dopo riportata vedere articolo sotto questa ulteriore vicenda capisco il rifiuto della protagonista verso il proprio padre e ho rimosso il mio proposito di contattarla per intervistarla ai sui contatti ( cellular e , facebook , email su internet se sai cercare trovi tutto ) . Infatti non mi è sembrato il caso dopo aver riletto gli articoli precedenti , vedi sopra gli url , che avevo riporto qui sul blog e quanto da lei dichiarato sul corriere della sera 18\2\2016
[....] «Preferirei non parlare di quel giorno» dice lei che adesso sta seguendo un master in criminologia. Il futuro? «Quello che mi piacerebbe fare è lavorare nel settore criminal justice , cercare di aiutare persone che sono state nella mia situazione a capire che si può andare avanti». È la sua parola chiave, «avanti». È stata la parola chiave di quella bambina, diciassette anni fa. Dopo il delitto suo padre la prese per mano, la portò dai nonni e chiamò il 112: «Venite a prendermi, ho ammazzato mia moglie». Vanessa andò a vivere con gli zii materni e imparò in fretta a guardare avanti, appunto. «Devo dire che sono stata una bambina felice» racconta la sua voce allegra. «A parte quel fatto, della mia infanzia conservo soltanto ricordi belli, è come se quelli brutti li avessi cancellati. Non mi è mai mancato nulla e la mia famiglia è stata quella che mi ha cresciuto. Io chiamo mamma e babbo i miei zii, è giusto così». [....]
M a soprattutto non dev'essere piacevole parlare di questa vicenda ancora non conclusa , come potete leggere dall'articolo qua sotto , per quello che gli sta facendo il padre . Non gli bastava tentativo fallito dopo una dura battaglia giudiziaria , vinta dalla figlia con il cambiamento della legge , di pretendere la pensione di reversibilità della moglie da lui barbaramente uccisa .
"Sarò criminologa perché mio padre uccise mia madre". La storia di Vanessa Mele
Vanessa Mele ha vissuto due vite. La prima si è conclusa quando aveva sei anni, si chiamava ancora Vanessa Cardia: il padre Pier Paolo uccise la madre Anna Maria con un colpo di pistola.
Da quel giorno, riporta il Corriere della Sera in un lungo articolo, la bambina ha vissuto con gli zii e ora si è trasferita in Gran Bretagna per diventare criminologa.
"Quello che mi piacerebbe fare è lavorare nel settore criminal justice, cercare di aiutare le persone che sono state nella mia situazione e capire che si può andare avanti", dice al quotidiano.
Vanessa ha 23 anni e ora porta il cognome della madre. Sta frequentando un master in criminologia a Liverpool. I rapporti con il padre si sono interrotti nel giorno dell'omicidio.
"Aveva provato a contattarmi, anni fa, con una email che nel suo linguaggio voleva essere un messaggio di pace. Mi scriveva di aver saputo che ero fuori dall'Italia, che ne era contento e che voleva conoscermi. Gli ho risposto che non ero interessata e che non volevo avevo niente a che fare con lui".
Pier Paolo Cardia era una guardia forestale. Uccise la moglie il 3 dicembre del 1998. E' già uscito dal carcere dopo aver scontato solo 10 dei 14 anni comminati. Ma la sua presenza ingombrante non ha smesso di far soffrire Vanessa. Recentemente, riporta sempre il Corsera, sta ingaggiando una battaglia per ottenere la casa dove la famiglia viveva prima del femminicidio. E poco dopo il fatto aveva chiesto la pensione di reversibilità della moglie che lui stesso aveva eliminato.Gli ho risposto che non ero interessata e che non volevo avere niente a che fare con lui». Il senso era: per me non esisti, lasciami in pace.
Pier Paolo Cardia ha passato in cella pochissimi anni. Rito abbreviato, indulto, sconti, lo hanno «premiato» con la libertà dopo nemmeno dieci anni dei 14 e otto mesi ai quali era stato condannato. «Appena ho compiuto 18 anni mi sono liberata del suo cognome e ho preso quello di mia madre - racconta Vanessa -. Ricordo che in quel periodo ero scioccata da quell’altra cosa che ha fatto...». Era successo che, appena tornato in libertà, Cardia aveva chiesto e ottenuto la pensione di reversibilità della moglie uccisa. «Sono rimasta sconvolta, ancora adesso non mi spiego perché l’ha fatto. Io non gli ho mai fatto nulla, quella era l’unica mia fonte di reddito...».
Vanessa era all’estero per un anno di studio. Le regole delle associazioni che avevano permesso quell’esperienza erano: nessun rientro a casa e nessuna visita dall’Italia. «Mi chiamò il babbo e Annamaria Busia, la mia avvocatessa. Mi dissero: devi tornare, non possiamo dargliela vinta. Ho mobilitato mezza Europa, ho convinto le associazioni a darmi quattro giorni per tornare e denunciare quello scandalo. Alla fine ce l’abbiamo fatta. Partendo dal mio caso hanno modificato la legge, la regola è cambiata, il diritto alla reversibilità è caduto».
Il capitolo «padre» per Vanessa sarebbe chiuso se non fosse ancora aperta la causa civile per la proprietà della casa, quella del delitto, vuota dal 3 dicembre del 1998. Lui la vorrebbe, insiste. Lei non ha intenzione di cedere. E, per un’assurdità che solo la burocrazia può produrre, l’altro giorno ha ricevuto una cartella esattoriale da Equitalia: vogliono da lei i soldi per le tasse su quella casa non pagate negli anni. Ma Vanessa non è tipo da arrendersi davanti a una cartella. Guarda avanti, ancora una volta. Se ci sarà da cambiare un’altra regola, si farà.
Il capitolo «padre» per Vanessa sarebbe chiuso se non fosse ancora aperta la causa civile per la proprietà della casa, quella del delitto, vuota dal 3 dicembre del 1998. Lui la vorrebbe, insiste. Lei non ha intenzione di cedere. E, per un’assurdità che solo la burocrazia può produrre, l’altro giorno ha ricevuto una cartella esattoriale da Equitalia: vogliono da lei i soldi per le tasse su quella casa non pagate negli anni. Ma Vanessa non è tipo da arrendersi davanti a una cartella. Guarda avanti, ancora una volta. Se ci sarà da cambiare un’altra regola, si farà.