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14.3.24

La mafia di Casarano, in provincia di Lecce, esegue omicidi e attentati ma è la cronista pugliese Marilù Mastrogiovanni, a processo, a dover dimostrare che la mafia esiste

colonna sonora


Chi vede lontano  , o addirittura anticipa le cose  , viene  punito . Nonostante poi le  sue  inchieste   anticipatrici  confermino  la cosa



  . E' il caso della  giornalista  pugliese  Marilù Mastrogiovanni  chè  è a processo per  aver  scoperchiato il vaso di pandora   sulla quarta mafia   ,  cioè la Sacra Corona Unita,  ben   prima    che  v'indagasse  la  magistratura  .   Infatti 
Dopo l’ennesimo omicidio di mafia a Casarano (Le) in un parco giochi in pieno centro, tutto il Salento ha reagito alla morsa della sacra corona unita con una grande marcia per la legalità organizzata dal sindaco Ottavio De Nuzzo.



Lo stesso che, insieme al suo predecessore e altri ex assessori, sta infliggendo un vero e proprio calvario giudiziario alla giornalista pugliese Marilù Mastrogiovanni, giornalista professionista, direttrice del giornale d’inchiesta www.iltaccoditalia.info  e   dal ricco curriculum che trovate qui :<< Profilo professionale di Marilù Mastrogiovanni >>su marilumastrogiovanni.it e essa ha all'attivo diverse colaborazioni

Nel corso della mia vita professionale ho diretto, anche per committenti esteri, decine di riviste tematiche o di settore (medicina, turismo, scuola, imprenditoria, associazionismo, ricerca scientifica e innovazione, house organ), curandone ogni dettaglio, dall’ideazione del piano editoriale, al menabò, fino all’ “ok si stampi”, passando per la definizione del “timone” e del palinsesto.
Ho scritto e, in alcuni casi, continuo a scrivere per diverse testate nazionali:
· Il Sole 24 ore (dal 2002 ad oggi)
· Il Manifesto (dal 2009 ad oggi)
· Il Fatto quotidiano (dal 2009 al 2015)
· Nuovo Quotidiano di Puglia (dal 2008 al 2012)
Sono consulente per Presa diretta (Rai3) ed Euronews. Collaboro anche con Left e Narcomafie


