Per cercare d'essere originale ed evitare di cadere nella retorica anche nella " settimana " del ricordo ovvero nel 1' febbraio , ho deciso d'incentrare il mio post su un intervista \ chiacchierata con l'amico fb triestino Paolo Visnoviz
IO ciao e complimenti per i tuoi scritti . e pensieri in direzione ostinata e contraria . vorrei chiederti , visto che il tuo cognome mi sembra slavo , se t'andrebbe una " intervista " chiacchierata sulle foibe e sull'esodo
IO come hai conosciuto le vicende delle foibe ?
PAOLO Abitando dove abito, è difficile non aver mai sentito parlare delle foibe. Ma anche la memoria va contestualizzata. Nel senso che la mia memoria non è diretta, per ovvi motivi anagrafici, ma nasce in un preciso contesto sociale e politico. La mia famiglia era di sinistra. Mio nonno era un attivista del PCI, e fu internato in Risiera. Sopravvisse. Mio padre, anch'esso di sinistra (seppur equilibrato e affatto integralista), era stato preso dai tedeschi e obbligato a scavare trincee nell'ultimo periodo dell'occupazione nazista. Delle foibe, in famiglia, non se ne parlava mai. Forse perché non ci avevano mai toccato direttamente. Forse perché avevamo altre tragedie da ricordare, come il bombardamento del 10 giugno del '44, che mi impedì per sempre di conoscere uno zio materno, morto adolescente.Oltre che le memorie e i discorsi a mezza voce di "quelli grandi", da piccolo la guerra mi regalò una baionetta nazista, usata da mia nonna per fare lavori di giardinaggio e lasciataci da un giovanissimo soldato, che la mia famiglia aveva nascosto per qualche giorno in un sottoscala, e un bel tavolo in legno massiccio lasciatoci da una famiglia ebraica, che pure i miei avevano aiutato. Le foto in bianco e nero di quelli che non c'erano ormai più. I racconti di mia madre e mio padre di quando andavano al mare, a tuffarsi da un relitto di nave bombardato. O, ancora, i racconti di mio nonno, il quale aveva, all'epoca, una piccola osteria dove dalla porta uscivano tedeschi, incrociando partigiani che entravano, facendo finta di nulla. Quasi in una specie di tregua mai dichiarata, ma da tutti rispettata.
IO secondo te il 10 febbraio è utile o inutile ? Oppure tale giornata Istituita nel 2004 su iniziativa di esponenti dell'allora Alleanza nazionale e da una sinistra revisionista “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”, la ricorrenza del Giorno del Ricordo ha finito per inglobare non solo le memorie per troppo tempo marginalizzate degli esuli e delle loro famiglie, ma anche dei fascisti, le cui responsabilità sono intrinsecamente legate con il destino di quelle comunità. ?
PAOLO Come sempre la politica, o meglio la strumentalizzazione politica dei fatti storici, fa sembrare tutto rosso o nero, ma non fu così. Non è mai così.
