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Come capire se qualche malintenzinato ti segue per strada? E cosa fare in quel caso? Come riuscire a scampare l pericolo?
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Le ha sbattuto la faccia sul volante. Le ha strappato le unghie per gelosia. E quando camminava doveva tenere lo sguardo basso. È la storia che ha raccontato V. in tribunale a Roma nel processo che vede il tuffatore azzurro Andreas Sargent Larsen imputato per stalking. All’epoca lei aveva appena 15 anni. «La nostra relazione è cominciata a giugno del 2021. Mi sentivo lusingata, perché lui era più grande», ha raccontato la vittima. Lui, classe 1999, nato a Copenaghen da madre italiano, è arrivato in Italia da allenatore federale e tesserato di una società romana. V., nata nel 2005, faceva parte della stessa squadra e i due si allenavano tutti i giorni.
La carriera di Larsen
Larsen all’epoca era in fase di lancio. Lei gareggiava ancora nelle giovanili: «Sin dal primo momento mi chiedeva foto e video per vedere dove fossi», spiega V. E ancora: «Uno dei primi episodi di gelosia risale a settembre del 2021. Mentre stavo lasciando la piscina avevo alzato lo sguardo per vedere gli altri allenamenti in corso. Ma, una volta usciti, in auto, ha cominciato a urlare, mi ha sbattuto la faccia sul volante. Pensavo di essermi rotta il naso perché ero tutta rossa. Allora per coprire il rossore mi ha fatto mettere una mascherina».
Sei mesi di persecuzione
La relazione è terminata a luglio 2022. Ma per i sei mesi successivi lui ha continuato a perseguitarla. Con chiamate e messaggi giornalieri. E scenate. «Stai aspettando un altro», le aveva detto, insistendo per portarla a casa una volta. Lei aveva dovuto chiamare la madre al telefono. Poi gli apprezzamenti sessuali con gli altri. Che costringono V. a trasferirsi negli Usa dove continua a fare la tuffatrice. A seguito del processo, Larsen all’inizio del 2025 è stato sospeso per un anno dall’attività atletica dal tribunale federale.
UNIONE SARDA ONLINE
DI Fabio Manca

lettera firmata
Carissima
Spero carissima X d'aver risposto al tuo dubbio e cordialmente ti saluto
“Lo stalking non è più configurabile come un’aggravante per il reato di femminicidio”. Ma non è così: la decisione dei giudici della Cassazione prevede invece che chi viene punito per omicidio aggravato da stalking non può anche essere condannato per lo stalking come reato autonomo. Che è ben diverso. E questo, a conti fatti, rende possibile applicare l'ergastolo anziché 30 anni di reclusione. Non c’è alcun passo indietro nella battaglia legittima e doverosa a difesa delle donne
Sempre sempre secondo l'articolo in questione
[...]LA DECISIONE DEI GIUDICILa Quinta Sezione della Cassazione ha ritenuto sussistente un contrasto nella giurisprudenza di legittimità e per questo ha chiamato a esprimersi le Sezioni unite, ponendo la seguente domanda: “Se, in caso di concorso tra i fatti-reato di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576, comma primo, n. 5.1, cod. pen., sussista un concorso di reati, ai sensi dell’art. 81 c.p., o un reato complesso, ai sensi dell’art. 84, comma 1, cod. pen., che assorbe integralmente il disvalore della fattispecie di cui all’art. 612-bis cod. pen. ove realizzato al culmine delle condotte persecutorie precedentemente poste in essere dall’agente ai danni della medesima persona offesa”.Le Sezioni unite hanno sposato l’interpretazione per cui l’omicidio aggravato dallo stalking è un reato complesso, derivante dall’unificazione normativa di due reati in una forma aggravata di uno solo di essi. Questo vuol dire forse che lo stalking non è più un’aggravante ?No. In realtà, come spiega un articolo pubblicato sulla rivista Sistema Penale e come evidenziato dalla stessa Quinta Sezione, questa interpretazione della norma “appare considerare pienamente il maggior disvalore connesso all’abitualità del reato di atti persecutori che sfocino nel fatto di omicidio, atteso che l’applicazione del solo omicidio aggravato comporta comunque l’applicazione di una pena più severa (l’ergastolo) a quella che potrebbe derivare dall’applicazione delle regole del concorso di reati (30 anni di reclusione)”.In conclusione, per quanto riguarda il caso di specie, la sentenza definitiva nei confronti dell’imputata è stata di 14 anni e 4 mesi di carcere (la condanna in secondo grado era stata di 15 anni e 4 mesi di reclusione, il procuratore generale aveva chiesto l’ergastolo).IN BREVENo, non è vero che lo stalking non è più un’aggravante in virtù della decisione dei giudici delle Sezioni Unite della Cassazione. Le motivazioni della sentenza non sono state ancora rese note, quindi non sappiamo esattamente quali siano state le considerazioni dei giudici. Tuttavia, dal riconoscimento dell’omicidio aggravato dallo stalking come un reato complesso potrà derivare l’applicazione della pena dell’ergastolo, ovvero del massimo della pena (a meno che non siano concesse delle attenuanti). Al contrario, se si fosse riconosciuto il concorso di reati, la condanna massima sarebbe stata inferiore.
| la corte di cassazione |



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