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14.3.24

La mafia di Casarano, in provincia di Lecce, esegue omicidi e attentati ma è la cronista pugliese Marilù Mastrogiovanni, a processo, a dover dimostrare che la mafia esiste

colonna sonora


Chi vede lontano  , o addirittura anticipa le cose  , viene  punito . Nonostante poi le  sue  inchieste   anticipatrici  confermino  la cosa



  . E' il caso della  giornalista  pugliese  Marilù Mastrogiovanni  chè  è a processo per  aver  scoperchiato il vaso di pandora   sulla quarta mafia   ,  cioè la Sacra Corona Unita,  ben   prima    che  v'indagasse  la  magistratura  .   Infatti 
Dopo l’ennesimo omicidio di mafia a Casarano (Le) in un parco giochi in pieno centro, tutto il Salento ha reagito alla morsa della sacra corona unita con una grande marcia per la legalità organizzata dal sindaco Ottavio De Nuzzo.



Lo stesso che, insieme al suo predecessore e altri ex assessori, sta infliggendo un vero e proprio calvario giudiziario alla giornalista pugliese Marilù Mastrogiovanni, giornalista professionista, direttrice del giornale d’inchiesta www.iltaccoditalia.info  e   dal ricco curriculum che trovate qui :<< Profilo professionale di Marilù Mastrogiovanni >>su marilumastrogiovanni.it e essa ha all'attivo diverse colaborazioni

Nel corso della mia vita professionale ho diretto, anche per committenti esteri, decine di riviste tematiche o di settore (medicina, turismo, scuola, imprenditoria, associazionismo, ricerca scientifica e innovazione, house organ), curandone ogni dettaglio, dall’ideazione del piano editoriale, al menabò, fino all’ “ok si stampi”, passando per la definizione del “timone” e del palinsesto.
Ho scritto e, in alcuni casi, continuo a scrivere per diverse testate nazionali:
· Il Sole 24 ore (dal 2002 ad oggi)
· Il Manifesto (dal 2009 ad oggi)
· Il Fatto quotidiano (dal 2009 al 2015)
· Nuovo Quotidiano di Puglia (dal 2008 al 2012)
Sono consulente per Presa diretta (Rai3) ed Euronews. Collaboro anche con Left e Narcomafie


