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14.3.24

La mafia di Casarano, in provincia di Lecce, esegue omicidi e attentati ma è la cronista pugliese Marilù Mastrogiovanni, a processo, a dover dimostrare che la mafia esiste

colonna sonora


Chi vede lontano  , o addirittura anticipa le cose  , viene  punito . Nonostante poi le  sue  inchieste   anticipatrici  confermino  la cosa



  . E' il caso della  giornalista  pugliese  Marilù Mastrogiovanni  chè  è a processo per  aver  scoperchiato il vaso di pandora   sulla quarta mafia   ,  cioè la Sacra Corona Unita,  ben   prima    che  v'indagasse  la  magistratura  .   Infatti 
Dopo l’ennesimo omicidio di mafia a Casarano (Le) in un parco giochi in pieno centro, tutto il Salento ha reagito alla morsa della sacra corona unita con una grande marcia per la legalità organizzata dal sindaco Ottavio De Nuzzo.



Lo stesso che, insieme al suo predecessore e altri ex assessori, sta infliggendo un vero e proprio calvario giudiziario alla giornalista pugliese Marilù Mastrogiovanni, giornalista professionista, direttrice del giornale d’inchiesta www.iltaccoditalia.info  e   dal ricco curriculum che trovate qui :<< Profilo professionale di Marilù Mastrogiovanni >>su marilumastrogiovanni.it e essa ha all'attivo diverse colaborazioni

Nel corso della mia vita professionale ho diretto, anche per committenti esteri, decine di riviste tematiche o di settore (medicina, turismo, scuola, imprenditoria, associazionismo, ricerca scientifica e innovazione, house organ), curandone ogni dettaglio, dall’ideazione del piano editoriale, al menabò, fino all’ “ok si stampi”, passando per la definizione del “timone” e del palinsesto.
Ho scritto e, in alcuni casi, continuo a scrivere per diverse testate nazionali:
· Il Sole 24 ore (dal 2002 ad oggi)
· Il Manifesto (dal 2009 ad oggi)
· Il Fatto quotidiano (dal 2009 al 2015)
· Nuovo Quotidiano di Puglia (dal 2008 al 2012)
Sono consulente per Presa diretta (Rai3) ed Euronews. Collaboro anche con Left e Narcomafie


