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27.1.23

Giovanni Impastato scrive alla figlia di Messina Denaro: "Non ripudiare tuo padre, ma devi farlo pentire"

 di cosa  e  di chi stiamo parlando   

https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2023/01/lasciamo-in-pace-la-figlia-di-matteo.html

"Lorenza non ha mai rinnegato il padre. La sfera dei loro rapporti è intangibile" di Alessandra Ziniti 21 Gennaio 2023




Lettera aperta del fratello del giovane militante ucciso da Cosa nostra nel 1978: "Come te, anche io sono figlio di un mafioso. Ma Peppino è stato più coraggioso di me"



Cara Lorenza,

ti scrivo mentre cerco di immaginare cosa in questi giorni tu possa provare. Non sono sicuro di riuscirci, ma visto quello che anche io ho vissuto nella mia vita, credo di poter capire, se pur in parte, la tua situazione. Sono Giovanni Impastato, fratello di Peppino, un giovane
militante ucciso perché combatteva contro la mafia e nostro padre era un

mafioso. Mio fratello era molto coraggioso, sicuramente più coraggioso di me, lui fin da quando era adolescente ha iniziato a combattere la mafia frontalmente e a contestare apertamente nostro padre, fino al punto di essere ripudiato come figlio e cacciato da casa. La rottura in casa era già avvenuta, l'aveva messa in atto Peppino, la nostra situazione familiare era molto complicata ed anche mia madre aveva cercato di insegnarci valori diversi da quelli che la mafia voleva imporci .
Oggi le parole che Peppino scrisse nel suo diario, mi fanno venire i brividi e mi emozionano ogni volta che le leggo. Voglio condividerle con te, perché hanno rappresentato tantissimo per me, sono delle frasi molto forti, acute e sincere: "Mio padre, capo di un piccolo clan e membro di un clan più vasto con connotati ideologici tipici di una società tardo contadina e preindustriale, aveva concentrato tutti i suoi sforzi, fin dalla mia nascita, nel tentativo di impormi le sue scelte ed il suo codice comportamentale. E' riuscito soltanto a tagliarmi ogni canale di comunicazione affettiva ed a compromettere definitivamente ogni possibilità di espansione lineare della mia soggettività".
Capisco che in questi giorni stai vivendo forti pressioni mediatiche, immagino il caos che dimora nel tuo cuore. Con questa mia lettera non ti dico di ripudiare il padre, di abbandonarlo o di non amarlo, se vuoi puoi anche stargli accanto in un momento in cui è gravemente ammalato. Posso capire i sentimenti contrastanti che vivono in te, per un padre che forse non hai nemmeno conosciuto, ma che tanto ha condizionato la tua intera esistenza e continuerà a condizionarla. Voglio solo suggerirti di prendere coscienza che le scelte che tuo padre ha fatto nella vita sono inaccettabili, significa avere un macigno sulle spalle, significa vivere a contatto con la morte e la violenza, significa non poter dare amore ai propri figli, tu hai un figlio e puoi capire di quanto amore abbia bisogno, di quanta speranza nel futuro.
Sii sempre più cosciente che la vita vera è un'altra, è quella che consente ad una figlia come te di poter abbracciare il padre, è quella di chi non deve avere o provocare paura. Emancipati e riscattati da questa storia, consapevole che forse mai potrai cancellare tutto quanto: non significa non amare il padre, significa renderti libera da qualcosa di cui tu sei innocente, ma che sarai costretta a portare con te come un peso enorme. Se deciderai di restargli accanto, mi auguro che la tua vicinanza e la tua determinazione possano spingere tuo padre a pentirsi di quello che ha fatto, dovrebbe farlo per tanti motivi, per tante persone, ma anche per te.

