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Enam Honya Heikeens, infermiera, attivista e modella ghanese, ci racconta di come ha superato la vergogna della vitiligine, trasformandola in motivo di orgoglio e dignità.
13.2.23
stavolta sul caso vattimo parla Simone caminada di emiliano morrone
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https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/
Stamani è appena uscita l'intervista che ci ha rilasciato Simone Caminada, che convive con Gianni Vattimo e in primo grado è stato di recente condannato per presunta circonvenzione del filosofo. Il nostro Corriere della Calabria è andato a fondo. Dopo aver sentito la presunta vittima, che continua a difendere a spada tratta il proprio assistente e convivente, oggi usciamo con un'intervista a Caminada. Nel caso in questione ci sono aspetti esterni alla sfera della giustizia, atteso che la presunta vittima appare lucida, motivata e inamovibile rispetto alle proprie convinzioni? E chi è Caminada, di là dalle etichette che gli vengono appioppate, perfino dallo stesso Marcello Veneziani, che per pura linearità di ragionamento l’ha inserito nella (rispettabile) categoria dei badanti? Qual è il contesto psicologico, umano e sociale e in cui è maturata la vicenda? Chi ha preso le difese dell’assistente di Vattimo? Che cosa accomuna i due protagonisti della storia, che continua a far discutere l’opinione pubblica, anche sui limiti oggettivi della logica giuridica? Caminada ha risposto alle nostre domande, poste con l’obiettivo di approfondire aspetti che vanno oltre la cronaca
Il compagno di Vattimo: «La mia colpa? Aver chiuso i rubinetti a chi si era approfittato di lui»
Caminada parla dopo la condanna. «Questa vicenda puzza di classismo e razzismo. Contro di me chi ha fatto male a Gianni»

Il filosofo Gianni Vattimo convive con l’assistente Simone Caminada nella propria casa di Torino, piena di libri, storia, pensieri, ricordi. La vicenda giudiziaria e mediatica che li riguarda ne ha rafforzato il rapporto, stando alle loro ultime dichiarazioni. Caminada è stato da poco condannato in primo grado per circonvenzione d’incapace, cioè lo stesso Vattimo, a giudizio del tribunale di Torino. Tuttavia, il padre del “pensiero debole” continua a smentire di essere vittima del proprio convivente. Di Simone «penso tutto il bene possibile», aveva detto sabato scorso il filosofo al Corriere della Calabria.
Tra i due conviventi la distanza anagrafica è di quasi mezzo secolo. Di origini calabresi, il filosofo ha 87 anni, il suo assistente ne ha 38.
Sarebbe per questo una relazione scandalosa? Vattimo «vuole semplicemente viverla in libertà, a casa sua», secondo Marcello Veneziani, che ha aggiunto: «Quanti altri casi ci sono di mariti, di vedove, di nonni che destinano i loro beni a coniugi, figli, badanti, nipoti che possono assisterli, far loro compagnia nella vecchiaia, nell’infermità, e accompagnarli alla morte? Quanti matrimoni fittizi si fanno in Italia di anziani con le loro badanti, proprio per lasciare loro l’eredità e perfino la reversibilità della pensione pur di avere compagnia e assistenza? È una preoccupazione diffusa, universale, non vedo perché non dovrebbe valere pure per Vattimo».
Non solo. A parere di Veneziani, Vattimo «rilascia serene interviste in cui mostra il pieno possesso delle sue facoltà mentali e ribadisce la consapevolezza delle sue scelte».
Nel caso in questione ci sono aspetti esterni alla sfera della giustizia, atteso che la presunta vittima appare lucida, motivata e inamovibile rispetto alle proprie convinzioni? E chi è Caminada, di là dalle etichette che gli vengono appioppate, perfino dallo stesso Veneziani, che per pura linearità di ragionamento l’ha inserito nella (rispettabile) categoria dei badanti? Qual è il contesto psicologico, umano e sociale e in cui è maturata la vicenda? Chi ha preso le difese dell’assistente di Vattimo? Che cosa accomuna i due protagonisti della storia, che continua a far discutere l’opinione pubblica, anche sui limiti oggettivi della logica giuridica? Caminada ha risposto alle nostre domande, poste con l’obiettivo di approfondire aspetti che vanno oltre la cronaca.
