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3.6.22

La solitudine delle donne vittime di stalking: 250 denunce e zero provvedimenti

Leggendo quest'articolo di repubblica  capisco cosa    provano le  donne vittime di  violenze  ed  è un motivo in più per lottare contro il mio maschio alfa 

Waima, Marta e tutte le altre donne vittime di uomini violenti che continuano a chiedere aiuto e ricevono, in molti casi, risposte inadeguate dallo Stato. A Roma, nel solo III Municipio, ci sono 250 donne che negli ultimi 14 mesi hanno denunciato maltrattamenti, minacce e persecuzioni di mariti e compagni all'associazione Lucha Y Siesta. Ma, tra queste, in molte si sono ritrovate con l'ex sotto casa o che è stato sottoposto a una misura cautelare troppo blanda. "Un uomo che ti scrive "Ti ammazzo" prima
o poi lo fa se non viene fermato. Dallo Stato ci aspettiamo risposte più grintose", dice Bo Guerreschi, presidentessa di "bon't worry". Il clamore per il processo di Hollywood, in cui Johnny Depp ha ottenuto un risarcimento milionario dall'ex moglie Amber Hard, ci dice che il "Me too" non sempre è scontato. Ma è anche vero che le armi contro la violenza sulle donne sono ancora spuntate. Il Codice rosso da un lato ha accelerato i tempi di risposta alle vittime subito dopo la querela, dall'altro, come denunciano le associazioni che si occupano di violenze sulle donne, "non viene sempre rispettato soprattutto nei tempi dei processi". E le donne restano schiacciate da un meccanismo che le rende ancora più vulnerabili. Duecento metri Maria è una vittima di stalking, ha deciso di denunciare il suo ex che era diventato violento dopo un anno di relazione e si è affidata a "bon't worry". Abita a Roma. "Ti picchio", ha iniziato a scrivergli lui su Whatsapp. Poi è passato ai pedinamenti, alle diffamazioni sui social, alle telefonate una dopo l'altra, alle minacce di morte. La denuncia e le sue integrazioni hanno avuto una risposta dopo sei mesi. Maria ha ottenuto finalmente il divieto di avvicinamento per il suo ex. Peccato che la distanza è veramente irrisoria: 200 metri. Il Codice rosso prevede anche l'applicazione del braccialetto elettronico. Ma per lo stalker di Maria il tribunale non lo ha disposto. "C'è una sottovalutazione dei fatti denunciati dalle donne - dice Teresa Manente, avvocata di Differenza Donna - e anche se la misura cautelare arriva in tempi brevi, magari prevede una distanza di 100 metri da una donna che rischia la vita". Tempi lunghi Da Differenza Donna arriva un altro dato, seppur non numerico. "Le misure cautelari decise dal tribunale sono in numero inferiore rispetto alle richieste che presentiamo", spiega Teresa Manente. Ma c'è di più. I tempi dei processi non sempre seguono quella corsia prioritaria stabilita dalla legge del Codice rosso. "La beffa - aggiunge l'avvocata Manente di Differenza donna - è che durante alcuni processi scadono i termini delle misure cautelari. E così l'uomo imputato non ha una libertà limitata mentre la salute della vittima viene sottovalutata". Non sono stati brevi nemmeno i tempi di risposta per Waima Vitullo, la pornostar che ha denunciato dalle pagine di Repubblica la persecuzione dell'ex con 600 messaggi al giorno. Nei vocali l'ex le ha detto chiaramente che la ucciderà anche se lei ha denunciato. Waima ha atteso due mesi per vedere i poliziotti varcare la soglia della casa di lui e imporgli un allontanamento di due chilometri da lei, anche qui senza braccialetto. La risposta dello stalker? In un vocale a Waima dopo la notifica: "Tanto ti uccido lo stesso". Vittime dello Stato Se è vero che le donne vengono sentite dai magistrati a tre giorni dalla denuncia per effetto del Codice Rosso, è anche vero che spesso non vengono ascoltate le loro denunce. Come Giulia, residente nel III Municipio. "L'abbiamo accompagnata per tre volte a sporgere querela contro il compagno violento che le ha fratturato il naso - racconta Simona Ammerata di Lucha Y Siesta - e per tutta risposta le è stato detto che lui aveva la residenza nella sua stessa casa e non potevano mandarlo via. Una follia. Le donne sono vittime di uno Stato che per primo lascia inascoltate le loro grida d'aiuto".

19.9.21

Femminicidi e Cartabia

 Non sempre  le  email  che  ricevo  o  su   messanger  ( l'email  di  facebook   )  o  a  quella  del sito  (  redbeppe@gmail.com )   sono  spazzatura  ed   finiscono nel cestino  . Alcune ,  pochissime    in verità  ,  sono interessanti   e da  pubblicare   per  evitare  che  il  loro  contenuto     vada disperso nel vento o nella  polvere  (  Ask the Dust) ) del tempo
Eccovi la  lettera  , ovviamente  con richiesta   espressa  di non pubblicare  le  generalità   della  persona    che  mi  ha  scritto   l'email  



Carissimo
Visto  che  ti occupi  di femminicidi  e delle  loro  cause non  solo    nella  data ipocrita  e  pulicoscoienza  (  come la  chiami   giustamente  tu  )   el  25  novembre     ti    chiedo  Per quale motivo   la magistratura    non tratta  le denunce di stalking delle donne con gli stessi strumenti con i quali affronta le persecuzioni di altra natura ?”.