La colpa di Mastrogiovanni? Aver fiutato , secondo webinfo@adnkronos.com (Web Info) 17 ore fa , sin dal 2004 la nascita e il consolidarsi di un nuovo clan della sacra corona unita, e averne scritto ben prima degli omicidi e delle successive ordinanze di misure cautelari indirizzate ai componenti del clan. Mastrogiovanni ne ha scritto, facendo nomi e cognomi, descrivendo la gerarchia dell’organizzazione, indicando le aziende in cui i proventi dello spaccio di droga venivano reinvestiti, scoprendo una fitta rete di fiancheggiatori insospettabili. Aver stigmatizzato la vicinanza tra il clan e un consigliere comunale di Casarano.La giornalista, già presidente della giuria del premio mondiale dell’Unesco per la libertà di stampa “Guillermo Cano” e, a sua volta, vincitrice di numerosi premi per le sue inchieste e ideatrice del Forum delle Giornaliste del Mediterraneo, dal 2005 ad oggi ha pubblicato fiumi di inchieste non solo sul Tacco d’Italia ma anche sui principali giornali nazionali e internazionali: le azioni criminali della SCU di cui scrive Mastrogiovanni riguardano i Comuni del Salento e le ramificazioni nel resto del Paese e della UE: dalla cementificazione delle coste allo sversamento dei veleni nella falda acquifera, dall’irrisolto omicidio di mafia di Peppino Basile allo spaccio di cocaina, dal traffico di rifiuti alle infiltrazioni mafiose nelle aziende locali e nei bandi pubblici.
Migliaia di pagine di inchieste, numerose querele e nessuna condanna. Mastrogiovanni è difesa dall’avvocato Roberto Eustachio Sisto, del foro di Bari.
Le inchieste giornalistiche su Casarano
Dopo l’omicidio del boss della Scu Augustino Potenza nell’ottobre 2016 a colpi di kalashnikov, la direttrice Mastrogiovanni pubblicò sul Tacco d’Italia un’ampia inchiesta nella quale ne ripercorreva le “gesta”, dimostrando il consenso sociale e politico di cui godeva. E ha poi continuato a denunciare.
Articoli non graditi dall’amministrazione comunale guidata dall’allora sindaco Gianni Stefàno (Fratelli d’Italia) che mise la giornalista nel mirino, affiggendo decine di manifesti per la città, prima invitando la cittadinanza a reagire contro chi infanga il buon nome della città (cioè la giornalista che scrive di mafia), poi affiggendo dei manifesti di sei metri per tre che la rappresentano seppellita in una fossa.
Tutta la comunità giornalistica locale, nazionale e internazionale si è mobilitata con una raccolta firme e accorati appelli affinché il sindaco rimuovesse i manifesti, sia perché l’episodio in sé rappresentava un concreto pericolo per la sicurezza della giornalista (tra i commenti sulla pagina Facebook ufficiale del sindaco, che aveva pubblicato il testo del manifesto come comunicato stampa, numerose offese e minacce dai sodali del boss, tra cui la vedova), sia perché quelle affissioni rappresentavano, secondo la categoria, un pericoloso punto di non ritorno, ossia l’interruzione della normale dialettica democratica tra stampa e politica, nella cornice garantista della legge sulla Stampa.
Sono state così attivate le prime misure di protezione da parte del Prefetto di Lecce Claudio Palomba che, nel corso del Consiglio comunale monotematico tenutosi all’indomani dell’affissione dei manifesti ha espresso solidarietà a Mastrogiovanni, esprimendo preoccupazione per il “welfare mafioso” diffuso nella comunità casaranese e salentina.
Sequestro del giornale, imputazioni coatte, decreti di citazione diretta a giudizio
Decine e decine di querele archiviate più una mezza dozzina di assoluzioni, tolgono tempo al lavoro d’inchiesta: “O scrivo memorie difensive o scrivo inchieste”, ha affermato Mastrogiovanni.
Nel frattempo la giornalista ha deciso di trasferirsi a Bari per salvaguardare la serenità e la sicurezza della sua famiglia.
Le misure di protezione si attivano quando è nel Salento.
Dal 2016 ad oggi Mastrogiovanni è nel mirino di una serie di azioni giudiziarie violente: il giornale “Il Tacco d’Italia” è stato sequestrato per 45 giorni; poi dissequestrato dal Tribunale del riesame. Nel processo che ne scaturì, conclusosi con sentenza di assoluzione, si sono costituiti parte civile la FNSI con Assostampa, la Consigliera nazionale e regionale di Parità, l’UDI (Unione donne italiane), Pangea-Reama, il centro antiviolenza Labriola di Bari, mentre l’Ordine nazionale e regionale dei giornalisti, Giulia Giornaliste, Reporter senza frontiere, Ossigeno per l’Informazione, Amnesty International, Articolo 21, e tanti altri si sono mobilitati a difesa della libertà di stampa. Il caso fu trattato dalla trasmissione tv “Le Iene” e Mastrogiovanni fu chiamata in audizione dinanzi alla Commissione regionale antimafia.
Il caso eclatante dei manifesti del sindaco che invitava a reagire contro la giornalista fu sollevato dal presidente della FNSI Beppe Giulietti, in conferenza stampa, dinanzi all’allora presidente della Commissione d’inchiesta sulle mafie Rosy Bindi e la stagione della trasmissione “Cose nostre” della RAI si aprì proprio con il documentario “Attacco al Tacco”, sulla storia giornalistica di Mastrogiovanni.

I giudici hanno fatto poi ricorso a imputazioni coatte (nonostante le richieste di archiviazione dei Pm) e decreti di citazione diretta a giudizio (saltando la fase dell’udienza preliminare, il Pm obbliga l’indagato a presentarsi direttamente dinanzi al giudice monocratico). In uno dei processi a suo carico dovrà dimostrare di essere stata sottoposta a misure di protezione, perché il fatto che le avesse è stato ritenuto diffamatorio dal querelante (l’ex sindaco di Casarano) e dai giudici, che l’hanno rinviata a giudizio.


La dichiarazione della FNSI e Assostampa

Siamo molto preoccupati per la morsa giudiziaria di cui è vittima da anni la collega Maril Mastrogiovanni, direttrice di www.iltaccoditalia.info, a causa del suo lavoro d’inchiesta sulla sacra corona unita, la mafia del Salento: lo dichiarano in una nota congiunta la Federazione nazionale della stampa italiana e il sindacato dei giornalisti pugliesi Assostampa. Nel mese di marzo dovrà affrontare ben tre processi, alcuni avviati a seguito di imputazione coatta, nonostante la richiesta di archiviazione del Pm; nella giornata di venerdì 15 marzo sarà chiamata a presenziare in due procedimenti contro di lei, avviati a seguito di querela da parte di alcuni amministratori locali, tra cui l’attuale sindaco di Casarano. La sua colpa è di aver illuminato le zone grigie del malaffare e le influenze dei clan sui gangli vitali della vita democratica. Dopo l’omicidio di mafia avvenuto una settimana fa a Casarano, maturato negli ambienti dei clan di cui scrive Mastrogiovanni, la sua posizione appare ancora più critica. La collega negli ultimi anni è stata oggetto di minacce anche di morte, intimidazioni, querele temerarie e perfino il sequestro del giornale, fatto gravissimo per il quale si è costituita al suo fianco la FNSI. È stata costretta a trasferire la sua residenza. Nei suoi confronti sono state disposte misure di protezione. Ad oggi la maggior parte delle querele sono state archiviate e i processi risolti con sentenza di assoluzione. Il giornalismo d’inchiesta è un pilastro della democrazia, per questo la FNSI continuerà ad essere al fianco della collega nel suo compito primario di garantire il diritto dei cittadini di essere informati anche su fatti scomodi in un territorio sempre più a rischio, qualora la voce dei giornalisti