La colpa di Mastrogiovanni? Aver fiutato , secondo webinfo@adnkronos.com (Web Info) 17 ore fa , sin dal 2004 la nascita e il consolidarsi di un nuovo clan della sacra corona unita, e averne scritto ben prima degli omicidi e delle successive ordinanze di misure cautelari indirizzate ai componenti del clan. Mastrogiovanni ne ha scritto, facendo nomi e cognomi, descrivendo la gerarchia dell’organizzazione, indicando le aziende in cui i proventi dello spaccio di droga venivano reinvestiti, scoprendo una fitta rete di fiancheggiatori insospettabili. Aver stigmatizzato la vicinanza tra il clan e un consigliere comunale di Casarano.La giornalista, già presidente della giuria del premio mondiale dell’Unesco per la libertà di stampa “Guillermo Cano” e, a sua volta, vincitrice di numerosi premi per le sue inchieste e ideatrice del Forum delle Giornaliste del Mediterraneo, dal 2005 ad oggi ha pubblicato fiumi di inchieste non solo sul Tacco d’Italia ma anche sui principali giornali nazionali e internazionali: le azioni criminali della SCU di cui scrive Mastrogiovanni riguardano i Comuni del Salento e le ramificazioni nel resto del Paese e della UE: dalla cementificazione delle coste allo sversamento dei veleni nella falda acquifera, dall’irrisolto omicidio di mafia di Peppino Basile allo spaccio di cocaina, dal traffico di rifiuti alle infiltrazioni mafiose nelle aziende locali e nei bandi pubblici.
Migliaia di pagine di inchieste, numerose querele e nessuna condanna. Mastrogiovanni è difesa dall’avvocato Roberto Eustachio Sisto, del foro di Bari.
Le inchieste giornalistiche su Casarano
Dopo l’omicidio del boss della Scu Augustino Potenza nell’ottobre 2016 a colpi di kalashnikov, la direttrice Mastrogiovanni pubblicò sul Tacco d’Italia un’ampia inchiesta nella quale ne ripercorreva le “gesta”, dimostrando il consenso sociale e politico di cui godeva. E ha poi continuato a denunciare.
Articoli non graditi dall’amministrazione comunale guidata dall’allora sindaco Gianni Stefàno (Fratelli d’Italia) che mise la giornalista nel mirino, affiggendo decine di manifesti per la città, prima invitando la cittadinanza a reagire contro chi infanga il buon nome della città (cioè la giornalista che scrive di mafia), poi affiggendo dei manifesti di sei metri per tre che la rappresentano seppellita in una fossa.
Tutta la comunità giornalistica locale, nazionale e internazionale si è mobilitata con una raccolta firme e accorati appelli affinché il sindaco rimuovesse i manifesti, sia perché l’episodio in sé rappresentava un concreto pericolo per la sicurezza della giornalista (tra i commenti sulla pagina Facebook ufficiale del sindaco, che aveva pubblicato il testo del manifesto come comunicato stampa, numerose offese e minacce dai sodali del boss, tra cui la vedova), sia perché quelle affissioni rappresentavano, secondo la categoria, un pericoloso punto di non ritorno, ossia l’interruzione della normale dialettica democratica tra stampa e politica, nella cornice garantista della legge sulla Stampa.
Sono state così attivate le prime misure di protezione da parte del Prefetto di Lecce Claudio Palomba che, nel corso del Consiglio comunale monotematico tenutosi all’indomani dell’affissione dei manifesti ha espresso solidarietà a Mastrogiovanni, esprimendo preoccupazione per il “welfare mafioso” diffuso nella comunità casaranese e salentina.
Sequestro del giornale, imputazioni coatte, decreti di citazione diretta a giudizio
Decine e decine di querele archiviate più una mezza dozzina di assoluzioni, tolgono tempo al lavoro d’inchiesta: “O scrivo memorie difensive o scrivo inchieste”, ha affermato Mastrogiovanni.
Nel frattempo la giornalista ha deciso di trasferirsi a Bari per salvaguardare la serenità e la sicurezza della sua famiglia.
Le misure di protezione si attivano quando è nel Salento.
Dal 2016 ad oggi Mastrogiovanni è nel mirino di una serie di azioni giudiziarie violente: il giornale “Il Tacco d’Italia” è stato sequestrato per 45 giorni; poi dissequestrato dal Tribunale del riesame. Nel processo che ne scaturì, conclusosi con sentenza di assoluzione, si sono costituiti parte civile la FNSI con Assostampa, la Consigliera nazionale e regionale di Parità, l’UDI (Unione donne italiane), Pangea-Reama, il centro antiviolenza Labriola di Bari, mentre l’Ordine nazionale e regionale dei giornalisti, Giulia Giornaliste, Reporter senza frontiere, Ossigeno per l’Informazione, Amnesty International, Articolo 21, e tanti altri si sono mobilitati a difesa della libertà di stampa. Il caso fu trattato dalla trasmissione tv “Le Iene” e Mastrogiovanni fu chiamata in audizione dinanzi alla Commissione regionale antimafia.
Il caso eclatante dei manifesti del sindaco che invitava a reagire contro la giornalista fu sollevato dal presidente della FNSI Beppe Giulietti, in conferenza stampa, dinanzi all’allora presidente della Commissione d’inchiesta sulle mafie Rosy Bindi e la stagione della trasmissione “Cose nostre” della RAI si aprì proprio con il documentario “Attacco al Tacco”, sulla storia giornalistica di Mastrogiovanni.

I giudici hanno fatto poi ricorso a imputazioni coatte (nonostante le richieste di archiviazione dei Pm) e decreti di citazione diretta a giudizio (saltando la fase dell’udienza preliminare, il Pm obbliga l’indagato a presentarsi direttamente dinanzi al giudice monocratico). In uno dei processi a suo carico dovrà dimostrare di essere stata sottoposta a misure di protezione, perché il fatto che le avesse è stato ritenuto diffamatorio dal querelante (l’ex sindaco di Casarano) e dai giudici, che l’hanno rinviata a giudizio.