                                               lettera  firmata 

Carissima  

Non essendo esperto dal punto di vista legale nè antopologico della materia ho chiesto, a chi ne sa più di me, il perchè e soprattutto se con la riforma Cartabia le donne vittime di violenza e stalking siano più o meno tutelate ho ricevuto le risposte che trascrivo. aggiungendovi  lo so che dovrei   << Abbiate soprattutto il desiderio di separare le cose dal rumore che esse fanno>> (   senceca  )  ovvero  tenere separati le mie opinioni personali dai fatti ,il mio  pensiero \ indignazione .
1) In appello è possibile chiedere il Concordato, istituto giuridico che permette di trovare un accordo tra imputato e pubblica accusa sulla pena da comminare. Il Concordato finora era escluso per i procedimenti di prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di (ingente) materiale pornografico, pornografia virtuale, ma anche violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, violenza sessuale di gruppo e così via. Attenzione quindi: con le nuove norme il Concordato in Appello sarà previsto anche per questi procedimenti in cui le vittime sono soprattutto donne e minori. 2) Oggi il giudice può assolvere un imputato che ritenga abbia commesso un reato tenue, per delitti che prevedono una pena massima fino a 5 anni. Con la Riforma sarà “tenue” il reato con pena minima fino a 2 anni. Tra questi rientrano molti reati contro le donne come il revenge porn e la costrizione al matrimonio. Dopo l’allarme lanciato dagli articoli del “Fatto Quotidiano” sono stati esclusi i reati sulla violenza alle donne “riconducibili alla Convenzione di Istanbul”.
Ora   come  potrai  vedere   c’è da rimanere di sasso : perchè  come al solito, mentre si guarda il dito ( le polemiche su una frase particolarmente infelice e sulle relative aggressioni social ) si perde di vista la luna, che forse è troppo scomodo osservare: e, cioè, quando si tratta di violenza contro le donne, parliamo degli strumenti spuntati di una giustizia addirittura ammorbidita (  metaforicamente  parlando   )  dalla riforma firmata da un ministro donna. Infattti davanti a un numero  sempre   più  spaventoso di femminicidi – 83 da inizio anno, 7 negli ultimi dieci giorni – la lettera  di ***  appare totalmente condivisibile: “Perché davanti a minacce mortali, non riunire lo stesso comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica che agisce nei casi di minacce della criminalità organizzata, con il compito di valutare le informazioni degli investigatori sul reale pericolo di incolumità della donna denunciante?”. Insomma, le vittime che denunciano,  quando  denunciano  ,  minacce di morte (come aveva fatto inutilmente, uno degli ultimi  casi   di femminicidio , la  povera  Vanessa Zappalà, la giovane di Aci Trezza assassinata in mezzo alla folla dal suo ex fidanzato) andrebbero trattate come giornalisti o imprenditori a rischio. Sacrosanto, se non fosse che, come dimostrano le sanzioni   , se     e  ci  sono  , all’acqua di rose di cui sopra, c’è tutto un contesto politico  - culturale che continua      a giudicare le persecuzioni contro le donne un reato (e un allarme sociale) di serie B. Ovvero, ci si occupa del problema,come  ( ua delle poche  cose  che  condivido   d con lei   )   scrive Murgia, “quando delle donne ci sono già i cadaveri”. Senza contare che per  il femminicida  “rischiare sei mesi in più o in meno di carcere non ha alcuna rilevanza per uno che pur di ammazzarti è disposto a uccidersi a sua volta”. Fino a quando scopriamo che un momento prima di sparare, accoltellare, massacrare di botte lo stalker può benissimo appellarsi al Concordato, oppure invocare il “reato tenue” ( a parte il vago riferimento a una convenzione internazionale). Una vergogna. Ministra Cartabia, cosa aspetta a intervenire   forse  che   ci  sia  un caso  come     quello  di  Helen Joanne "Jo" Cox, nata Leadbeater (Batley, 22 giugno 1974 – Leeds, 16 giugno 2016), una politica britannica, deputata laburista del collegio di Batley and Spen dal maggio 2015 sino al suo omicidio nel giugno 2016.  ?

              Spero  carissima X   d'aver    risposto   al tuo dubbio  e  cordialmente    ti  saluto  



17.7.21

Cassazione, lo stalking non è più aggravante in caso di femminicidio ..... ( reprise )

prima  d'iniziare  leggi 

    


Aggiorno   il  post  precedente  (  vedi url  in inizio post    )    qualche rappresentrante  del femminismo    che      ha espresso la  sua indignazione    verso tale  sentenza  c'è  ed  è Concita De  Gregorio   su

repubblica  d'ogi  17\7\2021  .  Ma  soprattutto  perchè c'è  un articolo  di www.tpi.it che afferma   che l'articolo    di repubblica     citato  nei  post     precedente   è   errato    . Infatti 


“Lo stalking non è più configurabile come un’aggravante per il reato di femminicidio”. Ma non è così: la decisione dei giudici della Cassazione prevede invece che chi viene punito per omicidio aggravato da stalking non può anche essere condannato per lo stalking come reato autonomo. Che è ben diverso. E questo, a conti fatti, rende possibile applicare l'ergastolo anziché 30 anni di reclusione. Non c’è alcun passo indietro nella battaglia legittima e doverosa a difesa delle donne

Sempre  sempre   secondo  l'articolo in questione  

[...]

