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31.12.23

Ricorre al Tar dopo la bocciatura in prima elementare, sentenza dopo 13 anni ma lui ha finito gli studi

concludiamo  questo  2023     coin  una  storia  tragico   comica   .  sul nostro  sistema  giudiziatrio italiano   e  su  cause  inutili  che  lo ingolfano   

A mio avviso i genitori del bambino la cui vicenda è riportata sotto hanno sprecato tempo ed soldi oltre ad aver intasato il tribunale e far pagare al contribuente il loro risarcimento . In un paese serio dovrebbero oltre a migliore la giustizia ( 13 anni per una sentenza !!! ) si dovrebbe punire o impedire che si facciano cause inutili . Anch'io ho avuto dei problemi simili , anche se non sono stato bocciato , ma sempre rimandato , ma mica ho fatto ricorso a tribunali , sono andato aventi lo stesso fino ( anche se ci ho messo più anni anzichè laurearmi dopo 4 anni di corso anni o al massimo 5\6 mi sono laureato dopo 15 anni ) alla laurea .

da   the  socialpost  del  31\12\2023




Vicenda incredibile a Civitanova Marche, in provincia di Macerata. I genitori di un bambino di 7 anni avevano fatto ricorso al Tar per la bocciatura del figlio in prima elementare: anno scolastico 2009-2010. Il bambino intanto prosegue gli studi, accolto con riserva in seconda elementare. La sentenza arriva, sì, ma pochi giorni fa, ben tredici anni dopo il ricorso. Il giovane, intanto, ha vent’anni ed è andato avanti negli studi, diplomandosi senza mai essere bocciato di nuovo.



“Aveva subito un pesante iter sanitario”

Il ricorso dei genitori riguardava la forte discrepanza tra i voti del bambino nel primo quadrimestre e quelli del secondo. Nel primo quadrimestre, infatti, il bambino aveva 7 in tutte le materie e 6 in condotta. A fine anno scolastico, aveva subìto 13 giorni di sospensione e la valutazione riportava diversi 5 e la bocciatura. I genitori fecero presente che il bambino aveva vissuto sin dalla nascita un pesante iter sanitario per problemi di salute congeniti.
Il Tar ha dunque accolto la richiesta e con un’ordinanza del 21 luglio 2010 sospende la non ammissione dell’alunno alla classe successiva con la seguente motivazione: “emergendo prima facie un’evidente ed ingiustificata discrasia fra la valutazione del primo e quella del secondo quadrimestre”.
Il Tribunale Amministrativo, con sentenza n. 910/2023, mette la parola fine alla vicenda e dichiara cessata la materia del contendere stante l’avvenuta conclusione del percorso scolastico dello studente, con onere per il Ministero dell’Istruzione di rifondere ai ricorrenti l’importo delle spese di cancelleria sostenute per incardinare il procedimento nell’anno 2010, a cui sono stati costretti per consentire il regolare percorso di studi ad un alunno di sette anni.

29.3.21

IL passo dallo stalker al femminididio è sottile soprattutto quando è di stato



 di cosa  stiamo  parlando  

                                  


sempre   dalla stessa fonte  del 28\3\2021


Lavinia Rivara

Se sei una donna, sei giovane, impegnata in politica, se magari provi anche a fare carriera, un risultato è assicurato: lo stalking non te lo leva nessuno. Per mesi, anche anni. Una condanna di genere.Nessun ministro uomo probabilmente ha avuto la malaugurata sorte di sentirsi apostrofare sui social per mesi “bocca rouge” o “cazzolino” come è toccato all’ex collega Lucia Azzolina, né di essere perseguitato per un anno e mezzo con messaggi a sfondo sessuale, conditi da minacce di morte. Il tutto perché il suo stalker, Pasquale Vespa, presidente di un’associazione di docenti precari, non condivideva la sua posizione sul precariato.