Nella mia fretta ( sia del parlare che nella scrivere ) gli ho fatto tre domande in una
IO "Sul tema si è imposta una verità ufficiale fatta di stereotipi e luoghi comuni. Chi la mette in discussione è tacciato di negazionismo" che ne pensi ? Eric gobetti afferma in questo articolo su https://www.ildolomiti.it/societa/2021/ << [...] Per gli studiosi parlare di questo tema, come di molti altri, è diventato sempre più difficile. Ma questo è un meccanismo che va fermato, perché gli studiosi devono poter analizzare le fonti, fare ricerca e dare le proprie interpretazioni liberamente” [....].>> e qui introducendo il suo ultimo libro
Paolo Ritornando in tema e alla tua domanda, delle foibe iniziai ad interessarmi grazie a Roberto Menia (quello che poi sarebbe diventato il braccio destro di Gianfranco Fini). Andavamo allo stesso liceo, ma in classi differenti (credo lui sia più vecchio di me di un anno), e mi aveva preso di mira. Lui già allora era un "capetto del Fronte della Gioventù, mentre io mi definivo anarchico, e tra tutti i 600 studenti di quella scuola, eravamo forse in 3 ad esserlo. Avevamo però un certo seguito e carisma, ovviamente soprattutto a sinistra, e quindi Menia mi prese un po' di mira. Nulla di che, mai nulla di violento. Forse, una volta qualche spintone e un giornale strappato (credo fosse una copia de "il Male").Un giorno, in un confronto verbale in corridoio, mi rinfacciò le foibe, non a me, ovviamente, ma a quella parte politica cui lui credeva fossi vicino. Non era la solita contrapposizione verbale, il solito esercizio dialettico (classico, per dei giovani stupidi, come tutti a quell'età eravamo). No, per lui era qualcosa di più profondo, di più vivo: una ferita ancora aperta.Ne parlai a casa con i miei. Chiesi loro direttamente delle foibe. Non negarono, ma quasi giustificarono quei massacri con i torti da molti subiti. I villaggi in fiamme, la gente uccisa o deportata. Gli orrori perpetrati dai nazifascisti.Non subito, ci volle tempo, ma da quel giorno iniziai a capire che i torti non stavano da una sola parte, e che gli orrori li avevano commessi tutti.La famiglia di mia moglie è italiana d'origine, italiofona e vive in Istria, Croazia. La maggior parte di loro sono rimasti anche nel travagliato dopoguerra. Vivono non molto distante da una foiba, e i loro ricordi sono terribili. Sono sopravvissuti, come la madre di lei, poi emigrata a Trieste che, un giorno, camminando per strada si prese un proiettile in un braccio. Di storie così ogni triestino può raccontarne. Eppoi la triste storia degli esodati, ben raccontata da Cristicchi in Magazzino 18. Un lavoro teatrale che ha portata in giro per l'Italia, e che io ho visto a Trieste, dove ha avuto un impatto emotivo molto forte, per ovvi motivi. Lo hanno minacciato, gli hanno bucato le gomme della macchina. Ancora oggi c'è gente che non riesce a far pace con la storia. D'altra parte, quando venne eletto Nesladek sindaco di Muggia (TS), di sinistra, in piazza c'era gente che per festeggiare ha tirato fuori le bandiere titine. Ancora oggi ci sono moltissimi triestini che non vanno in Slovenia nemmeno se pagati. Ancora oggi in molti esercizi della minoranza slovena, servono prima chi entra dicendo "doberdan" di quello che ha detto "buongiorno", anche se sarebbe stato il suo turno.Ancora oggi ci sono persone che negano o giustificano. Almeno oggi se ne parla, almeno oggi c'è il 10 febbraio. La verità viene raccontata, anche se non tutti vogliono sentirla. Più in generale ci sono stati storici e giornalisti che hanno riletto la storia della 2° guerra mondiale in modo più critico e obiettivo, non ideologico, come Giampaolo Pansa.Dal mio canto, quando mi capita di parlarne con qualcuno, ricordo semplicemente che riconoscere le atrocità dell'esodo e delle foibe, non sminuisce affatto gli orrori del nazifascismo. Nessun revanscismo, nessun odio, solo la necessità di raccontare la storia. Tutta la storia, non solo una parte.
Professor Pupo, cosa avvenne nel confine orientale negli anni della Seconda guerra mondiale e cosa si celebra nella ricorrenza del Giorno del Ricordo?