La colpa di Mastrogiovanni? Aver fiutato , secondo webinfo@adnkronos.com (Web Info) 17 ore fa , sin dal 2004 la nascita e il consolidarsi di un nuovo clan della sacra corona unita, e averne scritto ben prima degli omicidi e delle successive ordinanze di misure cautelari indirizzate ai componenti del clan. Mastrogiovanni ne ha scritto, facendo nomi e cognomi, descrivendo la gerarchia dell’organizzazione, indicando le aziende in cui i proventi dello spaccio di droga venivano reinvestiti, scoprendo una fitta rete di fiancheggiatori insospettabili. Aver stigmatizzato la vicinanza tra il clan e un consigliere comunale di Casarano.La giornalista, già presidente della giuria del premio mondiale dell’Unesco per la libertà di stampa “Guillermo Cano” e, a sua volta, vincitrice di numerosi premi per le sue inchieste e ideatrice del Forum delle Giornaliste del Mediterraneo, dal 2005 ad oggi ha pubblicato fiumi di inchieste non solo sul Tacco d’Italia ma anche sui principali giornali nazionali e internazionali: le azioni criminali della SCU di cui scrive Mastrogiovanni riguardano i Comuni del Salento e le ramificazioni nel resto del Paese e della UE: dalla cementificazione delle coste allo sversamento dei veleni nella falda acquifera, dall’irrisolto omicidio di mafia di Peppino Basile allo spaccio di cocaina, dal traffico di rifiuti alle infiltrazioni mafiose nelle aziende locali e nei bandi pubblici.
Migliaia di pagine di inchieste, numerose querele e nessuna condanna. Mastrogiovanni è difesa dall’avvocato Roberto Eustachio Sisto, del foro di Bari.
Le inchieste giornalistiche su Casarano
Dopo l’omicidio del boss della Scu Augustino Potenza nell’ottobre 2016 a colpi di kalashnikov, la direttrice Mastrogiovanni pubblicò sul Tacco d’Italia un’ampia inchiesta nella quale ne ripercorreva le “gesta”, dimostrando il consenso sociale e politico di cui godeva. E ha poi continuato a denunciare.
Articoli non graditi dall’amministrazione comunale guidata dall’allora sindaco Gianni Stefàno (Fratelli d’Italia) che mise la giornalista nel mirino, affiggendo decine di manifesti per la città, prima invitando la cittadinanza a reagire contro chi infanga il buon nome della città (cioè la giornalista che scrive di mafia), poi affiggendo dei manifesti di sei metri per tre che la rappresentano seppellita in una fossa.
Tutta la comunità giornalistica locale, nazionale e internazionale si è mobilitata con una raccolta firme e accorati appelli affinché il sindaco rimuovesse i manifesti, sia perché l’episodio in sé rappresentava un concreto pericolo per la sicurezza della giornalista (tra i commenti sulla pagina Facebook ufficiale del sindaco, che aveva pubblicato il testo del manifesto come comunicato stampa, numerose offese e minacce dai sodali del boss, tra cui la vedova), sia perché quelle affissioni rappresentavano, secondo la categoria, un pericoloso punto di non ritorno, ossia l’interruzione della normale dialettica democratica tra stampa e politica, nella cornice garantista della legge sulla Stampa.
Sono state così attivate le prime misure di protezione da parte del Prefetto di Lecce Claudio Palomba che, nel corso del Consiglio comunale monotematico tenutosi all’indomani dell’affissione dei manifesti ha espresso solidarietà a Mastrogiovanni, esprimendo preoccupazione per il “welfare mafioso” diffuso nella comunità casaranese e salentina.
Sequestro del giornale, imputazioni coatte, decreti di citazione diretta a giudizio
Decine e decine di querele archiviate più una mezza dozzina di assoluzioni, tolgono tempo al lavoro d’inchiesta: “O scrivo memorie difensive o scrivo inchieste”, ha affermato Mastrogiovanni.
Nel frattempo la giornalista ha deciso di trasferirsi a Bari per salvaguardare la serenità e la sicurezza della sua famiglia.
Le misure di protezione si attivano quando è nel Salento.
Dal 2016 ad oggi Mastrogiovanni è nel mirino di una serie di azioni giudiziarie violente: il giornale “Il Tacco d’Italia” è stato sequestrato per 45 giorni; poi dissequestrato dal Tribunale del riesame. Nel processo che ne scaturì, conclusosi con sentenza di assoluzione, si sono costituiti parte civile la FNSI con Assostampa, la Consigliera nazionale e regionale di Parità, l’UDI (Unione donne italiane), Pangea-Reama, il centro antiviolenza Labriola di Bari, mentre l’Ordine nazionale e regionale dei giornalisti, Giulia Giornaliste, Reporter senza frontiere, Ossigeno per l’Informazione, Amnesty International, Articolo 21, e tanti altri si sono mobilitati a difesa della libertà di stampa. Il caso fu trattato dalla trasmissione tv “Le Iene” e Mastrogiovanni fu chiamata in audizione dinanzi alla Commissione regionale antimafia.
Il caso eclatante dei manifesti del sindaco che invitava a reagire contro la giornalista fu sollevato dal presidente della FNSI Beppe Giulietti, in conferenza stampa, dinanzi all’allora presidente della Commissione d’inchiesta sulle mafie Rosy Bindi e la stagione della trasmissione “Cose nostre” della RAI si aprì proprio con il documentario “Attacco al Tacco”, sulla storia giornalistica di Mastrogiovanni.

