
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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29.6.19
18.1.18
Giuseppina Demuro, la suora che sfidò la furia nazista
La resistenza e la lotta contro le leggi razziali era anche storie piccole e sconosciute \ semi conosciute come questa a anche che vi propongo oggi tratta quotidiano l'unione sarda .La storia completa nel volume "Sardegna al femminile" disponibile nello store online a questo link
N.B le foto prese dall'articolo sono fornite gentile concessione de "La Donna Sarda"
Il ritratto di Suor Giuseppina Demuro è quello di una religiosa non comune, dotata di audace carisma, di coraggio intrepido, e di volontà incrollabile. Figlia della Carità Vincenziana, passerà alla storia come la donna sarda che salvò antifascisti, ebrei e partigiani rinchiusi nel carcere “Le Nuove" di Torino.

Suor Demuro nel suo ufficio nel carcere di Torino.
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Con le figlie delle detenute |
Suor Giuseppina Demuro, all’anagrafe Rosina, era una donna di media statura, con occhi illuminati da lampi di bontà e i lineamenti del volto adombrati dal voluminoso copricapo bianco: così la descrivono coloro che hanno avuto la fortuna di incrociarla sulla propria strada.
Nata a Lanusei il 20 novembre 1903, entra appena ventenne nell’Asilo della Marina di Cagliari. Parte poi, all’inizio dell’estate, alla volta di Torino, e il convento dove il 19 luglio prende i voti è quello del quartiere popolare di San Salvario.

Suor Giuseppina Demuro
LA PRIMA VISITA AL CARCERE - La sua prima visita al carcere “Le Nuove” avviene il 31 dicembre del 1925. È proprio di quel giorno la scelta di dedicare l’intera sua esistenza ai detenuti.
Nel maggio 1942 diventa madre superiora del carcere, a capo della sezione femminile. Il suo piccolo ufficio diviene un pensatoio in cui arguzia e rivoluzione compongono piani capaci di stemperare sofferenze e dolori atroci. Con l’intento di rendere attive e impiegabili, una volta fuori dal carcere, le detenute, istituisce corsi di ricamo, cucito e stireria.
LE "SUE" FANCIULLE - Il conflitto bellico nel frattempo infuria e il 18 settembre 1943 i tedeschi prendono possesso del carcere. La suora sarda riesce a strappare le detenute politiche dalle mani delle SS, portandole nella sezione a lei affidata. Sono spesso fanciulle poco più che adolescenti, catturate con rastrellamenti e perquisizioni: vengono stipate a gruppi di cinque in piccole celle di sei metri quadrati, e le regole imposte sono rigidissime, senza passeggiate all’aperto, pasti decenti o biancheria pulita.
Grazie alle sue intercessioni le recluse ottengono prima il permesso di ricevere i sacramenti, poi alimenti e abiti, infine di partecipare ai lavori di cucito insieme alle altre. In quel braccio entrano anche moltissime le israelite.
Grazie alla sua arguzia riesce a salvare più di una vita, fra cui quella di una giovane ebrea destinata al campo di concentramento, o quella del piccolo Massimo Foa, di appena 9 mesi, giunto in carcere con la mamma: suor Demuro lo fa uscire uscire dal carcere avvolto in un fagotto nascosto nel cesto della biancheria sporca.