 Opinione legittima ovviamente, ma la critica e la protesta, per quanto radicali, si sarebbero certo sfogate in altro modo se l’avversario fosse stato un maschio.Poche settimane fa un’altra ex ministra, Maria Elena Boschi, ha presentato una denuncia per stalking alla procura di Roma. Da sei mesi un uomo la bombardava di mail, telefonate, attacchi sui suoi profili social, tutti i giorni, anche più volte al giorno. Boschi, oggi capogruppo di Italia viva alla Camera, si è decisa a denunciare quando ha capito che il suo persecutore si recava negli stessi luoghi frequentati da lei, quando cioè la minaccia è diventata fisica e non più solo verbale. Ma non era certo la prima volta che si trovava a dover affrontare questo genere di intimidazioni: «Vanno avanti dal 2014, con soggetti diversi» ha rivelato in una intervista al Corriere. Se si considera che è stata eletta deputata per la prima volta nel 2013 si capisce che gli stalker hanno accompagnato tutta la sua carriera politica.Poco più di un anno fa Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, è comparsa davanti alla prima sezione penale del tribunale di Roma per il processo contro il suo persecutore, Raffaele Nugnes, arrestato qualche mese prima. «La notte non dormo più se penso alle minacce che quest’uomo mi ha rivolto via Facebook - ha raccontato -. Ho paura per mia figlia. Lui diceva che la bambina era sua, che prima o poi sarebbe venuto a riprendersela ».Nel 2015 venne processato anche il molestatore di Mara Carfagna, allora deputata forzista e principale promotrice della legge antistalking. Sul sito della sua vittima lui aveva scritto: “Ti seguo da un po’, conosco i Secondo gli ultimi dati del Viminale le donne, neanche a dirlo, rappresentano il 75 per cento delle vittime di reati persecutori. La maggior parte sono adulte (il 36 per cento ha tra 31 e 44 anni), l’età in cui tendenzialmente si manifesta maggiore indipendenza, si prova magari a fare carriera. Subito dopo vengono le ragazze tra i 18 e i 30 anni (22 per cento). È come se l’essere donna, giovane, magari con ambizioni e visibilità, fosse ancora qualcosa di inaccettabile per una certa cultura maschile (per fortuna minoritaria).In queste settimane si è molto dibattuto della presenza delle donne in politica. La decisione del nuovo segretario del Pd Enrico Letta di imporre una vice e due capigruppo parlamentari donne sta facendo discutere, ma di certo ha il merito di riequilibrare una situazione. Come ha detto Irene Tinagli «a nessuna donna piace ritrovarsi in dei ruoli perché ci sono le quote, ma siamo stati costretti ad arrivare a misure più drastiche perché in maniera naturale questo spazio non si creava». La verità è proprio questa: la strada per una vera parità di genere è ancora lunga e costellata di misure drastiche e di prezzi da pagare. Lo stalking è sicuramente uno dei più odiosi.Una strada che resterà impervia finché esisteranno sottosegretari di Stato come il leghista Rossano Sasso che, nonostante abbia la delega per combattere il bullismo, non si è fatto scrupolo di assumere al ministero dell’Istruzione uno stalker come Vespa. Anzi, lo ha difeso fino all’ultimo, arrivando addirittura a definirlo «un simbolo dei diritti dei lavoratori più deboli». La decisione del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi di revocare l’incarico al docente era un atto dovuto inevitabile. Ma forse sarebbe opportuna anche qualche riflessione sul sottosegretario e le sue deleghe.


3.5.20

Nuoro L’epopea di un gruppo di insegnanti che istruiva gli studenti tra monti e campi Dai viaggi in groppa all’asinello alle classi che si radunavano post mungitura



Cambiamo discorso   , non stiamo  sempre  a parlare  di Covid19    \ coronavirus  e notizie  legate direttamente  ed indirettamente  ad  esso legate  . Parliamo d'altro .  Riporto     qui   questo articolo  preso dalla nuova  sardegna del  29\4\2020  . Eccovi una storia d'altri tempi 😢😎😁 quando  ancora  l'analfabetismo   era  una  piaga   che sembra  ritornato in auge  , i  corsi ed  i ricorsi   della storia  .  Ma  ora   bado alle  ciance  veniamo  ala storia   d'oggi



