Sorpresa dalla quantità ha deciso di rispedirle al mittente, ma la Delta per la sua onestà e disponibilità le ha permesso di tenerne una in più. Gli utenti di TikTok hanno commentato la vicenda con ironia, dicendo che la donna aveva "vinto il jackpot dei bagagli".
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
9.3.23
La linea aerea le fa a pezzi la valigia, la passeggera reclama e vince il "jackpot dei bagagli"
Sorpresa dalla quantità ha deciso di rispedirle al mittente, ma la Delta per la sua onestà e disponibilità le ha permesso di tenerne una in più. Gli utenti di TikTok hanno commentato la vicenda con ironia, dicendo che la donna aveva "vinto il jackpot dei bagagli".
5.4.16
«Sono caduto, il rigore non c’è», storia di un gesto da applausi
finalmente un giocatore che non vuole montaggi . E il caso avvenuto Domenica al Quercia durante Rovereto - Anaune all’83esimo l’arbitro fischia il penalty ma Andrea Manica lo rifiuta: «Avevo perso l’equilibrio e ho deciso di dirglielo.

TRENTO. L’arbitro fischia il rigore in un momento delicatissimo del match, ma chi ha subito il fallo dice: «No, sono caduto da solo». Il 35enne Andrea Manica, giocatore - allenatore (in cogestione conGiovanazzi) del Rovereto, calca i campi dei massimi campionati regionali da una quindicina di anni: difensore piuttosto rude, domenica è stato l’assoluto protagonista della giornata calcistica trentina. E non per una gol in rovesciata, ma per un gesto di fair play che merita la massima pubblicità. Cosa è successo esattamente allo stadio “Quercia” al minuto 82 della sfida tra il Rovereto, in corsa per il quinto posto, e l’Anaune, protagonista della volata per la seconda piazza con l’Arco? Tranquillini crossa in area nonesa e Manica anticipa Morano e poi cade a terra. Di Muro non ha esitazioni: fischia, indica il dischetto e si prepara ad estrarre il cartellino all'indirizzo del difensore gialloblù che, in quanto già ammonito, sarebbe stato espulso. Manica, però si rialza e ferma tutto.
«I giocatori dell’Anaune hanno attorniato il direttore di gara, protestando in maniera veemente - racconta il giocatore allenatore bianconero - e uno dei calciatori avversari mi ha chiesto se il suo compagno mi avesse toccato. Io ho risposto di no. Mi sono avvicinato all’arbitro e, tranquillamente, gli ho detto che non era rigore e che ero caduto perché avevo perso l’equilibrio: mi ha ringraziato, ci siamo stretti la mano ed è ovviamente tornato sui proprio passi, facendo riprendere il gioco con una rimessa dal fondo».
Un gesto meraviglioso, il suo, e inusuale.
Purtroppo. Infatti non capisco tutto questo clamore mediatico. Ho ricevuto tantissimi attestati di stima, e questo non può farmi che piacere, ma non mi sento un eroe. Ho agito d’istinto: da difensore so quanto può dare fastidio subire un rigore per un fallo che non si è commesso.
La domanda “scomoda” è d’obbligo: se il fatto fosse avvenuto a otto minuti dalla fine dell’ultima partita di campionato e il Rovereto avesse avuto bisogno della vittoria per salvarsi, lei si sarebbe comportato allo stesso modo?
Sono onesto: non so come avrei reagito. Certe situazioni bisogna viverle e non voglio essere ipocrita.

La panchina del Rovereto con Giovanazzi e sullo sfondo Manica
Eh, qualcuno dei miei compagni non era proprio contento, soprattutto visti i trascorsi sportivi con l’Anaune, che due anni fa ci fece retrocedere pareggiando a trentasei secondi dalla fine dell’ultima partita. Ognuno ha la propria opinione: io ho ritenuto giusto comportarmi in tale modo e Giuly (Giovanazzi, ndr) era d’accordo con me. Complimenti, meriterebbe un premio fair play. Io mi auguro di aver dato un esempio ai più giovani. Si dice tanto che bisogna dimostrare di essere corretti: ho cercato di esserlo nei fatti e non solamente a parole.
18.9.12
Sinnai, non ha soldi per pagare la pizza Salda il debito lavando piatti e posate
Al momento di pagare il conto si è scoperto senza soldi. Così ha saldato il debito con la pizzeria in cui aveva consumato la cena lavando i piatti.
La vicenda ha avuto come teatro la pizzeria 'Birillo' di via Giardini, a Sinnai. Era sabato. Un giovane cliente si alza dal tavolo dopo aver consumato la pizza. Fruga nelle sue tasche ma non trova i 7 euro e 50 necessari per saldare il conto. Il titolare (Massimiliano Rubiu), con l'intento di scherzare, ha ribattuto: "Lava i piatti". L'imbarazzato avventore ha raccolto immediatamente la provocazione: grembiule ben stretto alla vita, ha ripagato il suo debito con venti minuti di lavoro tra stoviglie e detersivi. Vicenda chiusa ma con un pesante strascico su Facebook in cui si è scatenato l'implacabile tam tam di 'condivisioni'. "Non sono un morto di fame - ha commentato il giovane di fronte all'ilarità virtuale - avevo solo dimenticato i soldi a casa".
21.8.08
C'E' SOLO UN PRESIDENTE!!!!!
FRANCO SENSI CI SALUTA