La dichiarazione della FNSI e Assostampa

Siamo molto preoccupati per la morsa giudiziaria di cui è vittima da anni la collega Maril Mastrogiovanni, direttrice di www.iltaccoditalia.info, a causa del suo lavoro d’inchiesta sulla sacra corona unita, la mafia del Salento: lo dichiarano in una nota congiunta la Federazione nazionale della stampa italiana e il sindacato dei giornalisti pugliesi Assostampa. Nel mese di marzo dovrà affrontare ben tre processi, alcuni avviati a seguito di imputazione coatta, nonostante la richiesta di archiviazione del Pm; nella giornata di venerdì 15 marzo sarà chiamata a presenziare in due procedimenti contro di lei, avviati a seguito di querela da parte di alcuni amministratori locali, tra cui l’attuale sindaco di Casarano. La sua colpa è di aver illuminato le zone grigie del malaffare e le influenze dei clan sui gangli vitali della vita democratica. Dopo l’omicidio di mafia avvenuto una settimana fa a Casarano, maturato negli ambienti dei clan di cui scrive Mastrogiovanni, la sua posizione appare ancora più critica. La collega negli ultimi anni è stata oggetto di minacce anche di morte, intimidazioni, querele temerarie e perfino il sequestro del giornale, fatto gravissimo per il quale si è costituita al suo fianco la FNSI. È stata costretta a trasferire la sua residenza. Nei suoi confronti sono state disposte misure di protezione. Ad oggi la maggior parte delle querele sono state archiviate e i processi risolti con sentenza di assoluzione. Il giornalismo d’inchiesta è un pilastro della democrazia, per questo la FNSI continuerà ad essere al fianco della collega nel suo compito primario di garantire il diritto dei cittadini di essere informati anche su fatti scomodi in un territorio sempre più a rischio, qualora la voce dei giornalisti

5.7.22

Bullizzato dalle maestre alla scuola Carducci di Pavia, la mamma-collega denunciata per aver «spiato» le chat

 canzone  in sottofondo

 la storia  che  trovate  sotto  è uan delel tante  conferme  , di  quanto    dicevo  da più  parti  ,  facendomi ridere  dietro (  ma m'importa  'na sega ⁕ ) ,  che  le  leggi sula  privacy  sono  fatte  non  per tutelare  ideboli   ma  i prepotenti (  in questo caso  ) ed  i potenti  .

 
 https://milano.corriere.it/notizie/lombardia  4\7\2022
di Eleonora Lanzetti

Suo figlio di 8 anni era stato preso di mira dalle insegnanti per mesi. Su Whatsapp decine di insulti, messaggi vocali offensivi e foto dell’alunno in castigo «scoperti» dalla madre, collega delle docenti: è stata a sua volta denunciata per violazione della privacy

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La chat tra le maestre

La mamma che aveva denunciato le colleghe maestre del Carducci di Pavia, accusate di aver bullizzato il figlio (alunno nella scuola dove la stessa madre insegna) è stata denunciata a sua volta: avrebbe violato la corrispondenza privata di una collega, dopo aver «spiato» la chat di Whatsapp rimasta aperta sul pc della scuola.La vicenda delle maestre pavesi, che per mesi avevano insultato il figlio di otto anni della collega, condividendo foto denigratorie e offese quali «pirla», «bambino di merda», «sporco», ha ora un seguito. Il caso è passato a Milano, all’esame della Corte d’appello del capoluogo lombardo, competente per i reati informatici di tutta l’area. La storia aveva destato parecchio scalpore a Pavia, dove diversi genitori si erano allarmati dopo la scoperta delle conversazioni in chat, che avevano portato alla sospensione delle maestre accusate di aver bullizzato un alunno di seconda elementare.La mamma del bimbo, però, leggendo le conversazioni delle insegnanti, e facendo gli screenshot di messaggi e di foto che riguardavano il bambino, suo figlio, avrebbe violato la loro privacy. Ed è stata denunciata.