29.7.21

Bisturi, botulino e droga. I Narcos "investono" sulla chirurgia estetica I trafficanti pagano gli interventi delle amanti per trasformarle in bambole sex

 da  rerpuublica  23 LUGLIO 2021 
I trafficanti pagano gli interventi delle amanti per trasformarle in bambole sexBisturi, botulino e droga. I Narcos "investono" sulla chirurgia estetica
                                                             di Daniele Mastrogiacomo
I protagonisti di Narcos, la serie che racconta la vita dei trafficanti di droga messicani




23 LUGLIO 2021 


La terra del Chapo Guzmán è diventata il centro della chirurgia estetica. Non per boss e sicari che vogliono cambiare fisionomia e sfuggire così a nemici e giustizia. Per le donne. Giovani e giovanissime. Sinaloa, Stato simbolo del più potente Cartello in Messico, da sempre montagnoso, povero e abitato soprattutto da contadini, oggi è famoso per la "narcoestetica": una moda che fa tendenza e si è trasformata in una mania contagiosa. Lo racconta un'inchiesta della Bbc. Ma lo dicono anche i dati e le testimonianze dei medici che si sono ritrovati le scrivanie piene di richieste.
A Culiacán, città di origine dell'ex re della droga nel mondo, la dottoressa Rafaela Martinez Terrazas ha spiegato alla Bbc che esiste un modello fisico ricercato in maniera costante. Corrisponde al prototipo delle donne che amano i narcos, quelle che in Messico chiamano, in modo un po' dispregiativo, buchonas. Hanno un loro stile, siti sul web: vita stretta e definita, fianchi e glutei grandi, seni prosperosi. [... ] il  resto dell'artiucolo   è a pagamento e  qui    mi viene  in aiuto quest'articolo di https://www.iene.mediaset.it/2021/news/messico-chirurgia-estetica-donne-narcos_1079391.shtml

Messico, il boom della chirurgia estetica per avere il fisico delle “donne dei narcos” | VIDEO

Un’inchiesta della BBC mostra come a Sinaloa, stato del Messico dove opera l’omonimo cartello che è stato guidato da “El Chapo” Guzman, giovani ragazze si rivolgano sempre più spesso alla chirurgia estetica per assomigliare al prototipo di “donna dei narcos”. Ma più che una libera scelta, è un sintomo dell'estrema povertà della regione. Noi de Le Iene siamo stati ad Acapulco, per documentare la vita dove regnano i cartelli

(In foto, la moglie di “El Chapo” Guzman)

Vita stretta, fianchi larghi e un seno prosperoso”. E’ questo l’identikit tracciato alla BBC da una chirurga estetica di Sinaloa, in Messico, la regione del paese diventata tristemente famosa per essere il teatro delle operazioni del cartello di “El Chapo” Guzman. Il fenomeno raccontato dall’emittente pubblica inglese è questo: molte donne, sempre più giovani, si rivolgerebbero alla chirurgia estetica per assomigliare il più possibile al prototipo di “donna dei narcos”,

Quindi per evitare o ridurre ( facendolo diventare solo fisilogico per paio estinguersi ) l'abuso abiuso del proprio corpo e della chirurgia estetica dobbiamo educare le nuove generazioni alla vera bellezza non quella artificiale ed a coltivarla la bellezza non solo quella del paesaggio ma anche quella fisica perché anche l'occhio (e non solo😉😎😜 ) vuole la sua parte .

Capisco   le  donne  o  gli  uomini che ricorrono alla  chirurgia  plastica  per  corregge  dei  difffetti fisci     o  perchè    si vergognano  del  proprio  corpo che invecchia e      preferiscono volersi  vedere  giovani  .  Ma  a qui si esagera perché non è una  bellezza   naturale ma artificiale , di plastica , creata in laboratorio .   Inoltre   in questo  caso  si obbligano le donne ad essere più schiave   ed  asservite   all'uomo padrone   sfruttandone con la chirurgia estetica i loro corpo


Infatti «Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È





per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore». ( peppino impastato 1940-1978 )




Ora non essendo nè un filosofo d'accademia nè un antrropologo , ne uno studioso di tali fenomeni etici e morali consiglio alcuni libri per chi come me volesse approfondire le propie conoscenze in merito

Claudia Atimonelli e Valentino Susca
Un oscuro riflettere ( http://mimesisedizioni.it/un-oscuro-riflettere.html )
pornocultura  (   vedere  archivio  del blog    con  mia  intervista  a  gli autori  ) 
  Loredana  Zanardo 
il  corpo  delle  donne    video (   https://youtu.be/nPpIn0b6-x4  )  e  libro 
Cristian Porcino
Altro e  Altrove  ( https://www.amazon.it/Altro-altrove-Cristian-Porcino-Ferrara/dp/0244660042  )   pagina  113  e seguenti




