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13.10.22

Cresce i nipoti orfani della cugina uccisa dall’ex: “Abbandonato dallo Stato con sei figli” anche lui ha lottato per aver riconosciuto i suoi diritti come Vanessa mele orfana di femminicido

 

Generalmente  quando si parla  di femmnicidio o violenza  di genere   non si  parla  se  non in casi  eccezionali come queri  due riportati sotto  diquello che  è un effetto collaterale  d'esso ovvero gli orfani  . Ed  è per  questo che  riporto  tali storie   in quanto  della descrizione  spesso giustificazionalista   e ipercomprensiva  dei  fatti in sè     ne sentiamo   ed  leggiamo  in abbondanza .

Ecco   che quindi  una delle poche   in merito  questa inchiesta   di fanpage  affronta  il problema  in quanto  gli orfani (  quando va bene )  ed  i  sopravvisuti   sono spesso maltrattati dallo stato  e devono lottare  duramente    per  i loro diritti .Vedi l  caso  , ne   ho parlato più volte nel blog  , di Vanessa  mele (  foto a  destra )  , il cui padre  uccise   , quando lei aveva  6 anni la  madre  . Essa  ha lottato per far modificare le leggi in materia di successione ereditaria (  il padre    uscito dal carcere   riscuoteva   la  pensione  d'invalidità della  madre    da  lui uccisa  ) e per cambiare il suo cognome in quello materno  . Infatti non   non ha più quello del padre assassino, bensì quello della madre ammazzata. Adesso veni.amo al tanto articolo di fan page




Cresce i nipoti orfani della cugina uccisa dall’ex: “Abbandonato dallo Stato con sei figli”
Fanpage.it racconta le storie di Carmelo, Matteo e Francesca che si incrociano a Roma, in un incontro in Campidoglio sul progetto Airone dedicato agli orfani delle vittime di violenza di genere e alle famiglie affidatarie.
                                 A cura di Alessia Rabbai




La storia di Carmelo è quella di un uomo che ha preso per mano i figli della cugina vittima di femminicidio e li ha cresciuti come fossero suoi. Un uomo rimasto coinvolto nelle conseguenze che provoca la violenza di genere, in particolare quella messa in atto dal partner della donna che le subisce. Un quadro che vede impegnati in prima linea anche gli uomini stessi, perché da una parte parenti di una donna che non c'è più e dall'altra di coloro che sono vittime due volte, gli orfani. Testimonianze quelle di Carmelo, Matteo e Francesca, che si sono incrociate a Roma e delle quali si è parlato in un incontro al Campidoglio, dedicato al progetto Airone.
"La Regione Lazio è la prima in Italia ad aver fatto una legge sugli orfani di femminicidio nel 2017, con un protocollo d'intesa insieme alla magistratura – ha spiegato l'assessora regionale alle pari opportunità Enrica Onorati – prevede un contributo economico e un accompagnamento per chi deve ricostruire un percorso di vita interrotto dalla violenza e che coinvolge oltre 30 ragazzi e ragazze nel territorio regionale".
"Crescere sei figli è stata dura ma ce l'abbiamo fatta"
Carmelo, di Senigallia, ha ricevuto la notizia del femminicidio di Marianna, una sua cugina siciliana, che non conosceva. La donna è stata uccisa a trentadue anni dall'ex il 3 ottobre del 2007, dopo averlo denunciato ben dodici volte. I suoi tre figli maschi di due, cinque e sei anni sono stati affidati a lui. "Ho ricevuto la chiamata per il loro collocamento istantaneo, in poche ore la mia vita è cambiata. Con mia moglie lo abbiamo saputo la sera del 3 ottobre e ci siamo trovati nella posizione di dover prendere una decisione subito. E la scelta è stata quella di crescere sei figli, tre biologicamente nostri e altri tre nostri nipoti". Una nuova vita che non è stata facile: "All'inizio volevo capire cosa sarebbe successo, quale sostegno avremmo avuto. Le difficoltà sono state tante, da una parte la preoccupazione di far sentire la nostra presenza ai ragazzi e dall'altra quelle più puramente concrete, di natura economica. Ma ce l'abbiamo fatta. Ci siamo sentiti a lungo abbandonati a noi stessi e, dopo quindici anni di battaglie legali, abbiamo ottenuto il risarcimento da parte dello Stato".
Carmelo, Matteo, Francesca e gli altri
La storia di Carmelo è una delle tante di famigliari di donne vittime di femminicidio, i quali si sono trovati la vita improvvisamente sconvolta per la perdita di una persona cara e per il dover crescerne i figli rimasti orfani, che vengono affidati a zii o nonni. Quest'ultimo è il caso di Matteo, un uomo che, insieme a sua moglie ha cresciuto i due nipotini nati dalla figlia uccisa dal marito. "Mia figlia è stata uccisa il 16 agosto del 2014 in Trentino davanti ai suoi bambini, dopo aver denunciato diverse volte senza essere ascoltata. Parlo delle violenze che sia lei che i miei nipoti sono stati costretti a subire. Come genitori avevamo capito che qualcosa non andava, lei ci diveva ‘non so cosa fare'. Inizialmente in quanto nonni paterni ne avevamo ricevuto la custodia. Dopo numerosi rinvii e ritardi il giudice ce li ha affidati e li abbiamo portati con noi a Foggia".