LA DECISIONE DEI GIUDICI
La Quinta Sezione della Cassazione ha ritenuto sussistente un contrasto nella giurisprudenza di legittimità e per questo ha chiamato a esprimersi le Sezioni unite, ponendo la seguente domanda: “Se, in caso di concorso tra i fatti-reato di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576, comma primo, n. 5.1, cod. pen., sussista un concorso di reati, ai sensi dell’art. 81 c.p., o un reato complesso, ai sensi dell’art. 84, comma 1, cod. pen., che assorbe integralmente il disvalore della fattispecie di cui all’art. 612-bis cod. pen. ove realizzato al culmine delle condotte persecutorie precedentemente poste in essere dall’agente ai danni della medesima persona offesa”.
Le Sezioni unite hanno sposato l’interpretazione per cui l’omicidio aggravato dallo stalking è un reato complesso, derivante dall’unificazione normativa di due reati in una forma aggravata di uno solo di essi. Questo vuol dire forse che lo stalking non è più un’aggravante ?
No. In realtà, come spiega un articolo pubblicato sulla rivista Sistema Penale e come evidenziato dalla stessa Quinta Sezione, questa interpretazione della norma “appare considerare pienamente il maggior disvalore connesso all’abitualità del reato di atti persecutori che sfocino nel fatto di omicidio, atteso che l’applicazione del solo omicidio aggravato comporta comunque l’applicazione di una pena più severa (l’ergastolo) a quella che potrebbe derivare dall’applicazione delle regole del concorso di reati (30 anni di reclusione)”.
In conclusione, per quanto riguarda il caso di specie, la sentenza definitiva nei confronti dell’imputata è stata di 14 anni e 4 mesi di carcere (la condanna in secondo grado era stata di 15 anni e 4 mesi di reclusione, il procuratore generale aveva chiesto l’ergastolo).
IN BREVE
No, non è vero che lo stalking non è più un’aggravante in virtù della decisione dei giudici delle Sezioni Unite della Cassazione. Le motivazioni della sentenza non sono state ancora rese note, quindi non sappiamo esattamente quali siano state le considerazioni dei giudici. Tuttavia, dal riconoscimento dell’omicidio aggravato dallo stalking come un reato complesso potrà derivare l’applicazione della pena dell’ergastolo, ovvero del massimo della pena (a meno che non siano concesse delle attenuanti). Al contrario, se si fosse riconosciuto il concorso di reati, la condanna massima sarebbe stata inferiore.


Comunque   riprendendo in attesa  delle motivazioni     dei giudici  la   sentenza  della  cassazione     del 15\7\2021    (  vedi url  in  cima  )  fa dunque un passo indietro la tutela delle persone vittime di stalking, che colpisce soprattutto le donne: era il 2009 quando (con la legge 38 di quell’anno) fu introdotto come reato e come specifica aggravante in caso di omicidio.
la  corte  di  cassazione  
IL  caso su  cui  si  è  pronunciato  la  cassazione   è quello   del  caso dell’omicidio di Anna Lucia Coviello, uccisa a Sperlonga nel 2016 dopo essere stata per mesi perseguitata e minacciata da una collega. Le Sezioni unite hanno respinto la doppia condanna per i due reati, come chiesto dall’accusa, ritenendo che il reato maggiore contenga il minore.<< In questo modo però >>  come  fa  notare l'articolo  della  De  gregorio  <<  si affievolisce fin quasi a scomparire la tutela dal reato di persecuzione, che spesso indebolisce la vittima al punto da renderla preda più fragile di reati successivi. >>  Infattti  al di là del caso esaminato dalla Corte questa sentenza, che purtroppo   farà giurisprudenza, riguarderà in futuro anche le migliaia di donne vittime di violenza domestica, perseguitate da ex compagni, fidanzati respinti, sconosciuti ossessionati. Come se l’aggressione, quando arriva, fosse un fulmine a ciel sereno,   come se il tormento di mesi o di anni non avessero rilevanza. L’omicidio è si   un  ‘reato complesso’ ,ma  anche    molto spesso  le storie  che  vi sono dietro     specie  nel  caso fi femminicidio   sono complesse, e <<  le vite di ciascuno portano le stimmate della strada che hanno percorso.>>.  
 Se  dovesse     essere   confermatro      quanto riportato da  repubblica  i    giudici  che hanno scritto  tale  sentenza   non  si rendono  conto      che  : <<  ca incomintzat   sa passientzia    in sas   femminas   a mancare  (  Perchè  alle  donmne  inco,mincia  a mancare   la pazienza  )   >>    da  CHENA TIMIRE, adattamento in Sardo del brano Cancion sin miedo della cantautrice messicana Vivir Quintana, vero inno internazionale di lotta culturale al femminicidio ne trovate il video qui oppure i questo nostro precedente post
Quindi non ci si lamenti se le donne oltre a diventare ulteriormente stronze come gli uomini si ribellino uccidendo il femminicida  o il  violento  

17.4.18

storie di bullissimo , di stalker

 in sotto  fondo 

una delle tante  storie  di bullismo  

MANTOVA. «Paolo, Paolo... apri la porta, ti prego, apri...». Ha bussato e implorato per venti, trenta interminabili secondi. Poi, capito che il ragazzino non avrebbe risposto, perché non poteva o non voleva, l’insegnante è corsa a dare l’allarme. Paolo (naturalmente non è il suo vero nome, ndr), studente dodicenne, è stato trovato a terra, nei bagni della scuola media, in stato di semincoscienza. La scena appariva come quella di un tentativo di suicidio per ingestione di farmaci. A farlo pensare sarebbe stato un biglietto lasciato dal ragazzo – circostanza questa che ufficialmente nessuno ha voluto confermare – una sorta di motivazione di un gesto, il suicidio, in realtà mai tentato.A smentire che ci sia stata un’ingestione di farmaci sono state le visite mediche a cui Paolo è stato sottoposto dal personale dell’elisoccorso durante il trasporto all’ospedale Poma e in seguito. Quale l’origine di quello che appare un suicidio simulato o, tradotto, una drammatica richiesta di aiuto? Presunti atti di bullismo di cui Paolo potrebbe essere rimasto vittima. Su questo si stanno interrogando sia la scuola che i carabinieri. Sulla vicenda al momento è stato sollevato – comprensibilmente, vista la delicatezza del caso – uno spesso muro di riserbo.«Non posso riferire nulla – è il commento laconico rilasciato dal provveditore agli studi, Novella Caterina – poiché i fatti e la dinamica sono ancora oggetto di accertamento da parte delle forze dell’ordine. Posso dire solo che provveditore e dirigente scolastica, in continuo contatto, stanno seguendo il caso con la massima attenzione e collaborazione con le autorità competenti».Paolo è stato ricoverato nel reparto di Pediatria. Le sue condizioni fisiche erano buone, non così invece il suo stato emotivo, sebbene lo abbiano subito raggiunto i genitori. Il ragazzino sarebbe stato anche visitato da uno psicologo. Sarà innanzitutto a scuola, comunque, che si scaverà sulle cause dell’accaduto. Ai carabinieri spetterà l’invio di una relazione alla Procura dei minori.