9.5.18

ricordo a senso unico oggi si ricordano si ricordano solo le korti di Aldo Moro e di peppino impastato , ma si dimenticano i 120 anni dell'eccidioo di Milano commesso dal generale bava Beccaris



va bene ricordare Aldo Moro ed Pepino impastato ed le loro vicende soprattutto quest'anno che sono 40 anni . Ma ci si dimentica di come la monarchia italiana diede pieni poteri ad Bava Beccaris



da  https://www.ilpost.it/2018/05/08/bava-beccaris-moti-milano



L’8 maggio di 120 anni fa a Milano i soldati del generale Fiorenzo Bava Beccaris spararono contro le donne, gli uomini, i vecchi e i bambini che avevano preso parte ai moti di Milano del 1898, una sollevazione popolare contro l’aumento del costo del grano – e quindi del pane – decisa dal Regno d’Italia. La strage di Bava Beccaris è considerata uno dei momenti peggiori della storia italiana ed ebbe già all’epoca una risonanza tale da motivare nel 1900 l’assassinio a Monza di re Umberto I, ucciso con tre colpi di pistola dall’anarchico Gaetano Bresci.




Milano, alla fine dell’Ottocento, aveva circa mezzo milione di abitanti ed era la seconda città più popolata del Regno d’Italia, dopo Napoli. Era considerata la capitale finanziaria della nazione, la città in cui cominciavano a essere sperimentati nuovi modelli di industrializzazione e a prendere forza nuovi movimenti di massa per l’emancipazione del ceto popolare. La situazione nazionale era problematica: la diffusione dell’analfabetismo, i bassi salari e l’alto tasso di disoccupazione avevano preparato il terreno al malcontento, che esplose quando a causa degli scarsi raccolti il costo del grano aumentò da 35 a 60 centesimi di lira al chilo.
Dopo un primo tentativo di organizzare la protesta in modo pacifico, il malessere popolare confluì spontaneamente, senza organizzazione e per contagio in varie città: prima in Romagna e Puglia e poi anche altrove. Il 2 maggio a Firenze fu dichiarato lo stato d’assedio e due giorni dopo lo stesso accadde a Napoli. Sempre il 2 maggio il ministero dell’Interno autorizzò i prefetti locali ad affidare, se ve ne fosse stato bisogno, poteri speciali di intervento alle autorità militari territorialmente competenti. A Milano questa autorità era il generale Fiorenzo Bava Beccaris, capo del Terzo Corpo d’Armata.
I moti – che furono chiamati poi moti del pane, rivolta dello stomaco, quattro giornate di Milano o massacro di Bava Beccaris – iniziarono il 6 maggio del 1898 fra gli operai della Pirelli che accusavano il governo di essere responsabile della carestia che colpiva il popolo. Tra loro si infiltrarono alcuni agenti che durante la pausa pranzo approfittarono della distribuzione di alcuni volantini di protesta per arrestare operai e sindacalisti. Molti di loro vennero rimessi in libertà solo dopo l’intervento del deputato socialista Filippo Turati, ma la tensione era ormai salita: altri lavoratori scesero in strada in solidarietà con gli operai della Pirelli e assaltarono la caserma di via Napo Torriani. Ci furono scontri, sassaiole e spari sulla folla da parte dei soldati: due manifestanti morirono subito e quell’episodio fu la causa di ciò che avvenne nei giorni successivi.
Il giorno dopo era un sabato. Venne proclamato uno sciopero generale che ottenne un’adesione di massa: c’erano gli operai degli stabilimenti della periferia, quelli delle attività presenti in città, c’erano le tabacchine, i macchinisti dei tram, molti giovani e attivisti anarchici, repubblicani e socialisti. I manifestanti costruirono barricate in diverse zone della città – a Porta Venezia, Porta Vittoria, Porta Romana, Porta Ticinese e Porta Garibaldi – e Bava Beccaris ottenne il mandato di ristabilire l’ordine. Il governo decretò lo stato di assedio e Bava Beccaris, che aveva disposto il suo quartier generale in Piazza del Duomo, richiamò in città anche altri reparti dell’esercito.
La sua idea era far muovere le truppe a raggiera nella città, in modo da rendere più efficiente il loro intervento e riguadagnare presto il controllo di Milano. Il gran numero di manifestanti – si parla di decine di migliaia di persone – e la presenza delle barricate complicarono però i piani di Bava Beccaris e iniziarono lunghi confronti tra i manifestanti e i soldati. Le cose non miglioravano e Bava Beccaris ordinò infine di sparare contro la folla che si era radunata intorno alle barricate nella zona di Porta Ticinese, per disperderla. Le cariche e gli spari continuarono anche il giorno successivo, quando l’esercito usò un cannone per fare breccia nel muro di un convento dove si sospettava fossero nascosti dei rivoltosi. In tutto in quei giorni morirono più di 80 persone e centinaia furono ferite. Ci furono migliaia di arresti e la repressione – che continuò per alcuni giorni, anche dopo che tutte le barricate erano state abbattute – portò alla chiusura temporanea di molti giornali considerati pericolosi o sovversivi.
Per come aveva gestito la situazione, Bava Beccaris fu insignito con la Croce di Grande Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia, ottenne un telegramma di congratulazioni da parte del re e diventò senatore. Per le grandi masse di lavoratori, Bava Beccaris diventò invece noto come “il macellaio di Milano”. «Alle grida strazianti e dolenti/Di una folla che pan domandava/Il feroce monarchico Bava/Gli affamati col piombo sfamò», dice un canto di protesta composto pochi anni dopo i moti. Due anni dopo l’anarchico italiano Gaetano Bresci sparò contro re Umberto I: disse di averlo fatto per vendicare i morti di Milano.

