Leggendo la storia che trovate sotto ---- presa come sempre dalla pagina facebook di geolocal ( gruppo repubblica-l'espresso ) mi viene da dire ci manca solo che gli adolescenti iniziano a spacciare o a farlo anch'essi per avere i soldi da giocare e siamo a cavallo . Maledetti siano i governi che lo hanno permesso di renderlo legale Va bene c'era la motivazione, almeno quella positiva , di toglierlo alle mafie , ma cosi si è caduti dalla padella alla brace ed adesso rimediare è un casino . E nessuno ha il coraggio di metterci le mani .
da http://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca/ del 5\1\2016
di Maria Grazia Piccaluga.
PAVIA
Trenta euro in contanti. Il prezzo della disperazione e della dignità perduta. La somma per cui un’impiegata cinquantenne di Pavia, schiava dell’azzardo e dei videopoker, si vendeva ai frequentatori di alcune sale gioco quando, a metà mese, aveva già “bruciato” tutto il suo stipendio . Con quei soldi - che faceva subito convertire in gettoni - tornava a sedersi, per ore, davanti a una slot.
Una schiavitù durata molti mesi, in cui ha dilapidato tutte le sue sostanze, ha perso il lavoro, ingannato i familiari, arrivando anche a tentare di togliersi la vita.
Poi il cambio di rotta. L’incontro con gli operatori del centro di ascolto anti slot della Casa del Giovane. Ora è ospite di una comunità terapeutica, sottoposta a un trattamento di “disintossicazione” dalla dipendenza dal gioco. E ha trascorso, per la prima volta dopo anni, un Natale diverso.
La sua storia inizia come quella di tante altre persone “contagiate” dalla ludopatia: un Gratta & Vinci ogni tanto, con la certezza che oltre quel confine non si andrà. Invece la tentazione un giorno spinge l’impiegata cinquantenne in un bar, dove si siede davanti a una slot. Il primo gettone, ne è sicura, sarà anche l’ultimo. Invece ne compra un altro e un altro ancora.
Diventa il suo modo per trascorrere il tempo quando esce dall’ufficio, nei pomeriggi tutti uguali. Chiude la porta della sua casa silenziosa, dove vive sola, e si infila in un bar che abbia le macchinette.
Non si vergogna nemmeno più che qualcuno la possa riconoscere. E’ troppo presa dalla smania di vincere, ipnotizzata dal rullio colorato della slot, cullata dal ritmo cadenzato e metallico delle monete che cadono nella macchina.
Poi passa al videopoker e alla videolottery, entra anche nelle sale gioco. Il suo stipendio da impiegata, racconterà poi agli operatori del centro di ascolto, termina già nei primi giorni del mese. In una settimana di euforia gioca 15mila euro. Bussa alla porta delle sorelle, elemosina soldi al padre al quale, confesserà più tardi, ha anche sottratto tutto l’oro di famiglia per poi rivenderlo. Collane e anelli della madre defunta, ricordi di una vita che non si è fatta il minimo scrupolo a barattare con dei soldi freschi da giocare. «Perché la malattia – confermano gli addetti ai lavori che lavorano nella struttura pavese – ti annebbia la mente. La disperazione rompe gli argini e non chiede il permesso. Non suona il campanello, non ti avvisa ma ti schiaccia. C’è chi dilapida tutti i risparmi, si vende la casa, i gioielli, inventa furti e rapine. Prima delle feste c’è persino chi si è venduto il cane».
Sul lavoro l’impiegata rende sempre meno, arriva persino a rubacchiare. E alla fine viene licenziata. Ma lei polverizza il Tfr in poche ore. E’ in quel preciso momento che scende all’inferno e abbandona l’ultimo briciolo di dignità. Si vende agli uomini che gravitano attorno al mondo dell’azzardo per poche decine di euro. Ma quello è anche il momento in cui, toccato il fondo, decide che è giunto il momento di risalire. E bussa alla porta della Casa del Giovane.
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