Lezione di canto per le giovani accompagnate da suor Giuseppina
Riesce presto strappare ai tedeschi anche l’accesso al primo braccio, dove ogni giorno arrivano come greggi uomini strappati alla casa e al lavoro.
La prima visita di suor Demuro in quell’area è straziante, segnata nel profondo dalla vista di quegli uomini prostrati da sofferenze e umiliazioni. Suor Giuseppina insiste per portare qualche medicamento e lenire le condizioni di quegli infelici. La superiora fa parte della rete clandestina imbastita dal cardinale Maurillo Fossati per resistere alla furia nazista e antifascista. Non crollerà nemmeno di fronte alle minacce dei tedeschi, che la vogliono morta, e riuscirà a far fuggire con un abile stratagemma il famoso violinista ebreo Mario Zargani con la moglie Eugenia Tedeschi.
IL 25 APRILE - Il 25 aprile 1945 iniziano le dure ostilità tra partigiani e tedeschi e Torino è un campo di battaglia fra forze contrapposte. A Giuseppina serve un ordine di scarcerazione per liberare dal carcere i prigionieri politici, e così si issa su una fiat 500 e attraversa la città fra il sibilo incessante delle mitragliatrici: con le insegne della croce rossa e la suora sul cofano la macchina arriva illesa alla sede del Prefetto, che concede la scarcerazione a oltre 500 persone.
DOPO LA GUERRA - Cessata la guerra, suor Demuro fonda la Casa del Cuore per il recupero delle ex detenute e nel 1955 riceverà la Medaglia d’oro per le benemerenze acquisite nel campo della redenzione sociale.
Alla sua morte, il 18 ottobre 1965, le vengono tributati solenni onori funebri. Per quella religiosa non comune, dotata di audace carisma, di coraggio intrepido, e di volontà incrollabile.

Il feretro nei giorni dei funerali
4.3.15
Enrico Angelini combattè sui monti intorno a Foligno insieme alla V Brigata Garibaldi dio 90 anni cancella Svastica sul muro del rifugio della Resistenza
da http://www.corriere.it/ del 4\3\2015
Svastica sul Rifugio della Resistenza
E il partigiano 90enne va a cancellarla
«Un’offesa insensata, chi l’ha fatto ignora la nostra storia»
di Federica Seneghini
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.) |
Angelini, 90 anni, mentre cancella la svastica dal muro di cascina Raticosa (foto da Twitter/@spicgil)
Su
quelle montagne, nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 1944, 24 giovani
partigiani furono catturati dai nazisti. Alcuni di loro furono spediti a
Mauthausen, altri a Flossenbürg. Dove
morirono. Una storia che in pochi ricordano, che molti non conoscono.
Enrico Angelini invece sì. Perché era lì. Aveva 19 anni e su quei monti
tra Foligno e Trevi, in Umbria, tra il 1944 e il 1945 combattè i
nazifascisti insieme ai compagni della V Brigata Garibaldi. Per
questo quando martedì il vecchio partigiano, oggi 90enne, ha saputo
che qualcuno si era portato via la targa ricordo messa fuori da cascina
Raticosa, uno dei luoghi simbolo della Resistenza della zona,
imbrattandone poi i muri con una svastica, è voluto andare di persona a
cancellarla. Quando è arrivato lì davanti ha pianto. Poi, sverniciatore
in una mano e raschietto nell’altra, ha ripulito tutto.
«Riaffermare il valore della memoria storica»

«Spero
solo che a oltraggiare questo luogo sia stato qualche giovane esaltato,
che magari ignora la nostra storia, e che faccia in tempo a
ravvedersi», ha detto Angelini al quotidiano Foligno Oggi.
«Chiunque sia stato ha tentato di cancellare la storia recente della
nostra città. Io, invece, ho voluto semplicemente cancellare un’offesa
insensata, per riaffermare il valore della memoria storica, nella
speranza che la targa commemorativa sia presto rimessa al suo posto».
Nel frattempo, per ricordare il sacrificio dei tanti partigiani morti su
quelle montagne per restituire al nostro Paese la libertà, rimarrà una
rosa rossa. Il fiore lasciato del partigiano Enrico.
4.5.13
ottimismo mattutino
anche se oggi dovrei essere triste perchè l'anniversario della morte di mia zia voglio essere allegro per per non farmi divorare dalla tristezza . Inizio con due messaggi presi dalla rete in particolare da facebook
il primo è un video preso da Virgo Moné più precisamente da qui
il secondo è una foto presa dalla pagina aforismi e citazioni
il primo è un video preso da Virgo Moné più precisamente da qui
il secondo è una foto presa dalla pagina aforismi e citazioni
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