8.5.18

Impastato, il mistero dell'archivio sparito. Il fratello: "Non chiudete l'inchiesta"


La mattina del 9 maggio 1978, il corpo dilaniato di Peppino Impastato fu ritrovato sui binari della ferrovia Palermo-Alcamo. L'allora maggiore, Antonio Subranni, orientò subito le indagini sulla pista dell'attentato terroristico suicida. Invece, il giovane attivista che denunciava la mafia dai microfoni di Radio Aut era stato assassinato. Siamo tornati sul luogo del delitto, con il fratello di Peppino, Giovanni, e con due suoi compagni, per ripercorrere il depistaggio istituzionale che per troppo tempo ha tenuto lontana la verità.
Giovanni Impastato chiede che l'inchiesta sul depistaggio non venga chiusa e che l'archivio di Peppino sia restituito alla famiglia, "perchè - dice - quella notte fu sequestrato illegittimamente dai carabinieri". Per il depistaggio, sono indagati il generale Subranni (di recente condannato a 12 anni nel processo Trattativa Stato-mafia) e tre sottufficiali, la procura di Palermo ha chiesto l'archiviazione per prescrizione.

10.5.17

pubblicità cannibale La poesia di Peppino Impastato ( 5.5.1948 - 9.5.1978 ) , Inno alla Bellezza, utilizzata "a tradimento" da uno spot per una marchia di occhiali,

rivedendo per  il  39  anniversario   della  morte questa  scenma     



del     famoso film  cento  passi e questa  fotro messa  sulla  nostra pagina facebook 



   mi     ritonata  alla mente  questa  vicenda   di 4  anni fa 



Sul sito della Glassing si legge che l’azienda nasce per volere di tre ragazzi italiani che «dopo aver trascorso diverse estati a Ibiza raccogliendo successi con il loro piccolo negozio di occhiali vintage» hanno deciso di realizzare un «progetto più serio e ambizioso»  e fin qui nula di male .  Un progetto che adesso si ritrova al centro delle critiche per aver utilizzato la poesia “Un’esortazione alla bellezza” di Peppino Impastato in uno spot pubblicitario. La pubblicità della Glassing





 ha   giustamente   come dice   questo articolo di http://100passijournal.info/


suscitato   la condanna di Giovanni Impastato, da sempre impegnato nella diffusione ma anche alla tutela dell’immagine e delle parole del fratello ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978.