proviamo    a metterci  nei panni non solo dele vittime  ma  di chi  ha praticato e  il perchè lo  ha  fatto il bullismo  o nonnismo  o viceversa vedere  il video  di  questo  Cortometraggio sul tema del bullismo diretto dal regista Giuseppe Sorce di Bagheria realizzato a conclusione del progetto "Why not2" Crescere è confronto" dalla scuola media L. Pirandello e dalla scuola elementare F. P. Tesauro di Ficarazzi (PA). Testi di Loredana Caltagirone. Produzione Opera Fotografia. www.operafotografia.it 
Perchè  chi o ha  subito lo ha   fatto a sua  volta  come il sottoscritto  non in maniera  violenta   ma psicologica  
  




c..   quando  io facevo lo stalker 😁🤗🙂😸 non  c'era  tutti questoi mezzi 


Stalker spiava l’amata usando un drone
Le vie della persecuzione possono essere infinite: chiesto il processo per un 53enne di Saonara          di Cristina Genesin














SARMEOLA. 
Le vie della persecuzioni possono essere infinite. Non bastano pedinamenti, chiamate telefoniche e valanghe di sms. Non bastano neppure riprese fotografiche o video. L’ultima frontiera dello stalking passa attraverso il drone impiegato da F. Z. , 53 anni di Saonara, per spiare ogni istante di vita della donna di cui sperava di conquistare il cuore. Una donna 54enne che, fin da subito, era stata chiara: non era interessata a un legame con lui. Quando, dopo la seconda denuncia, era arrivata la nuova segnalazione della vittima che lamentava l’impiego del drone per spiarla, in procura faticavano a crederci. Nella foto trasmessa dalla signora il drone era ridotto a puntino nero nel cielo azzurro sopra la sua casa. Alcuni giorni più tardi, il 15 settembre scorso, la conferma che la donna aveva ragione: bloccato dalla polizia mentre la stava pedinando, nell’auto di F. Z. è stato sequestrato il drone oltre a due videocamere, due tablet, un coltellino. Ora l’uomo rischia di finire a processo: il pm Daniela Randolo ha chiesto il rinvio a giudizio per stalking, ovvero atti persecutori. L’imputato – sotto posto alla misura del divieto di avvicinamento alla vittima e ai luoghi da lei frequentati – è difeso dagli avvocati Michele Grinzato e Chiara Gaiani; la vittima è tutelata dal penalista Federico Bessega.
Nel 2016 inizia la persecuzione. Scatta una prima denuncia, poi ritirata di fronte a un impegno sottoscritto da lui davanti ai carabinieri di non ripetere quei comportamenti. Tempo qualche mese e lo stalker riprende a farsi vivo in modo più ossessivo: si piazza per ore davanti alla sede dell’ufficio della vittima benché ripreso dalle telecamere fisse; la segue quando esce di sera con le amiche; addirittura si stende per terra davanti alla sua auto in sosta mentre la donna va a riprendere
la vettura nel parcheggio dopo la serata in un locale. Viene riproposta la querela e poco dopo appare il drone che la vittima fotografa. Drone sequestrato nell’auto dello stalker la sera del 15 settembre scorso in occasione dell’ennesimo pedinamento


14.4.17

“Ero un uomo violento e pensavo: non è colpa mia”

lo  so che  andrò contro le  femministe     con  il post  d'oggi  , ma   fra  gli stalker  ed  i violenti     c'è  anche  se    una piccola percentuale   casi come   quello   che riporto    qui  sotto  . Prima  d'iniziare il post     faccio delle  precisazioni  :
1)  non sto  giustificando  , ma cercando di capire  cosa  spinge  noi uomini a comportaci cosi
2)   condanno sempre  la  violenza     contro le  donne  e non solo
3 ) il dialogo fra  generi  e  l'educazione all  diversità fin dall'asilo  \  scuola materna   supera  ogni confine  ed  aiuta  tantissimo