I giudici hanno fatto poi ricorso a imputazioni coatte (nonostante le richieste di archiviazione dei Pm) e decreti di citazione diretta a giudizio (saltando la fase dell’udienza preliminare, il Pm obbliga l’indagato a presentarsi direttamente dinanzi al giudice monocratico). In uno dei processi a suo carico dovrà dimostrare di essere stata sottoposta a misure di protezione, perché il fatto che le avesse è stato ritenuto diffamatorio dal querelante (l’ex sindaco di Casarano) e dai giudici, che l’hanno rinviata a giudizio.


La dichiarazione della FNSI e Assostampa

Siamo molto preoccupati per la morsa giudiziaria di cui è vittima da anni la collega Maril Mastrogiovanni, direttrice di www.iltaccoditalia.info, a causa del suo lavoro d’inchiesta sulla sacra corona unita, la mafia del Salento: lo dichiarano in una nota congiunta la Federazione nazionale della stampa italiana e il sindacato dei giornalisti pugliesi Assostampa. Nel mese di marzo dovrà affrontare ben tre processi, alcuni avviati a seguito di imputazione coatta, nonostante la richiesta di archiviazione del Pm; nella giornata di venerdì 15 marzo sarà chiamata a presenziare in due procedimenti contro di lei, avviati a seguito di querela da parte di alcuni amministratori locali, tra cui l’attuale sindaco di Casarano. La sua colpa è di aver illuminato le zone grigie del malaffare e le influenze dei clan sui gangli vitali della vita democratica. Dopo l’omicidio di mafia avvenuto una settimana fa a Casarano, maturato negli ambienti dei clan di cui scrive Mastrogiovanni, la sua posizione appare ancora più critica. La collega negli ultimi anni è stata oggetto di minacce anche di morte, intimidazioni, querele temerarie e perfino il sequestro del giornale, fatto gravissimo per il quale si è costituita al suo fianco la FNSI. È stata costretta a trasferire la sua residenza. Nei suoi confronti sono state disposte misure di protezione. Ad oggi la maggior parte delle querele sono state archiviate e i processi risolti con sentenza di assoluzione. Il giornalismo d’inchiesta è un pilastro della democrazia, per questo la FNSI continuerà ad essere al fianco della collega nel suo compito primario di garantire il diritto dei cittadini di essere informati anche su fatti scomodi in un territorio sempre più a rischio, qualora la voce dei giornalisti

24.7.17

personaggi tipici , italiani di serie b , rabbia popolare ed altre storie

La  prima    storia  mi ricorda  che mi ricorda la canzone " in Monti di Mola" di De andre . Con tale  termine   \  denominazione  in dialetto gallurese \ sardo corso , lingua in cui è cantato tutto il brano., s'intende    quelle  campagne     che  oggi    costituiscono  la  Costa Smeralda .  In essa si narra di un amore insano e impossibile tra un giovane uomo e un'asina bianca che si incontrano una mattina su questi monti. L'intero paese arriva persino ad organizzare il loro matrimonio, matrimonio che però non potrà essere realizzato, ma non per la differenza di specie quanto piuttosto per un problema legato alle pratiche burocratiche: secondo i documenti ufficiali i due risultano essere parenti stretti.
E' scometto che se faber fosse ancora vivo , leggendo questa news , ci avrebbe fatto un pensierino per qualche canzone

da  http://iltirreno.gelocal.it/cecina/cronaca/2017/07/23


Sposa l’amore di una vita: ma lei è una... bistecca
A Marina di Bibbona le nozze scherzose del macellaio organizzate dagli amici. "Ho voluto rendere omaggio alla carne che dà da vivere da quasi vent'anni a me e alla mia famiglia"

di Fabrizio Pucci




Il macellaio Saverio Baldacci arriva sull'Ape con la sua "sposa", la bistecca

MARINA DI BIBBONA.
Un matrimonio in grande stile. Che cosa c'è di strano? Nulla. Mettere insieme una sera d'estate, l'amore di una vita e il fatidico sì. Già. Ma allora la notizia dov'è?
C'è perché lo sposo, Saverio Baldacci, 33 anni di Livorno professione macellaio, ieri sera al centro commerciale H di Marina di Bibbona è convolato a giuste nozze con “sua maestà” bistecca fiorentina di chianina scottona. Anzi, in seconde nozze visto che lui nella vita è sposato davvero con la bella Stefania.