 Accostare un spot pubblicitario a Peppino significa non conoscere le sue idee in materia di consumismo, significa sfruttare la sua immagine per cavalcare l’onda mediatica dell’antimafia, vuol dire appropriarsi indebitamente di una poesia che è e deve rimanere di tutti. L’azienda di Merone (CO) per adesso non replica a Giovanni Impastato che attraverso l’avvocato Vincenzo Gervasi chiede il ritiro dello spot. Qualunque fossero le intenzioni dei tre giovani a capo dell’azienda, resta il fatto che da questo clamore, stanno guadagnando visibilità sfruttando l’immagine di Peppino; per il rispetto e l’importanza delle sue parole, dei suoi gesti e del suo sacrificio, tutto questo è inaccettabile.


Ora  scambiatemi   per conservatore  e   ditemi    come  il  commento sul video delleo spot  



Roberto Tarozzo 
Spot interessante e ben realizzato, location perfetta per il tipo di messaggio. Un modo come un altro per divulgare il pensiero di "Impastato" alle generazioni che non lo hanno conosciuto. Temo che una causa contro l'uso delle sue parole sia tempo sprecato, i pensieri e le opinioni non si possono fermare, sono universali e sempre di attualità.
Giuseppe Scano 
vero . ma non si può usare e distorcere il pensiero di una persona
Giorgia Velluso 
Ma che schifo... pure Impastato gettato nelle fauci del consumismo...
  La  replica   arriva dal direttore creativo dell'agenzia "Special team", che ha realizzato lo spot per la "Glassing": "Non era nostra intenzione offendere la famiglia Impastato - dice Pasquale Diaferia - con la nostra iniziativa abbiamo voluto rilanciare le idee e le parole di Peppino Impastato, che troppo spesso vengono dimenticate nella nostra società". Il direttore di "Special team" rivendica "un'azione dal grande valore civile": "La pubblicità - dice - può anche essere uno strumento per far riflettere". 

Vero   . ma  un comnt è un pubblicità progresso  o  pubblicizzare la  manifestazione o  un evento  con il permesso o  senza      dei familiari  in menoria   della persona , in quiesto caso Peppino  impastato . Un altro è  usare   il  suo pensiero   per  vendere  il proprio prodotto 



 io sto  con la  famiglia di Peppino  e   voi ?

12.1.16

Cinisi paese di Peppino impastato festeggia i cento anni del boss Di Maggio con i botti

Nel paese di Peppino Impastato, i cento anni del capomafia più anziano del mondo sono stati festeggiati con i fuochi d'artificio. Il 6 gennaio, è stato un gran via vai davanti alla palazzina dove abita il boss Procopio Di Maggio, uno dei fedelissimi di Totò Riina, l'unico componente della Cupola di Cosa nostra rimasto in libertà. Parenti e amici (tanti amici) gli hanno fatto gli auguri in una processione interminabile. Poi, la sera, una grande cena in una delle sale ricevimenti più eleganti di Cinisi. E per finire, uno spettacolo di fuochi d'artificio. Nonostante il divieto del sindaco di lanciare giochi pirotecnici fino al 10 gennaio. Il primo cittadino annuncia: "Prenderò provvedimenti". Ecco il videoreportage a Cinisi di Salvo Palazzolo e Giorgio Ruta, che hanno b bussato anche a casa del vecchio padrino





Sono basito da non riuscire a commentare le parole del sindaco . Dico solo due cose . La prima che nonostante come dice masscmax nel commento al video di repubblica sopra riportato : << Certe cose si vedono solo al sud, come le madonne portate in processione, che si inchinano ai boss... Poi ci si chiede come mai i fenomeni di criminalità organizzata che infestano questo disgraziato Paese nascono tutti in quei territori d'origine per poi propagarsi al nord e arrivare fino a SA, dove spesso identificano gli italici (non credo a torto) con queste "associazioni"! >> a me piace il sud come dice l'omonima canzone
La  seconda  che le parole di Giovanni mi danno speranza e mi sono stato d''aiuto nell'allontanare , ma soprattutto nel smettere di farmi anzi meglio rifarmi , la solita elucubrazione sega mentale : << a che serve combattere se poi .... non serve  niente  ....  >>  ed in questo caso  dopo aver letto tale news    a che cosa è servita la morte e lo sfogo , 




di Peppino >> Anche se lo stesso Giovanni ha detto che si lo scontro fra i due fu " duro " ma che non andò esattamente cosi e qui è un po romanzato


voglio concludere e nel riascoltare ( chiedo venia a voi 13 lettori di blogger e a chi mi segue da quando il blog era ospitato su splinder o su facebook ) questo pezzo



che è il finale del famoso film cento passi di Tullio .Maria  Giordana  citato anche   qualche riga prima




