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24.5.21

Kebab in salsa torinese: ecco i magnifici 7 dove mangiarlo

da https://www.repubblica.it/il-gusto/  24\5\2021

 In Europa da 50 anni, il piatto arabo secondo la leggenda è nato tra i soldati persiani. In Grecia si chiama Gyros e si consuma dall'VIII secolo avanti Cristo. Nella città sabauda ha trovato casa mescolandosi a bagna cauda e salse locali

                                                    di Federica Giuliani

Un piatto di kebab da Demir 


Sembra facile dire Kebab, ma dietro una semplice parola araba si nasconde un mondo di tradizione e cultura spesso ignorato.  Il kebab è arrivato in Europa circa cinquant’anni fa e, nonostante le tante campagne denigratorie e fake news, resta un piatto apprezzato da tanti. Questo gustoso piatto ha conquistato anche Torino dove è possibile mangiarlo anche intrecciato alle specialità enogastronomiche locali, con risultati di interessante qualità: carne di fassone, bagna cauda, peperoni e altre prelibatezze piemontesi si mescolano così ai sapori mediorientali.
Ma qual è la sua storia?
La leggenda racconta che i soldati persiani, nel medioevo, cuocessero piccoli pezzi di carne infilzati sulle spade. Da questa abitudine nacque lo Shish Kebab: spiedini  spesso serviti con riso o pane. Tuttavia non si trattava di un piatto riservato ai guerrieri, ma adatto a chiunque facesse una vita nomade e avesse modo di cucinare su grandi fuochi piccole porzioni di carne.
Il termine kebab (kebap in turco) indica i piatti che, in un modo o nell’altro, contengono carne. Le preparazioni, sempre accompagnate da verdura cruda o cotta, differiscono molto tra loro, anche se in Italia si trova quasi esclusivamente il classico Döner: lo spiedo verticale.
In Turchia, ad esempio, esiste il Tandir kebab (carne di agnello cotta nel forno di terracotta) o il Arap kebab? (carne non macinata ma tritata al coltello stufata con cipolle e pomodori), ma anche l'Adana (carne macinata e speziata avvolta intorno a spiedi a forma di spada) e l'Iskender kebab (carne arrosto del Döner kebab servita su un letto di pane soffice simile alla nostra focaccia, salsa di pomodoro e abbondante yogurt).

Adana Kebab 

In generale, un buon kebab deve risultare saporito e sostanzioso ma senza essere di difficile digestione e la scelta delle carni da utilizzare è fondamentale. Il kebab, però, non è una prerogativa turca. In Grecia, dove si chiama più comunemente Gyros, si consuma dall'VIII secolo a.C. e se ne parlava già negli scritti di Omero e nelle opere di AristofaneSenofonte Aristotele. La ricetta egiziana è più speziata - profuma di cannella e noce moscata - ma in India le spezie possono arrivare fino a 160, tra cui garam masala, zenzero, cardamomo, chiodi di garofano e menta.

Ecco sette posti dove degustarlo a Torino. 

Kirkuk Kaffè

Situato in Via Carlo Alberto, 16b/18, porta il nome della città irachena multietnica a 100 km da Erbil dalla storia complicata e attualmente abitata da Kurdi, Arabi, Turcomanni e Armeni. Questa zona, così come tutto il Kurdistan, ha una cucina che affonda le radici nel nomadismo dei pastori, quindi buona parte delle pietanze prevede la presenza di carne, solitamente di pecora o montone, ma non mancano le verdure e il riso. Da assaggiare qui è l'Iskender Kebab: piatto inventato nel 1867 nella città di Bursa, in Turchia, che deve il nome al suo inventore Mehmetog?lu I?skender Efendi; da allora l'Iskender, traduzione letterale di Alessandro, è famoso non solo in Turchia, ma in tutto il mondo.

Un panino al Kirkuk Kaffè 

Sindbad Kebab

In Via Milano 10 si trova questo locale semplice ma spesso affollato dove mangiare, oltre a tante altre specialità arabe, un buon Döner Kebab servito con pane preparato giornalmente in loco. Naturalmente non manca la versione nel piatto accompagnata da riso e verdure.