È un periodo lungo quello che si ricorda nella celebrazione del Giorno del Ricordo, così come diversi sono i fenomeni al centro di questa ricorrenza. Si parte con gli infoibamenti, un'espressione in cui è forte la tendenza a semplificare e all'uso pubblico della storia. Si indicano le stragi avvenute a ondate nell'autunno '43 e nella primavera/estate del '45. Si ricorda poi l'esodo, un fenomeno lungo cominciato con lo sfollamento di Zara nel 1943 e concluso nel 1956. Vi sono poi le altre vicende del confine orientale, per cui si va indietro all'occupazione italiana. Complessivamente nel Giorno del Ricordo si commemora il collasso dell'italianità adriatica, di un intero gruppo nazionale, che per il 90% decise d'emigrare. I numeri precisi non si conoscono, si parla di alcune migliaia di scomparsi, tra i 3000 e i 5000, e di 300mila esuli. Sul tema, Italia, Slovenia e Croazia diedero vita a commissioni d'esperti, che si conclusero nel caso italo-sloveno mentre è rimasta in sonno quella italo-croata. Alla pubblicazione in Slovenia, in Italia non corrispose una pubblica comunicazione. Il Ministro degli Esteri, comunque, lo ha lasciato a disposizione degli studiosi. Su questo “collasso” vi è poi stato il tentativo di colonizzazione da parte della destra, un uso politico che si è inserito sullo spirito originario della legge di recupero e valorizzazione di una memoria per lungo tempo rimossa dalla scena pubblica.
Uso politico della storia e semplificazioni nel linguaggio segnano questa ricorrenza. Non è forse l'accento sulla memoria a determinarne la problematicità?
Sulle vicende di giuliani, istriani e dalmati ha operato per lungo tempo una generale amnesia, a partire dal dopoguerra. Per gli esuli e i parenti degli scomparsi è rimasta una ferita. Il Giorno del Ricordo agisce in questo senso su un lutto non elaborato, recuperato e valorizzato, come detto, ma su cui poi si è prepotentemente inserito un uso politico. L'utilizzo di un linguaggio banalizzante e semplificatorio ne è l'esempio. Si parla tanto di foibe perché impattano maggiormente sull'opinione pubblica, ma nella categoria di infoibati si comprendono anche persone uccise in altri modi o scomparse. Si parla di pulizia etnica, ma se fosse stata davvero una pulizia etnica ci sarebbero attualmente in quei territori circa 100mila italiani. Infatti quando parliamo di italiani in questi territori ci riferiamo a italiani d'elezione, non a italiani etnici. Paradossalmente “pulizia etnica” è un termine riduzionista, una semplificazione che finisce per essere un boomerang per chi la fa. Si guardino i cognomi degli esuli, ci si renderà conto di questo concetto. Con l'istituzione della legge il racconto di queste storie è delegato alle associazioni di profughi, variegate al proprio interno, alla rete degli istituti della Resistenza e agli enti locali. È chiaro che in quest'ultimo caso le maggioranze politiche influiscono in modo più o meno evidente. La problematicità delle iniziative, d'altronde, si ritrova proprio nell'accento che si fa sulla memoria. Nella caccia ai testimoni, sempre di meno, si mettono in difficoltà queste persone. Non si può, in aggiunta, far spiegare da un figlio di un infoibato come funzionano le stragi. Bisognerebbe che ci fosse sempre uno storico o un esperto accanto al testimone, perché va bene quando la memoria fa memoria, ma quando la memoria fa la storia è un disastro.
Tutti gli anni, a margine del Giorno del Ricordo, il dibattito pubblico viene percorso da opposte prese di posizione che negano o ingigantiscono il fenomeno degli infoibamenti. Quanto e perché è problematica questa ricorrenza?
La scelta del 10 febbraio è tutta politica. Nello spirito delle associazioni dei profughi è una data che segna l'inizio della tragedia, una data simbolicamente molto forte. Dal punto di vista storico, però, è estremamente problematica. Il governo italiano è oggetto del Trattato di pace, l'Italia è un Paese sconfitto e sul banco degli imputati. C'è inoltre il grosso limite d'essere vicini al Giorno della Memoria, segno che tra alcuni proponenti ci fosse l'idea di metterli sullo stesso piano. È una data infelice, se ne deduce, ma non era facile trovarne un'altra. Le ricorrenze si pongono spesso all'incrocio tra due fenomeni: la ricerca dei testimoni e il vittimismo come esaltazione della vittima. Queste due ricorrenze ne sono il simbolo. Riguardo ai diversi atteggiamenti nei confronti dei fenomeni al centro di questa ricorrenza, nel mio libro del 2003 ("Foibe", scritto con Roberto Spazzali) vengono avanzate alcune categorie come quelle di “negazionista” e “riduzionista”. Categorie scivolosissime da usare con attenzione, visto che il negazionismo è un reato punito per legge, e che rischiano d'essere utilizzate per ogni critica. C'è un grosso equivoco, a mio giudizio, e consiste nel fatto che cercar di capire cosa accadde nell'Adriatico in quegli anni non vuol dire giustificare.