28.2.22

non partecipano ai concorsi er un lavotro e poi si lamentano se a parteciparvi ed essere assunti sono gli stranieri Il borgo di Mussomeli, rimasto senza medici, è sommerso da migliaia di candidature dall'Argentina.






Il dottor Che Guevara va in Siciliadi Giada Lo Porto
Il borgo di Mussomeli, rimasto senza medici, è sommerso da migliaia di candidature dall'Argentina. Merito di una giovane coppia che vanta parentele rivoluzionarie

Gli argentini Erica Moscatello e Javier Raviculè. foto di Igor Petyx



MUSSOMELI (Caltanissetta). C'è un paese in Sicilia dove tutto è possibile, o almeno così sembra. A Mussomeli, borgo medioevale nella valle dei Sicani, una coppia argentina imparentata con Ernesto Che Guevara ha da poco stretto un accordo con il sindaco (proveniente, per inciso, da Fratelli d'Italia) per aiutare l'ospedale cittadino rimasto senza medici. Quello che è successo dopo ha dell'incredibile. In poco più di un mese alla email del Comune sono arrivate oltre sessantamila candidature di medici argentini pronti a trasferirsi, dall'oggi al domani, in un borgo che conta appena diecimila abitanti. L'ospedale dell'entroterra siciliano, dove fino a poco tempo fa non si trovava un solo professionista disposto a prendere servizio, tanto che gli ultimi bandi dell'azienda sanitaria provinciale erano andati pressoché deserti, ha così scalato la lista dei desideri dei sudamericani.
Vietato ammalarsi
Di certo non se lo aspettava il sindaco Giuseppe Sebastiano Catania che, a fine dicembre, provocatoriamente, aveva redatto un'ordinanza ad hoc: "Divieto di ammalarsi". Era sceso in strada arrabbiatissimo, con il foglio in mano per mostrarlo a tutti. Anche adesso continua a portarlo con sé.
Nell'ospedale lavorano un solo chirurgo, un solo anestesista e nessun pediatra. Tre reparti su sei sono chiusi per carenza di personale e le famiglie con bambini devono fare sessanta chilometri ogni volta per arrivare a Caltanissetta o ad Agrigento e far visitare i piccoli. Ma nella disastrosa Sicilia senza camici bianchi a volte basta un incontro per sparigliare le carte. "Sono arrivate una valanga di email" si stupisce ancora il primo cittadino, "abbiamo già scaricato oltre quattromila curricula. I posti disponibili sono una quindicina. Ci sono stati giorni in cui arrivava una email al minuto. Incredibile, davvero" aggiunge divertito.
Non solo neolaureati e specializzandi, persino professionisti, uno dei quali alla guida di dieci cliniche private in Argentina, hanno fatto richiesta. Tra loro, Diego Colabianchi, che può vantarsi di avere visitato Leo Messi, ed Eduardo Seminara, uno psichiatra che ebbe in cura Diego Armando Maradona.

Il sindaco Giuseppe Sebastiano Catania (FdI) davanti all’ospedale di Mussomeli. foto di Igor Petyxf