Da Demir

Un classico del kebap è in Via Frejus 4a, a pochi metri dallo storico chiosco di Piazza Adriano. Demir, turco, offre un ottimo prodotto realizzato quotidianamente con carne di Fassone piemontese . Il prodotto è leggero e gustoso, servito nel classico panino o nel piatto. Oltre al Döner, da assaggiare l'Iskender anche se l'abbondanza di burro non lo rende un piatto digeribile nell'immediato.

Da Demir: kebab alla turca, anche con carne di fassone 

Kebaguette

Un mix di cucina francese e marocchina per questo locale che propone un fusion “Kebab Baguette”, servito nel tipico pane di forma allungata ma con i classici ingredienti che rendono questo tipo di panino riconoscibile. Inoltre, è anche possibile acquistare pane, panini e baguette fresche di giornate. Interessante anche lo Ftor domenicale, il brunch in versione marocchina. Si trova in Corso Belgio 43d e convincerà anche il più scettico.

Greek Food Lab

Il locale di via Berthollet, 6 è perfetto per chi voglia sentirsi un po' in vacanza. L'arredamento tipico greco e i profumi della cucina tradizionale lo rendono perfetto per una pausa in una giornata di sole. Qui il Kebab è servito in versione Shish, spiedino. Profumato di origano e limone è una garanzia di gusto.

Un piatto tipico del Greek Food Lab 

Da Fausi il tunisino

Fausi, tunisino, oltre a produrre da sé lo spiedo verticale con tacchino e vitello, inframezzati da grasso di agnello per rendere il tutto particolarmente morbido, ha pensato a un modo creativo di servirlo grazie all'aggiunta di salse dai sapori noti ai piemontesi: pesto, peperoni e bagna cauda, ma anche harissa piccante home made. Inoltre, il negozio non ha un orario di chiusura fisso: si abbassa la saracinesca quando lo spiedo è terminato, in modo da prepararlo fresco ogni giorno. Si trova in Corso Emilia 9.

Fausi, il re del kebab in salsa piemontese 

Horas Kebab

Un’istituzione (Via Berthollet, 24 e Corso Vittorio Emanuele II, 29) che compare anche nella canzone "San Salvario" dei The Zen Circus. Nel ricco menù si possono scegliere diversi piatti della tradizione araba ma il Kebab è il piatto forte. La carne è saporita e ben cotta, le porzioni sono abbondanti, il pane soffice e fragrante. Il personale è cordiale e disponibile.

3.11.19

l'italia che si apre e l'italia che si chiude. il caso scuola del Trotter a Milano, la storia raccontata dalla maestra Antonella Meiani ed altre storie


Purtroppo nel  nostro paese   ci sono ancora  ,  SIC , sacche  resistenza e di chiusure  , ormai  sempre  più ottuse ed illogiche  in  un mondo che  cambia , mi   sanno di  (  un ricordo indiretto  basate  su letture      e testimonianze  )    le reazioni   di chiusura   del partito  comunista  della vecchia  Germania  est    la  Ddr   ed  Ceausescu  leader  del partito comunista    romeno   alle  riforme     di Gorbaciof  e  al Wind of Change  \vento di libertà ( vedere  anche  sotto fra  la  colonna  sonora )  che nel 88\89 sta  influenzando   tutti gli stati satelliti dell'est europa e    rimettendo  indiscussione    dittature  di pensiero  unico .  Come sta  avvenendo   oggi    con la  la  chiusura    avvenuta  con (   se  non da prima  )     con l'11 settembre   2001 .   Basta  vedere  quanto sta  succedendo  con  quanto ho riportato recentemente  su   questo  sito  a  l'ultimo Dylan Dog  per  una  copertina  particolare


repubblica  Milano 

I bambini scrivono il vocabolario arabo-italiano per la loro maestra: "Così impariamo a comunicare"


Nella scuola del Trotter a Milano, la storia raccontata dalla maestra Antonella Meiani: "Nella mia classe ci sono sette bambini egiziani, due appena arrivati: così gli altri, che parlano benissimo le due lingue, mi insegnano le parole principali per farmi capire da loro"
di ORIANA LISO