NUORO
Mezzo secolo fa gli insegnanti colmavano le distanze con gambe da scalatori e volontà di ferro, oggi nelle scuole chiuse per decreto a tenere unità e produttiva la classe – ognuno a casa sua – c’è bisogno di un computer e di una linea wi-fi affidabile. Generazioni a confronto con storie e metodologie differenti per affrontare le emergenze. Così, se da una parte gli insegnanti itineranti non conoscevano la fase uno e poi quella due, ignoravano termini come lockdown o altre diavolerie, avevano però un solo credo: faticare tutti i giorni per sconfiggere l'analfabetismo, allora galoppante. Perché tutto quello che possedevano, che non era molto anzi, era quasi nulla – se lo dovevano conquistare con il sudore in tutte le stagioni dell’anno.


Oggi per i pochi maestri rimasti che portavano l’insegnamento in campagna, là dove c’erano gli alunni che mai sarebbero andati a scuola in paese, reduci di una stagione che sembra essere lontana anni luce dalle comodità attuali, vivere quest’era afflitta da un male, il coronavirus, fino a poco tempo fa sconosciuto, sorprende ma non li allarma. Sentendo i loro racconti l’emergenza attuale è davvero poca cosa rispetto alle difficoltà – davvero di ogni tipo – che hanno dovuto affrontare e superare quando andavano a insegnare tra i monti e le campagne del nuorese. Viaggi quotidiani in groppa all’asinello se si era fortunati o a piedi per chilometri per portare la didattica ad una classe di pastori che si radunava dopo la mungitura.
Di quel gruppo nutrito di insegnanti – in Sardegna erano una cinquantina – ne sono oggi rimasti davvero pochi. Una compagine che si è ulteriormente assottigliata dopo la dolorosa perdita di uno di loro, l’apprezzato e compianto, Gianni Berria di Orune, una delle tante vittime di questa malattia fino a poche settimane fa sconosciuta. Il lavoro in prima linea di Berria, ma anche di Giovanni Puggioni, di Giovanni Pala Mundanu e dei loro alunni – pastori spesso coetanei e con voglia di apprendere – non era sfuggito all’Europeo, rivista che nel febbraio del 1960 aveva realizzato un reportage su questo particolare spaccato di vita e lavoro di un’Isola che lottava per emanciparsi.
«Le nostre difficoltà raccontate oggi hanno dell’incredibile. Sembrano irreali. Eppure le abbiamo vissute con fermezza e spirito di adattamento. E con uno stipendio che a mala pena serviva a coprire le spese», racconta Giovanni Puggioni, 81 anni. Gli fa eco dalla sua Orune, costretto in casa come tutti dalle restrizioni nei movimenti imposte dal governo per contrastare il coronavirus, Giovanni Pala Mundanu. Voce ferma e vis ironica ancora intatta, l’ex insegnante dimostra molte stagioni in meno dei suoi 87 anni. «Questo male non ci può spaventare – dice – noi abbiamo superato tutto, qualsiasi malattia, dalla tubercolosi, alla malaria. E poi andare a fare lezione in campagna non era semplice. Un’esperienza che ti temprava e portava anche molte soddisfazioni».
A Oliena vive Monserrato Mereu, che allora pastore quasi ventenne, era uno degli alunni che seguiva le lezioni di Giovanni Puggioni. Anche la sua dichiarazione e foto fu raccolta da Epoca, giornale che custodisce gelosamente in un quadretto.