12.5.12

il caso della mancata messa per Peppino impastato . [ le divisioni nell'antimafia ecco perchè la mafia vince ]


  da  loa  stampa online  
CRONACHE
09/05/2012 - LA STORIA

Messa per Impastato,
il no della Chiesa















Il fratello di Peppino Impastato (centrale, con la polo a righe) durante una manifestazione a Cinisi

Il parroco: "I tempi non sono maturi". E il fratello accusa: terribile lasciarlo solo
anche da morto

LAURA ANELLO
CINISI (PA)
Di chi è la memoria di Peppino Impastato? A chi appartiene il testimone del ragazzo che sfotteva alla radio i boss di Cosa Nostra, che sventolava la bandiera rossa della rivoluzione sotto il loro naso, che sfidava Tano Badalamenti fin sotto casa, distante appena cento passi dalla sua?

Trentaquattro anni dopo il suo assassinio, la questione non è ancora chiusa, in questo paesone a trenta chilometri da Palermo dove - come dice il sindaco Salvatore Palazzolo «su ogni appalto pubblico che abbiamo bandito le imprese hanno pagato il pizzo alla mafia». No, le ferite sono ancora aperte, tanto che per Peppino, uomo di Democrazia Proletaria, dire messa è ancora un tabù.

«I tempi non sono maturi», ha spiegato don Pietro D’Aleo, parroco della Ecce Homo a Giovanni Impastato, impegnato in prima fila nelle manifestazioni in ricordo del fratello che per quattro giorni (grazie a un progetto della Fondazione con il Sud, in collaborazione con il Museo della ‘Ndrangheta e della Casa memoria Felicia e Peppino Impastato) hanno riempito la cittadina di dibattiti, incontri, cortei. «Noi avevamo chiesto una messa, ci ha risposto che era meglio di no», dice Giovanni.
Già, i tempi non sono maturi, tanto che la celebrazione è stata sostituita da una più laica «veglia di preghiera per la legalità e la giustizia sociale», officiata ieri sera da don Luigi Ciotti, tessitore di ponti di dialogo e pellegrino infaticabile sui luoghi della memoria.
«Non c’è alcuna polemica - dice il parroco - abbiamo

11.5.12

Peppino Impastato eroe solo della sinistra? Lui del Pci non ne voleva sapere

articolo  interessante  ,  peccato che nelle ultime righe    pisci  fuori dal vaso   e ritorni  il bieco odio  anticomunista