In cerca di un pediatra
Ora, non è che il seme della follia si sia improvvisamente sparso in Argentina. Centrale, in tutta questa vicenda, è quella coppia di argentini arrivata a Mussomeli la scorsa estate per visitare il Paese e che, alla fine, non se n'è più andata. Erica Moscatello e Javier Raviculè ("come "Pupi" Zanetti, anche se il più grande resta Maradona" tiene a precisare lui) ormai sentono la Sicilia come casa loro. Sono due quarantenni impegnati da anni nel settore della consulenza strategica per le pubbliche amministrazioni. Dopo aver acquistato casa a un euro nel borgo - per frenare lo spopolamento le antiche dimore disabitate vengono cedute al prezzo di un caffè - hanno messo le loro competenze e i loro innumerevoli contatti a disposizione del Comune. Gratis, s'intende. "Appena arrivati ci siamo resi conto della carenza di medici" osserva Erica, "abbiamo un bambino anche noi e volevamo renderci utili. Ci siamo detti: perché non sfruttare le nostre conoscenze? Abbiamo contattato il rettore dell'Università argentina di Rosario, Franco Bartolacci, un caro amico, e stretto una partnership". L'Ateneo sudamericano ha pubblicato una manifestazione di interesse rivolta a tutti i medici del Paese e diffuso i recapiti del Comune di Mussomeli. È così che le email sono cominciate ad arrivare a una velocità supersonica, e in massa. "Inizialmente volevamo capire se ci fosse o meno un interesse da parte dei medici del nostro Paese a trasferirsi" dice Javier, "siamo rimasti senza parole pure noi".
Il passo successivo? La pubblicazione entro i primi di marzo del bando ufficiale da parte dell'Asp in cui convergeranno le oltre 60 mila candidature. Poi sarà attivata una commissione dell'azienda sanitaria che si occuperà delle selezioni. In questi giorni la coppia argentina e lo stesso sindaco hanno provato a fare una preselezione, convocando alcuni candidati via Skype o WhatsApp. Ma è un lavoro che porta via giorni e notti. "Do una mano anche io" interviene il figlio della coppia, Fidel. Non poteva che chiamarsi così, vista la parentela della madre con il celebre guerrigliero rivoluzionario Ernesto Che Guevara, medico pure lui, e pure lui argentino di Rosario, guarda a volte il caso. "Il "Che" era cugino di mio padre" racconta Erica. "Ma non ci sono colori politici quando si tratta della salute dei miei cittadini" dice il sindaco: "Certo, sentire Fratelli d'Italia e Che Guevara nella stessa frase fa sorridere anche me".
Il bando su misura
C'era innanzitutto un problema, fondamentale, da dirimere. "Abbiamo chiesto all'Asp di redigere un apposito bando localizzato per il solo ospedale di Mussomeli aperto anche ai medici stranieri" spiega il sindaco "e, in più, di aprire la selezione anche ai medici extra Ue non ancora provvisti del decreto di riconoscimento dei titoli rilasciati dal ministero della Salute. C'è già una norma in tal senso, l'articolo 6 bis della legge 126 del 2021, con la quale il legislatore prevede la possibilità di affidare gli incarichi in deroga al riconoscimento dei titoli, vista la carenza cronica di specialisti in tutta Italia. Il senso è: risolviamo il problema e facciamo arrivare i medici, per riconoscere i titoli c'è tempo. L'azienda sanitaria adesso deve recepire questa modifica". Dopo la pubblicazione del bando saranno concessi venti giorni per presentare ufficialmente le domande. I primi medici non arriveranno fino ad aprile.
Seimila euro lordi al mese
Ma che cosa stuzzica davvero l'appetito di questi camici bianchi? Perché salutare l'Argentina per trasferirsi in un mondo piccolo, dove le signore fanno ancora il pane caldo al mattino e mettono a essiccare i pomodori fuori di casa, e dove ci si dedica all'agricoltura e si portano al pascolo gli agnelli?
Per i più giovani, conta senz'altro lo stipendio di seimila euro lordi al mese, con la possibilità di vivere da pascià acquistando casa a un euro e ristrutturandola spendendone non più di 40 mila. Per i professionisti navigati, forse è la suggestione di abitare in un paesino a oltre 700 metri sul livello del mare, che guarda verso la rocca di Sutera immersa tra nuvole e cielo con il suo campanile antichissimo che quando suona si sente per tutta la valle. Lo spiega al telefono in un italiano perfetto il dottor Colabianchi: "Per me e mia moglie dal punto di vista professionale potrebbe sembrare un passo indietro, ma siamo entrambi legati all'Italia, desideriamo far vivere ai nostri figli esperienze diverse in altri luoghi del mondo, e poi c'è il fascino del piccolo paese, di una vita tranquilla". "In Argentina c'è una situazione politico-economica incerta e la criminalità è diffusa" aggiungono con amarezza Erica e Javier, "Rosario è pericolosa come Chicago, qui invece sembra un paradiso in terra".