Certo. Quello di ieri è stato un matrimonio sui generis ma in piena regola. Le partecipazioni spedite – in epoca digitale – attraverso l'annuncio sulla pagina ufficiale facebook della macelleria Baldacci hanno contribuito a creare la spasmodica atmosfera della grande attesa che si è conclusa ieri sera dopo le 20. Proprio quando Baldacci si è presentato “all'altare” elegantissimo e ha aspettato la futura consorte: la bistecca, che ovviamente si è fatta attendere.Lei, bella e morbida, rossa non solo per l'emozione è arrivata in formissima – con appena un filo di grasso nei punti giusti - a bordo di un Ape decorato da girasoli. Poi la cerimonia tra gli applausi degli oltre centocinquanta invitati che si sono trattenuti al successivo banchetto rigorosamente a base di carne di altissima qualità, quella della macelleria Baldacci.

Baldacci accolto dagli amici

acci accolto dagli amici
Si è trattato di un vero e proprio happening che ha incuriosito passanti e clienti del centro commerciale. Gli invitati si sono presentati vestiti tutti uguali: di bianco e con un cappello di paglia e le infradito in stile esotico-balneare. Ad assistere alle nozze sono arrivati amici e parenti da tutta la Toscana e anche molti turisti, habitué della zona.Il “matrimonio” è stato organizzato da Saverio e dai suoi tanti amici: «In questo modo – ha detto lo sposo tra il serio e il faceto – ho voluto rendere omaggio alla carne che dà da vivere ormai da quasi vent'anni a me e alla mia famiglia. Svolgo questo lavoro con amore e passione e che cosa, meglio di un matrimonio rappresenta questi due sentimenti? Dal primo giorno che sono andato dietro il banco ho capito che quella era la mia strada e sono felice di continuare questo percorso all'insegna della qualità. Il mio maestro? Nedo Di Batte a cui sarò sempre riconoscente. E un grazie va anche al bar Al Capone che ha ospitato il banchetto nuziale».
Un momento delle "nozze"

Un momento delle "nozze"
Livornese (è proprio il caso di dirlo) purosangue, tifoso della squadra amaranto che l'anno scorso ha seguito anche in trasferta è molto amico di Andrea Bagnoli, oggi affermato procuratore di calcio, ma ex giocatore proprio del Livorno. Bagnoli non poteva mancare al “matrimonio”: «Saverio – ha detto l'ex calciatore nel suo vestito bianco e sotto il cappello di paglia - è un ragazzo perbene. Un gran lavoratore. Questo matrimonio è uno scherzo, ma rende merito alla sua attività che fa della qualità il marchio di fabbrica».
La cena di "nozze" in pineta a Marina di Bibbona


purtroppo non sono i marò o sequestrati di qualche ong [ ovviamente senza generalizzare e fare di tutta un erba un fascio ] vicino al potere ed al governo italiano non gli ne frega una .. cippa . altrimenti sarebbe già intervenuto .


