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6.1.16

"Meglio morta che senza dignità": giornalista siriana ( Ruqia Hassan ) uccisa dall'Isis

Ascoltando la versione di Dignity ( bob dylan ) rifatta da De gregori leggo questa triste notizia che cade a pennello con tale canzone

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CRONACA » SIRIA





                                                     Ruqia Hassan




"Se mi prenderanno, mi taglieranno la testa, ma meglio una testa tagliata con dignità che vivere con umiliazione".
Scriveva così la giornalista e attivista Ruqia Hassan, prima che il sedicente Stato islamico (Is) la uccidesse. Abu Muhammed, fondatore della rete di attivisti Raqqa viene massacrata nel silenzio, ha raccontato che più volte, prima di morire, la giovane aveva parlato di minacce ricevute dai jihadisti.
La giornalista, di origini curde, era nata nel 1985 nei pressi di Kobane e avava studiato filosofia ad Aleppo. Era ormai l'unica donna reporter indipendente a Raqqa, la capitale siriana del califfato dell'Is. Fino all'ultimo ha sfidato i jihadisti con denunce e cronache piene di ironia, che pubblicava sul Web.
Poi è stata scoperta e arrestata, lo scorso agosto. Infine è stata giustiziata, come hanno annunciato gli attivisti dell'organizzazione Syria Direct.
Ruqia, che a volte scriveva con lo pseudonimo di Nisan Ibrahim, sarebbe stata uccisa diverso tempo fa, forse già a settembre, ma solo nei giorni scorsi l'Is avrebbe confermato la sua uccisione alla famiglia, affermando che si trattava di una "spia". Il quotidiano britannico 'The Independent' pubblica l'ultimo post su Facebook della giovane reporter, risalente a luglio. Sulla stretta dell'Is contro Internet, Ruqia scriveva: "Forza, tagliateci Internet, i nostri piccioni viaggiatori non se ne lamenteranno". (Hay-Rzz/Adnkronos)

16.2.15

NOTTI E NEBBIE


Quando, giorni fa, li ho visti lungo la spiaggia di Sirte, sapevo che erano dei "dead men walking", morti che camminano. Ma la notizia dei loro corpi sgozzati mi ha ugualmente sconvolta. Forse perché nessuna più di quella, più delle tante, feroci immagini che pur accompagnano il nostro quotidiano, rappresenta plasticamente l'icona dell'orrore. Uomini rassegnati e inermi, immobilizzati, racchiusi nella divisa (occidentale) dei prigionieri, scortati da torri senza volto, nere, meccaniche. Più di queste ultime parevano vivi i loro brandi, sanguinolenti come lupi affamati. Un atroce mix del peggior Medioevo e la più cruda, impersonale tecnologia.
E questa è la violenza: cieca e morta. Protagoniste le armi, non gli individui che le impugnano, ormai usciti dal consesso umano.
 
 
 

Le vittime erano dei cristiani, uccisi perché cristiani. E questo, finora, non ha smosso alcun cuore: non certo quello delle cancellerie occidentali, che pulsa solo per tornaconto economico ("nazioni atee", nel crudo ma non casuale lessico terrorista, indica proprio questo), ma nemmeno di tanti professionisti dell'antirazzismo, del terzomondismo salottiero, del politicamente corretto, che da tempo hanno rinnegato - letteralmente, rinnegato - il cristianesimo. Peggio: ne provano indifferenza.
E, chissà: forse queste vittime li lasciano freddi non solo perché cristiane, ma perché non occidentali. Nessuna femminista si è mossa per Asia Bibi, nessuno freme di sdegno e amore per questi fratelli. In queste ore dolorosissime provo pena per i miei connazionali costretti ad abbandonare precipitosamente la Libia, loro seconda patria. Ma l'angoscia per chi resta, per i nativi, cristiani, musulmani o ebrei, non è meno lancinante.
Penso ai degenti di quell'ospedale intitolato a Ibn Sina; nome per noi insignificante, quando dovrebbe farci sussultare: è il vero nome di Avicenna, l'illustre medico dell'antichità, ricordato da Dante nel canto IV del Limbo assieme a "...Ipocrate e Galieno" e, secondo e unico musulmano, "Averrois che 'l gran comento feo" (il "gran comento", per chi l'ignorasse, era la traduzione e l'esegesi di Aristotele), difensore del libero pensiero. Gli assassini sono anche, sempre, suicidi.
Scomodo il ruolo di Cassandra. Ingrato; inutile. Per oltre venticinque anni, almeno cioè da quando scelsi l'argomento della tesi di laurea, ho esortato il mio Paese a ricordarsi della sua vocazione mediterranea. Per oltre venticinque anni ho ripetuto ciò che mi pareva un'ovvietà, di occuparci dei nostri vicini, perché era giusto, e perché l'Africa è qui, alle porte. Ma, vanità delle vanità! Del resto, altri sono gli opinionisti; altre le voci "importanti" che udiamo dai media.
Noi restiamo soffocati, al pari delle vittime sulla spiaggia di Sirte; e non è vero, come sostiene Michele Serra, che il nazismo era avveniristico e il neonazismo dell'Isis/Daesh tribale. Entrambi infatti sanno usare alla perfezione i mezzi tecnologici. Entrambi sono "tribali" perché latori d'uno stesso, assoluto antiumanesimo. Cos'aveva di "raffinato" l'ideologia nazista? Per quale motivo ci si ostina a considerarlo una perversione, diabolica certo, ma in fondo affascinante, di menti geniali? Il nazismo non aveva nulla di geniale e partorì brutalità pura. Nient'altro.
Le notti e nebbie del Terzo Reich non erano diverse dai deserti mediorientali e africani. Gelide le une, infuocati gli altri, sterili entrambi in quanto negatori della più elementare umanità. Simbolo d'odio per la diversità, i colori dell'esistere.
E non mi perdo in vacue analisi. Nel regresso in cui, ancora una volta, ci troviamo, mi si chiede - mi si obbliga - a un surplus d'umanità; mi s'impone di sperare, quando la speranza crolla; di credere, quando tutto sembra perduto; di raccogliere l'unicità di questa nostra specie, da altri abbandonata. è il compito dell'insegnante, il compito di tanti oscuri impiegati statali, chiamati a formare - e non è vuota retorica - uomini e donne autentici. Cioè a dire, diversi da noi. Migliori. Pur se, adesso, le nostre voci sembrano cembali tintinnanti.

                                     © Daniela Tuscano

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