L'artista di Panama Tiziana Serretta con le chiavi della casa acquistata a 1 euro


Forse a qualcuno basta davvero godere di un luogo dove piove solo venti giorni l'anno, e del quale tutti parlano con entusiasmo. Finora in 270 si sono trasferiti qui tra argentini, belgi, russi, australiani. L'ultima arrivata è Tiziana Serretta, artista di Panama accreditata all'Onu per i progetti di Agenda 2030. A Mussomeli ha acquistato due case: "Sono qui per creare una comunità d'arte", dice. Si respira aria di innovazione nel paesino che pare dormiente e invece non lo è. "Da aprile parte delle case a 1 euro saranno destinate ai giovani startupper che vorranno creare economia in paese" annuncia Dhebora Mirabelli della Confederazione siciliana piccole e medie imprese. L'obiettivo? "Il futuro. Mussomeli diventerà un acceleratore digitale d'impresa".

29.9.18

Sassari, 14enne accoltella il compagno della madre per difenderla dalle botte

che strana la giustizia in italia non fermano ill padre o parigno ma il ragazzino che ha difeso la madre . Succede sempre cosi nonostante le varie denunce fatte dalle donne ai mariti o al partner li danno  gli  domiciliari e le violenze continuano arrivando ad ucciderle

  unione  sarda  CRONACA » SASSARI Oggi alle 14:16 - ultimo aggiornamento alle 17:13

Sassari, 14enne accoltella il compagno della madre per difenderla dalle botte


Immagine simbolo (Archivio L'Unione Sarda)
Esasperato dalle continue violenze subite dalla madre, un ragazzino di soli 14 anni ha accoltellato il compagno della donna, facendolo finire in ospedale in gravi condizioni.
È accaduto a Sassari.
Dopo l'allarme, l'adolescente è stato preso in consegna dalle forze dell'ordine e temporaneamente affidato a una comunità per minori.Il ferito è stato portato in ospedale.

15.2.18

Carina Cesa Sava, Nata in Romania e vive a Sacile dal 1995 , suo nonno era di Caneva "ma l'Italia non mi vuole"

stranezze dell'italia si    permette   di candidarsi  ed essere  votato all'estero a  figli  o  nipoti ed  pronipoti  a chi non ha più rapporti  o ne  ha  mai avuto ed  non parlano neppure  l'italiano o non conosco bene  ( se non la stampa internazionale )  il nostro paese  ma  non permette  la cittadinanza   a   chi è rientrato in italia  dall'estero    ritornando   nel paese dei nonni . 
La stroria  che  strovare  sotto   è un classico esempio  ,in culo ai salvini  e ai diffusori dela pura razza italiana , di come in certe zone d'italia ci sia una forte contaminazione etnica . Infatti
Intorno al 1870 immigrazione avorita” dall’impero asburgico , molti emigrarono dal Friuli Venezia Giulia in Romania molte persone specializzate; era questa un’emigrazione stagionale, temporanea o pendolare formando i cosidetti italo-romeni che hanno creato una comunità d’origine italiana presenti in Romania sin dalla prima metà dell’Ottocento
  da  http://messaggeroveneto.gelocal.it/pordenone/cronaca/2018/02/15/

Nata in Romania e vive a Sacile, suo nonno era di Caneva "ma l'Italia non mi vuole"