  da   http://www.associazionelui.it/ del 14 aprile 2017



“Ero un uomo violento e pensavo: non è colpa mia”
associazione-lui
Giovedì 13 aprile 2017 su Il Tirreno Toscana è uscito un articolo che “ci riguarda”, di Ilaria Bonuccelli che ringraziamo di cuore.
“Sono stato un uomo violento” L’ammissione secca. Uno sciocco. Il cazzotto che rompe la radio. La pedata secca alla moglie. Il piatto fracassato contro il muro. “Ma stiamo attenti: la violenza che fa male non è solo quella fisica”. Ugo – il nome che si è scelto l’uomo – soppesa. le parole. Due anni di percorso all’Associazione LUI di Livorno per capire decenni di soprusi. Per venirne fuori. Colloqui personali, di gruppo. Una terapia per “uomini maltrattanti”. “E non si è mai al sicuro. Al massimo, oggi sono più sicuro di non avere tentazioni di questo tipo”. Un modo complicato per dire: ho imparato a gestire i momenti di crisi. A capire che la causa della mia violenza sono io e non gli altri. Non mia moglie.
Provare a parlare è una prova. Non è facile. Accetta l’incontro con Il Tirreno perché da oltre un mese conduce una campagna contro la violenza sulle donne. In particolare per rafforzare le misure di prevenzione della violenza, a cominciare dall’attivazione dei braccialetti elettronici salva-vita per evitare il cosiddetto “ultimo appuntamento”, spesso letale per la vittima.
Lei riconosce di essere stato un uomo violento?
“Certo che riconosco di essere stato un uomo violento, in tanti aspetti. Soprattutto lo sono stato perché ho pensato che la violenza fosse una risposta logica a quello che succedeva. La mia giustificazione era: “Sono violento perché l’altro o l’altra  hi ha detto o fatto questo”. Intraprendendo il percorso nell’associazione, invece, mi sono reso conto che era un modo sbagliato di ragionare”.
Ma che cosa intende per violenza? E con quali tipi di violenza sente di aver “agito”?
“La violenza, anche la mia violenza, non è stata solo fisica. La violenza è anche imporsi dal punto di vista economico, culturale. Certo, c’è il cazzotto, lo schiaffo. Ma c’è soprattutto l’atteggiamento di chi si sente superiore all’altro, tende a sopraffare l’altro: io sono il maschio, tu sei la femmina; i soldi in casa li porto io, quindi si fa quello che dico io. Oppure: bada a quello che hai speso; quello non si fa perché l’ho detto io”.
Lei aveva atteggiamenti violenti o prepotenti già da bambino? Si dice che spesso gli adulti violenti siano stati bambini vittime di violenza almeno assistita.
“No, non sono stato un bambino violento. Ma mi sono ritrovato addosso certi comportamenti che da bambino consideravo “normali” e che pensavo succedessero in tutte le famiglie, come la litigata feroce fra babbo e mamma. E’ chiaro che ciascuno di noi si porta dentro, a livello inconscio, questi esempi e che poi li replica da adulto, considerandole situazioni “normali”, anche se poi non lo sono”.
A lei è accaduto questo?
“Si. Diciamo che nella mia famiglia di origine ci sono state tensioni piuttosto forti fra i miei genitori, anche se poi ciascuno ha la propria storia e trova le proprie giustificazioni alla violenza nei confronti di chi gli sta intorno”.
Lei quando ha iniziato ad avere comportamenti violenti? Non solo fisicamente.
“Con il matrimonio. QUnado si è fidanzati e si hanno divergenze ciascuno va a casa propria e hai tempo per rivedere la tua posizione. Quando sei sposato, invece, non c’è lo stacco temporale che ti permette di rivedere la posizione e stemperare il clima. Così non ti rendi conto che il tuo atteggiamento non è corretto, che in una discussione non è sempre colpa dell’altro, anche se tu tendi sempre a incolpare l’altro. Allora si creano situazioni che possono sfociare nella violenza o nella separazione che non esclude, la prosecuzione della violenza”.
Quali erano, scusi, le sue reazioni in “mancanza di tempo di ragionare”?
“Quando non hai tempo di ragionare tiri fuori quelle reazioni che, secondo te, sono le normali conseguenze di una litigata: sferri un pugno e rompi un tavolo o una sedia. Poi tutto si placa. Li per lì non ti rendi conto della gravità del gesto e pensi di aggiustare tutto con un “scusa qui, scusa là”.
Quindi lei non era consapevole della sua violenza?
“Ti ripeti:”Non sono violento perché non faccio altro che rispondere a una violenza”. Anche la lite fra genitori la leggi in questo modo: la mamma che tira il piatto al babbo o il babbo che tira lo schiaffo alla mamma sono la conseguenza ordinaria di un’azione: “perché l’altro ha fatto qualche cosa di violenza” e non ci si sofferma a capire perché.
Non si rendeva conto neppure della rabbia che la muoveva?
“Rispondere sì o no sarebbe sbagliato, in entrambi i casi. Da una parte ero consapevole della rabbia che non dovevo avere: dall’altra mi giustificavo: “Non ce l’ho fatta più a sopportare”. In quegli atti tendi sempre a darti una giustificazione. E la più frequente è che l’altro ti ha portato a essere così. Non esci da questo meccanismo fino a quando non riesci a capire che l’atteggiamento della violenza è solo responsabilità tua”.
Lei quanto ha impiegato a capire di essere un uomo violento”
“Diversi anni. Il concetto è sempre lo stesso: ti dici che sei violento perché è colpa dell’altro oppure perché l’altro se lo merita: “Non ha fatto quello che si era deciso”.
Quale è stato il fatto e che le ha fatto intuire che stava sbagliando?
“Quando ho visto il comportamento dei miei figli. Ciascuno a modo proprio stava metabolizzando il mio comportamento violento. Stavano replicando lo stesso ruolo. Quando vedi che un figlio diventa violento, capisci che devi fare qualche cosa. Per te e per lui. Mettendo in gioco te stesso e tutta la famiglia”.
Ora è sempre un uomo violento?
“Spero di no. Dopo due anni di percorso, ho imparato a capire quando la situazione per me diventa critica e devo staccare. Non ho smesso di discutere con mia moglie, ma so quando fermarmi”.
Si sente al riparo dalla violenza?
“Non ci siamo mai. Ma sono più al sicuro dalle tentazioni della violenza”.
E che cosa direbbe a uomini che, invece, continuano a essere violenti?
“Che la violenza è un atto anche contro se stessi. E per quante giustificazioni uno possa darsi, non sono mai la realtà”.

30.4.13

La nuda verità

Sono arrivati. Puntuali e disgustosi come sciacalli. Sempre pronti a giudicare, a scaricare la colpa su altri, ad accusarli di malafede. Ad attaccare per non esser attaccati.