Carissimi amati amici Blogger,
il Presidente ci ha lasciati. L'onestà della persona e dell'uomo ci mancheranno tantissimo. Le sue lotte intestine, i veleni di palazzo che l' hanno minato lentamente ed inesorabilmente nel fisico, senza mai riuscire a scalfirgli quell'anima da grande condottiero amante della verità, del giusto, uomo di sentimento e temperamento che non si è mai fatto comprare da niente e nessuno, che non ha mai fatto del mercimonio per riempirsi le tasche a scapito della squadra, ma che ha rimesso e di suo e sempre e solo per mandarla avanti senza cedere alle logiche di quel mondo putrido dove conta solo il proprio guadagno. Nei vocabolari alla voce incorruttibile dovrebbero mettere tra i sinonimi, Franco Sensi. Non voglio continuare, sono ancora poco lucida per commentare un uomo tanto grande e per questo motivo, con il copia incolla pubblico un post dalla bacheca di un amico di space, FMONADE. Credo sia il modo migliore per salutarlo a caldo.
PER ADESSO CIAO, GRANDE PRESIDENTE, ESEMPIO CHE VA OLTRE LA FEDE CALCISTICA, SPECCHIO DI VITA E UMANITA' OGGI SEMPRE PIU' INVISIBILE E DIMENTICATA.... MILLE BACI GIALLOROSSI, Rossella Drudi.
(segue post copiato da FMONADE)
Il Cavalier Franco Sensi aveva compiuto 82 anni il 29 luglio. E da tempo era malato.
Quelli bravi e noiosi diranno che si portava dietro un male che non perdona. Quelli che lo amavano e basta, invece, scriveranno che l’unico dolore che si portava dietro non era il male che lo consumava, ma la rabbia di non avere più la forza fisica per continuare a combattere in prima linea quel sistema marcio alla radice che lui avrebbe voluto cambiare definitivamente.
Quando il 13 ottobre del 2002, durante una delle sue rare partecipazioni a Controcampo, circondato da un pubblico ululante avvolto in colori rossobianconerazzurri, definì Galliani come un Presidente che pensava solo a “…combattere le sue battaglie personali…” diede inizio ad una guerra uno-contro-tutti, che poteva avere solo un esito scontato. Anche quando quell’uno-contro-tutti divenne un tre-contro-tutti, con Totti e Baldini che si unirono al loro presidente in una guerra combattuta da pochi ribelli contro un esercito bene organizzato ed armato alla difesa del Sistema.
Lui no. Lui non era così. Lui questo Sistema lo combatteva. Ed ha pagato un prezzo personale altissimo, fatto di dolori, rabbia, emarginazione e delusione. Tanta delusione per essere stato abbandonato da tutti, meno che dai suoi “figli”. Figli che dalla Curva urlavano il suo nome. Figli che dal campo giocavano e vincevano per correre ad esultare da lui. Almeno fino a che gli è stato concesso di farlo.
“Vinceremo lo scudetto se ce lo faranno vincere”, disse. E non glielo concessero più. Decisero che la sua Roma doveva sistematicamente giocare “…11 contro 14”, come disse Totti, il suo figlio maschio, dopo un Roma-Juve del 2005. Decisero che i suoi figli più belli, in campo e in curva, dovevano “rosicare” per un campionato che era loro fino a mezz’ora dalla fine. Che dovevano piangere lacrime di rabbia sapendo di aver perso pur essendo più forti. Sapevano che così avrebbero annientato le resistenze dell’uomo.
Ma quello che non sapevano, era che ne avrebbero fatto un simbolo. Un simbolo d’amore e lotta contro il potere prepotente di una associazione a delinquere, come la definì lui stesso. Un simbolo nato uomo e diventato storia. Storia colorata di giallo e di rosso. Simbolo nato uomo e diventato fiore. Il fiore più bello. Perché, come disse Mao, “Il fiore che sboccia nelle avversità, è il più bello e profumato di tutti”.
E Franco Sensi lo è stato.
Un simbolo, un pezzo di storia, un uomo ed un padre.
Per tutti. Ad iniziare da quelle figlie che ha cresciuto con in testa l’amore per la Roma e che ha spinto a dirigere nel momento in cui a lui non gli era più concesso.
Ti saluto Franco.
Ed ora che andrai a sederti in quella Tribuna Paradiso piena di tanti romanisti come te, non perdere la voglia di lottare ancora. Siediti accanto al Presidente Viola e ad Agostino e, se puoi, mettici una buona parola con chi sai tu.
E ricordati sempre che noi ti abbiamo amato. Tanto. Sempre.
Ciao Franco.
(fonte laromasiamonoi. it)
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