Dal 1995 vive a Sacile, ma la cittadinanza non arriva: Carina Cesa Sava, presidente della comunità di 400 romeni ha radici familiari a Caneva, ma per lo Stato è un’immigrata. Una “straniera” con i nonni paterni italiani. Ora vuole scrivere al Presidente Mattarella
                                                            Carina Cesa Sava
SACILE. Dal 1995 vive a Sacile, ma la cittadinanza non arriva: Carina Cesa Sava, presidente della comunità di 400 romeni ha radici familiari a Caneva, ma per lo Stato è un’immigrata. Una “straniera” con i nonni paterni italiani.
«Non ho la cittadinanza italiana nonostante viva e lavori da 23 anni a Sacile – racconta Carina –. Mio nonno paterno si chiamava Cesa: è nato a Caneva nel 1891 e dopo la prima Guerra mondiale si trasferì in Romania. La nonna paterna era una Moro di Bannia di Fiume Veneto». Non basta.
La storia. «Nel 1998 ho inoltrato la prima domanda ci cittadinanza, presentando la documentazione – continua Sava –. Niente da fare: mi hanno risposto che non ho un reddito continuativo e questo avrebbe potuto gravare sul bilancio dello Stato». La presidente dell’associazione romena “George Enescu” a Sacile è docente a contratto: dall’università alle superiori. «I nonni sono partiti per la Romania in cerca di lavoro: il nonno lavorava nel settore dell’edilizia – ricorda la docente –. La nonna si chiamava Italia Margherita e nel 1927 è nato mio padre vicino a Iasi, una città romena».
La storia della famiglia cambia dopo il secondo conflitto mondiale. «Nel 1952 i comunisti emanarono una legge contro gli stranieri – riassume Carina –. L’aut aut era chiaro: rinunciate alla vostra cittadinanza d’origine per naturalizzarvi romeni, oppure andatevene. Mio padre Ferruccio non aveva altra possibilità: da laureando in medicina ha rinunciato alla cittadinanza italiana». Gli stranieri in Romania erano definiti di “non sana origine”: in odor di capitalismo. «Nel 1976 mi è stato negato un viaggio in Italia con borsa di studio.
Da insegnante a Galati, sul Danubio, ho chiesto di raggiungere l’Italia per motivi di aggiornamento professionale: permesso bloccato». Il crollo del Muro di Berlino ha rimescolato politica, economia e destini. «Abbiamo deciso di venire in Italia negli anni Novanta perché eravamo stanti di rivoluzioni e abbiamo tanti parenti – ricorda Carina –. Ma per lo Stato italiano non ho diritti che attestino il rilascio del certificato di cittadinanza. Ho scritto al presidente della Repubblica per raccontare la mia storia».
A Sacile. Al voto tanti romeni il 4 marzo e il 29 aprile per le elezioni politiche nazionali, regionali e amministrative a Sacile. «Mi corteggiano per aderire a una lista che si presenterà alle elezioni comunali il 29 aprile – ha detto Sava –. Non ho preso decisioni e credo nella cittadinanza europea, a questo punto». Il centrodestra nelle elezioni comunali 2014 aveva schierato Silviu Voineagu nella lista “Ceraolo sindaco-civica per Sacile». I romeni sono circa 400 in città, ma al voto era andata una percentuale minima di “comunitari”, come li chiamano all’anagrafe e non tutti romeni: 28 per le europee e 23 nelle comunali nel 2014. Dopo quattro anni i numeri sono in aumento.
«È importante creare una rappresentanza in Comune – ha valutato Sava – della nostra comunità romena». A livello nazionale per allargare il più possibile la base di consenso, nel 2014 era stato formalizzato un accordo tra la forza politica di Silvio Berlusconi e il Partito dei romeni d’Italia.
A Sacile i romeni sono invisibili fra gli italiani: danno il loro contributo, pagano le tasse e gli affitti, fanno dei lavori spesso umili e tanti sforzi per integrarsi. Sono quasi 400 tra 2. 144 stranieri in città. Nel 2014 non hanno ottenuto un rappresentante in consiglio comunale: sarà l’occasione decisiva il 29 aprile  ?
certo lacosa   fa    rabbia    come   ho già detto all'inizio del post   , ma  è di quelle  effimere   che  poi scompaiono    o  si spengono subito . Ifatti  io se  fossi in lei  me  ne  fregherei ed   eviterei  di   peredere  tempo  (  e  come lavare la testa  all'asino con il  sapone  )   con  politicanti  che  se  fregano   del paese  ormai sempre  più multi etnico  o  con   casi come quello dela signora  , e  farei come fece lo scultore  e non solo    Costantino Nivola (Orani, 5 luglio 1911  Long Island, 6 maggio 1988) le  cui la collezione  più importante  si    trova  al  Museo Nivola di Orani



«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...