Perché si è trovato in tribunale?
«Il problema è che sono diverso dai cliché che si vogliono imporre a Gianni Vattimo, cioè amicizie e frequentazioni borghesi. Il particolare non è entrato formalmente nel procedimento a mio carico, ci mancherebbe. Però, a ben guardare, senza una sola prova è passata l’accusa di circonvenzione d’incapace, in barba agli elementi granitici che avevo prodotto e alle evidenze più limpide. Allora qualcosa non torna di sicuro».
Lei è sempre stato determinato nell’affermare che intorno a Vattimo c’erano persone insincere. Ne è ancora convinto?
«Ora Gianni ha fatto “pulizia” nell’ambito delle sue amicizie e frequentazioni. Tra i testimoni dell’accusa ci sono state persone che erano diventate molto pesanti per la sopravvivenza economica di Vattimo. Mi riferisco alla moglie di facciata del filosofo, che mirava alla sua eredità, come la stessa ha dichiarato pubblicamente. Poi ha testimoniato uno che da quasi 20 anni si faceva mantenere da Gianni con cifre da capogiro, insostenibili perfino per il professore. Ancora, tra i testimoni dell’accusa c’è stata una psichiatra. Da parlamentare europeo, Vattimo aveva assunto la figlia di questa specialista come propria assistente. Le aveva dato un lavoro ben pagato dai contribuenti, ma lei non amava presentarsi in ufficio, come possono confermare diversi parlamentari europei di allora. La psichiatra ottenne anche la sistemazione di una casa della propria figlia a spese di Gianni, dal quale, non contenta, pretendeva addirittura un regalo di 200mila euro. Contro di me ha poi testimoniato una geriatra, amica della psichiatra. Ha inoltre testimoniato la badante che a Gianni era stata indicata dalla psichiatra e dalla geriatra. Infine, ha testimoniato il consulente bancario della psichiatra. Contro di me, insomma, hanno testimoniato persone che da Vattimo avevano ottenuto o avrebbero potuto ottenere lauti benefici. La mia colpa è una soltanto: aver chiuso i rubinetti a soggetti che avevano approfittato di Gianni, il quale, a malincuore, ha poi aperto gli occhi sul fatto che veniva “coccolato” per meri interessi materiali».
Sostiene, dunque, di essere stato attaccato per aver difeso il patrimonio di Vattimo. È la sua versione. Lei come si è difeso?
«A conferma della mia versione hanno testimoniato due senatori amici di Vattimo da almeno 30 anni. Ancora, per verificare le mie ragioni hanno testimoniato il padre confessore di Gianni, un cugino e il personal trainer del filosofo. Inoltre, hanno reso testimonianza un professore universitario venuto apposta da Roma e un altro professore, nello specifico dell’Università di Torino. Lo stesso Gianni è stato testimone della difesa. Non solo, a mio favore si sono espressi il governante della casa di Vattimo e, a parte, tantissime persone che hanno pubblicamente smentito sui giornali e online le accuse nei miei riguardi. Perciò bisogna riflettere su questa vicenda, che puzza di classismo e razzismo».
Da tempo si prende cura del professore Vattimo. In che modo? Ritiene che qualcuno possa essersi infastidito o che voglia allontanarla dal filosofo? Perché, nel caso?
«Tanti si industriano a derubricarmi a giardiniere, badante, brasiliano eccetera, come se questi fossero dei demeriti. Io sono l’assistente di Vattimo più conosciuto, insieme a quello storico che ora vive a Bruxelles e che sarebbe stato un altro mio testimone scottante, se non avesse avuto seri problemi familiari e personali da non poter arrivare in Italia a testimoniare.