                        L’avvocata Patrizia Schiarizza e i testimoni Carmelo, Matteo e Francesca

"Orfana di madre vittima di violenza sono stata lasciata sola"
Francesca ha raccontato se stessa, com'è stato essere orfana di madre vittima di femminicidio a cinque anni nell'Italia degli anni '70: "So cosa vuol dire sentirsi invisibile da parte delle Istituzioni. Ero solo una bambina quando mio padre ha ucciso mia madre davanti ai miei occhi. Non ho ricevuto alcun supporto psicologico, quando ne avrei avuto il bisogno e sono rimasta troppo a lungo avvolta nel silenzio. Sono andata avanti grazie a mia sorella e al nonno materno che ci ha adottate. Essere orfani di madre vittima di femminicidio è una ferita che non si sana. Crescendo avevo paura di sentirmi ed essere considerata diversa, la scuola non era pronta ad affrontare problematiche di questo tipo e a fornire supporto. La fase peggiore è stata l’adolescenza, perché in quegli anni mi sono resa contro che non potevo accettare il tradimento di mio padre. A diciassette anni ho deciso di incontrarlo per avere una risposta da lui che non ho trovato se non quella che era figlio di una cultura fortemente patriarcale. Oggi mi batto per il rispetto. E per spiegare che il fenomeno del femminicidio non è solo una tragedia per chi muore, ma anche per chi resta".
Il progetto Airone
Le storie degli orfani e delle loro famiglie sono riunite nel Progetto Airone, che vede un finanziamento di 10 milioni di euro da spendere sul territorio italiano messi a disposizione dal presidente dell'Impresa Sociale con i Bambini Marco Rossi Doria. Il Giardino Segreto con l'avvocata Patrizia Schiarizza, che ne è presidente, è associazione capofila con 30 partner. "I bambini sono un patrimonio dell'umanità – spiega – il progetto nasce dal fatto che abbiamo iniziato a domandarci dove fossero gli orfani di madri vittime di femminicidio e quali fossero le loro storie. Abbiamo sentito parlare di ergastolo del dolore, di una solitudine rispetto alla quale non potevamo restare indifferenti. Storie di donne che hanno denunciato e che non sono state protette. Ci siamo domandati cosa potevamo fare, abbiamo portato le loro testimonianze allo Stato per costruire tutti insieme una rete. Il progetto Airone è pionieristico, abbiamo previsto per ogni bambino e bambina una somma di 10mila euro, per restituire a bambini e bambine opportunità di vita".

6.3.17

aspettando l'8 marzo 2017 Vanessa Mele: “Io, vittima collaterale di femminicidio

Prima d'iniziare il post d'oggi ecco  cosa  ne penso del  8 marzo

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da  https://www.facebook.com/rosa.dicarlo.79



Riporto  qui un intervista  a Vanessa mele  che  anche grazie alla  sua  vicenda  personale   è riuscita  : a   far  cambiare  la legge   sull'assegnazione di pensione reversibilità ai mariti  colpevoli di uxoricidio e  che  ora , in quanto vittima collaterale  , sta lottando  e sperando per  avere   una legge  di tutela  per le vittime  del  femminicidio

N.B
chi ha  già  letto   la  sua vicenda    sul  nostro blog  (  qui e  qui   i mie post   e  qui  un sunto   della  sua vicenda
 o conosce la  sua  agghiacciante  storia    di Vanessa    Cardia  Mele  può anche  saltare  le prime righe del post  

28.12.13

Rifiutò il cognome del padre uxoricida Mamoiada, a Vanessa Mele il premio S'Istima

ne  ho già parlato tempo fa   su queste pagine  , ma    con piacere ne  riparlo  , perchè  è un piacere raccontare  storie  , anche  se  tristi e  dolorose  , si  gente   che  è riuscita   a lasciarsi alle spalle  il suo passato   e  le ferite   provocate   , senza  ricorrere  all'odio e  alla vendetta

 Vanessa Mele (foto Massimo Locci)


Quando era solo una bambina, suo padre uccise sua madre nella cucina di casa. Oggi la giovane porta il cognome materno.

