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18.1.18

Giuseppina Demuro, la suora che sfidò la furia nazista


La  resistenza  e  la lotta   contro le leggi  razziali  era  anche  storie  piccole  e  sconosciute  \  semi conosciute  come  questa  a  anche   che vi  propongo oggi  tratta    quotidiano l'unione  sarda  .La storia completa nel volume "Sardegna al femminile" disponibile nello store online a questo link
N.B  le  foto prese   dall'articolo  sono fornite   gentile concessione de "La Donna Sarda"
Il ritratto di Suor Giuseppina Demuro è quello di una religiosa non comune, dotata di audace carisma, di coraggio intrepido, e di volontà incrollabile. Figlia della Carità Vincenziana, passerà alla storia come la donna sarda che salvò antifascisti, ebrei e partigiani rinchiusi nel carcere “Le Nuove" di Torino.


                             Suor Demuro nel suo ufficio nel carcere di Torino.



Con le figlie delle detenute
Con le figlie delle detenute
Suor Giuseppina Demuro, all’anagrafe Rosina, era una donna di media statura, con occhi illuminati da lampi di bontà e i lineamenti del volto adombrati dal voluminoso copricapo bianco: così la descrivono coloro che hanno avuto la fortuna di incrociarla sulla propria strada.
Nata a Lanusei il 20 novembre 1903, entra appena ventenne nell’Asilo della Marina di Cagliari. Parte poi, all’inizio dell’estate, alla volta di Torino, e il convento dove il 19 luglio prende i voti è quello del quartiere popolare di San Salvario.
Suor Giuseppina Demuro
Suor Giuseppina Demuro
LA PRIMA VISITA AL CARCERE - La sua prima visita al carcere “Le Nuove” avviene il 31 dicembre del 1925. È proprio di quel giorno la scelta di dedicare l’intera sua esistenza ai detenuti.
Nel maggio 1942 diventa madre superiora del carcere, a capo della sezione femminile. Il suo piccolo ufficio diviene un pensatoio in cui arguzia e rivoluzione compongono piani capaci di stemperare sofferenze e dolori atroci. Con l’intento di rendere attive e impiegabili, una volta fuori dal carcere, le detenute, istituisce corsi di ricamo, cucito e stireria.
LE "SUE" FANCIULLE - Il conflitto bellico nel frattempo infuria e il 18 settembre 1943 i tedeschi prendono possesso del carcere. La suora sarda riesce a strappare le detenute politiche dalle mani delle SS, portandole nella sezione a lei affidata. Sono spesso fanciulle poco più che adolescenti, catturate con rastrellamenti e perquisizioni: vengono stipate a gruppi di cinque in piccole celle di sei metri quadrati, e le regole imposte sono rigidissime, senza passeggiate all’aperto, pasti decenti o biancheria pulita.
Grazie alle sue intercessioni le recluse ottengono prima il permesso di ricevere i sacramenti, poi alimenti e abiti, infine di partecipare ai lavori di cucito insieme alle altre. In quel braccio entrano anche moltissime le israelite.
Grazie alla sua arguzia riesce a salvare più di una vita, fra cui quella di una giovane ebrea destinata al campo di concentramento, o quella del piccolo Massimo Foa, di appena 9 mesi, giunto in carcere con la mamma: suor Demuro lo fa uscire uscire dal carcere avvolto in un fagotto nascosto nel cesto della biancheria sporca.
Lezione di canto per le giovani accompagnate da suor Giuseppina
Lezione di canto per le giovani accompagnate da suor Giuseppina
Riesce presto strappare ai tedeschi anche l’accesso al primo braccio, dove ogni giorno arrivano come greggi uomini strappati alla casa e al lavoro.
La prima visita di suor Demuro in quell’area è straziante, segnata nel profondo dalla vista di quegli uomini prostrati da sofferenze e umiliazioni. Suor Giuseppina insiste per portare qualche medicamento e lenire le condizioni di quegli infelici. La superiora fa parte della rete clandestina imbastita dal cardinale Maurillo Fossati per resistere alla furia nazista e antifascista. Non crollerà nemmeno di fronte alle minacce dei tedeschi, che la vogliono morta, e riuscirà a far fuggire con un abile stratagemma il famoso violinista ebreo Mario Zargani con la moglie Eugenia Tedeschi.
IL 25 APRILE - Il 25 aprile 1945 iniziano le dure ostilità tra partigiani e tedeschi e Torino è un campo di battaglia fra forze contrapposte. A Giuseppina serve un ordine di scarcerazione per liberare dal carcere i prigionieri politici, e così si issa su una fiat 500 e attraversa la città fra il sibilo incessante delle mitragliatrici: con le insegne della croce rossa e la suora sul cofano la macchina arriva illesa alla sede del Prefetto, che concede la scarcerazione a oltre 500 persone.
DOPO LA GUERRA - Cessata la guerra, suor Demuro fonda la Casa del Cuore per il recupero delle ex detenute e nel 1955 riceverà la Medaglia d’oro per le benemerenze acquisite nel campo della redenzione sociale.
Alla sua morte, il 18 ottobre 1965, le vengono tributati solenni onori funebri. Per quella religiosa non comune, dotata di audace carisma, di coraggio intrepido, e di volontà incrollabile.
Il feretro nei giorni dei funerali
Il feretro nei giorni dei funerali