Io sono l’assistente più conosciuto dalle associazioni, dai Comuni, dagli enti, dalle accademie, dagli editori eccetera, che chiedevano e chiedono la partecipazione di Gianni Vattimo a iniziative, eventi, progetti. Sono l’assistente e non il giardiniere, non il badante e via dicendo. Tra l’altro, nell’esposto da cui partì il procedimento penale contro di me e il parallelo iter per l’amministrazione di sostegno nei confronti di Gianni, poi revocata, era stata inserita la parola “adottato” fra i demeriti che mi venivano imputati.
Guardi, le ho tratteggiato il contesto preliminare alle indagini e i presupposti del relativo processo. Mi chiede ancora se ci sia gente infastidita, dopo che le ho dato il quadro generale della vicenda?».
Qual è il ricordo più bello che ha del suo rapporto con Vattimo? Che cosa le ha insegnato il professore?
«Il mio ricordo più bello è legato alla settimana in vacanza che passammo a casa del compianto semiologo Umberto Eco, caro amico di Gianni. Anche gli incontri con il cardinale e poi Papa Bergoglio sono stati indimenticabili. Mi viene pure in mente quando presentai la grande cantante Ivana Spagna, che conoscevo da tempo, a Gianni Vattimo e viceversa. Tutti e due si guardavano con il punto di domanda; io ci risi per parecchio tempo.
Gianni mi ha insegnato che, pur davanti a grandi personaggi, si può vivere e apprezzare la vita senza etichette, come comuni mortali che condividono l’esperienza terrena. Dal canto mio gli ho insegnato le canzoni di Gaber, Vanoni, Guccini e la “mala” milanese dei vari Gufi, Ivan della Mea eccetera, che danno una lezione: anche la canzone può essere “debole” e battagliera come il pensiero di Gianni, come lui».
Perché ha deciso di seguire Vattimo?
«Che siamo molto simili lo si deduce dalla risposta precedente. I miei genitori, mio padre ne era il promotore, per ogni occasione facevano spesso grandi tavolate a casa nostra. Erano sempre contenti di condividere il buon pane e sorrisi non certo di facciata. Anche se sconosciute, l’importante era vedere felicità e condivisione nelle persone. Conoscere Vattimo mi ha fatto rivivere quelle emozioni e quegli insegnamenti, perché lui è sempre stato come mio padre da quel punto di vista, con tutti i distinguo del caso».
Appellerà la sentenza?
«Sì. Tutti gli amici veri di Gianni Vattimo hanno innalzato le barricate per proteggermi, quasi intimandomi di non mollare. Alludo anche a eminenti giornalisti, giuristi, avvocati, politici, persone dello spettacolo e gente di Chiesa; persino ad un amico del Papa che era presente all’ultimo compleanno di Gianni. Soprattutto, c’è tantissima gente comune che mi chiede di non abbandonare la lotta. Non potrei deluderli».
Come si sente adesso?
«Liberato. Ho speso dieci anni della mia vita restando in tutto e per tutto vicino a Gianni. Solo nel 2017 mi accorsi – ma non potevo saperlo prima, visto che non mi ero mai permesso di guardare i suoi conti – di quanto certe brutte persone, benché importanti per lui, pesassero economicamente così tanto sulla vita di Vattimo, che dovette svendere sue proprietà per reggere i costi di quelle amicizie. Dallo scorso luglio Gianni è stato liberato dalla morsa dell’amministrazione di sostegno. Ciò mi ha sollevato, significa che Gianni non ha alcun bisogno di essere protetto dallo Stato. Infine, vedere che persino il classico “odiatore da tastiera” ha ormai chiara la situazione, è stata per noi la riprova di un’indubbia vittoria».
Teme che il suo rapporto con il professore possa cambiare?