29 ottobre 2019

Una classe multietnica, come tante, tantissime in tutte le scuole. E dei bambini appena arrivati dall'Egitto che fanno ancora un po' fatica a parlare e capire l'italiano e, quindi, quello che dice la maestra. La morale di questa storia potrebbe però essere: "Non esistono problemi, ma soluzioni": perché mentre i bambini imparano l'italiano, è la maestra che cerca di farsi capire con qualche parola in arabo. E a insegnarle la lingua, compilando un piccolo vocabolario delle parole più utili, sono proprio i suoi alunni, quelli di origine egiziana ma nati in Italia, che sanno districarsi benissimo tra le due lingue, quella che usano in famiglia e quella che usano a scuola, per strada, tanto da diventare piccoli interpreti tra i loro nuovi compagni e gli insegnanti.

Antonella Meiani è una maestra elementare dell'istituto compresivo Giacosa di Milano, quello che tutti conoscono come la scuola del Parco Trotter. Ed è lei che, su Facebook, mostra le foto del "vocabolario arabo per la maestra Antonella": fogli di quaderno a righe riempiti prima di parole 'gentili' - ciao, come stai, grazie, va bene - e poi di parole e frasi altrettanto necessarie, come colora, studia, aspetta, hai finito?. Tutte le parole sono scritte in arabo e in italiano e, a fianco di ognuna, c'è anche la pronuncia. "Nella mia classe, la Quinta E, ci sono sette bambini egiziani, tre di loro sono appena arrivati in Italia e quindi facciamo ancora un po' fatica a capirci, tanto che due bambini, che parlano benissimo sia l'italiano che l'arabo, mi fanno da interpreti". Da lì è nata l'idea, e i due bambini si sono divertiti per una volta a redarguire la loro maestra scrivendo sulla prima pagina: "Imparare l'arabo (Studiare").
"Ora sto cercando di imparare a pronunciare correttamente le prime parole, e quando dico "mashi", che vuol dire "va bene", gli occhi dei miei nuovi bambini si illuminano". Insomma, come scrive la stessa maestra (che tre anni fa ha scritto il libro'Tutti i bambini devono essere felici, storia di un maestro e della sua scuola'), "un'idea da brevettare".
Il parroco lancia incontri sull’Islam, è polemica



Seravezza, fanno discutere le due sedute di formazione sul Corano a cui sono invitati "specialmente gli islamici"


Seravezza (Lucca), 1 novembre 2019 - Quell’invito, rivolto «specialmente agli islamici», ha colpito non poco. La parrocchia di Seravezza ha promosso due incontri di formazione («per giovani e adulti») nella sala in via Scalette 47, pubblicizzati nella bacheca del Duomo: l’11 novembre alle 21 l’argomento sarà «Il Corano» mentre il 18 novembre «L’Islam», con un caloroso appello alla partecipazione anche dei non cristiani cattolici: «tutti sono invitati, specialmente gli islamici».Un’iniziativa che ha già spaccato la comunità, tra favorevoli a quelle sedute di impronta storica e contrari ad una divulgazione ben lontana dalla promozione evangelica. L’idea è del parroco don Luca Volpi, non nuovo a scelte «in controtendenza»: nell’agosto scorso salì alla ribalta della cronaca per i volantini-appello con cui si richiedeva a ogni famiglia un contributo di mille-2mila euro per sostenere i lavori di rifacimento dei luoghi di culto a Seravezza («altrimenti alcune chiese sarà meglio venderle»), allegando l’iban per il bonifico come «dovere cristiano». Sempre don Luca, poche settimane dopo, dall’altare lanciò la prospettiva dei funerali collettivi, risollevando l’attenzione pure su quella posizione così originale.Stavolta i due incontri di formazione appaiono materia assai più ‘spinosa’. A tenere entrambe le conferenze sarà il professor Massimo Salani, docente di storia delle religioni e patrologia allo studio teologico interdiocesano di Camaiore e di storia delle religioni patrologia all’istituto superiore di scienze religiose di Pisa. Un docente-scrittore che ha fatto del suo libro «A tavola con le religioni» il fil rouge del proprio pensiero, ritenendo il cibo «strettamente legato al dialogo interreligioso, unico percorso plausibile ed auspicabile nell’epoca che viviamo e compito preciso di tutte le religioni». «Il cibo – si legge in una dichiarazione del professor Salani – è uno strumento assolutamente privilegiato per conoscersi, dialogare, vivere la convivialità».Stringatissimo il commento di don Luca, interpellato sulle ragioni di sedute su Islam e Corano e sul taglio che avranno tali iniziative. «Anche a ottobre abbiamo fatto degli incontri. Questo è un argomento come tanti


 colonna  sonora  
wind Change - Scorpion
Oltre la guerra e la paura Modena City Ramblers
Mio fratello che guardi il mondo Ivano Fossati