Lettera da Amburgo: Maria chiede aiuto agli amici di Feltre

Appello al mondo della politica e della cultura anche per Fabio Vettorel: «Firmate la petizione e riportateci in Italia»


FELTRE. Grido di dolore e libertà. Inchiostro blu, che racconta sofferenza ma allo stesso tempo speranza, nella lettera su un foglio a righe che Maria Rocco ha mandato agli amici feltrini dal carcere amburghese di Billwerder. La donna è detenuta ormai da più di due settimane, dopo le manifestazioni contro il G20. Mentre Fabio Vettorel, l’altro feltrino fermato dalla polizia tedesca, è stato trasferito fin dal primo momento nel carcere minorile di Hahnofersand, dal momento che ha appena 18 anni e lassù si diventa maggiorenni a 21.La 23enne di Cesiomaggiore lancia un appello al mondo politico e culturale, sia a livello locale che nazionale, perché ritiene di essere vittima di un ingiustizia: c’è il rischio che rimanga in carcere, come minimo, fino alla fine di agosto. Ma se non dovesse cambiare la misura cautelare decisa dal tribunale di Amburgo per «grave violazione dell’ordine pubblico con resistenza a pubblico ufficiale», la carcerazione preventiva parte da 12 mesi, in attesa del processo.I legali della famiglia (Prade di Belluno e Carponi Schittar di Venezia) stanno esplorando tutte le strade per riportarla in Italia, compreso un ricorso; nel frattempo il difensore della prima ora Serrangeli fa un po’ da portavoce e invoca un intervento deciso delle istituzioni: «La nostra diplomazia non si è proprio mossa e siamo di fronte a una grossa ingiustizia che riguarda dei cittadini italiani. Bisogna che le coscienze si sveglino, affinché Rocco e Vettorel possano tornare a casa, insieme ai quattro italiani. Per cominciare, vorremmo delle firme pesanti sulla petizione messa in internet “Maria e Fabio liberi subito”. Quella del prefetto Esposito, oltre ai sindaci di Belluno e Feltre, Massaro e Perenzin e a tutti i parlamentari della provincia fino al governatore Zaia. Ho registrato qualche disponibilità, però adesso bisogna passare ai fatti. Finora sono molto deluso».Rocco non ammetterà le circostanze che le vengono addebitate, perché ritiene di non avere niente da confessare: «Manifestare rimane un diritto, ma prende le distanze dalla violenza che ci può essere stata, nel senso che non era sua intenzione sostenere una manifestazione di quel tipo. Quella mattina ha soccorso una ragazza che aveva una frattura esposta alla gamba sinistra. Le contestano di non essersi allontanata, ma se l’avesse fatto, le sarebbe stata addebitata l’omissione di soccorso. Non poteva andarsene, allo stesso tempo non poteva restare. Non si sarebbe mai aspettata una reazione così pesante e di finire in un tritacarne».Qualcosa non tornerebbe nei verbali d’interrogatorio: «Mi dice di non aver mai pronunciato parole che pure sono state trascritte nell’interrogatorio di garanzia del 7 luglio: non era in alcun modo travisata, anche se indossava un foulard per difendersi, eventualmente, dal gas dei lacrimogeni, e non si è messa a lanciare oggetti. Adesso abbiamo meno di dieci giorni, per convincere la Corte d’Appello a scarcerare i due ragazzi, prima delle vacanze di agosto. Non possiamo più aspettare: bisogna per forza muoversi.

Leggendo   la   terza  storia mi  chiedo , OVVIAMENTE  COME  SPECIOFICASTO ANCHE  DALLE  FACCINE   SONO  SARCASRTICO  PERCHE'  PUR  NON AVENDO  VISSUTO  DIRETTAMENTE   (  SONO DEL  1976    GLI ANNIO   DI  PIOMBO  E DELLE STRAGI   DI QUEL PERIODO  )    MI  AUGURO  CHE  TALE  PERIODO  NON RITORINI  , a quando l'uso delle mani o d'altro ? 🙄😜😀🤬