Oggi Vanessa Mele, ha 21 anni, sono passati 15 anni da quel giorno in cui suo padre, Pierpaolo Cardia, uccise sua madre Annamaria Mele nel soggiorno della loro casa di Nuoro.
Da allora per Vanessa non fu più lo stesso: rifiutò il cognome paterno ed ingaggiò una battaglia legale per impedire che l'uomo che si era macchiato di quel delitto usufruisse della pensione materna.
Oggi Vanessa vive in Galles dove studia Criminologia. Stasera, a Mamoiada, riceverà il premio S'Istima, pensato dal pastore Mario Dessolis e dedicato alle donne che si sono particolarmente distinte.

N.b  mi scuso se  l'articolo dell'unione sarda del 28\12\2013   fosse  cosi piccolo , ma  la versione free  dell'edizione  giornaliera presentava un errore   e non  faceva visualizzare l'articolo visualizzato  . Ed  ho dovuto prenderlo   tramite  (  di più  non si poteva ingrandire  in quanto    lo zoom  è destinato agli abbonati )  il png \ il classico cattura immagine   da sfoglia  gratis  , il tempo  di alcuni secondi  prima del  blocco , del quotidiano  .







19.3.13

Nuoro, padre naturale uccise la mamma Il papà di Vanessa è ora lo zio che l'ha amata


INella mia Sardegna  , specie  in certe zone  , conosciute     ai media e alla  mentalità  di certa gente   [ sic  ] nonostante le belezze naturalistiche , solo per le desamistade ( "inimicizia" e, per estensione, faida, lotta. Il brano racconta appunto la faida tra due famiglie probabilmente per motivi d'onore e promesse non mantenute ed è uno spaccato delle classiche "guerre" e inimicizie tra famiglie che spesso si potevano vivere soprattutto in molte zone della sardegna fino a qualche decennio fa, dovute soprattutto ad un fortissimo senso dell'onore e dell'orgoglio. )





 e   banditi  ,  succedono anche fatti come  questi   che dimiostrano che   la  cultura  sarda  è fatta   anche   di pace  e  di non violenza   oltre  che  da  volgia  d'uscire  da  questi   stereotipi  ed  uscire   dalla catena dell'odio e del rancore . é la storia  di  Vanessa  . 




dall'unione  sarda  del  19\3\2013


FESTA DEL PAPÀ. La lezione d'amore di una famiglia sopravvissuta alla tragedia
«Vanessa mi chiama babbo»
Agostino Mele: così ho lenito le sue ferite di bambina
Vanessa arrivò in casa dello zio materno tre giorni dopo la morte della mamma. Annamaria Mele era stata uccisa dal marito Pierpaolo Cardia.
Dal nostro inviato
Piera Serusi