«Il maestro era una gran brava persona e mi aiutò tantissimo» rimarca l’anziano che grazie a quei primi insegnamenti riuscì a prendere la licenza elementare. Oggi invece in questa situazione di tempo sospeso la didattica online dà un aiuto importante, anche se ritrovare la scuola e i suoi spazi sarebbe tutt’altra cosa. «Tra gli estremi rimedi rientra sicuramente la didattica a distanza. Essendoci trovati noi tutti scaraventati in una realtà surreale quale quella causata dal covid-19, l’utilizzo degli strumenti tecnologici per l’insegnamento non lasciava scampo. Ma sono tanti i contro di questo mezzo, primo tra tutti il venire a mancare di tutto il sistema scuola e il suo riconoscimento da parte dell’alunno come luogo non solo di apprendimento e di studio, ma anche e soprattutto come spazio protetto e sicuro, un luogo di accoglienza non solo intellettiva ma soprattutto emotiva – spiega Ivana Dore, insegnante e psicologa – È venuta a mancare la motivazione e il coinvolgimento nelle attività a causa della distanza fisica, della relazione. Anche per gli insegnanti e per tutti gli operatori che utilizzano questo strumento non è semplice, si incombe in tante distrazioni, si rischia di lasciare indietro chi anche all’interno della classe aveva bisogno di maggior attenzione e un grande vuoto si apre per i bisogni educativi speciali) e per chi ha una diagnosi precisa»

13.4.20

Dall'oro ai mondiali all'asilo modello in Brasile: i sogni (avverati) di Sor Elena Tuccitto una karateka francescana

In  tempi  come  questi   ,  ancora  più  drammatici   con  #covid19 #coronavirus  ,  la  spirituaita   o la fede   diventano   un punto  di  riferimento  .
 Ecco     questa  bellissima      storia   di  Elena Tuccitto  riportata  nel post  d'oggi   nella magistrale  intervista   di Giullia Santerini  con le  Riprese Sonny Anzellotti e Leo Meuti  e  d  curata  da    da   Valeria D'Angelo



Sor Elena Tuccitto è nata nel ‘67 a Bibbiena ai piedi del monte della Verna, in provincia di Arezzo. Insegnante di educazione fisica, con laurea magistrale in scienze motorie preventive adattate e diploma in Teologia Spiritual, nel ’93 conquista l’oro alla coppa del Mondo di karate ad Algeri. È fidanzata con il suo allenatore. Proprio dal gradino più alto del podio sente un vuoto ed esplodono in lei i valori cristiani che le ha trasmesso la famiglia. Ma è la sorellina down a farle capire, al ritorno da quella vittoria, che “il paradiso era nella stanza in cui pregavamo insieme”. La Fraternità Francescana di Betania è il passo successivo. L’ordine fondato nell’82 da Padre Pancrazio Nicola Gaudioso (un cappuccino figlio spirituale di Padre Pio) la conquista con la sua forma di preghiera, di vita fraterna e di accoglienza. Casa madre: Terlizzi, in Puglia. "Ci ho messo quattro anni a decidermi - racconta - un giorno sono partita e non sono più tornata”.




Oggi sor Elena è responsabile del Segretariato delle Missioni della Fraternità, con comunità distribuite tra l’Italia, la Germania, la Svizzera e il Brasile e in questa funzione dopo sei anni di missione in terra brasiliana, lavora dall’Italia per raccogliere fondi per la Fondazione Betania O.N.L.U.S, promanazione della Fraternità per il “ Progetto Brasile”. Tale progetto si rivolge a bambini e giovani dai 6 mesi ai 18 anni che vivono gravi situazioni di disagio a Salvador, nello stato di Bahia. In dieci anni partendo da zero la Fraternità ha costruito una scuola dell’infanzia modello che accoglie 120 bambini (da 5 mesi a 6 anni) e un centro sportivo. La nuova sfida ora è costruire anche una scuola elementare, media e superiore, organizzando corsi di avviamento professionale. Un progetto ambizioso e costoso che ha spinto sor Elena a raccontarsi nella palestra FIJLKAM del PalaPellicone di Ostia dove si allena la nazionale di karate. Una suggestione in più, visto che quest'anno per la prima volta il "suo" sport è disciplina riconosciuta alle Olimpiadi 2020 di Tokyo.
Elena ci chiede con la sua testimonianza di partecipare al grande sogno della Fraternità con una donazione. Tutte le informazioni sono sul sito e sulla pagina Facebook della Fraternità Francescana di Betania.


Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...