Hanno visto il manifesto-shock dell'Arabia Saudita contro la violenza sulle donne. Una ragazza che s'intuisce bella, nascosta dietro il niqab, con solo gli occhi splendenti, perforanti e spietati. Uno magnifico, nero come la notte. L'altro tumefatto, turgido di sangue. Commento secco, di lama affilata: "Alcune cose non possono essere coperte". 
La campagna, finanziata dalla Fondazione Re Khalid, ha suscitato le ire degli occidentalisti. I quali fingono di non capire. Di fronte all'inequivocabile immediatezza dello slogan, essi, sedicenti difensori dei diritti, lucidi e razionali, dimostrano una doppiezza levantina: "Da quelle parti sono ancora al Medioevo!", "Ecco il ritratto d'una donna libera!" (questa frase è accompagnata da un ghigno storto sotto la fronte imperlata di sudore), "Se è finanziata dalla monarchia si tratta sicuramente di fumo negli occhi per gli occidentali". E così via.
In tal modo ululano gli sciacalli, bene attenti a fissare il dito, quando la mano indica la luna. Come se in Europa, e segnatamente in Italia, le pupattole nude che infestano i media, inculcando fin nei bambini il binomio tra la donna e l'oggetto, fossero invece chiaro indice di emancipazione. Come se in Europa, e segnatamente in Italia, la tragedia del femminicidio fosse un retaggio polveroso di secoli remoti, ormai estirpato per sempre. Come se in Europa, e segnatamente in Italia, il numero di donne uccise dai partner non avesse raggiunto quasi la ventina dall'inizio dell'anno.
E segnatamente in Italia, non esiste alcuna legge contro il femminicidio. Alcuna cultura della differenza di genere. Di recente, un uomo ha inseguito la sua ex compagna con l'automobile, in un folle e disperato inseguimento degno d'un poliziottesco anni '70. Non ha smesso finché non l'ha uccisa. Lei aveva segnalato precedenti episodi di stalking da parte dell'assassino, del tutto sottovalutati dalle forze dell'ordine.
Un altro uomo ha sparato alla fidanzata, rea d'averlo lasciato. Non poteva tollerare si ricostruisse una vita senza di lui. Il giorno prima aveva pubblicato un annuncio sul web: "Ti amo tanto". L'ha amata fino alla morte. Di lei.
Il più agghiacciante dei femminicidi è stato però perpetrato, anche per la valenza altamente simbolica, ai danni di un'avvocata (maschilisticamente definita, da quasi tutti i giornali e Tv, "avvocatessa"). Per lei, l'aguzzino ha studiato una soluzione "all'indiana"; qui, nel razionale Occidente, in un ambiente di professionisti borghesi, il maschio ferito nell'onore ha assoldato un sicario per sfregiare la fedifraga con l'acido. Le ha ucciso il futuro, cancellandole il volto: non sarai mia, non sarai di nessun altro. La mente maschile non riesce a concepire una donna se non in termini di proprietà.
Ora l'avvocata rischia di perdere la vista.
Episodi che, senza sia stata attivata un'efficace campagna di prevenzione, rischiano di diventare routine, se non oggetto di speculazione morbosa. Come avviene per gli efferati omicidi delle ragazze e bambine Poggi, Scazzi e Gambirasio; come avviene per quella pubblicità d'un panno miracoloso esposta a Casoria, e fortunatamente ora ritirata, dove un bullo belloccio, stile "uomo-che-non-deve-chiedere-mai", fissava spavaldo l'obiettivo sotto la scritta "Elimina tutte. Le macchie", presumibilmente anche di sangue, dato che alle sue spalle giaceva esanime un corpo femminile.
Occorreva la velata ragazza saudita per distoglierci da quest'atmosfera di squallido film. Per ricordarci che la violenza è sempre nuda, sempre svergognata, pur se si nasconde dietro spesse coltri nere.
Gli apologhi della superiorità occidentale ne fanno una questione di centimetri di stoffa. Basta toglierla, magari per deliziare estenuati sguardi maschili, e tutto si risolve. Il rivoluzionario creativo/a arabo non ha invece esitato a infrangere uno dei più inossidabili simboli della tradizione culturale e religiosa del suo Paese: attenzione - avverte - il femminicidio riguarda ogni donna, non solo le "ribelli" e le insubordinate (mentre alcuni mesi fa, in Italia, il prete don Corsi affiggeva alle porte della sua chiesa un'intemerata tratta dal sito fondamentalista Pontifex contenente il più retrivo concentrato di brutalità misogina, secondo cui le donne subivano stupri per aver rinunciato al "naturale" ruolo di asservimento all'uomo). Il femminicidio interessa ogni donna. E ogni uomo. È, anzitutto, un problema di uomini.
Se la donna non viene rispettata nella sua dignità nessun velo potrà proteggerla. E nessun velo potrà nascondere l'occhio del dolore, quell'occhio muto che, nella cultura arabo-islamica, è spoliazione e varco, come l'ombelico rotante nella danza del ventre, suo corrispettivo profano, continuamente ci ricorda.
L'occhio pesto della donna in niqab è l'occhio d'una madre, d'una sorella, d'una sposa. Ci dice, quell'occhio, che la violenza misogina nasce in famiglia, cellula della società, e si alimenta con la cultura del pregiudizio e della prepotenza. Attraverso un'immagine tradizionale, il manifesto saudita fa dunque a pezzi una sciagurata tradizione. Non sorprende sconquassi la cattiva coscienza dei violenti d'ogni latitudine.

17.10.12

Canada, Anonymous smaschera lo stalker che fece suicidare una 15enne

Bravi anonymus  e  Fnl   a chi dice   che gli hacker  sono  solo ed  esclusivamente  i fregapassword  e frega codici di carte di credito  .


la vicenda




  fonte  corriere della sera

 Maria Strada
 (modifica il 17 ottobre 2012)


Canada, Anonymous smaschera
lo stalker che fece suicidare una 15enne
Due cyber-attivisti che si dicono affiliati al gruppo diffondono l'identità di un 32enne, ora minacciato in rete


Una teenager si suicida a causa del cyber-bullismo subito, e denunciato in un video. E Anonymous scopre e denuncia lo stalker che ha spinto la giovane al gesto.