Suo padre ha ucciso sua mamma. E lei ha cambiato cognome. Di quell'uomo non voleva serbare memoria nemmeno all'anagrafe. Suo papà è lo zio materno ( foto  a destra  ) che l'ha cresciuta e protetta quando il mondo l'aveva spinta nell'abisso di un dolore inaccettabile.
Vanessa (  foto sotto a sinistra  )  oggi ha 21 anni e studia criminologia. La sua storia, da Nuoro, ha conquistato l'Italia. Ha combattuto e vinto una battaglia per cambiare la legge che consentiva agli uxoricidi di godere della pensione di reversibilità della vittima. Ha rifiutato anche il cognome del padre naturale, Pierpaolo Cardia. "Ha ucciso mia mamma", scrisse nel modulo della Prefettura. Oggi, festa del papà, sull'Unione Sarda in edicola l'intervista allo zio materno Agostino Mele, 51 anni che ha accolto in casa la nipotina testimone della tragedia. Era il 3 dicembre del 1998. La bambina aveva 6 anni.
"Un giorno Vanessa - racconta all'inviato Piera Serusi - mi ha guardato negli occhi e ha pronunciato la parola papà. E' stato come se in quel momento lei, così piccola, mi avesse dato un'investitura. Ho provato una gioia talmente grande che ho pianto".«Sì. È stato qualche anno dopo il suo arrivo. Mi aveva sempre chiamato zio, e Federico, il mio primo figlio maschio, faceva lo stesso. Un giorno mi si è parata davanti, mi ha guardato negli occhi e ha pronunciato la parola papà. È stato come se in quel momento lei, così piccola, mi avesse dato un'investitura. Ero diventato suo padre. Ho provato una gioia talmente grande che ho pianto» La prima volta. Se la ricorda ?                                                                      Agostino Mele è l'uomo che ha partorito sua figlia. Cinquantuno anni, operaio forestale, sposato con Lina Mastinu - è lo zio materno, il nuovo papà di Vanessala bambina nata due volte.
La ragazza che ha cambiato cognome rifiutando quello del padre naturale («Ha ucciso mia mamma», scrisse nel modulo presentato in Prefettura) e che due anni fa, grazie alla sua battaglia, ha fatto cambiare la legge che consentiva agli uxoricidi di godere della pensione di reversibilità della vittima. C'è una prima vita inghiottita dal passato e una nuova esistenza scelta e voluta fortemente, in questa storia che racconta di come, in fondo, essere genitori e diventare figli non è una banale questione di sangue. È questione di affetto. Un affare d'amore. E la giornata di oggi, festa del papà dedicata a san Giuseppe, non è forse la celebrazione di questa verità ? LA STORIA Nell'appartamento al primo piano della palazzina di famiglia a Mamoiada, il sorriso di Vanessa Mele è dentro i ritratti alle pareti e sulla mensola vicino al camino. Con gli zii-genitori Agostino e Lina, bambina coi nonni, adolescente coi fratellini Federico e Edoardo. Lei, che oggi ha 21 anni, è in Galles, dove studia Criminologia all'Università. «Il prossimo anno si laurea», dice il babbo con una punta d'orgoglio. Sul ripiano c'è anche la foto di Annamaria, la sorella più grande di Agostino, uccisa la sera del 3 dicembre 1998 dal marito Pierpaolo Cardia, guardia forestale. Accadde nella loro casa di piazza Veneto a Nuoro. Un colpo di pistola alla tempia, Annamaria - che da tempo lottava con un tumore al seno - cadde riversa sul letto. La piccola Vanessa, che aveva solo sei anni, guardava i cartoni animati in soggiorno. Lui prese la piccola, la portò dalla nonna e andò dai carabinieri per costituirsi. «Stavamo litigando, il colpo è partito accidentalmente», raccontò. Poi venne fuori che aveva un'amante e che la moglie voleva la separazione. Fu condannato con rito abbreviato a quattordici anni e otto mesi. È tornato in libertà qualche anno fa. Ha scritto un paio di mail a Vanessa, diceva che voleva conoscerla e nel frattempo era riuscito a portarle via la pensione della madre, i soldi della donna che lui aveva ucciso. Come ha reagito Vanessa lo sa tutto il mondo. Vanessa ha ricacciato l'orco nel pozzo nero del passato.PULCINO IMPAURITO Agostino Mele non nomina mai l'uomo che nell'altra vita è stato suo cognato. «È uno che si è giocato l'occasione di essere padre. Poteva separarsi e tutto sarebbe finito lì. Invece no, ha ucciso la moglie». La piccola Vanessa arrivò in casa degli zii tre giorni dopo la morte della mamma. «Era un pulcino impaurito. Silenzio e pianto, la notte si svegliava con gli incubi. Quanto dolore dentro il cuoricino di una bambina così piccola. Cos'altro potevo fare se non coccolarla e tenerla stretta a me? Poi ce l'ha chiesto: dove sono papà e mamma? Lina, mia moglie, la prese sulle ginocchia. “Mamma è in cielo”, le disse, “babbo è partito per un lungo viaggio”». Per molto tempo non ha nominato più i suoi genitori. E intanto cominciava e finiva il processo che ha portato alla condanna di Pierpaolo Cardia. Intanto, l'affidamento della piccola agli zii Agostino e Lina si è tramutato in adozione legale. «Noi e la bambina siamo stati aiutati dagli psicologi. E io, che non potevo neanche piangere la morte di mia sorella perché volevo essere forte per Vanessa, sono stato sostenuto tanto da mia moglie». Perché, in definitiva, era il suo il fardello più pesante. Ad Agostino è toccato riportare al mondo la nipotina, lenirne le ferite di bimba aiutandola a crescere, a diventare una donna serena.IL DONO «Mi emoziono sempre quando ci dice “vi voglio bene”. La guardo e penso: è mia figlia, che grande dono ho avuto». Il papà che ha partorito la sua bambina dice che no, non è il sangue che conta. «È l'affetto, il tempo che si dedica a un piccino. È da questa corrente d'amore che nasce un padre e nasce un figlio. Mi arrabbio quando penso che gli orfanotrofi sono pieni di bambini che non hanno bisogno di nient'altro se non d'amore». L'amore di genitori che non devono essere necessariamente un babbo-maschio e una mamma-femmina. Possiamo, nel giorno consacrato alla festa del papà, accennare alle famiglie omogenitoriali? «Credo che non ci sia alcuna differenza. Se un bambino vive in una famiglia serena, con dei genitori che si vogliono bene, che importanza volete che abbia tutto il resto?».



emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...