismo si annida ovunque. Per Ravasi solo gli
"sconcertanti percorsi bioetici" sono fomite d'ogni male. Egli si
sente perfetto, e si trincera dietro un ideale astratto per
"difendersi" dai nemici esterni. La "famiglia" ch'egli propugna come una spada non riflette il modello evangelico ma soltanto l'ottuso perbenismo borghese. Gesù ci ha insegnato che il
"nemico" nasce nel cuore umano.
Il mistero dell'uomo racchiuso nel messaggio biblico è un tesoro preziosissimo.
Ne avvertono il fascino anche coloro che, in modo più o meno condivisibile,
cercano di riprodurlo. Il senso del limite che essi portano è talora segno d'un
cammino faticoso. Non equivale automaticamente a edonismo e individualismo.
Sulla Bibbia mi sono formata e attraverso la
Bibbia ho imparato a dialogare. Non ho accettato tutto indiscriminatamente, ma
se sono qui, oggi, lo devo a quelle parole d'accoglienza che superano la Chiesa
gerarchica. Ma che impastano la Chiesa stessa. Un altro cardinale ha
dichiarato: "Missionari, volontari, preti, suore che vivono accanto ai
poveri e ai sofferenti: è questa la vera Chiesa e Cristo non l'abbandona
mai". E' questa la vera famiglia: una famiglia che allarga le braccia, pur
conservando la sua unicità. A questa famiglia appartengo, e non me ne separerò.
Chi ci separerà da quest'amore (S. Paolo)?
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