da  http://www.qelsi.it/


Il 9 maggio 1978, lo stesso giorno in cui veniva ritrovato il corpo senza vita di Aldo Moro all’interno di una Renault 4 rossa in via Caetani a Roma, moriva a Cinisi, località in provincia di Palermo, il giovane trentenne Giuseppe Impastato, detto Peppino.
Una morte che all’inizio viene liquidata come suicidio o attentato non portato a termine: il corpo del giovane, dilaniato da un ordigno, viene ritrovato la mattina dopo, ad una cinquantina di metri da un binario della ferrovia quasi divelto dall’esplosione. La matrice appare chiara sin da subito: un atto terroristico a sfondo politico, da parte di un giovane “ultra di sinistra” (come riportato dalle cronache dell’epoca) che con l’intento di far deragliare un treno ha costruito una bomba artigianale allo scopo di danneggiare i binari della ferrovia. L’ordigno però è esploso accidentalmente prima che portasse a termine il suo disegno, dilaniando “l’attentatore”. Proprio come Feltrinelli.
Oppure un suicidio, proposito manifestato secondo gli inquirenti attraverso una lettera scritta qualche mese prima, che in realtà era un semplice sfogo .
Niente di tutto questo: grazie al lavoro della madre Felicia, del fratello Giovanni e del “Centro siciliano di documentazione”, la verità viene a galla qualche anno dopo: un attentato, di matrice mafiosa, per cui nel 2001 sarà condannato come mandante a trent’anni di reclusione Vito Palazzolo, braccio destro del boss Gaetano Badalamenti, anch’egli condannato all’ergastolo nel 2002.
Peppino Impastato non era solo un attivista politico. Era anche un ragazzo che combatteva la mafia. Lo faceva a modo suo, con i suoi mezzi. L’ha fatto rompendo con il padre, mafioso, ma anche denunciando le magagne del boss del paese, per l’appunto Gaetano Badalamenti, da speaker dell’emittente locale “Radio Aut”, da lui fondata.
Lo faceva con ironia pungente, satira. Ma anche con coraggio, forse inconsapevole.
Era un ragazzo come tanti, che certo in chiave anti-mafia non può essere ricordato come i giudici Falcone e Borsellino, ma ha pagato allo stesso modo la sua “ribellione”. Con il tempo, dopo la sua morte, è stato trasformato in un eroe, e forse Peppino Impastato stesso, ragazzo timido e un po’ naif, sorriderebbe di questa definizione. Ma soprattutto è stato strumentalizzato politicamente, usato per dare un colore politico e una fazione alla lotta anti-mafia.
Tempo fa ha destato scandalo un manifesto di Casapound dedicato proprio a Peppino Impastato. Si parlò di “appropriazione indebita”, accusa che fa sorridere se mossa da una sinistra che ha fatto di tutto per appropriarsi di uomini di destra come Paolo Borsellino e Giorgio Ambrosoli,  o il giornalista Mauro De Mauro.Peppino Impastato, come simbolo anti-mafia, non può essere né di destra né di sinistra. Esattamente come Falcone, ma anche Borsellino, Ambrosoli o De Mauro. E se proprio si vogliono ricordare le sue idee, lui che era sì uomo di estrema sinistra e svolgeva attività politica,  non si può trascurare che, per il medesimo discorso dell’”appropriazione indebita”, non potrebbe essere oggi celebrato dagli esponenti degli attuali partiti nati dall’ex Pci. Pd in primis.
Peppino Impastato del Pci non ne voleva sapere.
Conosce Stefano Venuti, pittore e fondatore della sezione Pci della zona, in giovanissima età. Tra i due si crea un rapporto di amicizia e reciproco rispetto, che continua negli anni a venire. Ma Peppino Impastato rompe con il Pci sin dal 1968, all’età di 20 anni, e i rapporti peggiorano fino a diventare conflittuali nel 1974, quando il partito entra nella giunta comunale di Cinisi con la Dc.
Tant’è che Impastato si iscrive prima nel Psiup, poi a Democrazia Proletaria, lista per la quale si candida alle comunali del 1978.
C’é ben poca differenza, per Peppino Impastato, tra Pci e Dc. Tanto che nelle sue trasmissioni radiofoniche denuncia le magagne di entrambi i partiti, ovviamente sempre a livello locale. Un aspetto forse un po’ troppo trascurato da parte di chi oggi lo identifica solo come “martire di sinistra”.
Persino nel bel film di Marco Tullio Giordana, “I cento passi”, ispirato alla vita di Impastato, appare una scena che non ha nulla di biografico: le elezioni comunali incombono, e il giovane si reca dal pittore Stefano Venuti ad annunciargli la sua intenzione di candidarsi per Democrazia Proletaria, chiedendogli quasi il permesso. Un episodio mai accaduto, e che non sarebbe mai potuto succedere: Peppino Impastato con il Pci aveva già rotto da anni, ed era ben contento di candidarsi contro. Una revisione un po’ tendenziosa e faziosa, persino in un film diffuso trent’anni dopo la sua morte.
Tra i nemici di Peppino Impastato non c’erano solo la mafia e la Dc, ma anche e soprattutto il Pci. Quando muore, in piena campagna elettorale, pochi giorni prima delle elezioni e prima di essere eletto ugualmente perché gli abitanti di Cinisi decidono di votarlo anche da morto, i rapporti con il Pci sono a dir poco pessimi. E molto tesi, soprattutto in campagna elettorale.
Appropriazione indebita?
Prima di denunciarla, siamo sicuri che Peppino Impastato non si sentirebbe offeso dall’essere omaggiato dall’attuale centro-sinistra nato da una costola del Pci?

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

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