Lo so che il mi ricordare e parlare di tali argomenti crea stupore tipo quanto mi si disse quasi a sfotto un amico di destra anni fa : << come miracolo un comunista che critica gli stessi comunisti , e ricorda ed condanna i loro eccidi >> Ma certi eventi , aldilà dell'interpretazione che ne viene data da una parte e dall'altra
Sul suo profilo Facebook, lei ha scritto: “Perfino un banale incidente viene raccontato in mille modi diversi. Per raccontare esodo e foibe occorrono anni di studi, onestà intellettuale e più voci”. Che motivo l’ha spinta a scriverlo?Ho scritto questo perché io ho letto e leggo molto, anche per il mestiere che ho fatto. Mi sono reso conto che tante manifestazioni che sono organizzate per il ricordo o per altri motivi, sono spesso poco equilibrate. C’è gente che si improvvisa storico. E’ vero che ognuno ha i propri ricordi e quindi la storia la vede sotto il proprio punto di vista e non da quello degli altri. L’estrema sinistra e l’estrema destra hanno due approcci diversi nel raccontare la storia di quegli anni. Bisogna avere più equilibrio. E questo manca tante volte, anche in alcuni di noi. Perché io mi rendo conto che il dolore provato da mio padre, da mia madre, da mio nonno è stato grande, ma bisogna tener conto anche dell’opinione degli altri.Non puoi raccontare solo la tua, devi indagare, vedere poi trarre le conclusioni. Per questo per me sarebbe importante che certe manifestazioni fossero organizzate con tutti e due i punti di vista, sia chi nega certe cose sia chi le esalta troppo. In modo da raggiungere un certo equilibrio in modo che la gente senta le opinioni di tutti e poi possa trarre le sue conclusioni. Io voglio sapere qual è la verità, la verità mia quella dell’altro, poi ognuno farà i suoi ragionamenti.
[.... segue qui su https://www.qdpnews.it/conegliano ]La storia e il dramma del professor Picot, il racconto della tragicità delle foibe e della fuga dall'Istria
non si possono negare o far finita che non siano mai avvenuti . Inoltre io ricordo oltre a quanto ho già detto precedentemente in altri post tali eventi perchè : 1) combatto , almeno ci provo . l'uso strumentale e politico di tali complesse e dolorose vicende ., 2) perchè essendo La memoria, come un fiume carsico, percorre le profondità della terra prima di ritornare alla luce. E quando lo fa, spesso, è prorompente. La memoria degli italiani adriatici, silenziata e rimossa nell'Italia del dopoguerra - lacerata dalla guerra civile, ferita da vent'anni di regime, spaccata politicamente e socialmente dalla Guerra fredda - è esempio significativo. ed io sono cresciuto con ciò . Da un lato mio nonno e i miei prozii paterni che coltivavano la vulgata come eccidi comunisti sulle foibe e mio padre e mio zio che la contrastavano . 3) perchè ancora non si è fatto i conti con il nostro passato dimenticando che siamo stati "noi" ad averle innescate e poi tacerle ed ora usarle strumentalmente tacendo \ nascondendo sotto il tappetto o quando c'è un briciolo di onesta intellettuale e politica cioè non li si nega sminuendo quello che è avvenuto prima e concentrandosi solo su quello chè è avvenuto dopo .