IL SUICIDIO E LA DENUNCIA - Mercoledì scorso Amanda T., 15 anni, è stata trovata morta nella sua casa di Port Coquitlam, nella Columbia Britannica. Il mese scorso aveva diffuso un video-denuncia in bianco e nero, con dei messaggi scritti di denuncia, e anche di solitudine, intitolandolo «La mia storia: lotta, bullismo, suicidio, autolesionismo». Lunedì sera dei cyber attivisti di FawkesSecurity, che fa parte del gruppo di Anonymous, hanno scoperto e divulgato, l'identità del presunto persecutore della giovane: si tratterebbe di un uomo di 32 anni, assiduo frequentatore di siti pedopornografici. I denuncianti nel loro messaggio video in rete forniscono il nome e cognome e anche l'indirizzo esatto del presunto stalker, tanto che la polizia canadese nutre timori per la sua sicurezza.

«QUELL'UOMO È UN ABOMINIO» - «Al peggio questa è la persona che ha fatto del male ad Amanda T., e come minimo è un altro pedofilo che ama sfruttare i bambini», recita il comunicato-denuncia di Anonymous, come riporta il Toronto Sun. L'uomo è definito un «abominio» e una vergogna per la società. La ragazza aveva denunciato che uno stalker anonimo l'aveva convinta, quando aveva 12 anni, a mostrarsi a seno nudo a quello che credeva un coetaneo, via webcam. Poi, però, il contatto aveva spedito quelle immagini a tutti quelli che conoscevano Amanda. Anonymous ha rintracciato un uomo di New Westminster, a 15 km da casa di Amanda, che avrebbe utilizzato diversi nickname, cioè soprannomi nel mondo di internet, su siti per ragazze, su un forum dedicato alla sessualità giovanile e che avrebbe creato una gallery con le immagini di diverse ragazze, alcune decisamente molto giovani, a seno nudo . Il presunto stalker, adesso, è stato minacciato su internet da diversi utenti, denuncia il suo difensore Eric Gottardi.

L'ALTRA PISTA - La famiglia, e la procura, però, ritengono che possa trattarsi della persona sbagliata, dato che gli investigatori avrebbero seguito tracce differenti che portano a un contatto negli Stati Uniti.

Maria Strada16 ottobre 2012 (modifica il 17 ottobre 2012)





29.5.12

Franca Valeri torna in libreria con una spassosa raccolta di lettere, telefonate, email e sms«Donne e uomini, manca la chiarezza»


 
N.b
le frasi in corsivo   all'interno delle dichiarazioni  della Valeri  , tratte da l'unione  sarda  d'ieri , sono delle mie  aggiunte 

confermo con la mia esperienza  personale in rete  ( facebook  in particolare  ) e non  , vedere  miei precedenti post   del vecchio blog ( ora  al 90 % archiviato qui  )  e  di questo attuale  che  Il rapporto fra uomo e donna «non è chiaro oggi». Lo dice Franca Valeri (  foto a  destra  ) della quale torna in libreria “Le donne” (Einaudi), raccolta di lettere, telefonate sentite per caso, ampliata per la nuova edizione con sms ed email. Da questa mancanza di chiarezza deriva «un continuo contrasto che si vede dalla rapidità con cui si sciolgono matrimoni e unioni ,  e rapporti  d'amicizia  \  conoscenza   rovinati   da  ambo le  parti  per  dei fraintendimenti  .  tipo   gli chiedi  d'uscire per  conoscerti meglio o  gli  chiedi una  web cam    e loro  ti cancellano  dai contatti  o ti fanno scrivere   dal partner  o  dal  tromba  amico  (   amico di tromba  come preferisco chiamarlo io  )   . Perché tanti uomini non accettano la separazione e arrivano addirittura a   molestare pesantemente come lo Stalking ( 1  2  3e rendere la vita impossibile  ed in alcuni casi ad  uccidere ? Perché il rapporto che avevano non era chiaro. La gente non si parla più». Le donne hanno acquisito una certa indipendenza, ma sono le prime a non «accettare un vero chiarimento. Lo stesso fanno gli uomini», ma resta il fatto che «non è mai stato chiaro quello che spetta a una donna» e che «la ribellione femminile non può prescindere dalla sua natura».«“Le donne” - racconta l'attrice, sceneggiatrice, regista, scrittrice che a 92 anni ha ancora il sorriso della Signorina Snob e della Sora Cecioni - è un libro di lettere e ci manca un po' l'epistolario perché è un modo per conoscere il costume della società. Rileggendo questo libro, uscito nel 1960, si avverte la differenza che c'è con le donne di oggi. A cambiare sono stati soprattutto i rapporti con questi benedetti uomini >>ed  aggiungo io  con queste benedette  donne  . << È sparita la soggezione e non si capisce che tipo di apprezzamento abbia la donna oggi dell'uomo. Io non sono mai stata soggiogata, ho sempre trovato uomini che accettavano la mia intelligenza».La corrispondenza attuale, email, sms, «toglie la capacità di esprimere il proprio pensiero. È come se fosse finito il proprio tempo a disposizione. Ma in mezzo a questa velocità c'è anche qualche lentezza e allora tutto cambia e sei costretto a dare qualcosa di te che la fretta non ti concede». Franca Valeri ironizza anche sul fatto che non si sfugge mai alle definizioni. «Sono stata per secoli la Signorina Snob, poi la Sora Cecioni e poi finalmente hanno riconosciuto tutte queste cose che scrivo, la signora Valeri», e racconta anche di aver scelto il suo nome d'arte da un libro di Paul Valery che aveva in mano una sua amica e «perché mio padre non era d'accordo che facessi l'attrice». In fondo «ho una testa semplice. La comicità è un lavoro di cervello, non è spontanea anche se è un po' congenita. È difficile inventarsi la comicità. La mia l'hanno scoperta gli altri, dicevo delle cose che pensavo e i miei amici ridevano».Lettere, telefonate, email, sms: “Le donne” è un variegato e comicissimo ritratto di donne dal vero. Dalla signora che subissa la sua migliore amica di incombenze (figli, casa, medicine, vestiti) mentre se la sta tranquillamente spassando con il marito di lei. Alla madre che scrive una lettera al figlio nella quale massacra, tra le lodi, la giovane fidanzata. O come l'altra madre che in una missiva-testamento trova il coraggio di smontare i meccanismi di una figlia che “uccide” con i suoi giudizi fintamente bonari. In molte di loro - anche nelle meno snob - c'è aria di un mondo ipocrita in cui la rispettabilità borghese miete vittime a destra e manca, in un vorticoso duellare di “non detto”. Come nel caso della figlia che in una email alla madre accampa tutti i mali del mondo pur di farla tornare dalla vacanza a Parigi. E la madre, implacabile “cuore di mamma”, che le risponde: «Samy, nessuno dei guai comunicatimi esula dalla normalità, perciò non anticipo il ritorno».