15.9.23

le bugie del potere l'andrangheta in sardegna Incontro con Nello Trocchia e Cecilia Anesi a cura di Pablo Sole e Diego Gandolfo bookolica 2023

 fra  gli incontri  serali   di bookolica   ed  2023 Il Festival dei Lettori Creativi cioè 


​​Uno spazio protetto dove sprigionare le moltitudini che abitano ognuno di noi, sperimentando il linguaggio dell’arte.Uno stimolo alla condivisione, per muoversi verso l’Altro in un atto di autodeterminazione
Una tensione esplosiva e vibrante.Un istinto di contatto tra espressioni artistiche. ... . Tutto questo è Bookolica per  ulteriori  approfondimenti https://www.bookolica.it/festival

 



si è svolto   l'incontro  dal titolo  LE BUGIE AL POTERE – Il giornalismo d’inchiesta Incontro con Nello Trocchia e Cecilia Anesi a cura di Pablo Sole e Diego Gandolfo .  A   seguire    (  ne parlo  e  lo  documento  con  video  nel post  successivo ,   per  non appensantire  troppo  )          si  è  svolto  il concerto un  Live concert Musiche originali di Angelo Trabace (pianoforte) e Alessandro Trabace (violino elettrificato).   IL  primo incontro     Incontro con Nello Trocchia e Cecilia Anesi a cura di Pablo Sole e Diego Gandolfo