«No. Al contrario, ritengo che possa crescere e migliorare ogni giorno. Qualcuno ha di recente dichiarato, per l’ennesima volta, che non riesce più a sentire Vattimo per telefono. Questo qualcuno crede davvero che una persona cui ha fatto ogni male possibile voglia ancora risponderle o vederla? Allora sì che si dovrebbe dubitare delle capacità di Vattimo. Gianni risponde a chi vuole e abita sempre nella stessa casa. Come ha precisato l’imprenditore, politico e saggista Franco Debenedetti, “basta citofonare”».
1.9.16
estate 2016 un estate senza un tormentone musicale
c fa mi sono chiesto che strano un estate senza il classico tormentone estivo .
cioè
deliberamente tratto da http://www.sorrisi.com/musica/canzoni/estate-2016-tormentoni-canzoni-belle-che-ascoltate-di-piu-spiaggia-mare/
La canzone che ti entra in testa a maggio\ giugno , anche se non lo vuoi, e che si lascia dimenticare ( ? ) a settembre inoltrato. È il tormentone estivo. Non importa la qualità del brano, l’essenziale è che con il suo ritmo ti faccia scatenare, ballare e cantare, qualunque cosa tu stia facendo.
Infatti Il tormentone è sempre stato motivo di aggregazione davanti al bar ( baretto \ chiosco si era al mare ) a mettere ed ascoltare la canzone in questione e spesso accompagna flash mob e balli di gruppo, drink alla mano, mare sullo sfondo. ( foto drink ) Con il passare degli anni non lo si ascolta più, collettivamente al jukebox ma attraverso tablet e cellulari spesso free da o Spotify o Youtube . Esso lo ricordiamo ( ovviamente dipende dai casi , io esempio se un canzone , tormentone o meno , forse perché sono nato nell'era pre rivoluzionaria internet , lo ascolto e riascolto oltre a cantarlo anche quando non è estate vedere post precedenti in cui parlo della mia formazione culturale in ambito musicale ) solo per legarlo a qualche evento particolare della propria estate. Di solito il tormentone si scatena così, dal nulla, senza motivo apparente.
dicato il suo . Infatti ho avuto ho avuto belli o brutti , questioni di gusti personali che variano da generazione a generazione e da formazione musicale culturale e dipendono dai gusti e dell'adesione critica e acritica ale mode del momento ) http://www.panorama.it/musica/i-10-tormentoni-dellestate-2016/
http://www.danceitalia.it/musica-e-canzoni-estate-brani-ricercati/
vi cosa ne pensate e quale è il vostro tormentone o quali sono le vostre hits Ecco quiindo che secondo me si è verificato ,era dagli anni 60 che non succedeva in quanto un tormentone lo si trova sempre e prevaleva su varie hits , quello anticipato previsto\ anticipato dal romanzo ( piacevole e niente male )
E voi cosa ne pensate ? qual è il vostro tormentone ? o le vostre hits di quest'estate ormai prossima alla fine o già finita ?
16.2.15
finalmente Una storia di ordinaria buona sanità in ospedali e struttuire saitarie sempere più allo sfascio
" Tre Angeli volati in cielo", pietoso eufemismo per un dolore troppo grande da sopportare, perchè non si può accettare che tre bimbi muoiano, uno dietro l'altro, Catania, Trapani, Napoli, accomunati "dall'inefficienza" delle strutture sanitarie pubbliche, che avrebbero dovuto curarli e salvarli! Ma quando la sanità funziona, a ben guardare, è soprattutto grazie all'impegno, alla professionalità e allo spirito di sacrificio di tanti operatori sanitari, oltre le carenze anche gravi del settore, a tutti i livelli! E' giusto darne atto!
da Carmìna Conte
capita che
da http://www.sardiniapost.it/cronaca/
un signore ultrasettantenne arrivi al Pronto Soccorso del SS.Trinità di Cagliari, il più vicino a casa, un mercoledì mattina, alle 11,10: ha problemi di memoria, non ricorda cosa ha fatto nelle due ore precedenti, ma non accusa altri disturbi, cammina con le sue gambe, non ha né mal di testa né capogiri. Nella saletta di attesa una ventina di persone, giovani, anziani, donne, uomini. Il signore suona alla guardiola per prendere il codice: chissà quale gli attribuiranno.