1.4.12

Olbia Radio Maria usata come tortura, due sorelle condannate per molestie









Radio Maria usata come tortura, due sorelle condannate per molestie
Radio Maria, l'emittente radiofonica, è stata adoperata come strumento di persecuzione da due sorelle di Olbia. 


da http://attualissimo.it/ di Francesco Ciniglio 1 aprile 2012 17:35 

Due sorelle di Olbia sono state condannate per aver fatto ascoltare Radio Maria per vendetta al proprio fratello. La notizia è veramente particolare: Radio Maria è spesso finita all'attenzione della cronaca, accumulando record di ogni sorta e scatenando polemiche, ma mai si era pensato al fatto che la radio potesse essere adoperata come vero e proprio strumento di persecuzione 
Questa particolare forma di stalking ha avuto luogo in Sardegna ed ha visto protagoniste due sorelle, che per anni hanno continuato ad infastidire il fratello. Le due donne avevano litigato con l’uomo per motivi economici ed hanno pensato di punirlo, costringendolo ad ascoltare l’intera programmazione di Radio Maria, “sparandola” a tutto volume, dinanzi al ristorante che l’uomo gestiva con la moglie.
“Il giudice del tribunale di Olbia ha condannato a 8 mesi di reclusione per stalking, Francesca e Caterina Servini.” A portare alla condanna delle due sorelle è stato, probabilmente, l’esaurimento nervoso della moglie del fratello, costretta a trasferirsi a Sassari, per sfuggire alle molestie radiofoniche delle due stalker.
Le due sorelle sono state, tra l’altro, condannate al pagamento dei danni e al rimborso delle spese giudiziarie. Le due donne pagheranno la diffusione “non gradita” di rosari, celebrazioni eucaristiche e preghiere con la galera.
Un palinsesto radiofonico sicuramente non per tutti quello di Radio Maria, specialmente se da ascoltare ininterrottamente, 7 giorni su 7, 24 ore su 24. È lecito pensare che neanche il cattolico più fervente e fedele alla parola della Santa Vergine Maria avrebbe retto a 24 ore di trasmissione continuative, da ascoltare a volume altissimo, senza possibilità di tregua.
Come è facilmente intuibile dal nome della radio, infatti, l’emittente radiofonica è incentrata sulla figura della Madonna, con una fortissima attenzione verso realtà come Medjugorje e Lourdes.
Ora ci si chiede se la condanna per stalking da parte delle due sorelle, per l’ascolto forzato di Radio Maria, finirà con lo scatenare polemiche tra cattolici e laici, oltre che, l’ilarità del web sui maggiori social network, Facebook e Twitter su tutti.
Inoltre   c'è da dire che << il caso di Golfo Aranci, Olbia >> secondo http://www.fanpage.it/
Potrebbe rappresentare un importante precedente storico >> perchè a differenza dei casi di stalking precedent sempre secondo il sito  (  per l'articolo completo qui ) <<  lo strumento delle due stalker non era un classico telefono, bensì una stazione radio: Radio Maria, per la precisione. Come è possibile? Il fatto è che le due sorelle diffondevano ad ogni ora del giorno e della notte le messe e le preghiere della nota stazione radiofonica religiosa davanti al ristorante del fratello, obbligandolo a quello che, giorno dopo giorno, è diventato un vero e proprio supplizio, che ha costretto la moglie dell'uomo a cambiare casa. >> E così l'azione delle sorelle-stalker è stata denunciata. Molestie e aggressioni che hanno portato l’autorità giudiziaria alla condanna “esemplare” per le due sorelle, a cui era già stata notificato l'obbligo a non avvicinarsi alla residenza e al luogo di lavoro del parente. Risarcimento dei danni morali e fisici, pagamento delle spese giudiziarie sostenute dalle vittime, e soprattutto una condanna ad otto mesi dietro le sbarre, << dove le due donne avranno tutto il tempo per ascoltare Radio Maria. Si spera senza infastidire gli altri detenuti. >>

17.2.09

Stalking: stalker, tecno stalker e articolo 612-bis

Il 29 gennaio sono state approvate a Montecitorio alcune norme che prevedono aggravanti di pena per chi commette lo stalking.Questo termine che tradotto dall’inglese significa perseguitare, è diventato in tutti gli effetti un termine di gran uso in Italia.
Negli ultimi anni, il fenomeno si è intensificato grazie al sempre e continuo sviluppo delle comunicazioni che hanno permesso un duplicarsi dei contatti con il mondo esterno.
Gli Stalker, infatti, non sono solo persone che ben conosciamo (ex, amici, famigliari, conoscenti, vicini di casa…) ma, con il largo uso della rete telematica, i molestatori, sono soprattutto coloro che aggiungiamo nella nostra lista di amici e contatti nel social network in cui, la maggior parte dei giovani si registrano per allargare le proprie conoscenze.


 


Continua a leggere l'articolo di Stefania su http://www.quinonehollywood.org/home/?p=1095


 Per commentare l’articolo http://forum.quinonehollywood.org/index.php?topic=1673.0

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