Siè  presentato  un    ottimo  giornalismo d'inchiesta     di legalità    .  Infatti lo stesso  giornalista    ha  parlato  dela  sua     dell'inchiesta     pestaggi  nel  carcere     di Santa maria  capus  a Vetere    avvenuti  due  anni    fa     ed i  tentativi    per  insabbiarla  e  sminuirla     ed  i perchè voglio  abolire    il  seppur  blando   rispetto alle doirettive  Comunitarie   il reato di  tortura   .  Successivamente  ha    parlato     della sua  inchiesta     su  casa monica  e la  mafia   a  roma  . Ed  ha  criticato  la  pessima decisione  della  cassazione  di non considerare   l'inchiesta  Bruzzi  \  carminati  sul mondo  di mezzo     come 
mafia  .  La  giornalista    ha   parlato       dell'inchiesta   https://indip.it/ndrangheta-in-sardegna/  sui  rapporti  , ormai non più  solo semplice  penetrazione  e infiltrazione  nella  speculazione  edilizia  e  appalti     sulle  coste  per  riciclare    i  soldi sporchi .   Sia  la  prima  che  la seconda     inchiesta  di      hanno   messo   in  evidenza  un forte  senso della legalità ed   di vera  antimafia  . Infatti  è  antimafia      sia    parlare   denunciare  ed  spiegare perchè   a  roma  ed  milano     i  soldi   diventano puliti   e  creano  richezza   con  attività legali   e pulite   ma  lo  stato   sta  zitto   e reprime  solo   quella  piccola   cioè al sud  . Ci vuole  coraggio  soo a parlarne  ed   smontare   i miti    ome  quello    che   la Sardegna godesse di una speciale immunità nei confronti della criminalità organizzata. Infatti   <<    La tipicità della cultura sarda e il “fiero” isolamento hanno di fatto ostacolato l’insorgenza nel tempo di organizzazioni criminali con le connotazioni proprie dei sodalizi mafiosi": isolati anche nella criminalità, quindi. Così inizia la descrizione della Sardegna nell'ultimo report semestrale della Direzione investigativa antimafia. "L’isola è tuttora estranea a tali paradigmi criminali", prosegue il report, "e non esiste una forma di criminalità gerarchicamente strutturata in grado di determinare assoggettamento ed omertà dal vincolo associativo. Sussistono, per
contro, aggregazioni locali che, per un modus operandi e finalità, sono riconducibili a forme di criminalità comune". Certo, le infiltrazioni esistono. Ma a prevalere sono "manifestazioni delinquenziali di matrice autoctona con caratteristiche proprie, che talora si relazionano con le proiezioni criminali provenienti dall’esterno, ma che continuano a presentare differenze dai sodalizi di tipo mafioso e, in particolare, non ricercano quel controllo egemonico e pervasivo del territorio". >> (  Così inizia la descrizione della Sardegna nel   report semestrale della Direzione investigativa antimafia  del 2019  )  oppure  si   è   convinti     delle  teorie   di Pino Arlacchi «Perché non c’è la mafia in Sardegna», Pino Arlacchi inserisce l'isola nel dibattito internazionale in corso negli ultimi decenni su alcune caratteristiche della vendetta valide in contesti molto differenziati. La matrice pastorale, la debolezza dello Stato, la bassa densità demografica, l’esasperata sensibilità alle offese personali e infine la tendenza alla vendetta che produce un numero sproporzionato di omicidi sono fenomeni riscontrati anche in vasti territori del Sud degli Stati Uniti. Eppure la descrizione sembra essere ritagliata perfettamente sulla Sardegna pastorale. Lo fa notare Arlacchi citando Nisbett e Cohen e il loro studio del 1996 sulla cultura dell’onore e sulla psicologia della violenza appunto nel Sud degli Usa. Secondo Arlacchi il bisogno di vendetta è parte integrante del nostro impegno nella vita e può essere uno stimolo positivo verso la ricerca della giustizia. Il bisogno di vendetta sarebbe l’esatto opposto dell’indifferenza, dell’egoismo. Insomma, dell’omertà. Ecco dunque la tesi centrale del libro: il profondo senso di auto-giustizia dei sardi derivante dalla mentalità della vendetta, teorizzata da Antonio Pigliaru, ha impedito al potere mafioso di mettere radici nell’isola. «E’ estranea alla mentalità sarda - scrive Pino Arlacchi - la passività, l’accettazione rassegnata del torto e dell’umiliazione grave che hanno afflitto i territori della mafia».Il volume reca il titolo significativo “Perché non c’è la mafia in Sardegna" e costituisce una presa d’atto importante, per distinguere i connotati di una regione mediterranea, che pur avendo legami correnti con il resto dell’Europa, mantiene un ruolo assolutamente originale riuscendo a coniugare le proprie antichissime radici di eminente civiltà pastorale con il progresso, la modernità, la globalizzazione.Se poi si aggiunge che i fenomeni della delinquenza organizzata di tipo mafioso, nonostante i tentativi di colonizzazione, non hanno avuto mai la possibilità di realizzarsi in questa terra, a causa della persistente attitudine alla costante resistenza contro le dominazioni (secondo una tesi ampiamente accreditata sul piano storico-scientifico e segnatamente riaffermata dal noto archeologo Virgilio Lilliu, per il quale ” i sardi, nella confusione etnica e culturale che li ha inondati per millenni, sono riemersi costantemente nella fedeltà alle origini autentiche e pure”), si delinea un quadro di civiltà autoctona, che costituisce un’eccezione rimarchevole nel panorama generale, piuttosto deprimente, delle connessioni tra mafia, affari, politica, economia, che non hanno risparmiato neppure regioni ritenute apparentemente impermeabili a tali infiltrazioni criminali, come per esempio la Val d’Aosta.  E la  si descrive   solo come  un fenomeno  esterno ed  importato   . Eppure proprio sull’isola, negli ultimi venticinque anni, le cosche della Locride hanno coltivato rapporti privilegiati, stretto mani e contribuito a stabilire un asse del narcotraffico tra i più efficaci e preziosi. Marijuana in cambio di cocaina, soldi in cambio di armi, legami familiari in cambio di lealtà incondizionata. Così la criminalità sardaha  fatto o  sta  facendo   ulteriormente    il  salto di qualità   dai sequestri di persona     e   delle rapine  ai  portavaloti      fino   a diventare  «un mercato nel quale entrare, con la propria organizzazione e struttura logistica, per la vendita di sostanze stupefacenti e dove espandere i propri commerci illeciti, sia individuando nuovi canali di smercio sia iniziando ad effettuare importazioni di rilevanti quantitativi, creando quindi una nuova “rete” di affari”», scriveva la Direzione investigativa antimafia in una relazione al Parlamento del 2021.  Ma    ancora    il mito    resiste   . Infatti    neppure i sardi  ( la  maggior   parte   )  si sono accorti della presenza della ‘ndrangheta in Sardegna. La vulgata è che «non chiederesti mai il pizzo a un sardo», come si suole ripetere dalla Barbagia al Campidano quando se ne parla. E difatti non è questo il caso. La ‘ndrangheta sull’isola arriva su invito e qui si sente a casa, per assonanza d’intenti e radici. Un’alleanza criminale ormai solidissima   come  dimostra      l'inchiesta ancora  in corso  prima  citata e unisce due mondi del crimine molto diversi eppure legati da un filo, quello di venire da regioni poverissime in cui la pastorizia è spesso l’unica attività possibile e in cui, fortissimo, si sente un vuoto: l’assenza dello Stato.


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...