“Verde, rosso, bianco…chissà a che ora la finisco!”, pensa, mentre la moglie va a parcheggiare la macchina. Giornata fortunata, parcheggio trovato quasi subito, la moglie torna dopo pochi minuti, ma il marito non c’è: gli astanti la rassicurano, è già entrato. La moglie si tranquillizza, si aspetta di vederlo ricomparire con il codice. Dalla porta entrano ed escono persone, già visitate o con il codice e con la specifica di visita. Sul piazzale antistante c’è un via vai di ambulanze, e gente che arriva con i mezzi propri. La saletta si riempie, come sempre. Passano i minuti e non succede niente, il marito ancora non torna con il codice. La moglie comincia a preoccuparsi, suona alla guardiola, si affaccia un’infermiere, gli chiede del marito: la rassicurano, lo stanno già visitando, la chiameranno a breve. “Che strano – pensa la moglie – e il codice? Mah, speriamo bene”. Non resta che attendere. Dopo tre quarti d’ora la chiama una gentilissima e giovane infermiera. La rassicura, il marito è già stato preso in carico: pressione cardiaca a 240/124, a rischio di ictus, è già sottoterapia e gli stanno completando gli esami del caso, a breve farà anche la tac al cranio. “Può stare con lui, in attesa della TAC”.
Alle 14, il signore ha completato tutti gli esami, di routine e specialistici, compresa la TAC, lo convoca il medico di turno, una dottoressa. Con gentilezza gli comunica che ha già predisposto il ricovero, indispensabile per monitorare l’attività cardiaca e l’andamento della pressione arteriosa, che nonostante la terapia continua ad essere alta. La buona notizia è che al momento non appaiono lesioni cerebrali da ischemia o altro, ma che occorrerà ripetere la tac. Dopo il primo momento di panico (“un ricovero? E chi se l’aspettava!”), ci si rassegna e pensa che forse è meglio così. “Piuttosto, per il letto dovrà aspettare, dovrebbe liberarsene uno verso le 15/16, c’è già un paziente in dimissione e sta aspettando che lo vengano a prendere”. Va bè, non c’è problema, aspettiamo.
Si fanno le 17, ma il signore è ancora al Pronto Soccorso, nel frattempo gli continuano la terapia: tutto sotto controllo, per fortuna il pericolo è stato sventato. Riacciuffato per i capelli, è il caso di dirlo dalla sollecitudine, professionalità e impegno del personale medico e infermieristico. La “signora con la falce” dovrà aspettare ancora, speriamo per un bel po’. Ma il letto? “Guardi, ormai è questione di minuti, il suo letto si sta liberando”, lo rassicura un altro medico del Pronto Soccorso: “Sa, noi qui vediamo un sacco di gente, ci arriva di tutto, siamo praticamente sempre in emergenza, e riusciamo anche a fare i miracoli, qualche volta, nonostante la carenza di personale e tanti disservizi. Ma poi tutto si inceppa nell’imbuto della carenza di posti letto: non sappiamo dove far ricoverare la gente che ne ha necessità. È così, tutti i giorni”. Finalmente il signore viene accompagnato in reparto, il letto è libero. Si sono fatte le 18,30: un sospiro di sollievo, il reparto è confortevole, totalmente ristrutturato, dotato di servizi in camera. Sembra quasi una clinica privata! Il massimo per un ospedale pubblico. Al Pronto Soccorso, c’è ancora la gente che aspetta il letto. E già, taglia di qua e taglia di là, nella migliore delle ipotesi la gente viene salvata al Pronto Soccorso, ma poi non si sa dove ricoverarla… Già, il SS.Trinità, altrimenti noto come Ospedale di Is Mirrionis, con 343 posti letto e 37 in day hospital, ha un tasso di occupazione dei posti letto di oltre il 90% con 15.600 ricoveri nel 2014.