4.3.15

Enrico Angelini combattè sui monti intorno a Foligno insieme alla V Brigata Garibaldi dio 90 anni cancella Svastica sul muro del rifugio della Resistenza

Svastica sul Rifugio della Resistenza
E il partigiano 90enne va a cancellarla

 «Un’offesa insensata, chi l’ha fatto ignora la nostra storia»

di Federica Seneghini


Enrico Angelini, 90 anni, mentre cancella la svastica dal muro di cascina Raticosa (foto da Twitter/@spicgil)
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Angelini, 90 anni, mentre cancella la svastica dal muro di cascina Raticosa (foto da Twitter/@spicgil)
Su quelle montagne, nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 1944, 24 giovani partigiani furono catturati dai nazisti. Alcuni di loro furono spediti a Mauthausen, altri a Flossenbürg. Dove morirono. Una storia che in pochi ricordano, che molti non conoscono. Enrico Angelini invece sì. Perché era lì. Aveva 19 anni e su quei monti tra Foligno e Trevi, in Umbria, tra il 1944 e il 1945 combattè i nazifascisti insieme ai compagni della V Brigata Garibaldi. Per questo quando martedì il vecchio partigiano, oggi 90enne, ha saputo che qualcuno si era portato via la targa ricordo messa fuori da cascina Raticosa, uno dei luoghi simbolo della Resistenza della zona, imbrattandone poi i muri con una svastica, è voluto andare di persona a cancellarla. Quando è arrivato lì davanti ha pianto. Poi, sverniciatore in una mano e raschietto nell’altra, ha ripulito tutto.
«Riaffermare il valore della memoria storica»

La targa portata via dai vandali (Ansa)
                                           La targa portata via dai vandali (Ansa)
«Spero solo che a oltraggiare questo luogo sia stato qualche giovane esaltato, che magari ignora la nostra storia, e che faccia in tempo a ravvedersi», ha detto Angelini al quotidiano Foligno Oggi. «Chiunque sia stato ha tentato di cancellare la storia recente della nostra città. Io, invece, ho voluto semplicemente cancellare un’offesa insensata, per riaffermare il valore della memoria storica, nella speranza che la targa commemorativa sia presto rimessa al suo posto». Nel frattempo, per ricordare il sacrificio dei tanti partigiani morti su quelle montagne per restituire al nostro Paese la libertà, rimarrà una rosa rossa. Il fiore lasciato del partigiano Enrico.

4.5.13

ottimismo mattutino

anche  se oggi dovrei essere triste perchè l'anniversario della morte di mia zia   voglio essere    allegro per  per  non farmi divorare  dalla tristezza . Inizio con due  messaggi presi dalla  rete in particolare  da  facebook

il primo è  un video   preso da  Virgo Moné  più precisamente  da  qui 



il secondo  è  una  foto  presa dalla pagina    aforismi e citazioni 


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...