Renzi contestato per il SalvabancheUna risparmiatrice di Banca Etruria lo accoglie all'ingresso della Festa dell'Unità di Castelfiorentino e all'invito dell'ex premier di entrare a parlarne nel dibattito replica così: "Ballaro" (video di Mario Neri) L'ARTICOLO

ha ragione Dario de Judicibus quando dice : << In Italia non puoi dare a uno stronzo dello stronzo,  neppure se è vero. Sarebbe diffamazione. Il caso  del  giornalista siciliano Rino Giaccalone  direttore del portale «alqamah.it» e collaboratore, tra le altre testate, anche di «Narcomafie» che definiva un boss defunto : << gran bel pezzo di merda >>
da  http://www.laspia.it/ del 11\5\2017

La Cassazione annulla la sentenza di assoluzione di Rino Giacalone

Risultati immagini
La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione emessa lo scorso anno dal Tribunale di Trapani, nei confronti del giornalista Rino Giacalone che in un blog aveva apostrofato un boss della mafia trapanese come “gran bel pezzo di merda”.
L’accusa e’ di diffamazione a mezzo stampa e stamane i giudici della quinta sezione hanno rinviato gli atti processuali alla Corte d’Appello di Palermo, nonostante il procuratore generale durante la requisitoria avesse chiesto “l’inammissibilita’ del ricorso” alla quale si era associato il team di legali del giornalista (composto dagli avvocati Enza Rando, Giulio Vasaturo, Carmelo Miceli e Domenico Grassa).
Il procedimento era scaturito dalle denunce di Rosa Pace, vedova di Mariano Agate, capomafia di Mazara del Vallo deceduto per cause naturali nell’aprile 2013. Nei giorni seguenti alla morte il questore di Trapani aveva vietato i funerali pubblici e anche il vescovo di Mazara del Vallo Domenico Mogavero aveva rifiutato i funerali religiosi. In quei giorni Giacalone, attraverso un articolo pubblicato sul portale Malitalia.it, aveva ricostruito i trascorsi di Mariano Agate aggiungendo l’augurio che la sua morte togliesse alla Sicilia la presenza di “un gran bel pezzo di merda”. In seguito alla sentenza di assoluzione, emessa il 7 giugno dello scorso anno, il pm della Procura di Trapani, Franco Belvisi aveva presentato un ricorso “per saltum” in Cassazione.
I giudici, rilevando un “vizio di diritto” hanno annullato la sentenza. “Aspettiamo serenamente le motivazioni della sentenza – dicono i legali del giornalista – e ci rinviamo alla corte d’appello per dimostrare l’assoluta irrilevanza penale dello scritto di Giacalone. L’espressione non integra il reato di diffamazione ma va interpretata come un richiamo alla frase pronunciata da Peppino Impastato. E’ una sineddoche utilizzata con intento “non denigratorio”, con l’attribuzione della valenza pedagogica, come ha detto il giudice di primo grado”.


Gattini, scie chimiche e caffè: ecco la parodia dedicata ai “fuori luogo” del web -.  ottima  la  parodia    anche  sulla nostra interdipendenza   . mi sa che  https://www.facebook.com/dadocantalanotizia1/  faccia  seguaci  











purtroppo non sono i marò o sequestrati di qualche ong [ ovviamente senza generalizzare e fare di tutta un erba un fascio ] vicino al potere ed al governo italiano non gli ne frega una .. cippa . altrimenti sarebbe già intervenuto .

3.8.16

IN PRINCIPIO ERA CHIARA di © Daniela Tuscano

per  approfondire



C'è voluta una spaventosa scia di sangue perché ci guardassimo negli occhi, riscoprendoci fratelli e sorelle. Eppure, un tempo, eravamo amici. Un tempo in cui una cristiana, una donna, un'italiana di nome Chiara Lubich poteva salire su un minbar e proclamare la bellezza dell'unico


Dio. Senza rinunciare a uno iota del Vangelo ma parlando una lingua universale.
da  Wikipedia
Forse perché il Padre Nostro - per usare la definizione d'un giovane intellettuale siriano - è una preghiera "neutra", plasmata su tutti; o forse perché tutti vogliamo la stessa cosa. Stare in pace. La vita è così breve e preziosa.
Le donne lo sanno, perché da esse tutto origina. Sono le sentinelle che anticipano l'aurora. Insieme arrivano prima e insieme procedono.
Se oggi papa Francesco può proclamare che non è la religione, ma il potere e il denaro a scatenare le guerre, lo si deve a quel principio, a quella donna fragile sul minbar, in una moschea americana, vent'anni fa.