Si capisce: è un ospedale generale, l’unico ormai in centro città, in un quartiere popolare e popoloso, dove ci si può recare a piedi anche per fare la dialisi, visto che c’è la struttura compessa di Urologia; e poi c’è l’Ortopedia-traumatologia, la Chirurgia generale, la Gastroenterologia, la cardiologia, la ginecologia-ostetricia, l’otorinolaringoiatria-maxillo facciale e ben due reparti di psichiatria, gli unici della città, che “sopportano” il peso di patologie legate alla sfera psico-comportamentale in aumento esponenziale, purtroppo, come quelle da dipendenza, e non solo da “sostanze”, e come la cronaca, purtroppo, riporta quasi quotidianamente. Eppure qui ci sono reparti che hanno livelli di eccellenza come l’Otorinolaringoiatria, “centro di riferimento nazionale per il trattamento dei tumori del cavo orale, certificato IEO”, come recita il sito istituzionale della ASL 8; e la Maxillo-facciale, dove, oltre alle infinite traumatologie, si fanno anche gli interventi sui bambini affetti da labbro leporini; o come la Dermatologia, uno dei quattro Centri di riferimento nazionale per il Morbo di Hansen, l’unico in Sardegna; o il servizio di Cardiologia, dove è stato effettuato uno dei primi interventi di ablazione transcatetere, mediante radiofrequenza per una grave aritmia cardiaca, senza l’ausilio di raggi X, in una giovane donna alla 27° settimana di gravidanza… e adesso è “capofila” nella campagna regionale “Questioni di cuore”, per le malattie cardiovascolari. E non dimentichiamoci di Geriatria, con il Centro di coordinamento regionale delle Unità Valutative Alzheimer per il progetto Cronos. Si potrebbe continuare, ma si sa, le buone notizie non fanno “notizia”, non più di tanto.
Così come non fa notizia il fatto che medici, infermieri, tecnici e operatori sanitari, lavorino spesso in condizioni estreme: il personale infermieristico, nello specifico, è “al limite”… sempre per la storia dei tagli, pare che da anni quelli che vanno in pensione non vengano “rimpiazzati”, e si fatica anche semplicemente a fare i turni, con conseguenze facilmente immaginabili: sovraccarico di lavoro, limiti nell’assistenza…per fermarci qui. Eppure in questo ospedale ci sono delle ottime équipe di medici e chirurghi: se ci fosse un numero adeguato di anestesisti e infermieri, si potrebbe fare un numero decisamente più elevato di interventi e al massimo livello. E poi, la questione cruciale della sicurezza: il SS. Trinità è un ospedale “aperto”, in tutti i sensi, con molteplici ingressi, alla struttura, ai padiglioni, ai reparti, e il Pronto Soccorso, aperto, ovviamente 24h su 24h. Difficile garantire il controllo, in condizioni normali, doppiamente difficile, se anche i servizi di guardiania sono stati ridotti, già da tempo, sempre per la questione dei tagli. Adesso, alla luce dei fatti incresciosi degli ultimi giorni, Prefettura e Direzione sanitaria annunciano interventi appropriati, per garantire la sicurezza: ma non si poteva intervenire prima, visto che la storia si ripete da tempo? Sempre per la cronaca, il signore ultrasettantenne, e se la cosa interessa, sta bene, dopo tre giorni di ricovero è tornato a casa, grato ai medici del pronto soccorso e di Medicina. “Miracolato” per la seconda volta: 5 anni fa gli hanno salvato la vita, asportandogli un micidiale carcinoma dal collo, con un intervento di alta chirurgia nel reparto di otorinoaringoiatria, ad opera del dr. Giorgio Tore, il responsabile della struttura, senza dover andare “in pellegrinaggio” in altre strutture ospedaliere del “continente” più titolate, come purtroppo spesso capita a molti “isolani”.
Ma si sa, le buone notizie non fanno notizia o hanno vita breve rispetto ad altre magari meno importanti e\o significative
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