10.6.15

il politicamente corretto \ buonismo d'accatto è inutile meglio il sincretismo \ contaminazione culturale. il caso di Reggio Emilia, il prete esclude dal campo estivo un bambino musulmano


#ReggioEmilia, il prete della parrocchia di Sant’Anselmo, a Buco del Signore, esclude dal campo estivo un bambino musulmano. La mamma denuncia il fatto e lui si giustifica: "Non ci sono più posti". La donna spiega: "Mi ha detto che se il bambino non prega per lui non c’è posto"  il  resto della storia     qui   su  http://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca  del 9\6\2015 

ad i buonisti a senso critico o d'accatto dedico questo film  del   2004  





Integrazione razziale per un film d'amore profondamente umano di Ken Loach

Giancarlo Zappoli


Casim, figlio di pakistani ma nato a Glasgow lavora come dJ in un club. La sua famiglia ha già programmato per lui il matrimonio con una cugina. Ma Casim si innamora di Roisin, l'insegnante irlandese di musica della sorella minore. Da qui nascono i problemi, aggravati dal fatto che Roisin è separata e l'Istituto cattolico in cui insegna pretende da lei una condotta moralisticamente irreprensibile. L'amore dei due giovani rischia di essere minato sin dall'inizio ma i due proveranno a resistere.

Loach non è più l' arrabbiato di una volta o, meglio, lo è ancora quando deve difendere i più giovani e più deboli come in Sweet Sixteen. Quando invece si tratta di integrazione razziale la sua rivolta morale resta ad alto livello ma cerca (spera?) in una soluzione positiva. Questo fa bene al suo cinema in cui cerca sempre più di proporre le diverse posizioni non rinunciando a denunciare ma cercando anche di comprendere. Così se il padre pakistano è chiuso al nuovo anche il sacerdote cattolico è incapace di comprendere e sa solo giudicare e punire. Ma in entrambi i campi (la sorella minore da una parte e il direttore della scuola dall'altra) c'è chi, senza rinunciare alla propria appartenenza, sa guardare 'oltre'. Quell'oltre che per Loach è sempre stato rappresentato dall'essere umano con i suoi slanci, con le sue debolezze, con i suoi doveri ma anche con i suoi diritti.



Ulteriori particolari in questo post ( https://goo.gl/1OrJGh ) della mia bacheca di fb e bei rispettivi commenti

13.7.13

luoghi comuni sulla sardegna e sul sud

proprie  mentre  ascoltavo   queste  due    canzoni (  mi scusino  i vecchi   lettori\trici   se  li rivedono  ma l'amicizia come l'amore   è offrirsi ad ascoltare lo stesso racconto  )














e mi ha fatto venire in mente questo sfogo , scritto mentre si stava passando dalla 2 alla 3 , messo sulla mia  bacheca    facebook


perchè .....  considerate la sardegna come centro quando invece conserva anche se ormai standardizzati i caratteri del sud http://www.youtube.com/watch?v=gxL4_k_Am0M che s'incontrano \scontrano come è avvenuto nella sua storia , subendone le influenze con l'africa ( punici e cartaginesi e poi l'islam ) , le repubbliche marinare ( pisa e genova ) , spagnoli ( aragonesi e spagna ) e poi , l'italia

da  cui  è nata , almeno   per  il momento   (  v'informerò   se si evolverà  )   una interessantissima discussione



Antonio Deiana La Sardegna non è centro, né sud né nord, categorie che si adattano al resto d'Italia: Nord Savoia / Asburgo, Centro regno della Chiesa, Sud Borboni semplificando e a voler tagliare con l'accetta).La Sardegna è altro: ha il proprio nord/centro/sud.Al limite, in un ottica italiana risorgimentale, è il pezzo più a sud del nord…







emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...