                                     © Daniela Tuscano

1.11.13

Un pezzo della nostra storia Una strada al professore Luongo, la strana Cassandra con i palloncini Indimenticabile volto di una città che non c’è più. I figli, ammoniva, hanno troppi soldi in tasca!

  Grazie  tina galante https://www.facebook.com/tina.galante e https://www.facebook.com/dr.antfus  per  avermi  fatto apprendere da  http://www.orticalab.it/  questa news  


Un pezzo della nostra storia
Una strada al professore Luongo, la strana Cassandra con i palloncini
Indimenticabile volto di una città che non c’è più. I figli, ammoniva, hanno troppi soldi in tasca!




Staglianò - Nigro
Mercoledì, 17 Ottobre 2012

Avellino è una piccola città, con i suoi pregi e i suoi difetti. Qualcuno non vede l’ora di fuggirne via, qualche altro, invece, non saprebbe farne a meno. Ed è giusto che sia così. Quello su cui, però, tutti devono per forza di cose concordare è che ha una sua storia, fatta di eventi, tradizioni, cultura e, soprattutto, uomini.
Uomini come l’indimenticato, almeno per quelli che hanno più di vent’anni, professore Giovanni Luongo.
Sì, proprio quel dolce anziano che se ne andava in giro esponendo cartelli e regalando palloncini colorati ai bambini. Un’ “attività” portata avanti per circa trent’anni in ogni parte d’Italia e iniziata, come lo stesso Luongo ebbe a dire nel corso di una memorabile intervista con Ottavio Giordano, lanciando il messaggio «Il peccato chi lo fa lo paga, prima qua poi là». Sempre in quella intervista il vecchio professore di liceo non nascose il desiderio di vedere, un giorno, una strada cittadina intestata a lui.
Tutti noi lo ricordiamo per il celeberrimo «E’ colpa tua, i figli hanno troppi soldi in tasca!». Un vero e proprio appello che il professore rivolgeva ai genitori affinché si ponesse un freno alla degenerazione dei costumi che avrebbe portato, prima o poi, ad un punto di non ritorno. In tanti ridevano con aria di sufficienza, in pochi riflettevano sul vero senso di quelle parole. Parole profetiche di una strana Cassandra.
Luongo morì nel 2007 a Prato, dove s’era trasferito per stare insieme alla sorella.
Da allora in molti lo hanno ricordato. Sul sito avellinesi.it ci sono anche alcune sue fotografie dalle quali abbiamo attinto quella che proponiamo. Qualcuno, poi, ha lanciato una petizione per intitolargli una strada, così come desiderava, e la proposta, in pochissimi giorni, raccolse l’adesione di oltre mille cittadini. Ma, come tante altre cose ad oggi nulla s’è mosso.
A noi, passeggiando per le vie di Avellino, e notando quanto sia pesante l’assenza di persone come lui, di quei palloncini colorati, del rumore del suo fischietto che attirava l’attenzione dei bambini, è venuto in mente che, forse, soddisfare il desiderio di un giusto può rappresentare un segnale importante per una città sempre più vittima della violenza e della mancanza di cultura. Perché il professore Luongo, per quanto bizzarro, era innanzitutto un uomo di cultura.
E allora abbiamo deciso di unirci a quanti ci hanno già provato in passato dando eco e nuovo slancio a quella proposta. Basterebbe davvero poco, anche un vicoletto di periferia, per onorare "l’uomo dei palloncini".

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...